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Autore: kresbiten    13/07/2012    13 recensioni
Cos'è l'amore? E' quel brivido che ti attraversa la spina dorsale nel momento in cui incroci i suoi occhi, nel momento in cui ti sfiora? No, l'amore è sofferenza, sono lacrime versate, è dolore. L'amore è solo un'illusione che ti aiuta ad andare avanti, a crescere e a diventare la persona che sei o sarai un giorno.
La professoressa Isabella Swan decide di tornare a Forks, dopo precisamente quattordici anni. Tutto è cambiato nella sua vita, lei per prima. E' convinta di essersi lasciata tutto alle spalle, anche se gli occhi di sua figlia la riportano troppe volte indietro nel tempo. Ma cosa succederà quando, in un tranquillo giorno scolastico, non saranno gli occhi di sua figlia a farle ricordare, ma il soggetto stesso dei suoi ricordi?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Renesmee Cullen, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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- L'amore vola verso l'oggetto amato con la stessa impazienza con cui lo scolaro lascia la scuola; se ne allontana con tristezza come lo scolaro costretto a riprendere i suoi libri. E se gli vola incontro, o si allontana, non sarà colpa delle nostre stelle, ma nostra, che noi siamo dei subalterni; perchè a volte, o quasi sempre, gli uomini sono padroni del loro destino-
Alzai lo sguardo verso quei venticinque ragazzi che continuavano a tenermi compagnia ogni mattina. I loro occhi erano puntati sul mio volto, felici e spensierati, proiettati già in un futuro in cui avrebbero ricordato queste parole. Vedevo i loro occhi brillari e quella voglia di crescere e diventare grandi sprizzare da ogni poro della loro pelle, incoscenti che un giorno avrebbero rinpianto quei giorni; perchè il tempo scorreva come acqua di una cascata, e loro non ne erano coscenti, troppo occupati a voler crescere. Ma non capivano ancora che il tempo scorreva troppo in fretta e mai nessuno glie lo avrebbe ridato indietro.
Così come era successo a me e a Edward, troppo impazienti di crescere durante la nostra adolescenza, impazienti di diventare adulti, sposarci e crearci una famiglia tutta nostra; ma quello che non sapevamo era ciò che il destino aveva preparato per noi, interrompendo i nostri piani e mandandoli al rogo, senza alcuna pietà. E avevamo perso quattordici anni della nostra vita, dietro bugie e accidenti ingannevoli, inconsapevoli di ciò. Ma questo ci aveva aiutato a crescere e a maturare, come forse non avremmo fatto se il destino non ci avesse separati. La vita sarebbe stata troppo facile, e forse non ci meritavamo una strada così sfaldata bene da percorrere; probabilmente ci serviva una strada di ciottoli, per arrivare a quelli che eravamo adesso. E, forse, anche grazie a quel destino che ci era stato contro, adesso avevamo una meravigliosa figlia da condividere e da amare incondizionatamente.
- Totalmente d'accordo con il suo amato Shakespeare, professoressa Swan- il flusso dei miei pensieri fu interrotto da una voce fin troppo familiare. Mi girai, sorridendo, trovandolo appoggiato allo stipide della porta.
- La pensiamo allo stesso modo, allora, professor Cullen- sorrise sghembo, avvicinandosi alla cattedra. Era passata una settimana dal giorno in cui eravamo tornati insieme, ma a me sembravano essere passati già mesi o, addirittura, anni. Eravamo tornati affiatati come lo eravamo un tempo, affrontando a testa alta i problemi e i fantasmi del passato. Come se nulla fosse successo, esattamente così; e forse era stata la decisione migliore, per tutti. Ci capivamo con un solo sguardo, ci muovevamo in sincrono come due calamite che si attraggono, ci baciavamo come se ogni volta fosse stata la prima; ma ci eravamo fermati lì, a qualche carezza e basta. Nonostante tutto, io non me la sentivo di correre e forse nemmeno lui; volevamo goderci il tempo per come scorreva, respirando ogni attimo a pieni polmoni.
Carpe diem.
- Mi scusi prof,
potrebbe prestarmi un minuto della sua preziosa lezione?- scossi la testa, ridendo. Sentivo anche i ragazzi sghignazzare; ormai, le voci di corridoio circolavano e si era iniziata a capire un pò la situazione. Fortunatamente, Renesmèe non si sentiva affatto a disagio, tutt'altro; era felice come una pasqua e noi lo eravamo per e con lei.
Annuii, afferrando la busta che mi stava porgendo. Aggrottai le sopracciglia, quando riconobbi il timbro dello stato e il nome "Edward Anthony Cullen" sulla busta; nome completo, che lusso.
- Posso sapere cos'è o chiedo troppo, prof?- alzai lo sguardo e lo vidi fare spallucce. Bene, non era deciso a darmi un anticipazione di ciò che avrei trovato all'interno della busta, ancora siggillata. - Non l'hai aperta?- scosse la testa, nervoso.
- A lei la precedenza, Miss- aprii la busta con un taglia carte che avevo nella borsa, estraendo il foglio dall'interno. Lo aprii, spiegandolo dalle tre parti in cui era piegato, e iniziai a leggere. Mano a mano che mi avvicinavo alla fine, la mia bocca si spalancava maggiormente e gli occhi diventavano sempre più lucidi. Mi girai a guardare Edward, attento a leggere anche lui il contenuro della busta. Appena finì, sul suo volto si aprì un sorriso enorme, che mozzava il fiato.
Sentivo il silenzio padroneggiare nell'aula e gli occhi dei ragazzi puntati su di noi. Mi voltai e osservai il volto di Renesmèe, preoccupata nell'ignoto di quello che le stava accadendo. Afferrai la penna sulla cattedra e girai il registro verso di me e sotto lo sguardo accigliato di Edward. Cercai nell'elenco "Renesmèe Swan" e sorrisi. Guardai Edward e lo vidi sorridermi, emozionatissimo.
Renesmèe Swan Cullen.
Apportai la modifica sul registro, con le mani tremanti. Diedi il foglio a Edward, sorridendo.
- A te la precedenza- e con un cenno della testa indicai nostra figlia.
- Signorina Cullen, vuole leggere?- la fronte di Renesmèe si corrugò, proprio come quella di tutti gli altri; ma poi vidi i suoi occhi brillare e le sue labbra arcarsi in un sorriso. Si alzò dalla sedia lentamente, avvicinandosi.
- Chiamavi me, vero?- rispose, con la voce tremante. Edward annuì, porgendole la lettera bianca. L'afferrò con la mano tremante, concentrandosi sulle lettere nere che scorrevano una dopo l'altre. Proprio come me, il suo sorriso andava aumentando con l'avvicinarsi della fine. Quando alzò lo sguardo, aveva il volto rigato di lacrime e mi morsi le labbra per trattenere le mie.
- Adesso, dovrò abituarmi al mio nuovo nome- e si lanciò tra le braccia di Edward, che l'afferrò e la strinse a sè, affondando il suo volto tra i suoi capelli. La classe scoppiò in un'applauso e urla, avendo capito cosa stesse succedendo.
"Noi avevamo sempre avuto il sospetto", urlò qualcuno dal fondo dell'aula, ridendo. Scoppiammo a ridere anche noi, scuotendo la testa.
Dopo diversi abbracci e lacrime, riuscimmo a calmarci tutti. Renesmèe tornò al suo posto, abbracciando Leah che sedeva al suo fianco. Sentivo i ragazzi parlare e sorridere tra loro, mentre guardavano me e Edward, vicini ma con mezzo metro a separarci. Cercai di andare contro la legge di gravità che mi spingeva a cingergli un fianco con un braccio e andai dietro alla cattedra, richiudendo il libro di Shakespeare.
- Okay, io andrei...- mormorò Edward, in imbarazzo; ma prima che aprisse la porta, Matthew, un ragazzo dell'ultimo banco, fece un colpo di tosse per, sicuramente, richiamare la nostra attenzione. Ci girammo, mentre il suo colorito si mischiava al rosso.
- Non per farci gli affari vostri, professori, ma... noi vorremmo sapere se, beh- si grattò la testa. - Siete i genitori di Renesmèe, quindi...- Edward scoppiò a ridere e Matthew, nonostante avesse sempre avuto una bella faccia tosta e non per niente aveva fatto da porta voce alla classe, divenne completamente rosso.
Vidi Edward avvicinarsi e, finalmente, cingermi un fianco con un braccio.
