Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: The Cactus Incident    12/07/2012    2 recensioni
Stavo suonando con tutta me stessa per scaricarmi e non pensare a per quale cazzo di motivo non mi parlava se era stato lui a cominciare, quando la mano bianca e ossuta di Jimmy si posò sul mio polso che si muoveva freneticamente.
Alzai di scatto la testa, nervosa e lo trovai a mostrarmi un sorriso tranquillo che contagiava anche quelle iridi così azzurre nascoste dietro gli occhiali.
“Faccio troppo rumore?” “Non abbastanza da coprire quello del tuo cuore che si spezza e sanguina”
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sch chapter 7 Margaret P.O.V.
Vacanze di Natale, finalmente.
Era da settembre che aspettavo questo momento, non so se mi spiego.
“Ehi, ma la vigilia? Mamma voleva sapere se tu e tua madre volevate venire a mangiare da noi. Dopo che il ringraziamento è saltato…..” mi propose  Stacey mentre facevamo un giro per Huntington completamente addobbata con luci natalizie.
Adoravo il Natale, era la mia festa preferita insieme ad Halloween e al mio compleanno.
“I’m sorry tesoro, abbiamo una tradizione che mia madre di obbliga a rispettare”
“E sarebbe?” chiese lei stranita.
“A cena dagli Haner”
“Cooooosa?! Di nuovo?!?!” JD sembrava seriamente sconvolta di quella rivelazione, ma era la pure a semplice verità.
Noi e la famiglia Haner eravamo un corpo e un anima. Mia madre e Brian sr. si conoscevano dai tempi del liceo (stesso gruppo di amici: mia madre era più giovane B sr.) e l’amicizia inizialmente quasi forzata fra me e Bee era dovuta a loro e al loro strettissimo rapporto. In più Brian sr. era il miglior amico di mio padre e quando era scomparso, Brian sr. aveva stretto maggiormente i rapporti con noi due.
Questo implicava che ogni festa comandata (Ringraziamento, Natale, Capodanno, Pasqua e compleanni vari), io la passavo in compagnia di Haner, (la maggior parte delle volte) a casa Haner a scartare regali Haner e fare regali agli Haner.
In più, quest’anno c’era una novità: Mckenna. La piccola Haner aveva quasi due anni ed era davvero un tesoro di bambina.
“Beh divertiti” fece Stacey sarcastica.
“No, almeno quello: c’è sempre da ridere. Nonna Haner è un mito. Certo, obbliga me e Brian a mettere t-shirt natalizie, ma è una figa assurda”
“T-shirt natalizie?” chiese stranita.
“Siamo in California, per i maglioni fa troppo caldo” feci ovvia.
“Ah wow”

***
“Buon Natale Nessie!”
“Buon Natale anche a te Bee” dopo saluti, baci e auguri a tutti, io Brian e Brian sr. ci ritrovammo in compagnia di nonna e nonno Haner.
“Su ragazzi, questi sono per voi. Andate a cambiarvi forza” disse la nonna porgendoci un pacco a testa.  
“Grazie nonna” biascicammo in coro. Salimmo al piano di sopra e lui s’infilò in camera sua e io in bagno.
Aprii il pacco e osservai la maglietta: rossa, a maniche corte, con un pupazzo di neve stampato sopra e una freccia che puntava a destra e diceva “I’m with my Christmas’ Friend”  corredata di cappellino rosso con pon pon e pelliccetta bianchi. “Grazie tante nonna” Biascicai sarcasticamente mentre infilavo la maglietta, misi anche il cappellino e uscii dal bagno.
Qualche secondo dopo, Brian uscì dalla sua stanza con una maglietta come la mia, ma al posto del pupazzo c’era un omino (o per meglio precisare, donnina) di pan di zenzero e la freccia puntava a sinistra. Stesso cappellino.
“Sai che adoro tua nonna?” dissi un tantino sarcastica, mentre mi strofinavo le braccia infreddolite. Certo, faceva caldo, ma fino ad un certo punto.
“Già…. Davvero fantastica” infilò la testa in camera sua, afferrò una felpa aperta e me la tirò addosso.
“Tieni, me la ridai a fine giornata”
“Non so se voglio metterla…”
“Cazzi tuoi, sei tu che avrei freddo fino a stasera” sbruffai e infilai quella felpa esageratamente grande come piacciono a me, comoda e calda, mentre già scendevamo le scale spintonandoci e facendo a gara.
“Primo!” decretò lui
“Sticazzi!” ribattei io.
“Meg!” mi richiamò mia madre.
“Scusa….” biascicai.
“Su Lay, non è successo niente, sono ragazzi” Santo Brian Sr. che giunge sempre in mio soccorso.
“Oh ragazzi, siete davvero carini” commentò la nonna. Io e Bee ci scambiammo un’occhiata a metà fra il puro odio e la quinta essenza dello schifo e poi guardammo di nuovo nonna Haner.
