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Autore: Rota    13/07/2012    1 recensioni
Per Braginski il concetto del tempo non poteva essere uguale a quello degli uomini, lo intuiva egli stesso.
La sua non era stata una vera e propria nascita, così come quella di Kiev non era stata una vera e propria morte. In realtà, Ivan pensava che alla base di tutto stava la diversa dimensione del vivere, tra uomo e Nazione. Un uomo viveva senza la sua Nazione, ma una Nazione non poteva vivere senza i suoi uomini, frutto com'era della loro volontà, dei loro sogni e della loro determinazione.
Era anche vero che gli uomini potevano cambiare, che l'aspetto preponderante di una società era mutevole così come era mutevole il concetto di norma e di legge. Ma era l'anima a rimanere la stessa, il nocciolo più intimo, e questa legava uomini e Stati in un vincolo unico che non si sarebbe potuto mai spezzare.

[Russia centric - presenza di OC storici - velato shonen ai RusAme]
**[SECONDA classificata al contest "History Collection" indetto dal CoS - Collection of Starlight]**
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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3. Cosa vuoi tu, da loro? [Inghilterra]

 

Nessun russo che si rispettasse poteva affermare, senza ombra di dubbio, di amare l'Inghilterra.
Se fosse astio indotto oppure semplice e veritiero, se fosse risentimento per qualche fatto dimenticato e passato o paura per quello che sarebbe venuti dinnanzi, se fosse timore per una nuova corrente di pensiero e di vita che dall'Est estremo aveva corso per tutta l'Asia e non si era fermata neanche di fronte alle porte sbarrate dell'Europa civilizzata, Ivan Braginski non sapeva davvero dirlo - così come neppure un qualsiasi inglese avrebbe definito con una parola precisa cosa mai lo spingesse a contrapporsi con così evidente tenacia di fronte al colosso russo.
Il fatto era che, ancora prima che tutto fosse iniziato, l'Inghilterra era lì, a contrapporsi con forza e a tentare di rallentare il passo col macigno della sua disapprovazione.
Era successo in Giappone(11), era successo con Lenin(12), era successo con le Armate Bianche(13). Era successo un po' troppe volte, sia per Ivan sia per Stalin.
Ora erano davanti a loro, consci di una medesima influenza che avrebbero potuto esercitare l'uno sull'altro. Era come se, dopo tanto tempo, fossero riusciti a guardarsi in faccia nascondendo tutto il ribrezzo che provavano reciprocamente.
Ma, dopo tutto, non si poteva parlare esattamente di odio, tra quelle due Nazioni - chi vive così a lungo è difficile che riesca a provare sentimenti tanto forti come quello, e sia Arthur che Ivan lo sapevano davvero bene.
Forse, era davvero fastidio, come se Arthur si fosse accorto che quel sassolino nella scarpa che era la Russia ora fosse diventato un po' troppo grande per essere ancora ignorato, mentre Ivan aveva ben chiaro in testa come quell'insignificante isoletta avesse praticato un'egemonia su scala mondiale e per questo sarebbe stato suo preciso compito ridimensionare le sue mire.
Non potevano più ignorarsi, nel bene come nel nel male.
Braginski sorrise quando Kirkland, senza nascondere una smorfia nell'incrociare lo sguardo con lui, si chinò verso il proprio Primo Ministro(14) e gli borbottò qualcosa.
La Conferenza doveva ancora iniziare, e loro si trovavano in quella stanza tutti assieme, come avendo modo di studiarsi vicendevolmente, quasi fossero stati animali da caccia. Non era contata la prima volta che si erano riuniti(15) - tutti loro, precisamente tutti loro - a sedersi su sedie forse troppo vicine le une alle altre. Ogni volta era una sfida. Ogni volta, una lotta per scorgere punti deboli presso i quali attaccare e quindi affondare senza pietà.
I due russi si raccolsero in un angolo discreto, mentre attorno a loro la gente parlava allo stesso modo guardingo e confabulava alla stessa maniera sospettosa.
E mentre Stalin guardava altrove - più o meno verso ciò che concerneva l'America e tutto il suo bagaglio economico - il cappello di Ivan si mosse in basso, coprendogli gli occhi e quindi lo sguardo chiaro.
-Cosa vuoi tu, da loro?-
-Quello che è giusto per me e quello che è proporzionale alla mia forza!-.
Sotto quei baffoni, si poteva intuire un sorriso arrogante, così tipico della persona di Iosif che, davvero, Braginski non ci fece caso.
Voleva solo capire il perché si trovassero tutti lì piuttosto che sul campo di battaglia a dar mazzate sul capo a Germania e a suo fratello.
Ma Stalin, per quanto inizialmente reticente, aveva cambiato idea ben presto, e gli aveva detto quanto fosse importante avere altri alleati potenti al di là del Reno(16) e quanto, in realtà, avere qualcuno a Est con cui accerchiare il nemico non fosse una cosa così disonorevole come sembrava.
Ivan gli aveva creduto - era diventato bravo, in questo - ma non per questo era diventato meno curioso.
Per esempio, non si era mai spiegato come mai l'Inghilterra avesse sempre avuto l'irresistibile tentazione di seguirlo in ogni suo passo. Lo trovava imbarazzante, se non affascinante, come quesito.
A Teheran l'aveva seguito ovunque, neanche fosse stato lui il tedesco e le sue spie avesse cospirato alla loro vita.(17)
Guardò ancora Arthur, che gli rispose con un'occhiata di quelle che non promettono buone cose - per nulla. Gli sorrise, apparentemente affabile.
-E che cosa vogliono loro, da te?-
-Quello che si sono meritati con il sudore della loro fronte e il sangue dei loro soldati!-.
Stalin era come lui. O meglio, lui era come Stalin.
Trovavano entrambi divertente quell'affaccendarsi immane di tutte le altre Nazioni di fronte a quanto era successo dentro i confini della Russia.
Sembrava quasi che una nube rossa fosse apparsa a oscurare i cieli d'Europa - e chi l'aveva sempre comandata ora tremava di paura, nel timore dell'arrivo di una pioggia biblica di sangue e pestilenza.
-Siamo quindi di natura uguale, noi e loro?-.
Stalin rise, cattivo, poggiando quindi una mano sulla spalla di Ivan. Lo guardò, quasi commiserandolo.
-Ah, non credo proprio Ivan! Ti pare che così sia?-.
Lui fece una smorfia e si allontanò un poco, con un passo indietro.
Con la coda dell'occhio, stava ancora fissando Kirkland.
-Non lo so, io poco li sopporto, non spreco tempo a pensare a queste cose...-
-Fai bene, fai davvero bene! La nostra forza è ben superiore alla loro! Senza di noi, la Germania dominerebbe l'intera Europa!-
-Ma perché allora ci vogliono male, Stalin?-
-Hanno paura, Ivan. Perché non accettano ancora che saremo noi, i loro padroni! Ma non ti preoccupare, a ogni cosa il suo tempo...-.
Una sirena suonò, il borbottio finì quasi all'improvviso. La Conferenza stava iniziando.
A quel punto ogni uomo divenne politico, ogni rancore messo in un angolino per far spazio a qualcosa di incredibilmente più ingombrante: l'orgoglio di poter pretendere qualcosa.
Così, per un attimo il sorriso di Ivan parve veramente sincero e quello di Arthur davvero gentile. Salvo però, forse, stringere troppo la mano nel mezzo, proprio lì dove ogni cattiva intenzione si sarebbe dovuta trasformare in un più costruttivo progetto collettivo.