- Sì, Matthew e sì, ragazzi. Io e la professoressa Swan stiamo insieme- la classe si riempì di 'awww' e 'ohhh' quando le labbra di Edward si posarono per un millesimo di secondo sulle mie. Mi sentii avvampare il viso fino alla punta dei capelli; in quel momento avrei voluto che si aprisse una voragine al centro del pavimento e mi risucchiasse all'interno. Mi staccai da Edward, mordendomi le labbra.
- Okay, ragazzi, calmiamoci, okay? Adesso continuiamo la lezione, perchè, sinceramente, non mi va di vedervi in estate, mh?- tutti si misero a sedere, scattando impauriti dalla mia pseudo minaccia.
- Ci vediamo dopo, ragazzi-
- Arrivederci professore- salutarono i ragazzi, in coro.
- Signorina Cullen- fece un cenno della testa a Renesmèe, che sorrise.
- Professor Cullen sbarra papà- rispose lei.
- Professoressa Swan, arrivederci- bacio la mia mano, come un gesto di galanteria e sorrisi.
- A dopo, professor Cullen- uscì dall'aula col suo solito sorriso sghembo e, dopo aver ripreso l'autocontrollo e il fiato, ripresi la lezione lì dove l'avevo interrotta.


- Stai attenta Ness, pensa due volte prima di fare quel che fai, ricorda che hai ancora quattordici anni e torna a casa per le otto. Intesi?-
- Oh Dio mio, non bastava la mamma, ora si ci mette anche lui. Cosa ho fatto di male?- alzò gli occhi al cielo. - Certo paparino, rilassati, okay?- vidi Edward fare una smorfia e annuire, sbuffando.
- Salutami Jacob e digli di non tirarsi indietro all'ultimo momento; stasera deve esserci anche lui- le feci un occhiolino e lei ricambiò, sorridendo. Baciò le guance di entrambi e se ne andò, salutando con la mano.
Stasera ci sarebbe stata la famosa cena in onore mio e di Edward; l'avevamo organizzata a casa sua, ergo, la quasi anche mia casa. Edward non aveva accennato più a nulla, fino a quando non avevo dovuto io riprendere l'argomento, appoggiandomi alla questione affidamento Renesmèe. Così, dopo una lunga riflessione durata qualche giorno e un discorso maturo con lui, avevamo deciso di trasferci a casa sua, lasciando il mio appartamente a James, in modo che avrebbe potuto unirlo. Edward aveva insistito affinchè io cambiassi qualcosa, per renderla anche mia; così, senza esagerare, anche perchè la casa era bellissima e perfetta così com'era (merito anche di Alice), avevamo deciso di cambiare la camera da letto e qualche accessorio in bagno e nel salotto. Nel bagno, avevamo bisogno di qualche scaffale in più per inserire anche le mie cose, mentre il salotto era troppo spoglio, sintomo evidente che fosse stato vissuto da solo un uomo. Mentre, per quanto riguarda la camera da letto, beh... la volevo cambiare, forse anche per un gesto egoistico; mi ci immaginavo sempre Edward con qualcun'altra,a nche se mi aveva giurato solennemente che non avesse portato nessuna a casa, ma mi dava comunque fastidio. Così, giusto ieri, eravamo andati all'ingrosso a sceglierla e l'avevamo trovata immediatamente; era stato un colpo di fulmine: era semplice, in legno bianco con qualche ritocco di marrone chiaro, l'armadio era fatto di specchi e un grande comò avrebbe dovuto riempire l'ala destra dell'enorme camera; mentre il letto, invece, era grande con una spalliera che richiamava il comò e l'armadio, elegante e semplice. Avevo insistito per dividere almeno le spese, ma Edward era stato deciso e parentorio: eravamo una famiglia e non c'erano più divisioni, i suoi soldi erano i miei e, naturalmente, viceversa.
Esternamente, poteva anche sembrare che stessimo correndo, ma io sentivo di star procedendo gradualmente. La prima fase della coppia, ormai, era andata quattordici anni fa; in questi mesi avevamo avuto modo di parlare, riscoprirci, uscire e conoscerci, nonostante tutto. E adesso, invece, entrambi sapevamo ogni minimo particolare della vita dell'altro, a partire da sciocchezze, come i gusti del gelato, a cose importanti, come la sofferenza e il dolore di quegl'anni.
Stavamo vivendo, punto.
- Ti vedo pensierosa...- costatò, sfiorandomi la mano con la sua. Mi girai a guardarlo, sorridendo e scuotendo la testa.
- Pensavo solo a quanto questa settimana sia volata e a quante cose abbiamo fatto. Ci pensi?- gli scappò un risolino.
- E' stata, senza dubbio, la settimana più bella della mia vita- fremetti a queste parole e, prendendolo alla sprovvista, mi alzai dalsediolino e lo baciai, approfittando del semaforo rosso. Ricambiò appassionatamente, afferrando un mio fianco e mordendo le mie labbra. Solo quando sentimmo del clacson interrompere quel momento, ci rendemmo conto che il semaforo era diventato verde. Mi rimisi al mio posto, mentre lui mormorava un "wow".
Cinque minuti dopo, eravamo a casa sua. Facendo come se fossi a casa mia, aprii le finestre, lasciando entrare luce e aria.
Mi sentivo in ansia per quella sera. Non avevamo ancora detto niente a nessuno dei suoi fratelli, Alice compresa; Edward aveva trovato una scusa banale per farli venire a cena qui, avvisandoli che ci saremmo state anche io e Renesmèe, oltre a James e Jacob.
Ansia a mille, senza alcun dubbio.
- Che hai da fare, tu?- gli chiesi, mentre indossavo il grembiule da cucina.
- Quello che tu mi dirrai di fare, naturalmente. Vieni, faccio io- mi fece voltare e, dopo avermi fatto due giri intorno alla vita, legò il grembile dietro alla schiena con un fiocco. Sentii subito il suo alito sfiorarmi la pelle e i brividi ricoprirono il mio corpo in un solo istante. Mi lascia travolgere dalle sensazioni, reclinando il capo all'indietro e posandolo sulla sua palla. Subito le sue labbra presero a camminare sul mio collo, giungendo fino alla spalla quasi scoperta per poi risalire lungo la mascella. Il cuore batteva forte contro la cassa toracica e potevo sentire ogni piccola goccia di sangue scorrere lungo le vene.
- E.. edward- quello che uscì, sarebbe dovuto essere un richiamo, ma ne usc come un gemito di piacere. Male, molto male.
- Dio, quanto ti amo. Mi fai impazzire- sussurrò roco al mio orecchio, continuando il suo viaggio lungo il mio collo. Le sue mani arrivarono ai miei fianchi, sollevando leggermente la maglietta e toccando i miei fianchi nudi. Sentivo l'eccitazione alle stelle, quando il telefono di Edward prese a squillare.
- Porca...- mi girai e gli tappai la bocca con la mia, prima che potesse concludere la frase. Avevo gli ormoni impazziti e un bisogno incessante di sentire il suo sapore sulla mia lingua. Afferrai i suoi capelli e avvicinai maggiormente il suo volto al mio, alzandomi sulle punte. All'ennesimo squillo, mi allontanai, respirando con affanno.
- O.. Okay, vado a... rispondere- mormorò, deglutendo. Lo sentii prendere la chiamata mentre la mia vista era ancora appananta e le orecchie mi fischiavano ancora.
Wow.
Cercai di tornare in me e andai in cucina, per cominciare a cucinare. Il giorno prima ero andata a fare la spesa e quindi era tutto pronto in frigo. Iniziai a fare il sugo per la pasta, canticchiando una canzone a caso. Edward, probabilmente, si era chiuso nel suo studio, ergo, a telefono era l'ospedale. Approfittando della solitudine, accesi la televisione in salotto, sincronizzandola su MTV e alzai il volume, cosìchè potevo sentirla fin dalla cucina.
Iniziai a cantare e a ballare, mentre continuavo a cucinare. Quando controllai l'orario, mi accorsi che erano già le sette e tra un'ora sarebbero arrivati gli altri. Edward non si era ancora fatto vedere, ma intuii che stesse lavorando, quindi lo lasciai in pace.
Infornai il pollo nel forno, inserendo il timer e i gradi e iniziai già a pulire un pò il ripiano della cucina. Ma, improvvisamente, inizia a sentire un dolore allo stomaco e un senso di vertigini prendermi la testa; con entrambe le mani, mi appoggiai al lavello, per non cadere. Presi respiri profondi e cercai di calmarmi. Iniziavo a sentire l'ansia per quella sera e lo essere stata all'inpiedi per due ore consecutive non mi aiutava.