“Grazie nonna” sempre in coro. “Oh, figuratevi. Su, andiamo di là…. Che ne dite di fare quattro chiacchiere?” sospirammo (in contemporanea) e seguimmo la vecchietta.
“Dai, ci sono i Christmas cracker”
Nonna Haner tirò una decina di pacchetti-caramella a me ed Haner.
Dopo un’occhiata come a dire “lo facciamo anche quest’anno?” ci sorridemmo complici e ci spostammo ai piedi del divano per avere più spazio.
Se ve lo state chiedendo, si, a Natale regredivamo di dieci anni e no, non ce ne fotteva un cazzo.

“Ok Haner, passa le caramelle” “Le caramelle sono mie, la cioccolata è tua”
Volete una panoramica della scena? Immediatamente.
Avevamo delle corone di carta velina infilate nei cappellini (io gialla e Haner azzurra), una decina di collanine e pendenti di plastica appesi un po’ ovunque e io facevo a Brian quei tatuaggi trasferelli che abbiamo fatto un po’ tutti durante l’infanzia.
“Dai, un’altra margherita sulla faccia del tuo albero contorto ed ho finito” Si, tatuavo il suo tatuaggio.
“Ok, tanto la casetta sulla fronte non te la leva nessuno”
“Io ho una cosa chiamata ciuffo, tesoro. Nasconde quell’orrore che mi hai fatto”
Mi posò un baciò sulla guancia che mi lasciò un orribile stampo di cioccolata.
“Sei un cretino!”
“Si, lo so! Non sono fantastico?” gli stampai la faccia di un micio su una guancia.
“Adesso, sei fantastico” in tutto questo, Brian sr. ci faceva foto di nascosto.
Una volta buttati tutti gli involucri ormai vuoti e aver diviso equamente tutte le sorprese, finii con una spada di plastica lunga dieci centimetri, sulla sua schiena, mentre correva per la casa.
“Forza! All’attaaaaaacco!”
“Le scale non le faccio…”
“Zitto e galoppa, destriero!” feci dando un colpo di reni, nemmeno fosse davvero a cavallo.
“Che ne dici se facciamo a cambio?”
“Non ci penso proprio! Non abbiamo più dieci anni: pesi troppo e hai troppi ormoni in corpo”
“Su te non ne scaricherei nemmeno uno: non sono mica gay” detto questo cominciai a picchiarlo e stramazzò al suolo, con me ancora sopra.
“Com’è? Io sarei un uomo, eh? Chiedi a Zack quanto sono uomo!” arma segreta contro Haner: solletico.
“Nononononono! Ahahahahahha! Sm-ahhaha-smettil-ahahahahaha!”
“Voi due, smettetela subito. Non avete più otto anni, su. È pronto” venne a richiamarci divertita mia madre e la nostra battaglia s’interruppe.
Mi sollevai dal suo torace e aspettai che si mettesse in piedi.
“Comunque…. Zack? Cosa dovrebbe sapere Zack?” chiese dopo poco.
“Com…. non sai niente?”
Ci aveva visto una settimana fa che limonavamo animatamente al Johnny’s e non sapeva niente?
Ah, capito: era ubriaco. Un classico.
“Che dovrei sapere?” chiese innocentemente.
“Sto quasi….. quasi eh, con Zack”
“E cazzo gliel’hai già data?!” disse sorpreso-sconcertato.
“Certo che no! Minchia, mica sono Michelle!” mi fulminò con lo sguardo e io gli risposi alzando un sopracciglio.
“Andiamo Bri, ammettilo, con me puoi parlare: te l’ha data, vero?” ci volle un po’ per rispondere.
“Ehm… è diverso”
“Vedi? Vedi? Ah-ah! Lo dico io che è zoccola!”
“Michelle non è zoccola, intesi?”
“Seh, come no. Chiedilo a Dameon, ad Abell, a Riky, a Josh, Ron, Freddy, Ash, Mark, forse pure a Zack….” “Cazzo nessuno più?!” disse semi sconvolto e io scrollai le spalle.
“E questo è niente. Valary se li ricorda quasi tutti”
“Quasi?” emise allucinato. Ma come mi diverto a smontare Haner.
“Tutti non se li ricorda nemmeno Mich” “Ah”
Il nostro discorso s’interruppe perché ormai eravamo arrivati nella grande sala da pranzo.
“Poi parliamo” “I’m here, bro”

Dopo una grossa abbuffata, eravamo in giardino sul dondolo a sperare di digerire almeno metà dell’ingerito.
“Allora…. Che stavamo dicendo prima?” faceva fatica anche a parlare.
“Chi cazzo lo sa….. merda, mi viene da vomitare” a quel punto il mio vicino esordì con un rutto e io scoppiai a ridere.
“Sai che fai schifo?”
“Tu non devi essere tanto meglio se perdi tempo con me, no?” scrollai le spalle.
