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Autore: xBotan    13/07/2012    1 recensioni
Lui raccoglie la mia biancheria sporca dal pavimento, mi rimprovera per il mio metodo di studio zoppicante e mi insegna a suonare Chopin con la sua solita pedanteria.
Io gli incasino la vita, lo stordisco con la mia musica a tutto volume alle tre del mattino e gli parlo di cose stupide all’orecchio finché non chiude il libro di turno e mi degna della sua attenzione.
Può funzionare.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ACT TWO: Old memories


Devo ricordarmi di tacere ogni volta che sento di avere un’ottima idea, perché non può essere nulla di buono.
Okay, ai biscottini duri come mattoni di mamma ero psicologicamente preparata, ma non pensavo che l’atmosfera raccolta del salotto le avrebbe improvvisamente fatto venire voglia di rivivere le emozioni passate, e che sarebbe andata a recuperare i vecchi album fotografici.
Diciamo che l’idea di rivedere tutte le foto di me avvinghiata a Martin, Martin che mi abbraccia, io e Martin insieme in tutte le pose possibili davanti a Valerie non è una pessima prospettiva, ma a spaventarmi sono i minuti vuoti d’attesa con la coppietta felice mentre mamma cerca gli album nella stanza accanto.
L’orologio ticchetta così forte. Che strano, prima, quando parlavamo tutti, non ricordavo neanche che ci fosse un orologio in salotto. Ora mi concentro disperatamente sulle sue lancette. Tic tac. Le nove e venticinque. Mamma, muoviti.
- Non avresti dovuto parlare così a Emily, Amy.
Okay, ho sentito la sua voce un mucchio di volte.
Respira, Amy Rainbow. Respira.
Così, ecco. Puoi rispondere senza saltargli addosso o senza staccare la testa di Valerie di colpo. Lo fai sempre, ci riuscirai anche questa volta. E no, Amy, devi proprio guardarlo. Puoi riuscire a fare anche questo. Lo so che puoi, Amy.
Però, insomma…possibile che la prima vera frase che mi rivolge in tutta la serata debba essere un rimprovero?!
- Lo faccio sempre, e il nostro rapporto madre-figlia è perfetto- replico trattenendo l’euforia.
Sarà anche una discussione, ma sto parlando con Martin.
- Perfetto per te. Emily ci rimane male, lo sai.
Ha le sopracciglia aggrottate e lo sguardo fisso, come sempre quando cerca di prevalere in una discussione. Adoro la linea curva delle sue sopracciglia. Mi fa venire voglia di premere con un dito proprio fra i suoi occhi, dove quasi si incontrano.
E a giudicare dall’occhiata non troppo furtiva che gli rivolge Valerie, anche lei la adora.
Stupida rossa con un fottuto buon gusto.
- Sono ventitré anni che ci è abituata.
- Sì, ma davanti a degli ospiti…
- Sei tu con la tua ragazza, mica la regina d’Inghilterra.
Assumi un’aria indifferente, Amy. Ecco, così, stravaccata sulla poltrona. Guardalo di sottecchi. Brucialo con il tuo charme.
- Forse tu non ca-
Non saprò mai cosa io non, perché mamma rientra con una pila di libroni polverosi fra le mani e Martin si interrompe e mi guarda in cagnesco. Adoro quando mi guarda in cagnesco. Io gli faccio la linguaccia, e lui fa un sorrisino, proprio come quando eravamo piccoli, proprio come ai vecchi tempi, e all’improvviso sono così dannatamente felice che potrei ballare la samba sul tavolino da caffè, appendermi al lampadario e volteggiare stile Tarzan nella stanza e poi ripiombare sulla poltrona e scoppiare a piangere senza nessuna ragione logica apparente.
Poi comincia la pantomima delle foto, delle discussioni infinite per stabilire dove sono state scattate, dei ricordi sospiranti di mamma e degli urletti deliziati di Valerie. A parte l’ultimo punto, non è del tutto spiacevole, anche se devo dire che abbiamo tutte e due un pessimo gusto: non avrei mai pensato che fosse possibile, ma Martin è migliorato col tempo. Se penso che a dieci anni ho baciato questo tipo con la faccia da rana(meglio che da pene, direte, ma è una questione di punti di vista), mi viene voglia di suicidarmi mangiando un biscotto di mamma, e d’altra parte mi chiedo com’è possibile che col passare degli anni io abbia perso colpi. Gli risalterei addosso in questo momento, e ne sono consapevole.