Sentii due braccia avvolgermi e il suo torace caldo premersi contro la mia schiena.
- Ehi...- sussurrò al mio orecchio, baciandomi il collo.
- Ehi- gemetti, scostandomi dalle sue braccia. Il dolore allo stomaco era tornato e sentivo il fiato mancarmi nel petto.
- Amore, che succede?- mi chiese preoccupato, girandomi e facendomi trovare di fronte a lui. Scossi la testa, portando una mano sullo stomaco.
- Niente, mi gira solo un pò la testa e mi fa male.. lo stomaco- gemetti, portando una mano sulla sua spalla per reggermi. Subito le sue furono sui miei fianchi e mi guidarono verso la sedia, per farmi sedere.
- Aspetta qui, ti prendo qualcosa di dolce, okay? Stai calma, non è nulla- annuii, mentre si avvicinava al mobiletto di fianco al frigo. Afferrò una barretta di cioccolata e la scartò, porgendomela. - Tieni, mangia. Hai saltato il pranzo?- afferrai la barretta e iniziai a mangiarla, sentendo subito lo zucchero fluire nel mio corpo. Annuii, mordendomi le labbra.
- Avevo da lavorare e me ne sono dimenticata...- mi giustificai, mentre lo vidi stringere le labbra.
- Non puoi dimenticarti di mangiare, Bella. Okay, ti prendo un bicchiere d'acqua. Sei diventata pallida- mi porse un bicchiere d'acqua fresco e lo bevvi tutto in un sorso, iniziando già a sentirmi meglio.
- Grazie- sussurrai, abbozzando un sorriso.
- Stupida- mi baciò la punta del naso e si alzò. - Vado a prendere la macchinetta della pressione, non muoverti da qui-
- Non ce n'è bisogno, mi sento già molto meglio, davvero- mi intimò a stare zitta e acconsentii, sbuffando. Quando tornò, da bravo dottore, mi misurò la pressione e costatò quanto la tenessi leggermente bassa.
- Tra mezz'ora gli altri saranno qui, vuoi rimandare, amore?- sorrisi.
- Sto bene, okay? Calmo- posai una mano sulla sua guancia, intenerita. - Ora andiamo in camera da letto a prepararci e tra mezz'ora saremo qui, ad attenderli, okay?- annuì, poco convinto, porgendomi la mano.
Mi lasciò in camera da letto, dove la sera prima avevo portato tutto quello che mi serviva, mentre lui andava a preprarare la tavola. Approfittai e feci anche una doccia veloce, asciugando i capelli col phone e lasciandoli ondulati su una spalla. Per quella sera avevo portato un vestitino blu corallo con qualche frangia di pizzo nero emzzo sulla coppa del seno e lungo i fianchi, lungo fino a metà coscia, e un paio di scarpe col tacco nere, che richiamavano il pizzo; solo un pò di ombretto scuro sugl'occhi e basta, naturale come sempre. Spruzzai un pò del profumo che Edward tanto amava e scesi giù, per dargli il cambio.
- Dai, vai a vestirti- avvisa il mio ingresso in questo modo, proprio mentre si stava girando. Appena mi vide, rimase fermo e immobile come uno stupido a fissarmi, con la bocca spalancata.
- Wow- mi sentii arrossire e lo vidi deglutire, prendendo aria. - Sei... bellissima- mi morsi le labbra, sorridendo.
- Grazie- abbozzai, mentre si passava una mano tra i capelli ramati.
- Okay, vado a... farmi una doccia fredda e a vestirmi. Dieci minuti e sono qui- annuii, conscia del fatto che ci avrebbe messo dieci minuti solo a cercare di sistemare i suoi capelli, per poi, infine, lasciarli ribelli come era inevitabile che fossero.
Finii di sistemare i bicchieri sulla tavola lungo e rettangolare del salone, e poi mi concessi un goccio di aperitivo freddo; sentivo la sostanza liquida scorrere lungo la mia trachea e un senso di pace impadronirsi del mio corpo. Ma, quel senso di pace e relaz, non durò nemmeno un attimo; sobbalzai dalla sedia quando sentii il campanello suonare e Edward spuntare dalle scale, mentre si abbottonava ancora la camicia chiara. Aveva un paio di jeans che lo fasciavano perfettamente e delle scarpe blu e bianche, in tono col resto dell'abbigliamento; i capelli erano ancora umidi e qualche ciuffo scorreva acqua lungo la sua fronte.
Era... bellissimo.
Gli sorrisi e, probabilmente, percepì i miei pensieri dallo sguardo e dalle labbra che mi stavo mordendo. Si avvicinò, cingendo i miei fianchi e avvicinandomi al suo petto.
- Sei pronta?- avvicinò le sue labbra alla mia fronte, premendole dolcemente.
- Sono pronta-


Mezz'ora dopo erano tutti seduti a tavola, ignari del motivo di questa cena. Alice mi aveva salutata saltandomi letteralmente addosso, nonostante il vestitino beige che indossava e i tacchi dodici ai piedi. Sentivo lo sguardo di tutti, compresi Emmet e Jasper, scorrere da me e Edward, distanti per non rovinare la "sorpresa". Naturalmente, però, sapevano di Edward e Renesmèe, anche se il sospetto che lo avessero capito già da tempo era molto altro.
- Marie, non correre o ti fai male!- urlò Alice, prima di sbuffare e raggiungermi in cucina. - Un giorno di questi mi farà diventare pazza- borbottò, appoggiandosi al tavolino.
- E' tua figlia, Alice. Hai bisogno di altre spiegazioni?- mi fece la linguaccia, sorridendo subito dopo.
- Allora... come va tra te e mio fratello?- ops, domanda sbagliata, mia cara Alice.
- Perchè me lo chiedi?- cercai di sviare la risposta, ma sapevo quanto fosse testarda.
- Non posso chiedertelo? Sono ancora la tua migliore amica, se non mi sbaglio- disse, corrucciata.
- Certo che sì, tesoro-
- E allora...?- stavo parlando con Alice, la mia migliore amica di sempre. Potevo dirglielo, no?
- Se te lo dico, però non metterti a urlare o cose del genere, okay?- aggrottò le sopracciglia e poi annuì, curiosa.
Presi un respiro profondo e mi preparai alla sfuriata.
- Ioetuofratellosiamotornatiinsiemeunasettimanafa- avevo chiuso gli occhi mentre dicevo questa frase senza nemmeno prendere aria. Li riaprii, uno alla volta, preoccupata del silenzio che mi circondava. Che fosse svenuta?
La trovai davanti a me, con la bocca dipinta di rosa spalancata e gli occhi neri spalancati.
- C... cosa?- mi morsi le labbra. - Stai scherzando?-
- Ti pare che potrei scherzare su una cosa del genere?- sollevai un sopracciglio, sbuffando.
- Credo che io stia per avere uno svenimento- sventolò la mano davanti al suo viso, e si poggiò al lavandino. -Tu- mi guardò. - E mio fratello, Edward-
- No, Emmett, guarda. Chi vuoi chi sia tuo fratello?!- la interruppì, ma il suo sguardo gelido mi bloccò.
- Siete tornati insieme....- chiuse gli occhi e mi preoccupai che si sentisse seriamente male o che fosse arrabbiata a morte con me.
- Alice...- cercai di chiamarla, ma mi interruppe.
- Non posso urlare, vero?- scossi la testa, sbalordita da quella domanda. - Porca miseria, finalmente!- mi abbracciò di slancio, rischiando di farmi cadere col sedere per terra. Mi avvolse il collo con le braccio e io cercai di mantenermi in equilibrio, ridendo e sollevata.
- Amor.. ehm, Bella? Ah, Alice, sei qui- ci staccammo quando sentimmo la voce di Edward alle nostre spalle e lo vedemmo sbucare dalla porta della cucina.
- Sì, sono qui, fratellone- il colorito di Edward diventata sempre più tendente al rosso, per il terribile errore che stava per commettere al suo ingresso. Risi sotto i baffi.
- Come mai siete qui? Abbracciate?- mi morsi le labbra, mentre Alice portava le mani ai fianchi.
- Giuro che ti disconosco, questa volta! Come hai potuto... provarmi di mia cognata per una settimana?!- quasi urlò, mentre io le intimano di tacere. Vidi Edward spalancare gli occhi e poi guardarmi; feci spallucce, per rispondere alla sua domanda mentale.