“Facciamo che ti rispondo domani, quando forse avrò digerito” dissi sistemandomi meglio sulla sedia.
“Allora facciamo pure fra una settimana”
“Ahaha…. Direi di si”
Dopo un po’ sembrò ricordarsi di cosa stavamo parlando prima.
“Ah si…. Zack. Allora, da quando stai con Zack?” chiese voltando appena la testa verso di me.
“Dall’unici dicembre, poco più di una decina di giorni”
“Ti piace?” chiese ancora con quel tono strascicato. Scrollai le spalle e sorrisi, completamente andata.
“Si, direi di si” tirò un sospirò per poi sbottare sconcertato.
“Ma sei completamente ammattita?!” rimasi a fissarlo, incredula.
“Perché? Che c’è di male in Zack?”
“Cazzo ma l’hai visto?!” aggrottai le sopracciglia.
“Bri, ma ti sei visto?”
“Ehi” fece offeso.
“Oh” risposi io di rimando.
“Ok, mi sto zitto” disse offeso e alzai gli occhi al cielo.
“Dai, parla” poggiai la testa sulla sua spalla e lui sospirò.
“Quel tipo mi sta sul cazzo” confessò e io sorrisi.
“Perché?”
“Boh e poi mi guarda sempre male….. fottutissimo mancino”
“Cosa minchia hai contro i mancini?” mi sentivo DECISAMENTE tirata in causa, appartenendo alla categoria.
“Contro te niente, contro lui tutto. Che razza di figli tirerete fuori?” Ma che diamine farneticava?
“Ma mica ho detto che me lo sposo! E poi che intendi dire con ‘che razza di figli tirerete fuori’?”
“Tu sei un’esaurita, lui è un coglione, siete mancini!” scattai seduta diritta per guardarlo in volto, sconcertata.
Ma che diceva? Non so dove volesse andare a parare, ma mi aveva fatto incazzare parecchio.
“Ma che cazzo dici?! Pensa ai figli tuoi e di quella puttana!”
“Non è una puttana!”
“No, infatti, si tratta proprio di prostituta: chiediglielo, forse te la dà pure a pagamento”
Brian mi tirò uno schiaffo in pieno viso e io rimasi completamente esterrefatta per almeno tre secondi. Quando alzai lo sguardo su di lui, sembrava essersi pentito del suo gesto, ma ormai quel che è fatto e fatto.
“No Meg, perfav…”
“Sai Brian, mi ha appena rovinato il Natale”
Mi alzai di scatto e me ne andai scavalcando la siepe del giardino senza dare spiegazioni a nessuno, mentre Haner mi urlava dietro.
Al primo cassonetto, buttai il cappellino e mi chiusi la felpa di Brian per nascondere quell’obbrobrio di maglietta.
Faceva abbastanza freddino, ma si poteva stare in giro tranquillamente.
Mi calai il cappuccio troppo grande sulla testa e cominciai a camminare senza nemmeno guardare dove stessi andando.
Che Natale di merda…..
Mentre vagavo per le strade completamente vuote di Huntington cominciai a sentire qualcuno che urlava il mio nome a raffica.
“Cazzo Meg! Fermati!” mi fermai e alzai gli occhi al cielo, esasperata.
“Seward, che cazzo vuoi” dissi atona e irritata.
“Che ci fai qui?” chiese curioso e sorridente. Diamine, per essere un ragazzo era un nano.
“Fuggo. Tu?”
“Perdo tempo” fece distrattamente, scrollando le spalle.
“Il giorno di Natale?” chiesi sconcertata e lui rispose, tranquillo, con una scrollata di spalle.
“E’ un giorno come un altro: mia madre lavora, mio padre non è potuto venire…. Speravo di beccare qualche stronzo in giro, ma a quanto pare tutti hanno una famiglia” feci un mezzo sorriso sarcastico e triste.
I genitori separati dovevano essere una bella gatta da pelare.
“Anche io in un certo senso, ma poi ci si mette di mezzo Haner e non si capisce più un cazzo”
“Meg ma….. che diamine hai sulla fronte?” disse aggrottando le sopracciglia e fissando oltre la spessa coltre del mio ciuffone.
“Niente, stronzaggine di Haner” lo liquidai sistemandomi meglio i capelli in modo da coprire quello schifo di trasferello.
“Dai, per una volta fai finta di non odiarmi: andiamo alla capanna?” disse mostrandomi un sorriso smagliante, rivoltante quasi quanto quello dei politici nelle campagne elettorali.
“Se il tuo intento è scopare, no; se invece hai intenzione di stronzeggiare con gli strumenti di Abell e Dameon, di corsa”
“Speravo nella prima, ma se proprio non ci stai, possiamo tranquillamente ripiegare sulla seconda”
Feci un mezzo sorriso e gli diedi una mezza spallata, prima di cominciare a correre in direzione della scogliera, dove si ergeva la capanna.

