Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
Segui la storia  |       
Autore: Belarus    13/07/2012    4 recensioni
#13: " Sorridevano tutti in quella foto, tutti tranne Hibari poggiato al muro della casa accanto. Erano tutti insieme, c’era persino quell’irritante di Squalo con loro, la spada che brillava dietro la testa dell’idiota. La stupida mucca aveva il moccio al naso e un pacco di caramelle tra le braccia, I-pin il suo vestitino cinese, le ragazze abbracciavano i bambini, Ryohei mostrava il suo pugno estremo, Chrome pareva accennare un sorriso entusiasta, sua sorella reggeva Reborn-sama. Il Decimo rideva, rideva, rideva…
« E’ la cosa più bella che mi sia rimasta… »
"
[ Dal cap #07. 15 years later - cap #13. 20 years later ]
Mi avventuro, vediamo che combino!
Sperando che piaccia!
Baci Baci Belarus
Genere: Angst, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Alla mia Cinturina [ Kyoite ] senza cui il Boss non si divertirebbe ~


#09. Powerless - Impotente


Era arrivata. Inevitabile come il suo contenuto, era arrivata.
Loro la battaglia del futuro contro la Famiglia Millefiore l’avevano vinta, eppure quella lettera era arrivata sino a lì ugualmente. Disperatamente si erano convinti che le cose fossero diverse in quel futuro che si erano ritagliati con le loro mani, con le loro fatiche e i loro piccoli dolori quotidiani, ma qualcuno lì in alto aveva provveduto a ricordargli il vero ordine delle cose. Pensare che la lontananza fosse il peggiore dei mali era stato l’errore più grande che avessero mai potuto fare. Se c’era qualcosa che quel soggiorno in Italia gli stava insegnando, era il vero senso del dovere, il sapore acre della pressione che preme sulle spalle, l’odore di ferro del sangue appena versato da qualcuno cui vuoi bene. Lui le aveva percepite per tutta la vita quelle sensazione, eppure non riusciva ancora a comprenderne davvero il significato. I suoi occhi tanto precisi nello scrutare qualsiasi cosa si perdevano alla vista di qualche goccia di sangue versata da una mano.
C’erano cose di cui però era matematicamente certo. Cose su cui avrebbe scommesso la propria vita a occhi chiusi e per cui avrebbe preferito non avere una particolare visione razionale della realtà. Non si era mai rifugiato in nulla che non fossero montagne di libri, non aveva mai deciso di affrontare la realtà dei fatti senza avere dalla propria una certa dose di autostima. Quando quella notte sua sorella dalla soglia della piccola cucina della Villa, gli aveva parlato tutte le sue certezze, ciò nonostante, erano cadute. Giacevano immobili, abbandonate sul pavimento logoro di una vita che avrebbe voluto diversa.
Si era alzato con una lentezza tale da farlo apparire un’altra persona, aveva incontrato gli occhi di Bianchi, ma il mal di stomaco non era arrivato, qualcosa di peggiore gli si era stretto allo stomaco. I polmoni stanchi per il fumo ebbero alcuni istanti di apnea alla vista delle lacrime di Lambo, I-pin e delle ragazze nel salone d’ingresso. Ryohei al fianco di una Chrome più triste del solito, abbassò gli occhi senza neanche emettere un suono. Nessuno parlò, nessuno osò interrompere quell’orrida messa in scena dai risvolti drammatici.
Allungò il passo verso l’enorme portone della villa, l’ombra del Decimo in fondo alla scalinata lo fece trasalire.
Se ne stava con le mani tremanti strette fra i capelli, piangeva probabilmente, come non aveva mai smesso di fare da quando erano ragazzini. Lui almeno, ci riusciva ancora a esserlo un po’ per tutti.
Scese alcuni gradini udendo, i singhiozzi soffocati e il silenzio irritante che li avvolgeva. Vide Reborn-sama sulla spalla di Squalo, in piedi in un angolo del giardino.
<< Non ci sono riuscito… >> udì la voce del ragazzino appena adolescente che aveva provato a pestare al suo primo giorno di scuola.
Il Decimo tirò su gli occhi arrossati, il volto scavato da una colpa che non era sua. Da una colpa che non era di nessuno di loro, ma che semplicemente sarebbe dovuta arrivare perché era così che doveva andare. Sfoderò un sorriso rattristato annuendo con una convinzione che in quel momento non gli apparteneva per niente.
<< Non è colpa vostra, Decimo… >> sussurrò superandolo.