- Privartela per una settimana? Sorellina, io e lei abbiamo molto tempo da recuperare- la risposta di Edward mi stupì, proprio come stupì Alice. Mi si avvicinò, cingendomi i fianchi con un braccio e, contemporaneamente, gli occhi di Alice brillarono e si riempirono di lacrime.
- Dio mio, non ci credo. Per quattordici anni ho aspettato questo giorno, ed è arrivato!!- strillò, buttandosi tra le braccia di suo fratello, che scoppiò a ridere sommessamente.
- Oh, ragazzi, che state facendo qui, senza di noi?- la testa di Emmett spuntò dallo stipide della porta, facendoci scoppiare a ridere. - Un attimo, fermi tutti! Perchè Eddino ha il braccio intorno a Bellina?- urlò, attirando l'attenzione di tutti gli altri ospiti all'interno del salone. In cinque secondi, la cucina si riempì di gente, compresi i bambini. Mancavano solo i miei genitori, che sarebbero arrivati a minuti, e Renesmèe e Jacob, sicuramente già a conoscenza della notiziona.
-
Ehm...- Edward si schiarì la voce, attirando maggiormente l'attenzione su di noi.
- Allora? Il motivo di questa cena? Sputate il rospo, belli!- ecco Rosalie e la sua lingua lunga.
- Non sarai mica incinta, Bella?-
- Certo che no!- risposi sbalordita a Jasper.
- Okay, calmiamoci, gente- ecco James, mio eterno salvatore; già era diventato bianco al solo pensiero, mentre Victoria sogghignava al suo fianco.
- Mamma, papà? Dove siete?- la voce di mia figlia, ci fece girare verso la porta. Lei e Jacob entrarono, salutando con un buonasera timido ma allegro. Il sorriso di Jacob sembrava rallegrare l'aria tesa che si era creata. - Che succede, qui dentro?- iniziai a tremare, quando la voce di mio padre risuonò nella stanza. Avevo accennato solo qualcosa ai miei genitori, una novità che comprendeva anche Edward; naturalmente, grazie a James e Renesmèe, erano rimasti aggiornati delle diverse vicende durante le settimane.
Mia madre entrò, ansante, dietro Charlie.
Mi morsi le labbra e mi girai a guardare Edward, che, contemporaneamente a me, aveva svolto la testa nella mia direzione. Ci sorridemmo a vicenza, nonostante il nervosismo, ma ormai niente e nessuno poteva separarsi. Mi afferrò la mano e se là portò sul petto, a sinistra, precisamente sul cuore.
- Succede che io e Bella, beh..-
- Siamo tornati insieme- completai la sua frase, girandoci insieme verso gli altri. Mille espressioni di stupore riempirono i volti della nostra famiglia, mentre gli occhi di mia madre e di Alice si riempivano di lacrime. Fummo travolti da mille abbracci e mille urla, accompagnati da tanti 'awww' e 'ohhh' di Alice e delle sue figlie. Ogni singola persona venne ad abbracciarsi, tranne mio padre. Lo guardai, mordendomi le labbra e con un enorme punto interrogativo sul volto.
Non mi aspettavo una reazione normale e felice da parte dei miei genitori, ma mia madre mi aveva stupita, scoppiando a piangere e correndo ad abbracciarmi. Lei conosceva quasi ogni mia singola lacrima, anche se non le aveva viste con i suoi occhi; sapeva quanto dolore avevo dovuto sopportare, sia per quanto riguarda la gravidanza che, soprattutto, il tradimento e la mancanza di Edward. Leggeva, ogni volta, nei miei occhi un dolore profondo e incurabile, come se fosse riuscita a scorgere ogni pezzo del mio cuore fluire nel mio corpo, ormai senza vita e privo di luce.
Anche mio padre, Charlie, era riuscito a comprendere il mio dolore; ma lui, anzicchè concentrarsi sulla mia situazione, aveva mirato Edward e il suo comportamente poco maturo e rispettoso nei miei confronti. Ma ora era diverso, ormai a conoscenza del fatto che Edward non mi aveva tradito, ma era solo un'altra delle malvage mosse dei suoi genitori. La sua reazione, però, rimaneva quella che più temevo fra tutte; e, forse, lo stesso valeva per Edward, paralizzato al mio fianco con lo sguardo di Charlie puntato sulle nostre mani allacciata, passando dal mio volto al suo.
- Charlie...- tentò di dire Edward, ma fu bruscamente interrotto dalla voce rigida di mio padre.
- Niente Charlie, Edward. Niente Charlie- deglutii a vuoto.
- Papà..-
- Bells, sono felice per te, davvero. Nonostante tutto, speravo che questo giorno arrivasse. Ma ora, tu- disse, spostando lo sgaurdo da me a Edward. - Prova a far soffrire di nuovo mia figlia, e giuro che la pistola tornerà ad essermi utile, nonostante io stia andando in pensione. Okay? Ti uccido, e non sto scherzando- lui, di tutta risposta, deglutì rumorosamente e annuì velocemente.
- Non ho intenzione di farla soffrire, Charlie. Farò di tutto, pur di vedere il sorriso sul suo e sul volto di Renesmèe- sorrisi, abbracciando mio padre.
Quella canzoncina durò altri dieci minuti, prima che Emmett iniziasse a lamentarsi per la fame.
La cena fu allegra, piena di risate, battutine e tanti ricordi raffiorati al momento giusto. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando tutti noi, ancora ragazzini, ci riunivamo e ci divertivamo come pazzi. Ma, adesso, c'era una piccola differenza: erano passati quasi quindici anni, ed eravamo cresciuti, aveva figli e tutti, tranne me e Edward, naturalmente, erano sposati.
Potevamo anche scherzare e fare battutine da ragazzini, ma dentro di noi, eravamo adulti.
Vivevamo il presente, assaporando ogni attimo, e ricordando quel passato ormai lontano ma ancora impresso nella nostra mente; a differenza di quello che facevamo anni prima, ossia fare piani per il futuro e sperare di crescere in fretta, per poter mettere in pratica la nostra teoria.
Avevamo tutti un lavoro, dei figli e tanti problemi da dover affrontare, ma eravamo ancora qui, tutti insieme, come una vera famiglia, e continuavamo a crescere insieme. Perchè non si smette mai di crescere, ogni occasione è buona per aggiungere un pezzo del puzzle alla nostra intera vita, positivo o meno che sia. Ma eravamo ancora lì, a comportarci come ragazzini immaturi, ma con la consapevolezza di non essere ormai più tali.
Guardavo negl'occi di Edward, quella felicità che mi rispecchiava fino in fondo all'anima. Riuscivo a scorgere ogni granello di perfezione vitale attraverso le sue iridi verdi, e rabbrividivo al solo pensiero di dover condividere il resto della mia vita con quegl'occhi. Non riuscivo a capacitarmi di avere qui, di fronte a me, mentre servivo il dolce, tutte le persone che amavo e con la quale avrei trascorso tutta la mia vita.
- A noi- brindò Edward, alzando il suo calice pieno di spumante, inaugurando una nuova vita insieme.
- A noi- brindarono gli altri, facendo un rumore assordante ma al tempo stesso allegro nell'aria.
- A noi- mormorai io, tintinnando contro il calice pieno del resto della mia vita.

***

Continuavo a sistemarmi il vestito davanti allo specchio, controllando che gli orecchini fossero ben intonati col marrone dell'abito; le scarpe color crema, richiamavano alcuni particolari della cintura posta sotto al seno, in perfetta coridinazione.
Avevo cercato di sistemare i capelli su un lato, lasciandoli comunque ondulati sulla spalla ma perfettamente pettinati sulle nuche.
Sentivo l'ansia espellere da ogni poro della mia pelle, come gocce di sudore in piena estate a Los Angeles.
- Sei perfetta- un sussurrò arrivò al mio orecchio, provocandomi brividi sulla pelle tremante. Chiusi gli occhi per un solo attimo, cercando di controllare le lacrime di tensione. Le sue dita sfioravano le mie braccia, in un lento movimento che partiva dalla spalla al polso.
- Tranquilla, amore. E' solo un fatto di... diciamo, burocrazia. E' giusto che loro sappiano, okay?- annuii, poco convinta. Mi fece voltare e subito i suoi occhi verdi catturarono i miei marroni. Con la mano afferrò il mio mento, premendo leggermente le sue labbra sulle mie. Riuscii a rilassarmi un poco, ma non appena si staccò da me, l'ansia tornò anche più forte di prima.