 

 



 

 

Note

(11)Faccio ovviamente riferimento alla guerra Russo-Nipponica già citata, svoltasi all'inizio del Novecento.

(12)Inghilterra e altri paesi Europei avevano osteggiato il ritorno di Lenin in patria in quanto temevano che egli, come abile politico, avrebbe ritirato la Russia dalla Guerra e quindi avrebbe lasciato scoperto il suo fronte contro i Tedeschi.

(13)L'Inghilterra aveva finanziato le Armate Bianche contro quelle Rosse durante la guerra civile in Russia, temendo apertamente l'avanzata comunista.

(14)Winston Churchill, capo di Governo del Regno Unito presente alla conferenza di Jalta.

(15)La conferenza di Jalta è la seconda di tre conferenza che i tre Stati - URSS, Regno unito e USA - discuteranno nel corso della Seconda Guerra mondiale. Prima ci fu la Conferenza di Teheran (28 Novembre - 1 Dicembre 1943) e poi ci fu la Conferenza di Postdam ( 17 Luglio - 2 Agosto 1945).

(16)In poche parole, al di là della Germania.

(17)Riferimento all'Operazione Long Jump, nome in codice di un complotto fallito orchestrato nel 1943 dalla Germania nazista per eliminare i "Tre Grandi" (Stalin, Winston Churchill,Franklin Delano Roosevelt) durante la loro partecipazione alla conferenza di Teheran.

   
 
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