Anche se affettuosamente soprannominata “baracca”, “capanna”, “loculo”, “Lasciate ogni speranza voi che entrate” e “bara”, la capanna era una vera e propria casa, villetta in effetti, in ottime condizioni e completamente abbandonata.
I vecchi proprietari erano morti anni prima e non avendo figli, nipoti o altro, ce ne eravamo appropriati noi, o più precisamente Danny Abell e Dameon Ash che passavano moltissimo tempo lì.
Ognuno di noi aveva le chiavi (ringrazio il cielo che mi portavo sempre dietro un moschettone con tutte le mie chiavi altrimenti io e il nano saremmo rimasti fuori) e potevamo andare quando volevamo.
Appena arrivati, accendemmo il fuoco (ancora non è molto chiaro dove Abell e Dameon prendessero la legna, ma ce n’era sempre in abbondanza) e Johnny sequestrò il basso acustico di Dameon, ormai abbandonato lì e che il proprietario non suonava mai.
Io girai le corde alla chitarra acustica che era stata abbandonata lì la sera di una festa e poco dopo due nani di 1 e 63 (ciascuno) suonavano canzoni di Guns, Metallica, Misfits e tutto il suonabile in chiave acustica.
“Woah Meg! Sei una figa assurda!” esordì dopo un po’, alla fine di una cover di Don’t Cry dei Guns.
“Ehi nano, di che parli?” dissi scherzosa.
“Della tua voce, cazzo!”
“Perché? Come chitarrista faccio schifo?”
“Di chitarristi ce ne sono pure troppi, di cantanti che esprimono la tua grinta e passione, no” rimasi un tantino sorpresa, con le sopracciglia che arrivavano all’attaccatura dei capelli, a guardare il nano.
“Beh, grazie J” Scrollò le spalle.
“Semplice verità”
“Sai che anche tu come bassista sei davvero bravo? Sinceramente non l’avrei mai detto, con le mani che ti ritrovi” rise tranquillo e si grattò distrattamente la testa.
“Si, in effetti ho le dita fottutamente corte, ma con un po’ d’impegno sulla velocità ho compensato” lo guardai, compiaciuta.
“Bravo nano!” dissi battendogli una pacca su una spalla.
“Ma se sono alto quanto te!”
“Si, ma sei un ragazzo. Questo fa di te un nano”
Passammo il pomeriggio lì, qualche birra rimasta dell’ultimo passaggio di Ash e Dam e gli strumenti con cui tenerci impegnati. Trovammo pure delle caramelle a fragola e panna e una scatola di Pop Tarts alla fragola.
Ehi, non poteva andarci meglio di così.
Passarono qualcosa come quattro ore, quando decidemmo di tornare fra i comuni mortali.
“Cazzo J, dobbiamo farle più spesso ‘ste jam”
“Direi di si, ci siamo divertiti, cazzo!” ci passammo un braccio attorno alle spalle e camminammo con calma così fino al centro abitato che col calare del sole sembrava aver ripreso vita (almeno in parte).
In spiaggia c’erano parecchi ragazzi che festeggiavano insieme e le strade erano piene di famigliole e coppiette fra cui il rosso in abiti, cappotti, guanti, sciarpe e cappelli era d’obbligo.
In tutto questo, io e Seward stonavamo di brutto, completamente vestiti di nero e anche un tantino trasandati, visti gli abiti enormi di entrambi, le movenze e le espressioni da fattoni, mentre camminavamo incrociando le gambe in maniera assurda e rischiando di far cadere noi stessi e chi ci camminava di fianco.
Sentivo commenti cattivi e sarcastici, ma li ignoravo bellamente, canticchiando “This Is Halloween” di The Nightmare Before Christmas e beccandomi strane occhiate dai bambini.
“Ehi, vuoi vedere come mi pestano?” disse dopo un po’ il nano vicino a me.
“Cazzo ma ti piace proprio prenderle, eh J?”
“Uh, una cifra” salì in piedi su una panchina e si mise ad urlare.
“Un momento di attenzione, miei spettatori!” si schiarì la voce e ci fu davvero qualcuno che si fermò ad ascoltarlo. Io intanto mi chiedevo cosa diamine volesse combinare.
“Ho una bellissima notizia per tutti i bambini! Cari tesori, sappiate che Babbo Natale non esiste e che ogni anno fate spendere ai vostri genitori metà degli stipendi in fottutissime stronzate!” detto questo, ci fu un momento di silenzio e poi si levò al cielo un coro di pianti e di grida di marmocchi.
A quel punto Johnny mi prese per un braccio e cominciammo a correre, inseguiti da qualche padre furente e nonne selvagge armate di ombrello o borsetta.
Corremmo fino ad essere quasi fuori dal centro.
“Ahahah! Perfetto!” commentò allora lo gnomo, divertito.
“Sei un pezzo di merda, Seward” dissi offrendogli il pugno su cui battere il suo.
