“È
già una felicità poter amare, anche quando ad amare si è soli.”
Théophile Gautier, La signorina di Maupin, 1835
«È che tu non mi conosci abbastanza, Sanji-kun».
Era certamente così. Se l’avesse conosciuta bene non le avrebbe detto quelle
parole, rivolto quegli sguardi, dedicato quelle sofferenze.
«Lo sai che ti sbagli, Nami-san».
No, non lo sapeva.
«Perché dovrei sbagliarmi? Pensi di conoscermi bene solo perché siamo compagni?».
Un attimo di silenzio.
Poi le parole vennero fuori come il fumo da una sigaretta; rapide, leggere, dolorose.
«È che conosco i tuoi occhi. Li osservo da quando ci conosciamo, Nami-san. I
tuoi occhi sono trai ricordi più belli che ho».
Non seppe contraddirlo. Cosa gli dici, a uno che ti guarda negli occhi e che
non puoi guardare negli occhi? A uno che ti osserva al di là di qualche ciocca
d’oro troppo folta con quel sorriso sulle labbra?
«..Dici cose strane, Sanji-kun».
Un sorriso le piegò le labbra sottili quando si accorse che ciò non costituiva
in alcun modo una novità. Le stranezze di Sanji-kun erano una delle più solide
certezze che avesse – avrebbe quasi potuto stilarne una lista, di certezze,
tipo Rufy mangia carne, Zoro dorme
sempre, Chopper è un animale e Sanji-kun è strano.
«Nah» rise lui, leggermente divertito. «Pensi che
essere innamorati di te sia strano, Nami-san?».
Lei rifletté un attimo, poi scosse la testa. «Penso che tu sia strano, Sanji-kun. Chi altri sopporterebbe questa
situazione?».
Il biondo lasciò scorrere le dita tra i propri capelli, grattandosi
nervosamente la nuca, e portò l’altra mano alla sigaretta accesa che stringeva
tra le labbra; espirò una boccata di fumo e, con estrema lentezza, lasciò
cadere un po’ di cenere sul pavimento scuotendo la cicca con due colpetti
leggeri. Nami osservò l’intero movimento con curiosità e devozione per la cura
e l’attenzione che Sanji riusciva a mettere anche nel semplice e rozzo gesto di
fumare una sigaretta. Aveva un non so che di elegante, Sanji. Ce l’aveva nel
portamento, nel carattere, nel corpo, qualsiasi cosa facesse; ce l’aveva
stampato in viso.
«Un uomo innamorato, Nami-san, ne hai mai incontrato uno?» domandò lui infine,
la voce profonda e … carica. Nami non seppe dire carica di cosa. Era una voce
carica di qualcosa.
«… un uomo innamorato».
Nami scandì le lettere una ad una, quasi stesse rimuginando sul significato
della parola più conosciuta, pronunciata e sofferta al mondo.
«Non prima d’ora».
Decide di mantenersi vaga. Non era ancora convinta di ciò che lui le stava
confessando.
«Un uomo innamorato, Nami-san, uno realmente
innamorato, ama totalmente, senza riserba. E soprattutto adora anche i difetti
della persona che ama».
Lo disse con le labbra piegate all’insù. Non con un sorriso, no, solo con le
labbra piegate; quando sorridi davvero non lo fai mica attraverso la bocca.
«Anche se lo fanno soffrire?».
Nami non capiva. Nami non aveva mai amato.
Nami non era mai stata amata.
«Certo, anche se lo fanno soffrire» annuì Sanji, e compì nuovamente l’atto di
portarsi le dita alle labbra, allontanare la sigaretta da sé e soffiare via un
po’ di fumo. Aveva qualcosa addosso che Nami non riusciva a spiegarsi, che non
riconosceva, qualcosa che sapeva di antico, quasi abituale. Era come se una
pellicola trasparente, invisibile e sottile li dividesse.
Poi la guardò.
«Nami-san, ti prego di credermi se ti dico che ti amo, perché è vero».
Silenzio, poi una risata.