- Bella, amore, non stiamo andando dai miei genitori per perdonarli o fare chissà cosa, stiamo andando lì per fargli capire che non è andata come loro volevano. Okay? Lo verranno a sapere e, nel momento in cui capiranno che non siamo andati da loro, penseranno che era per timore di un loro giudizio e di un'altra separazione. E ricominceranno a metterci i bastoni tra le ruote. Ma, adesso, noi gli dimostriamo che sono solo degli ipocriti e che il loro mondo non è perfetto come credono, okay?-
- Okay- mormorai, catturata dalle sue parole così decise.
Cinque minuti dopo eravamo in auto, con Renesmèe seduta dietro, che picchiettava il piede a terra, creando un suono snervante.
- Nessie, tesoro, ti prego...- guardai il suo piede e annuì, respirando a fondo e fermando quel movimento.
Anche lei, naturalmente, era nervosa. I genitori non sapevano assolutamente nulla della sua esistenza; sì, l'avevano conosciuta durante quel nostro breve incontro davanti al portone di casa di Edward ergo ormai casa nostra, ma avevano subito pensato che io fossi corsa tra le braccia di qualcun'altro a farmi scopare -delicatamente parlando- e a farmi mettere incinta. Ma non avevano minimamente pensato che Renesmèe potesse essere figlia a Edward, nonchè loro prima nipote.
Io, ormai, non avrei dovuto più avere paura o tremare al solo pensiero di vederli, perchè Edward aveva scelto di stare dalla mia parte fin dal giorno in cui era andato via di casa, cioè subito dopo il diploma. Nonostante tutto, lui era stato costretto ad accettare i soldi che loro avevano sempre messo da parte per i suoi studi all'università, ma poi se l'era cavata da solo, con l'aiuto di Emmett e Alice. Li rivedeva una volta ogni tanto, a parte le telefonate durante Natale e Pasqua da parte loro, ma mai da parte sua.
Esme voleva riconquistare suo figlio, questa era certo; riconquistarlo per poi farlo sposare con qualche ragazza degno di lui, che appartenesse ad una famiglia ricca e che, con un matrimonio, avrebbero formato una famiglia di super ricchi, stimata e invidiata da tutti.
Carlisle, probabilmente, voleva cedere il suo studio medico al figlio, costringendolo a lasciare la scuola ergo la sua passione per il pianoforte, per dedicarsi completamente allo studio della medicina approfondito e specializzato.
Un vero Inferno, in pratica.
Due giorni fa, Edward e io, insieme, avevamo deciso di telefonargli per fissare un appuntamento. Naturalmente era stato Edward a parlare a telefono, senza rivelare la magnifica sorpresa. Esme era stata più che contenta ma anche stralunata dalla telefonata improvvisa del figlio, lontana dalle feste e dai compleanni.
Chissà quale sarebbe stata la sua reazione...
Scoprii che lo avremmo capito a breve, quando Edward suonò il citofono e il grande cancello rosso si aprì automaticamente. Entrammo, sentendo il rumore dei ciottoli sotto alle ruote dell'auto. La villa era di un giallo canarino acceso, come era sempre stata. I vetri risplendevano sotto i raggi del tramonto e dinanzi al grande portone di legno rimaneva fermo Johel, il maggiordomo.
Edward parcheggiò la sua Aston Martin sulla destra della villa, da cui si vedeva il grande giardino spuntare dall'altra parte della casa. Ero stata miliardi di volte in quella casa, fin dai primi anni del liceo, da quando io e Alice eravamo diventate amiche inseparabili; fino al momento in cui non mi ero messa con Edward, i Cullen non sembravano odiarmi, però...
Ora che riguardavo l'enorme villa, dal basso verso l'alto, scesa dall'auto, mi sembrava di ricordare ogni minima camera al suo interno. Quella di Edward si trovava al secondo piano, camera in fondo a sinistra; anche le camere di Emmet e Alice si trovavano in quel piano, mentre i genitori era posto al terzo. Ovviamente, al primo piano, c'era il grande salone, la cucina, l'angolo da thè, il piano bar, il piano forte e uno studio con centinaia di libri al suo interno. Dall'altra parte, invece, c'era l'enorme giardino, in cui era situato un gazebo di legno gigante e tanto tavoli posto sotto, piante con fiori colorati in goni angolo, fontanelle e statuette di qua e di là.
La solita casa dei ricchi, in pratica.
- Wooooooow! Questa sì che è una villa!- esclamò Renesmèe, appena osservò ben la casa appena scesa dall'auto. Cercava di acquisire ogni minimo dettaglio, anche se la visuale era troppo piccola per una casa così grande.
- Già- commentai io, acida. Perchè la fortuna doveva sempre stare tra le mani di quelle persone avare e malefiche?
- Andiamo, da questa parte- ci chiamò Edward, chiudendo l'auto con l'antifurto. Mi avvicinai a lui, sbuffando nervosa.
Mi cinse i fianchi con un braccio e prese a carezzarmene uno con il pollice. Mi baciò sotto l'orecchio, soffiandoci sopra.
- Tranquilla, okay? Sono con te, punto- annuii, mordendomi le labbra.
- E se..- provai a sfogare tutte le fantasie e i pensieri negativi che mi si erano creati in testa, ma mi interruppe prima che potessi concretizzarli oralmente.
- Ti amo, okay? Ti amo e stiamo insieme- come potevo non amare l'uomo che sapeva cosa dire al momento giusto?
- Ti amo- sussurrai, prima si stringergli forte la mano.
Salimmo le scale di pietra, lentamente, senza avere fretta. Renesmèe camminava di fianco a Edward, meno nervosa di me, ma comunque nervosa. Appena Johel ci vide, sorrise, nonostante ricordassi le lamentele di Esme per la poca professionalità che avevano questi sorrisi; ma, nonostante ciò, lui era ancora lì, nel suo completo nero con la piccola spilla dello stemma dei Cullen sul petto.
- Signor Edward, signorina.. Swan- sorrisi di cuore, quando mi chiamò col mio cognome; si ricordava di me, e non potevo non esserne felice.
- Johel, come sta?- afferrò gentilmente la mia mano, baciandone il dorso e riposandola leggermente lungo il mio fianco.
- Bene, signorina. Lei, invece?-
- Le ho detto mille volte di darmi del tu, Johel; la prego. Comunque bene, grazie- abbozzò un sorriso, girandosi a guardare Renesmèe.
- Lei invece è...?- le chiese, porgendole la mano, che lei, timidamente, gli offrì.
- Lei è Renesmèe Cullen- la presentò Edward, togliendo la nostra piccola dall'imbarazzo. Per la prima volta in vita mia, vidi quell'uomo dai capelli neri nonostante l'età, spalancare la bocca.
- Cullen?-
- Sì, Cullen. Scoprirai presto la novità, te lo prometto- l'uomo sorrise, individuando già la risposta.
- Devo presentarvi?-
- No, facciamo una sorpresa a mia madre. Dirò a Celine di riferire a mia madre che sono qui, grazie mille- ci salutò con un cordiale sorriso, aprendoci il grande portone di legno. Appena entrammo, un profumo di legno misto a camomilla, mi investì in pieno, facendomi barcollare.
- Ehi, che succede?- mi afferrò giustò in tempo, prima che andassi a sbattere contro la porta. Scossi la testa.
- Niente. E' solo che questo odore di camomilla, è troppo forte- aggrottò le sopracciglia, carezzandomi la schiena.
- Sto bene, tranquillo. Andiamo- ci diriggemmo verso il grande salotto, sulla cui porta c'era Celine, una ragazza di circa venticinque anni, con la sua divisa nera e bianca ad attenderci.
- Signor Edward- salutò, cortese. Lui le sorrise, svoltando lo sguardo verso il giardino.
- Sono fuori, Celine?- lei annuì, stirandosi la veste nera. - Ci sono ospiti?-
- No, signor Edward. Ci sono solo il signore e la signora Cullen- Edward annuì, sorridendo.
- Non c'è bisogno di annunci, andiamo noi, tranquilla-
- Desiderate qualcosa?- chiese cordiale.
- Mh, no. Anzi, un bicchiere d'acqua adesso? Puoi?- ammiccò Edward, sorridendo sghembo. Scossi la testa, alzando gli occhi al cielo.
- Certo. Altro?-
- Nessie?- lei scosse la testa. - Okay, è tutto- Celine scomparve dietro alla porta della cucina, mentre lanciavo un occhiataccia a Edward.
- Smettila di far innamorare ragazze di te, con quello sguardo!- lo rimproverai, mentre rideva.