“Grazie Window” rimase un attimo zitto, poi alzò la testa, tenendola piegata di lato, come quei rapaci notturni.
“Ehi, non ci avevo mai fatto caso, hai lo stesso cognome del bassista dei Trapnest [Nda Cactus: se c’è qualche fan dell’anime/manga NANA, che non mi trucidasse, per favore, ma nella fanfic non si parla di quei Trapest c.c]”
“Uhm, wow” Eccome se lo sapevo….
“Che razza di cognome è Window?”
“Che razza di essere vivente sei, Seward?”
“Un brutto risultato della genetica” disse sorridendo soddisfatto e io scoppiai a ridere, prima di stringergli un braccio intorno al collo e affondargli un pugno in testa.
“Cazzo, ti adoro!” feci mentre le mie nocche sfregavano sulla sua testa nera fino a creare scintille.
“Io adorerei la tua mano lontano dalla mia testa, magari sul mio cazzo”
“Se la mia mano finisce sul tuo cazzo, significa che ti sto strappando le palle, Seward” gli stampai un bacio su i capelli e ricominciammo a vagare.
Era ormai buio e cominciava a fare freddo. In più io con addosso solo una t-shirt e una felpa (calda ed enorme, ma pur sempre una felpa) cominciavo a tremare.
“Ohi, freddo?” “Un po’….” “Forse dovresti tornare a casa”
Cazzo! Tutto il bel pomeriggio col nano mi aveva fatto dimenticare Natale, Haner e le sue battutacce sul mio (quasi) ragazzo.
“Uhm….. mi aspetta una bella scartavetrata di coglioni” feci scocciata arricciando le labbra.
“Sarebbe?”
“Maternale”
“Non si diceva paternale?” da quando lo gnomo era un precisino?
“In mancanza del padre, la madre si adegua” Johnny aggrottò le sopracciglia e poi mi guardò.
“Tu sei…” non lo feci finire.
“Si, io sono. Ok, vado”
“Beh, vengo anche io”
“Ehi figli di puttana gesuiti!” ci voltammo verso quell’assurda voce (che conoscevamo bene entrambi) e trovammo Jimmy che ci correva incontro con un orribile cappotto color cachi maturo lungo fino a metà polpaccio.
Il modo di vestirsi di quel ragazzo non lo avrei mai capito, giuro.
“Allora non siete morti! Meno male, ho il vestito da funerale in lavanderia, sarei venuto in mutande”
“No, per questa volta t’è andata liscia” dissi abbracciandolo.
“Cribbio Meg sei gelida” constatò preoccupato.
“Eh, fa freddo” aprì quell’orrore di cappotto e mi strinse a sé, avvolgendomi fra le braccia e per un secondo tremai per il cambio di temperatura.
“Va meglio?” “Si, grazie Jim” dissi strofinando la guancia sul suo torace, come un micio.
“Sai, vero, che Haner sta rivoltando mezza Huntington per trovarti? Mi ha chiamato in disperazione non avendo la più pallida idea di dove fossi” sbruffai e fermai la guancia sul petto caldo di Jim.
“E’ uno stronzo”
“Si, ma gli hai distrutto il Natale”
“Jim, mi ha dato un schiaffo”
“Uhm”
Non era il fatto di essere stata “picchiata”. Io e Haner ce le eravamo sempre date di santa ragione, ma quello schiaffo, era un insulto, un’umiliazione bella e buona.
Non mi aveva fatto granché male (ma non credete che sia stato delicato, eh) fisicamente, ma mi aveva dato fastidio a livello quasi viscerale e sapeva benissimo di averlo fatto.
“Vabbè…. Non puoi fare un’eccezione? E’ il giorno di Natale! E per di più sono  due mesi che mi rompe le scatole per il tuo regalo!”
“C-cosa?” alzai la testa inarcando un sopracciglio.
“Si, il regalo di Natale per te”
“Vuoi dire che non lo sceglie Susan?” vidi le sopracciglia di Jim inarcarsi con un angolazione non umana.
“Spero tu stia scherzando. Brian ogni anno sceglie personalmente il tuo regalo e comincia a pensare prima di Halloween per cercare quello giusto”
Ecco, Jim mi stava smuovendo una serie di sensi di colpa grossi quanto una casa.
“Non credevo che….”
“Meg, Brian ti vuole bene come ad una sorella. Sei la sua compagna di giochi e cazzate da anni. Ci tiene davvero a te”
Minchia se mi sentivo una merda.
“Jim…..” dissi triste e lui fece un mezzo sorriso.
“Ti riporto a casa Haner?” sospirò dolcemente. Ma come avrei fatto senza di lui?
“Direi di si…..” Jim lanciò un occhiata a Johnny che fumava tranquillamente.
“Andiamo gnomo malefico, lo vuoi un passaggio?”
“Puoi giurarci!”
Ancora stretta al suo petto (stavo troppo calda e comoda per muovermi) mi feci guidare fino alla sua macchina. Mi buttai stancamente davanti e Johnny si mise dietro.