«Anche se io ti credessi, Sanji-kun, cosa cambierebbe? Di certo non la tua
sofferenza».
(Più tardi si accorse che le sue parole suonavano come un vero e proprio
rifiuto, ma sperò che Sanji non ci avesse fatto caso, abituato com’era a
rifiuti ben più espliciti).
«Io non soffro, Nami-san» disse lui. «Io ringrazio il cielo tutti i giorni di
avere la possibilità di amarti, e di renderti felice».
Non riusciva a comprendere quel ragionamento, Nami. Cosa c’era da esser felici
di una condizione totalmente infruttuosa e priva di qualsiasi tornaconto? Anche
lei voleva bene e amava, ma di certo non in quel senso, e non con tanta
perseveranza. Amare come faceva lui non assomigliava semplicemente allo
sbattere ripetutamente la propria fronte contro una parete d’acciaio, sperando
di romperla?
Pensò poi che paragonare il proprio cuore ad una parete d’acciaio fosse un po’
triste.
«Mi stai dicendo che ti basta essere innamorato per sentirti felice?» domandò.
«Io credo» rispose lui, espirando fumo con un soffio leggero, «che l’averti
incontrata sia di per sé incredibile, Nami-san. Io sono felicissimo di amarti».
Anche se non mi ricambi
«Anche se non ti ricambio?».
Davvero non capiva come fosse possibile.
«Certo, Nami-san. Anche se mi sfrutti, se non mi ricambi, se mi tratti male.
Sono felicissimo quando ti vedo, quando posso servirti ed essere cortese con
te».
Anche se mi spezzi il cuore.
«Sanji-kun, tu hai un cuore più puro di quel che pensassi».
Si sentì quasi in colpa quando glielo disse. Come se le sue parole stessero
macchiando quel cuore tanto puro.
«Ma che dici, Nami-san?» rispose lui, il primo vero sorriso a piegargli le
labbra, «cioè, sono felice che tu lo pensi.. anzi, sai che ti dico? Magari un
giorno ti innamorerai di me!~~~♥ ».
Non ci credeva, ma era bello dirlo.
«Ah, Nami-san.. sarei più felice se tu mi dicessi una cosa, però».
Era divenuto improvvisamente serio – un’altra caratteristica di Sanji, cambiava
umore nel giro di qualche secondo-.
Allora Nami lo guardò negli occhi e vide amore. Amore che naufragava in un’
iride azzurra e si nascondeva al di là dell’oro di una ciocca di capelli.
«Quello che vuoi».
Rispose senza pensarci quello che le sembrò giusto.
«Adesso che sai cosa penso.. e che mi credi, spero.. per una volta, potresti dirmi che non mi ami
come uomo che ti si è appena dichiarato e non come uno stupido pervertito da
allontanare? Mi darebbe l’impressione di avere una qualche speranza».
Per una volta capì cosa il cuoco intendesse. È che sentirsi dire ad alta voce
certe cose le rende più reali. Le fa suonare come un “ehi, ti ringrazio per il
tuo amore e per quello che fai per me”.
In quel momento si sentì come se avesse tra le mani una bolla di sapone – il
cuore di Sanji-kun - ; un suo soffio avrebbe potuto, a seconda dell’intensità,
farla volare via o distruggerla completamente. In un attimo.
Alzò il viso e guardò i suoi occhi e rivide l’amore.
Poi provò a dirgli che non lo amava ma non riuscì.
***
OOOOHHHHSSSSSUUUUPPPPPEEEERRR
Ebbene sì, ho sempre sognato di iniziare un angolo autore così X°D ENNONONLANCIATEQUESTIPOMODORI, LO SO COSA STATE
PENSANDO! Non ho dimenticato i miei amori (Zoro e Robin) e le 3923024203 fanfic che devo scrivere su di loro x°D
semplicemente ultimamente non sono dell’umore per farlo, considerato che è una
coppia poco conosciuta e le zero recensioni mi scoraggiano alquanto J.
Intanto pubblico questa SCHIFEZZA giusto per Lou Asakura che oggi aveva l’esame d’inglese!
FIGHTING!=D