La ghiaia del viale scricchiolò mollemente sotto i suoi passi, i singhiozzi si allontanarono, il silenzio si fece più pesante. Osservò il volto rabbuiato del piccolo arcobaleno, il cappello scuro stretto sul capo si abbassò ulteriormente, tirò appena con la manina una ciocca grigia di Squalo.
L’uomo si mosse automaticamente senza emettere nessuno dei suoi suoni inappropriati, si fermò quando fu accanto a Gokudera. Continuavano a sbagliarsi di qualche centimetro, ma se anche fossero stati della stessa altezza, la situazione non sarebbe cambiata per nessuno, neanche per loro. Gli occhi grigi scrutarono quelli verdastri di Gokudera, lo esaminarono con la stessa cruda indifferenza che si addice a un assassino.
<< Digli di smetterla di fare il ragazzino. >> tonò con voce odiosamente pacata.
Reborn- sama abbassò ancor più il cappello, per poi alzarlo al sentore delle lacrime del Decimo. Si allontanarono in fretta, lasciandolo lì nel completo silenzio ad ascoltare i battiti mozzati del cuore dell’idiota.
L’aria divenne via via più irrespirabile ad ogni passo, il buio si fece sempre più scuro mentre le chiome degli alberi coprivano il cielo appena illuminato dalle stelle. Il suono di una triste fontana poco lontano, gli fece perdere i nervi, per un attimo ebbe la tentazione di metter mano alla sua arma. Le tentazioni morirono alla vista di quel cadavere immobile poggiato alla scalinata sul retro della Villa. Le mani stringevano disperate ciò che restava di una spada che aveva perso la sua vera essenza, la schiena pareva immobile priva di qualsiasi movimento indice di funzioni vitali. I battiti smisero di tonare all’interno del petto.
Gli occhi vitrei di Yamamoto si allontanarono dalla gradinata per osservare la figura del compagno avvicinarsi con passo falsamente deciso. Hayato se li ritrovò addosso senza che mai avesse desiderato averli, i polmoni si svuotarono dell’aria incamerata sino ad allora, la mano tremò appena.
Quegli occhi non erano quelli dello stupido. Quelli non erano gli occhi di nessuno, forse l’ombra logora di qualcuno che un tempo aveva avuto la capacità di sorridere innanzi a chiunque. Erano vuoti, più di quanto potessero essere quelli di chi non aveva più un motivo per andare avanti, per trovare le forze per alzarsi da quella gradinata abbandonata e tornare dai propri amici. Non c’era nessun velo di lacrime, non se ne percepiva neanche il sentore.
Gokudera gli si accostò, tirò fuori con mano mal ferma una sigaretta. La mise in bocca percependone appena il sapore acre, non la accese. Yamamoto tornò ad abbassare gli occhi, la mano ferita sfiorò la lama della spada, le bende si strapparono lasciando scivolare giù un rivolo di sangue scuro, a Hayato vennero in mente le parole di Squalo.
<< E’ colpa tua. >> sibilò piatto, il corpo di Takeshi tremò con tanta forza da ripagare qualsiasi singhiozzo.
<< Se non fossi stato così inutile, tuo padre sarebbe vivo. E’ colpa tua, lo sai. >> continuò.
Era quello che chiunque non gli avrebbe detto, era quello che in tutti quei minuti Yamamoto aveva pensato.
Gokudera aveva imparato a conoscerlo abbastanza bene da sapere esattamente cosa fosse accaduto nella sua mente dal momento in cui i suoi polpastrelli avevano sfiorato la carta da lettera proveniente da Namimori, sino ad allora.
<< Almeno hai la decenza di non frignare. >> sputò fuori.
Takeshi tremò nuovamente, la lama della spada si conficcò affondo nel palmo già dolorante della mano, ne fuoriuscì imbrattata di rosso. Gokudera lo vide tirarsi su con uno scatto talmente veloce da far invidia a chiunque, non fece in tempo a spostarsi, la mano sporca di sangue lo afferrò per la giacca gettandolo contro il muro. L’impatto non fu particolarmente forte, ma la vista del volto distrutto di Yamamoto fu la cosa peggiore che potesse tollerare.
<< Mio padre è morto! >> soffiò fuori con rabbia.
Una rabbia che non gli era mai appartenuta, che era sempre stata relegata in fondo all’animo, priva di un qualsiasi spiraglio verso l’esterno. Una rabbia che aveva soffocato giorno per giorno sotto la pressione di sorrisi spesso inappropriati.
<< Siamo in due, a me è morta la madre. >> lo gelò Hayato, cercando disperatamente di specchiarsi in quegli occhi vuoti.