“Perché sempre io dietro?” bofonchiò.
“Sei una matricola in macchina con un anziano e una al penultimo anno. Ti basta come risposta?”
“Beh, di certo sei più gentile di Justin” rispose Johnny al batterista.
“Justin chi?” chiesi io “Sane” specificò Johnny.
“Quello si che è un figlio di puttana. Che ha fatto?” disse Jimbo, ridendo
“Mi ha messo nel bagagliaio! Ha fatto una cosa del tipo “sei troppo basso per stare in una fottuta macchina: se ti vedono senza seggiolino per bambini mi arrestano” e mi ha chiuso nel porta bagagli” io e Jim scoppiammo a ridere.
Si, Justin era uno stronzo, ma l’ho già detto che era simpatico, no?
“Ahahaha! Devo fargli una statua d’oro, cazzo!” dissi ridendo.
“Beh, fanculo. Voi ci siete a Capodanno? C’è un concerto dei Ballistico al Chain Reaction”
“I Ballistico sono arrivati al Chain Reaction per la sera di Capodanno? Ma stiamo dando i numeri?” dissi sconvolta.
Ok che erano bravi e suonavano da parecchio, ma al Chain (locale fighissimo e parecchio selettivo sulla scelta delle band di Huntington) a Capodanno (serata da pienone assicurato) mi sembrava assurdo!
“A parte che ci saranno in tutto una decina di band e i Ballistico saranno i meno conosciuti e poi, Meg, sei rimasta indietro. Sono tre mesi che hanno firmato con un’etichetta” m’informò Jimbo.
“E quale?” chiesi curiosa e il nano scrollò le spalle.
“Bah, non ricordo. Di certo non la Warner o la Hopeless”
“Minchia, la Warner è un’utopia” dissi sarcastica.
“Per me diventerà realtà. Ancora devo chiarire bene con chi di quella banda di coglioni, ma di certo firmerò con la Warner. I tipi della Warner verranno a baciarmi il culo per farmi firmare con loro, quanto è vero che mi chiamano Rathead!”
“Ma che schifo di soprannome è?” commentai io, per l’ennesima volta.
“E’ figo e insolito, ma sto lavorando a qualcosa di più figo e più lungo da scrivere”
“Tipo?” chiesi curiosa.
“The Reverend qualcosa…. non so ancora di preciso”
“Beh, è figo” commentò il nano dietro
“Zitto bimbo, stanno parlando i grandi” rispose Jim ridendo e Johnny sembrò quasi rimanerci male.
“Dai su, crescerai” dissi scombinandogli i capelli corti e castano chiari.
Il tragitto continuò così, con progetti per Capodanno (oltre al concerto c’erano un paio di feste interessanti alle quali imbucarsi) e battutine.
“Ok ragazza, siamo arrivati” presi un respiro profondo e misi la mano sulla maniglia dello sportello. Mi voltai verso quei due.
“Beh ragazzi, buon Natale” sospirai guardandoli.
“Buon Natale, Meg” salutò lo gnomo facendomi l’occhiolino.
“Buon Natale, dolcezza!” quasi urlò Jimmy. Prima o poi ci avrei rimesso un orecchio con le sue urla.
Mi strinsi nella felpa e suonai il campanello della villetta che conoscevo bene. C’erano un paio di luci accese, ma nessuno veniva ad aprire.
Presi un respiro profondo e provai ad abbassare ugualmente la maniglia, scoprendo che infatti la porta era aperta. Solo a quel punto vidi Jimmy e la sua carretta sgommare via.
Chiusi la porta e mi addentrai nella casa, silenziosa e apparentemente vuota.
La sera di Natale andavamo sempre (e dico SEMPRE, ogni fottutissimo anno) a vedere “A Christmas Carol” a teatro, anche se da qualche anno, io e Bee declinavamo gentilmente l’invito e uscivamo a bere qualcosa o rimanevamo a casa a vedere film natalizi che passavano alla tv. Ma perché lasciare la porta aperta?
Mi addentrai nel salotto e trovai il televisore acceso che passava “Mamma, ho perso l’aereo” e sul divano c’era Brian spaparanzato che beveva una birra. Sul tavolino davanti ai suoi piedi c’erano due o tre pacchi ancora chiusi, forse per me. Non si voltò nemmeno a guardare.
“E’ già finito lo spettacolo? Ah, Meg non s’è fatta vedere” fece con tono grave e scazzato.
“Lo so, sono io” si alzò di scatto e si voltò verso di me.
“Meggie!” disse avvicinandosi e guardandomi come se fossi un miraggio.
“Che occhio… da quando usi il mio nome?” ignorò la mia battutina sarcastica e mi venne vicino.
“Meg io….. mi dispiace un sacco, non avrei dovuto. Sono stato un cretino a….”
