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Ogni
volta che la sera calava, Booth,
dopo una nutriente cena, faceva una doccia lunga e calda,
dopodiché si stendeva
sul comodo lettone della sua camera e si avviva verso un sonno profondo.
Solitamente,
dopo le giornate di lavoro,
era così stanco da non riuscire neanche a pensare. Ma in
quei giorni, trascorsi
tra psicologo e corse nel parco, non faceva altro che riflettere. Quasi
temeva
che il cervello gli andasse in fumo per tutto quel rimuginare in
continuazione.
Principalmente, era sempre la stessa persona a metterlo in quella
condizione. Lei. Temperance
Brennan.
Quei
passi lontani, la figura della donna
che scappava via in modo talmente irrazionale e disarmante. Non
riusciva
proprio a trovare una spiegazione plausibile… cosa aveva
sbagliato? Non le
aveva detto nulla di male, anzi, le aveva confessato tutto
ciò che provava, il
proprio amore, finalmente.
Tuttavia,
invece di una dichiarazione,
quella frase sembrò una violenta coltellata nello stomaco.
Una coltellata
ripetuta più volte, dolorosa e incessantemente
sanguinolenta.
Perché?
Diavolo,
perché mai!
Si
interrogava a lungo sulla vicenda,
torturandosi sadicamente. In tutto quel tempo trascorso, lui aveva
cercato di
contattarla, di sentirla, addirittura di vederla. Ma lei era sempre
stata assente,
nascosta, fuggente e impercettibile.
Era
deluso da quel comportamento, ma
anche da se stesso. Forse non avrebbe dovuto correre così.
Si parlava pur
sempre della sua collega, senza ombra di dubbio un tipo piuttosto
particolare.
Seeley
però non era l’unico a straziarsi
mentalmente. La stessa dottoressa appariva svogliata e confusa a causa
dei
troppi pensieri. Se non riusciva a comprendere nemmeno se stessa, come
poteva
relazionarsi in un ambiente professionale con altre persone? Prima
aveva deciso
di smuovere la situazione… poi quel messaggio inviato ad
Angela, tutta quella
passione nei confronti del suo partner… ed infine, quel
tragico finale.
Continuava
a ripetersi che mai nella sua
vita aveva preso scelte così illogiche.
Cosa
peggiore, non riusciva a concentrarsi
nemmeno sull’antropologia.
“Stai
bene?” chiese Bennie, toccandole il
braccio.
Vagamente,
la donna accennò un ‘si’. La
sua mente in quel momento era come un parabrezza…
completamente offuscato dai
sentimenti.
Si
tolse il camice da laboratorio e si
diresse verso il suo ufficio. Non aveva voglia di fare nulla e voleva
stare
sola. Arrendersi? No, non era così debole. Solamente troppo
indecisa per andare
avanti. Questa volta aveva paura sul serio. Paura
di perderlo. L’unico uomo che poteva davvero
diventare una constante nella
sua vita.
Angela
bussava di tanto in tanto, ma lei
non rispondeva. Lasciò che gli amici del Jeffersonian
vedessero la sua immagine
solo attraverso la tapparella semi chiusa dell’appartamento.
*
* *
Nel
trambusto generale, anche Hodgins
aveva i suoi seri dubbi sulla mezza relazione che stava intraprendendo
con la
bellissima Montenegro.
Effettivamente,
sentiva che tra loro due
vi era chimica. Ma lei si dimostrava piuttosto scostante, seppur
interessata.
Forse
per via delle condizioni della
Brennan. In quel momento voleva essere vicina all’amica, e
concedersi libertà
personali non sembrava molto appropriato.
Tra
l’altro, lo stress sul lavoro era
notevolmente aumentato vista la poca produttività di Tempe.
Tutti dovevano
occuparsi un po’ del lavoro dell’altro, senza
fermarsi. E anche arrangiarsi, date
le limitate conoscenza nel campo.
Nonostante
tutto, Jack non voleva arrendersi.
*
* *
Booth
aveva deciso di passare il
pomeriggio con suo figlio. Parker sarebbe arrivato a momenti a casa,
dopodiché
avrebbero fatto una passeggiata nel parco, accompagnata da un salutare
gelato.
L’uomo,
a causa del periodo di stress,
stava finendo anche per trascurare la sua prole. Cosa che non voleva
assolutamente. Mai avrebbe rinunciato a vederlo, per nulla al mondo.
Neanche
per la donna che amava e che adesso non gli rivolgeva più la
parola.
Ecco,
stava pensando di nuovo a lei. Non
era necessario rivolgere i suoi pensieri a Brennan in ogni momento,
soprattutto
quando lui era occupato in altre faccende sicuramente più
importanti.
Era
sicuro che, con la visita del
bambino, le cose fossero andate meglio. Fortunatamente, fu
così.
Non
ci voleva molto per rendere felice
Seeley: una famiglia accogliente, l’amore ed un sorriso
sempre pronto.
Gli
mancava davvero poco per arrivare
alla vera felicità.