Ogni pezzo di carta è una piccola fitta, per metà triste e per metà piacevole.
Al mare a circa otto anni, mentre io cercavo di bendargli gli occhi con il pezzo di sopra del mio costume, lui cercava di scappare e sullo sfondo papà cercava di acchiapparmi e impedirmi di compromettere il mio onore.
Il primo giorno di scuola delle medie, sorriso smagliante e mano nella mano.
Un giorno indefinito dell’inverno in cui stavamo insieme, con la mia testa poggiata sulla sua spalla e la sua mano sulla mia pancia.
E qui Valerie non sorride più tanto, eh.
Poi, com’era ovvio da quando mamma ha avuto la brillante idea di rivangare il passato, le foto passano in secondo piano e si comincia a parlare dei suoi genitori.
Non ascolto davvero il monologo di mamma.
Fisso distrattamente le ginocchia di Martin e la sua mano intrecciata a quella di Valerie, e penso alla sensazione della sue labbra poggiate sul mio collo, delle mie mani che scorrono nei suoi capelli e lo stringono ancora di più, il più vicino possibile, dove niente e nessuno potrà fargli del male.
Penso alle sue guance secche di lacrime contro le mie.
Penso al suo sguardo vacuo, alla sua mano che gioca distrattamente con una penna a scatto e alla mia che lo avvolge, che lo guida sul mio petto, che lo protegge.
Penso che non ha più bisogno di essere protetto da me.
Penso che voglio piangere e non posso.
- …e poi ovviamente gli abbiamo chiesto di trasferirsi da noi, lui e Amy sono sempre andati così d’accordo e anche noi avevamo da poco perso Kevin, sai, mio marito- la mamma fa una pausa teatrale- ma lui niente, lui è voluto andare ad Oxford! È sempre stato un cervellone, il nostro Martin. Quasi un figlio, per me.
Ora dirà qualcosa tipo che è una fortuna che sia andato ad Oxford perché ha incontrato lei. Me lo sento.
- …dopotutto, mia cara, è una fortuna che abbia deciso di tagliare i ponti col passato: non avrebbe mai incontrato te, altrimenti.
Grazie per essere sempre così prevedibile quando si tratta di gettarmi nella depressione più totale, mamma.
Eccoli lì: mani che si stringono più forte, sguardi che si incrociano, lei poggia la testa sulla spalla di lui.
Potrei vomitare.
- Siete una coppia così carina! Quando io e Kevin abbiamo deciso di sposarci avevamo più o meno la vostra età- mamma ormai è un fiume in piena- Quante speranze! Certo, ora non ci si sposa più così giovani, ma voi siete così ben assortiti che mi fate pensare che esistano le eccezioni…
- Cough cough!
Già soffocare con un bicchier d’acqua è stato abbastanza imbarazzante, ma non pensavo che potesse andarmi per traverso la mia stessa saliva!
- Amy, tesoro, sicura di star bene oggi?
Starei molto meglio se tu mostrassi un minimo di comprensione per la tua unica figlia, mammina.
Anche Valerie è china su di me. Valerie. Allora perché diavolo Martin rimane seduto impassibile?!
- S-sì…solo che…sposarsi…insomma…non è un po’ prematuro parlarne?- riesco a farfugliare mentre mi rimetto a sedere come si deve e mamma mi preme una mano sulla fronte per controllare che io non abbia la febbre- Chi diavolo si sposa a ventitré anni?
- Veramente…- Valerie arrossisce.
Oh no.
Mamma distoglie subito lo sguardo dalla povera me pseudomorente e lo posa interessata su di lei.
- Era la grande notizia- sospira- la volevamo tenere per dopo…
Guarda Martin indecisa. Ma Martin non è quel tipo di persona. Martin va dritto al punto.
- Io e Valerie ci sposiamo. 
  
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