“Woh woh woh, tranquillo. Non stiamo insieme, non devi giustificarti così. Anche io ti devo le mie scuse, ho esagerato. Non dovevo dire quelle cose su Michelle” a quel punto, mi abbracciò. E fu strano, perché mi abbracciava così solo nelle situazioni critiche.
Mi aveva abbracciato così quando da piccola morì il mio criceto, poi il cane, quando la mia prima storia (alle medie) finì una merda o quando morì la mia unica nonna ancora viva, l’anno prima.
Ricambiai l’abbraccio e cominciò a parlare, ma come al solito non era un granché a chiedere scusa (apprezzavo l’impegno).
“Lascia perdere, sono un coglione. Ero arrabbiato e…. Scusami”
“Dai, è andata. Scuse accettate?”
“Certo. E tu?”
“Logico! Ho ancora dei regali da scartare, non posso tenerti il broncio” mi strinse un braccio attorno al collo e affondò il pugno nella mia testa.
“Ehi Meg, siamo sotto il vischio” disse mettendo su un sorrisetto malizioso e abbracciandomi di nuovo.
Alzai al testa ed era vero, all’arco di segno che delimitava l’ingresso del salotto, c’era un rametto di vischio col fiocco rosso.
Gli poggiai le mani sul petto e gli afferrai la maglietta, tirandolo leggermente verso di me…. per poi spintonarlo nel salotto ridendo.
“Adesso non più” feci ridendo e lui scoppiò a ridere mentre si ributtava sul divano. Accesi la luce del salotto e poi andai a sedermi vicino a lui, fregandogli un paio di sorsi dalla birra.
“Allora… questo è il mio” disse mettendomi in mano un pacchetto grosso quanto il palmo della mia mano. Tolsi la carta e rimasi ad osservare la scatolina di carta, tipica dei gioielli d’acciaio.
“Ti prego! Dimmi che è un anello di fidanzamento!!! Torniamo sotto all’arco col vischio e fammi tuaaa!!!” cincischiai facendo una voce cretina e facendomi aria con una mano, in modo teatrale, facendolo ridere.
“Eeeeh, mi dispiace deluderti, tesoro. Quello l’anno prossimo” aprii la scatolina e rimasi senza parole sul serio.
“Bri….. cazzo io ti adoooro!” dissi saltandogli al collo e abbracciandolo.
Era un braccialetto d’acciaio color piombo, con la “catena” a maglie abbastanza larghe da cui pendevano un paio di charms. Ce n’era uno a forma di chitarra elettrica (per di più mancina) e nera che ricordava vagamente la mia Beast (un’ibanez RG Prestinge nera) e un altro a forma di cuore, di metallo, tutto intarsiato (e in effetti pure un tantino graffiato sul cerchietto di metallo che lo fissava al braccialetto).
“Ehm…. quello non guardarlo” disse passandosi una mano sul viso, imbarazzato.
“Perché mi hai regalato una roba col cuore?” dissi divertita.
“Allora… la chitarra l’ho fatta mettere io- e meglio non dirti quanto c’ho messo per trovarla- sul braccialetto che mi piaceva. Solo che il bracciale già montava in partenza quel cuore. Ho provato a farlo togliere all’orefice, al ferramenta, ma niente, solo che mi piaceva un sacco! Cioè, di solito sono tutti color acciaio, questo invece è più scuro è più figo…”
“Woh Bri, tranquillo. È perfetto così, grazie” gli dissi sincera facendolo sorridere e facendogli prendere fiato.
“Allora? Piaciuto il mio regalo?” chiesi allora.
“Quello di tua madre è stato davvero stupendo: i boxer con le chitarre mi mancavano”
“Ahahahhaha! Si, da quando le hai detto che collezioni oggetti a forma di chitarra o con le chitarre stampate sopra si è data alla pazza gioia, ma il mio regalo non è quello”
“Lo so, infatti è ancora qui” disse prendendo uno dei pacchetti dal tavolo e passandomelo sotto al naso.
“Dai, apri! Pure io ci ho messo parecchio per trovarlo, sai?” scartò il pacco, aprì la scatola e rimase a fissare il contenuto.
“Mi hai regalato una collana tamarra” sentenziò.
“Non è una collana tamarra, genio! E’ una catena, poi se vuoi metterla al collo, al jeans o al tuo cane sei libero di farlo” sorrise divertito e si passò il grosso pendente di metallo a forma di teschio (col cilindro in testa e le fauci spalancate) fra le mani.
“Comunque il teschio è un accendino” aggiunsi.
“Dici sul serio?” disse sorpreso. Presi il pendente e con un gesto del dito (come uno Zippo) aprii il cappello del teschio, mostrando la testa dell’accendino.
“Nuoo! Che figata assurda! Grazie Meg!” disse abbracciandomi.
“Ti piace sul serio? Non è che lo trovi davvero tamarro?”