Yamamoto parve perdere appena la presa, una goccia di sangue scivolò lungo il collo di Hayato perdendosi sotto la camicia bianca ormai macchiata. Sapeva di star dicendo delle cose orribili, non aveva la forza per dirle, ma la stava paradossalmente trovando per lui. Per quello stupido idiota che gli era stato accanto come una piaga per buona parte della sua intera vita. Per vedere di nuovo quegli occhi brillare per chissà cosa, per chissà quale desiderio troppo lontano e impossibile per esser raggiunto.
<< Non puoi farci più niente, il tuo vecchio non tornerà solo perché adesso te la prendi con me! >> ringhiò irritato.
<< I morti sono morti, non ti servirà a niente trasformarti in uno di loro… >> sussurrò, mentre la mano di Yamamoto crollava con lui.
Le lacrime gli rigarono il volto scuro, scivolarono lungo il collo martoriato da chissà quale tic nervoso che lo aveva accompagnato quella sera. La cravatta parve intollerabile per entrambi, Takeshi lottò in vano per qualche istante, poi barcollò sino al muro e si accasciò sul pavimento gelido della villa.
Gokudera maledisse se stesso, per quello che stava per fare.
S’inginocchiò accanto a lui, le mani gli tolsero la cravatta troppo stretta ormai umida per le lacrime, la lasciarono cadere poco più in là come un’ombra solitaria in un mare di buio. Vide la pozza di sangue allargarsi sul granito biancastro del terrazzino in cui si trovavano in quel momento, ne tastò la consistenza percependo un brivido lungo la schiena.
<< Ho sempre pensato che fossi stupido, ma mai che lo fossi così tanto. >> sussurrò, mentre i singhiozzi si facevano più forti.
La mano chiara scivolò lungo il tessuto scuro della giacca del compagno, afferrò il bavero per tirarlo a sé come un peso morto, passò sui capelli ricoperti di polvere per il contatto con il vecchio muro della Villa. I polpastrelli s’insinuarono al di sotto del colletto della camicia, tastarono i battiti appena percepibili del cuore del moro.
Il respiro si mescolò ben presto a quello dell’altro, le labbra si sfiorarono appena incerte nella loro prepotenza. Takeshi sbarrò per un istante gli occhi, smise di tremare percependo le labbra del Guardiano della Tempesta sulle proprie. Le lacrime salate si mescolarono al sapore acre della nicotina, il fiato terminò dopo pochi istanti. Il corpo si allontanò in fretta quasi percorso da una scossa. Hayato si tirò su con forza, scese i gradini del terrazzino quasi di corsa, affondò le suole nel terriccio umido del giardino. Si voltò quando ebbe messo alcuni metri fra sé e Yamamoto.
<< Dici sempre che io ho te… >> riuscì appena a borbottare.
Yamamoto dal pavimento del terrazzo lo osservò indeciso, le lacrime smisero di solcare il suo volto. Gli occhi parvero per qualche secondo tornare quelli del giovane ragazzino amante del baseball della vecchia e perduta Namimori.
<< Mai però che tu ti renda conto di avere un’altra Famiglia, di avere me… >> sputò fuori.
<< Tuo padre non tornerà, come non lo farà mia madre o nessuna delle persone care che gli altri hanno perduto… non puoi farci niente, non ne hai il potere razza di stupido! >>
La spada cadde a terra con un tonfo sordo, la mano ferita spinse sul pavimento di granito non riuscendo tuttavia a rialzare il resto del corpo, troppo scosso dalla situazione.
<< Non devi portare il peso di tutto da solo! Non te l’ha chiesto proprio nessuno! Non ne sei capace, nessuno ne è capace! Vedi di mettertelo bene in testa, stupido! >> ringhiò.
Sparì con passo mal fermo lungo il viale colmo di ghiaia, vide una goccia di sangue colare giù dal polpastrello e perdersi fra la polvere biancastra. Gli alberi tornarono ad accompagnarlo lungo il sentiero appena battuto, alcune voci nell’immenso cortile parvero accorgersi di lui e tacquero. Quando riemerse dal giardino aveva lo stesso volto con cui vi era entrato, non una smorfia, non un respiro in più. Non era cambiato proprio nulla, si disse.
Yamamoto dal giardino tetro non lo seguì, nessuno lo seguì neanche il Decimo o Squalo dall’alto della gradinata d’accesso.
Nessuno si mosse quando il Guardiano della Tempesta si allontanò oltre il cancello scuro, sparendo fra i vicoli bui della città vicina.















  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn / Vai alla pagina dell'autore: Belarus