- Sapevo me lo avresti rinfacciato-
- Me la paghi!-
- Non vedo l'ora, tesoro- ammiccò.
- Bleah! Andiamo, ragazzi, ci sono io qui con voi, eh!- ridemmo all'esclamazione di Renesmèe, mentre lei faceva una faccia schifata.
Celine tornò dopo due minuti, con una brocca d'acqua al cui interno c'era del ghiaccio. Porse il bicchiere pieno a Edward e lui, automaticamente, lo porse a me. Ah, ecco, era per me.
Scossi la testa e bevvi, ritrovandomi assetata. Porsi gentilmente il bicchiere a Celine, che aveva tutt'altra aria di essere una gentile ragazza.
- Pronta?-
- Pronta-
Attraversammo il grande salone e l'altro lato del corridoio, ritrovandoci sul muro di vetro della casa. La grande porta scorrevole era semiaperta e riuscivo già a vedere il gazebo con le sedie nuove di paglia al di sotto, su cui c'erano Esme con una tazza di thè in mano e Carlisle con un libro e gli occhiali sul naso. Il giardino era stupendo come sempre, e accorto in ogni minimo particolare. Erano cambiate solo le sedie e i tavoli, qualche fontana in più e qualche fiore colorato in meno; erano quasi tutti rosa.
Edward fece scorrere il pannello di vetro, e subito l'aria fresca e pulita di inizio Marzo ci investì. Attraversammo il porticato di pietra e ci ritrovammo sulle mattonelle che seguivano un piccolo sentiero per arrivare al gazebo. Ci avvicinavamo sempre di più e io sentivo il cuore battere sempre più velocemente, come se volesse scoppiarmi nel petto o, addirittura, uscirne e andare a correre per la fiaccola delle Olimpiadi; sembrava impazzito. Edward stringeva forte la mia mano e, con l'altra, sfiorava il bracco di Renesmèe per, molto probabilmente, confortarla.
- Edward?- la voce posata di Esme mi giunse quasi ovatta, mentre si alzava e si aggiustavà i capelli davanti agl'occhi, per poterci guardare meglio. Carlisle, immediatamente, sollevò gli occhi dal libro e si sistemò gli occhiali. Entrambi sembravano colti pienamente dalla sorpresa, inaspettatata certamente.
- Cosa sta succedendo, figliolo?- disse Carlisle, con voce rigida.
- Buonasera mamma, buonasera papà- strinsi forte la mano di Edward, mentre li salutava i suoi genitori.
- Lei cosa ci fa qui?- Esme sembrava stizzita, facendo sbattere la tazzina di thè sul piattino di ceramica a fiori.
- Voleva salutare i suoi suoceri, da brava nuora-
- Cosa stai dicendo, Edward Anthony?- Carlisle sembrava per avere una crisi di nervi.
- Non siamo venuti qui per parlare di medicina e politica, o- guardò la madre. - Prendere una tazza di thè e parlare dell'ultima collezione di Armani. Siamo venuti qui, per, conversare-
-
E di cosa dovremmo conversare con... lei?-
-
Lei, prima di tutto, ha un nome- precisò Edward, irriggidendosi.
- Isabella- Esme sputò il mio nome come il peggiore degli insulti.
- Dovreste dirmi, prima di tutto, perchè la odiate-
- Perchè lei non è giusta per te, sono anni che te lo diciamo, ormai. Sono passati anni dall'ultima volta che l'hai vista, pensavamo che l'avessi dimenticata una volta per tutte!- Esme, che sembrava sul punto di piangere.
- Siamo arrivarti al punto, mamma. Perchè ci siamo lasciati? Suvvià, sei una donna che ogni giorno indossa un nuovo abito, alle tredici pranza, alle diciassette prende il thè con due biscotti o la linea si rovina, alle diciannove e trenta cena e alle ventidue è a letto, con una mascherina sugl'occhi o una maschera al cetriolo sul viso; quindi, suppongo, che tu abbia il coraggio di dire a questa ragazza da quattro soldi, come la chiami tu, cosa hai fatto quattordici anni fa- la voce di Edward era fredda e dura, come non l'avevo mai sentita.
- Non sono degna di parlare con questa ragazza!-
- Donna, mamma. Lei non è più una ragazza, ma è una donna. Sono passati quattordici anni, sai quanti sono e sai di chi è la colpa? Sai di chi è la colpa se lei- mi indicò. - E' diventata donna a soli diciannove fottuti anni? Colpa tua, Esme, solo colpa tua. COLPA TUA SE IO MI SONO PERSO TREDICI ANNI DELLA VITA DI MIA FIGLIA!- urlò, ormai fuori di se.
- Tua figlia?- Esme di sedette, prendendo un ventaglio.
- Cosa dici Edward? Lei non può essere tua figlia, questa ragazza ti ha tradito, è certo! Ti ha tradito e si è fatta mettere incinta da qualche stronzo, incinta di una bastarda- a quel punto, non ci vidi più.
- Quella che voi chiamate bastarda, signori Cullen, è vostra nipote! Non ci credete? Okay, ecco a voi!- afferrai il test del dna danna borsa e li lanciai in aria, contro il vento che ormai si era calmato. - QUELLA CHE VOI CHIAMATE BASTARDA, E' LA FIGLIA CHE HO DOVUTO CRESCERE DA SOLA A CAUSA DELLA VOSTRA MENTE EGOISTA E IMMATURA! Cosa credevate di fare? Eh? Perchè io penso che VOI VOGLIATE LA MORTE DI VOSTRO FIGLIO!! Sapete di cosa sono pià orgogliosa nella mia vita? Di non essere una madre come te, Esme. Di essere diversa da te, DI AVERE CUORE E DI PENSARE, PRIMA DI TUTTO, A CIO' CHE MIA FIGLIA VUOLE! E la prossima volta che vi permettete lontanamente di insultarla in qualche modo, vi faccio pentire di avermi conosciuta, chiaro? Perchè se voglio, posso sgretolarvi come carta pesta tra le mie mani!- urlai, ormai fuori di me e fiera di me stessa. Edward stringeva forte la mia mano, come se avesse voluto darmi la forza in quel momento di totale sfogo.
- Non ti permettere di parlarmi in questo modo, ragazzina impertinente!- tuonò Esme, alzando il dito e avvicinandolo al mio viso, dopo aver buttato il ventaglio a terra ed essersi alzata bruscamente.
- Esme- la richiamò Carlisle, con tono pacato.
- Carlisle, è inaccettabile!-
- Non penso che tu, dedicando tutti gli insulti che conosci a questa.. donna, possa far cambiare idea a nostro figlio- rimasi a bocca aperta davanti a quella sorta di rivelazione, del tutto inaspettata da parte di Carlisle. Eppure, io avevo sempre avuto il sospetto che colei che governasse questa vita malvagia e da vera snob, fosse Esme, contaggiando o obbligando, Carlisle.
- Mio figlio è un Cullen e deve rispettare questo cognome! Non può sposare una ragazza che ha vissuto di rendita, che lavora per guadagnarsi il cibo e che non abbia... che non abbia una vita sociale che possa aprire le strade a lui!-
- Io le mie strade le ho già aperte, Mamma. L'ho fatto, nonostante io abbia rifiutato ogni tuo aiuto e nonostante il dolore per la sua perdita. Ma l'ho fatto, da solo! Ma adesso, voglio solo chiudere una strada, per non riaprirla mai più! Non ti voglio più vedere, Esme. TI VOGLIO FUORI DALLA MIA VITA, DA QUELLA DI ISABELLA E DA QUELLA DI MIA FIGLIA. CHIARO?- potevo vedere la vena del collo di sua madre pulsare dalla rabbia e il suo sguardo fulminarmi.
- Non puoi rinnegare tua madre, Edward-
- Posso, dal momento che lei ha rinnegato me come figlio-
- Non l'ho mai fatto!-
- L'hai fatto nel momento in cui ci hai ingannato, ci hai separati e mi hai privato di mia figlia per ben quattordici anni. Tu e le tue troiette da quattro soldi, mi dovete solo lasciare in pace, adesso. Mi hai rinnegato, nel momento in cui hai voluto scegliere tu per me, riguardo qualsiasi cosa. Ma adesso basta, adesso vivo la mia vita e voglio che tu mi stia il più lontano possibile-
- Edward...- cerco di supplicarlo, invano.