“Ehi cazzo, scherzi? È perfetto! Visto che non trovo mai l’accendino…” disse convinto e sincero, mentre giocava con il teschio.
Si mise a giocare, vedendo fino a che punto poteva arrivare la fiamma.
“E’ ricaricabile?” chiese dopo un po’, mentre io provavo a chiudermi il braccialetto con scarsi risultati.
“Aspetta… ti aiuto” disse prendendo il braccialetto dalle mie mani.
“Oh grazie, comunque si. In sostanza è uguale ad uno Zippo” chiuse il braccialetto e scossi il polso per osservarlo meglio. La chitarra era assicurata con due anelli, per sicurezza e il cuore super resistente se ne stava penzoloni, per i fatti suoi, dal lato opposto.
“Oh perfetto. È davvero bellissimo” dissi continuando ad osservarlo e sorridere.
“Bene, sono contento che ti piaccia” disse poi, mentre io guardavo soddisfatta il mio polso. Cuore compreso (nah, meglio a parte) era davvero carino.
“I vecchi?” chiesi poi.
“Tutti a vedere quel cazzo di spettacolo. Ne ho pieni i coglioni di Scrooge e di quei fantasmi rompicoglioni”
“Dai coglione…. Mi dispiace di averti rovinato la giornata”
“Forse sarà pure come dici, ma il tuo è decisamente il regalo migliore che ho ricevuto non solo quest’anno, ma molti altri”
“Vuoi dire che il portachiavi a forma di chitarra dell’anno scorso o la sveglia con Slash di due anni fa non ti sono piaciuti?” dissi aggrottando le sopracciglia.
“Certo che mi sono piaciuti!” disse sventolandomi il suo mazzo di chiavi sotto al naso, dal quale pendeva il sopra citato portachiavi “Ma questo mi piace di più” disse tranquillo scrollando le spalle e io mi buttai comoda sul divano.
“Bri?” “Uhm?”
“La nonna ha fatto la solita sciarpa?”
“Certo, ma quest’anno ha usato lana bianca e nera e ci ha fatto dei teschi. Ce ne sono pure un paio rossi…” aprii il pacchetto e in effetti Brian aveva quasi ragione. Sullo sfondo nero c’erano dei teschi bianchi davvero belli e sul finale (da entrambe le estremità) c’era un teschio verde acido.
“Ehi non vale! E’ più bella la tua!” sbottò lui “L’anno scorso a me è andata peggio: mica sei stato tu a ricevere quella rosa e fucsia” sorrise beffardo e io affondai il viso nella sciarpa morbida che odorava di lavanda.
“Cazzo, mi sa che questa la uso” decretai dopo un po’.
“Credo anche io” nel pacchetto c’era un bigliettino.
“-Nella speranza che almeno quest’anno le mettiate, brutti figli di puttana. Buon Natale. Con amore, nonna-”



Oooooooh ma non sono un amore quei due? :’)
Lo so, lo so, in questo capitolo Stacey c’è poco o niente e non proferisce parola, ma nel prossimo parla solo lei, promesso v.v
è un po’ lungo, ma non potevo tagliare, daaaaai :’)
Quei due mi piacciono troppo, niente da fare v.v
In questo chap Zack è stato un tantino eclissato……..
vabbè, dai v.v dopo l’appuntamento dell’ultimo chap, Brian si doveva vendicare *spunta Brian*
“Sei una zoccola, Cactus, lo sai?”
“Brian, chiamami di nuovo così e l’accendino te lo ritrovi su per il culo, intesi?”
“Mi ricordi Meg se fai così *^*”
“-.-‘ L’ho creata io, vorrei ben vedere”
“Vuoi dire che non esiste? Q.Q”
“No, Brian, no” *spunta Meg*
“Sticazzi!” *li fa tornare al loro posto*
Eh-ehm…. dicevamo? Ah, si
Zack si rifarà a breve, tranquilli *I due dell’Avemaria tornano all’attacco*
“Oh, Zack *^*” “Fottutissimo mancino….” “NON VI AVEVO DETTO DI TORNARE DENTRO?!”   *in coro* “si ‘-‘”  
“Ah Brian, dì di nuovo qualcosa sui mancini e il Natale rovinato sarà una bazzecola”
“Ok…..”
“Però sei bello <3”
“Zaaack :Q____” “Meg  e porc…”
EH-EHM.
Si, vabbè, in pratica il Corner è un altro capitolo :’)
Si ringraziano _diable_, Danyel e Black is The New Black per le recensioni :’)
see you next time!
“Ci siamo pure noi al prossimo capitolo? *fa occhioni dolci” “Non lo so, Bri, poi vedo v.v”
“Grazie Cactus :’)” “Non ho detto di si o.o” “Ma tu mi adori :’)” “…”
The Cactus Incident “Che nome del cazzo” *parte scappellotto a Brian*
“E vorrei dire che il vero mito è la nonna di Bee v.v” “Grazie Nessie”

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: The Cactus Incident