- Basta, basta. Ho già sentito troppo, per oggi. Mai più, mai più. E vorrei ricordarti di quanto tu sia vigliaccia: non hai nemmeno avuto il coraggio di dire di fronte a loro, ad alta voce, ciò che hai fatto. Questo non ti fa una donna nobile, mia cara, ma ti fa solo una vigliacca- si sedetta, portandosi la mano sul cuore, mentre io sentivo le gambe tremare. Allungai un braccio dietro la schiena di Edward, per afferrare la mano di Renesmèe, che strinse forte a me.
- Edward...-
- No, papà. Basta, davvero- afferrò la mia mano e girò le spalle, guidandoci con lui.
- Mi dispiace, figliolo, mi dispiace- disse velocemente, quasi piangendo. Edward si girò, con un sorriso ironico sul volto.
- E' troppo tardi, Carlisle. E' finita-
- Lascia almeno che conosca mia nipote, che vi aiuti nei suoi studi, ch-
- No, mia figlia non la dovete nemmeno toccare, chiaro? Sarà solo una sconosciuta, e mi dispiace per questo, perchè le priverò dell'amore e dell'affetto dei suoi nonni. Ma fortunatamente Charlie e Renesmèe sapranno compensare, così come hanno fatto in questi anni-
- Mi dispiace, davvero-
- Addio- sussurò, prendendo a camminare mentre noi lo seguivamo a testa alta. Sorpassammo la vetrata e, con un cenno del capo, salutammo Celine che si trovava dove l'avevamo lasciata; aprimmo il portone e Johel ci sorrise, allungando la mano verso Edward, che glie la strinse.
- Aspettavo questo giorno da anni, signor Edward- sorrisi. Sapevo che quell'uomo era troppo buono per lavorare in quella casa.
- Questa è mia figlia, Johel. Avremmo modo di parlare, ma non qui, naturalmente. Ci teremo in contatto. Grazie, di tutto- Johel mi strinde una mano e io ricambiai, sorridendo.
- Grazie per tutte le guardie che hai fatto per noi, Johel-
- E' stato un piacere, signorina- ci salutammo e salimmo in macchina, mettendoci subito in strada.
- Come avete fatto a stare insieme con... quei due?- il commento di Renesmèe mi fece sorridere, così come Edward. Feci spallucce.
- Uscivamo sempre, non potevamo mai chiuderci in casa- risposi, sospirando.
- O andavamo a casa tua- continuò Edward, ridendo.
- Ma a volte Johel ci faceva da guardia- scoppiammo a ridere, mentre Renesmèe si prendeva la testa tra le mani.
Passammo tutto il tempo del viaggio a ricordare le nostre scappatelle, protetti da Johel o da Alice. Edward sembrava tranquillo, ora che aveva detto addio a sua madre; mi sarei immaginata una sua reazione peggione, dopo quello scontro faccia a faccia, ma era tranquillo.
- Tutto okay, amore?- gli chiesi, dopo che ci eravamo tolti gli abiti eleganti da dosso, indossati solo per poter fare bella figura con i suoi genitori e, chissà, anche sperare in un loro cambiamento alla vista di un abito alla loro portata; ma erano state solo tutte speranze.
- Certo, perchè?- mi rispose, avvolgendomi tra le sue calde braccia. Scrollai le spalle.
- Dopo... stasera...- mormorai. Mi alzò il viso e, per l'ennesima volta, mi scontrai con i suoi occhi.
- Ho scelto te e avrei sempre scelto te, Bella. Non farti venire strane idee in mente. Non sono affatto pentito della mia scelta e non potrei esserlo- mi sfiorò la guancia con una mano e sorrise.
- Ti amo- sussurrai, contro le sue labbra.
- Anche io- rispose, premendole contro le mie.

***

- Porca merda, porca merda, porca merda!- camminavo avanti e indietro, sotto lo sguardo di James, seduto sul primo gradino delle scale.
- O ti calmi, o ti prendo a schiaffi!-
- Non.posso.calmarmi! Come dimani ho fatto, come?- stavo per scoppiare a piangere, come una povera bambina che aveva appena scoperto che Babbo Natale non esisteva.
- Bells, calmati, ti scongiuro- mi afferrò per le spalle e mi avvolse in un abbraccio, cercando di confortarmi. Mi calmai un poco e cercai di non pensare, ma quando la porta di casa si aprì, sobbalzai e ricominciai a tremare nervosa. - Io ora vado, tu ti rilassi e andrà tutto bene, okay?- annuii, stringendo le labbra. Mi baciò le guance e mi lasciò da sola nel salotto, mentre lo sentivo salutare Edward e uscire di casa.
Io e Renesmèe ci eravamo trasferite da due settimane a casa di Edward, che, automaticamente, era diventata anche casa nostra. La nuova camera da letto era arrivata ieri e solo stamattina gli adetti avevano provveduto a smontare la vecchia e montare la nuova. Nel frattempo, io e Edward avevamo dormito nel letto vecchio, ma sempre con una certa rigidità. Avevamo deciso di tenere il materasso, ancora nuovo e poco utilizzato, comodo per le nostre schiene e, soprattutto, pulito. Avevo fatto le faccende per una settimana intera, aiutata da Alice anche per sistemare i particolare nel salotto e nella cucina. Ora sembrava proprio casa mia, con i soprammobili ben accurati e qualche piantina qui e lì, per dare un tocco di colore. Avevo anche sistemato il giardino, approfittando del tempo soleggiato di fine Marzo.
La camera di Renesmèe, invece, era arrivata due giorni prima che noi ci trasferessimo; Edward glie l'aveva fatta scegliere personalmente e lei aveva scelto un bell'arancio come colore.
Quel giorno avevo sistemato la nostra camera da letto, mentre Edward aveva il turno all'ospedale quel pomeriggio, fino alle nove di sera. Renesmèe aveva passato il pomeriggio a La push e stanotte avrebbe dormito da Leah, ergo Jacob. Edward aveva fatto un casino di storie, ma alla fine eravamo riuscite a convincerlo.
La camera, adesso, era perfetta. Ci avevo messo tutta la voglia e l'amore per sistemarla e pulirla, beh, tutto questo fino a quando la mia mente malata non aveva iniziato a navigare ed ero corsa a chiamare James.
Sbuffai, sedendomi e con le gambe stanche. Sentii due mani prendermi a massaggiare il mio collo, facendo scioglier ei nervi tesi.
- Sei parecchio tesa, amore-
- Mh, mh- mugugnai, a occhi chiusi. Continuò il suo massaggio fino a quando la mia testa ricominciò a elaborare e spalancai gli occhi, scostandomi immediatamente.
- Ehi, che succede? Ti fa male?- scossi la testa, sciogliendo i capelli.
- Mi sono... mi sono appena ricordata di non aver messo delle cose nella borsa di Renesmèe. Vado a vedere se la trovo per strada, in macchina, okay?- si accigliò.
- E' tardi, amore. Vado io, dai- scossi la testa.
- Faccio subito- gli stampai un bacio sulle labbra e corsi fuori, afferrando la borsa.

- Sono tornata!- urlai, chiudendo la porta e lanciando la borsa sulla poltrona. Nel salone regnava il silenzio assoluto e dedussi che Edward stesse facendo una doccia. Infatti, quando salii al piano di sopra, sentii subito il rumore dell'acqua scrociare nella doccia.
Mi sedetti sul letto nuovo, chiudendo gli occhi e stendendomi a penzoloni.
Come diamine... come diamine era successo?
- Ehi, l'hai trovata?- sobbalzai a sedere, sentendo subito il sangue scendere dalla testa.
- Ehm.. non sono uscita per andare da Renesmèe, Edward- sentivo il sangue raffreddarsi, mentre gli dicevo queste cose. Alzai lo sguardo, trovanolo già in pantaloni della tuta e cannottiera grigia a mezze maniche. Aggrottò le sopracciglia, guardandomi.
- Mi tradisci, Bella?- quasi mi affogavo con la mie stessa saliva.
- Ma che diamine dici, Edward?! Non ho toccato uno straccio di uomo per quattordici anni, e ora che ti ho di nuovo pensi davvero che possa tradirti?- era incazzata nera, cosa diavolo gli passava per la testa? Io stavo per impazzire, e lui delidava.
Accidenti!
- Okay, scusa amore. Ma.. ti vedo preoccupata- mi morsi le labbra, abbandonando già la mia acidità.
- Sì, sono preoccupata- si venne a inginocchiare di fronte a me, sfiorandomi le labbra col pollice.
- Che succede? Puoi dirmi tutto, lo sai- sospirai.
- Non sapevo se.. farlo con te, oppure no. Cioè.. avevo e ho paura, ma ho pensato che se non lo avessi fatto, avrei sbagliato per la seconda volta nella mia vita; e non te lo meriti- facevo giri di parole, senza arrivare al punto centrale.
- Bella, ma cos..-
- Edward, ricordi la notte di Capodanno?- l'unica notte in cui eravamo stati insieme. Non ci eravamo ancora toccati, nonostante ormai fossero quasi due mesi che stavamo insieme. Volevamo andare con calma e, soprattutto, attendere la nuova camera da letto.
- Certo, come potrei non ricordarla- gli strinsi la mano e lo vidi sbiancare e strabuzzare gli occhi. - Bella...-
- Penso di essere incinta, Edward-
Passarono due minuti, prima che le guance di Edward si rigassero di lacrime. Scorrevano sulle guance, seguendo una linea perfetta e naturale del suo viso. Mi afferrò la testa tra le mani, poggiando la fronte sulla mia e continuando a piangere.
- Dimmi che non è uno scherzo, ti prego- scossi la testa, mentre una lacrima scappava anche dal mio controllo.
- Non è certo al cento per cento, devo fare il test. Ma... non ho il ciclo da due mesi, ormai; ero così distratta che non me ne sono nemmeno resa conto, i miei sbalzi d'umore, i miei giramenti di testa, noto subito gli odori-
-...come la camomilla a casa di mia madre- ricordò, illuminandosi. Annuii.
- Le nausee. I sintomi ci sono tutti, ma voglio... controllare- preso il test dalla tasca della tuta e lo porsi a Edward. Lo afferrò, intuendo subito di cosa si trattasse.
- Andiamo, togliamoci questo dubbio. Okay?- annuii, alzandomi dal letto.
- Edward?-
- Sì?-
- Tu... lo vorresti?- mi morsi le labbra, presa dal dubbio più atroce che mi logorava da quella mattina, quando mi ero trovata di fronte il calendario su cui segnavo, puntualmente, ogni mese, il giorno in cui arrivava il ciclo e avevo notato che per due mesi non lo avevo segnato.
- Assolutamente, Bella. Non avevo il.. coraggio di dirtelo, ma ora che.. Dio, spero che sia positivo o impazzisco- gli afferrai la testa e premetti le mie labbra contro le sue.

Cinque minuti dopo, eravamo seduti sul pavimento del bagno, Edward dietro di me con le mani intrecciata sul mio vestre, le mie poggiate sulle sue. Stavamo aspettando che quei due interminabili minuti passassero; il silenzio che ci circondava era terrificante, nessuno dei due spiccicava parola, troppo preso dall'attesa e dai propri pensieri.
E se fosse stato positivo?
Ma, soprattutto e ormai, se fosse stato negativo?
Presi il bastoncino tra le mani, mentre le linee iniziavano ad apparire. La prima linea rosa era apparsa, mentre sentivo i nostri cuori battere.
Fu automatico prendere la mano di Edward e stringerla forte; ero con lui, adesso ero con lui.
- Avrei voluto... già affrontare quest'esperienza- mi confessò Edward, mentre stringeva la mia mano.
- Ero sola quando l'ho fatto con Renesmèe e continuavo a pregare Dio che quel test uscisse negativo- confessai, abbassando lo sguardo. - Però, poi, quando il risultato uscì positivo... iniziai a piangere, ma di felicità. Dentro di me c'era una vita e non potevo maledirla, ma, soprattutto, c'era tuo figlio. E nonostante il dolore del ricordi che questo bambino mi avrebbe portato, sapevo di essere felice di avere una parte di te- asciugò le mie lacrime con i polpastrilli, mentre poggiavo la guancia sul suo petto e gli bagnavo la maglietta grigia.
- Adesso, però, puoi piangere ed essere felice con me, amore mio- sussurrò al mio orecchio, mentre le sue lacrime mi bagnavano il volto. Girai lo sguardo, avvicinando il bastoncino tra le mani e scoppiai a piangere, quando le sue evidenti linee apparvero nel riquadro.
Lasciai il test sul pavimento, girandomi in ginocchio e lanciandomi tra le braccia di Edward. Mi strinse forte a se, mentre come due stupidi ragazzini continuavamo a piangere.
Afferrò il mio volto tra le sue grandi mani e mi baciò con una passione e un amore che non gli avevo mai visto. Le nostre lacrime bagnavano il volto dell'altro, mentre Edward mi sollevava dal pavimento e mi prendeva in braccio. Mi ritrovai stesa sul nostro grande e nuovo letto, mentre Edward continuava a baciarmi con amore.
Davvero quest'uomo era mio?
Davvero io ero sua?
Davvero?
Le nostre mani scorrevano sul corpo dell'altra, ma quelle di Edward si soffermavano sul mio ventro, carezzandone la pelle scoperta dalla maglietta. Sentivo il sangue fluire come un fiume in piena e l'eccitazione salire alle stelle, mentre le sue labbra seguivano il profilo perfetta della mia vena pulsante sul collo.
Afferrai i bordi della sua maglietta e glie la sollevai, così come fece lui pochi secondi dopo. In cinque minuti eravamo entrambi nudi, con gli occhi lucidi e la pelle ricoperta di brividi. Il mio seno contro il suo petto mi provocava fitte al basso ventre, mentre sentivo la testa girare per la velocità estrema del sangue nel mio corpo.
- Ti amo, lo sai, vero?- sussurrò sulle mie labbra, prima di riprenderle a baciare. Annuii, mentre stringevo i suoi capelli tra le dita, avvicinando maggiormente il suo volto al mio.
- Lo so, perchè ti amo anche io- i nostri corpi vibravano al contatto con l'altro, come impazienti di diventare un'unica cosa. La nostra pelle sembrava volersi unire o entrare nell'altra, come un puzzle perfetto. Mi sfiorava come se fossi stata la cosa più preziosa e fragile del mondo, come se potessi rompermi sotto il tocco fragile delle sue mani. E io sospiravo e gemevo, mentre la mia vita si completava.
Entrò in me con una lentezza tale da farmi inarcare sotto il suo corpo, come se fosse stata la nostra prima volta. Anche se, in un certo senso, lo era. Eravamo cresciuti, avevamo una figlia e un altro in arrivo, ma soprattutto, eravamo davvero una coppia.
Si muovea in me, continuando a baciae ogni lembo della mia pelle. Potevo sentire il suo cuore premere contro il mio petto, così come forse lui riusciva a sentire il mio.
Cuore contro cuore, labbra contro labbra, pelle contro pelle.
Anima contro anima.
Venne in me, facendomi assaporare ogni minima cellulare del mio piacere, scoppiato insieme al suo. Continuò a cullarmi tra le braccia, mentre le lacrime si erano fermate, come sul suo viso. Sorridevamo beati, uno tra le braccia dell'altro, mentre i nostri corpi sembravano essere diventati una sola cosa.
Lo guardai, ritrovando nei suoi occhi la proiezione di quello che sarebbe stato il resto della nostra vita. Le sue mani continuavano a carezzare il mio ventre vivo, con la consapevolezza di esserci, stavola.
Ed ero felice, ero veramente felice.
Avevo commesso numerosi sbagli nella mia vita, a partire dall'abbandonare Edward senza lasciargli dare delle spiegazioni, allo scomparire e al mentirgli riguardo Renesmèe. Avevo sbagliato, ma ne ero consapevole, come lui era consapevole di aver commesso i suoi errori. Ma era solo grazie a quegli errori, se adesso eravamo arrivati a questo punto, se eravamo cresciuti, abbandonando l'adolescenza in un batter d'occhio e diventando immediatamente adulti.
Eravamo genitori di una figlia meravigliosa, che avremmo continuato a crescere insieme fino alla fine dei nostri giorni. E tra sette mesi, avremmo potuto ricominciare davvero daccapo, partendo dal dolore, dalle lacrime, dai sorrisi.
Dalla felicità.
La mia vita era radicalmente cambiata, e non potevo immaginarla migliore. Avevo sognato questi momenti da una vita e, adesso, che me la ritrovavo sotto il palmo delle mani, mi sembrava di aver quasi paura di assaporarne la consistenza.
Ma adesso sapevo che non si sarebbe mai rotta, perchè eravamo insieme, punto.
- Questo è destino, amore mio. Questo è destino- il sussurro di Edward arrivò come la risposta al mio flusso di pensieri.
Il destino aveva voluto che noi ci rincontrassimo, ma prima aveva voluto separarci, per farci crescere e maturare, per farci affrontare i dolori e le paure, prima di tornare insieme più forti di prima.
Strinsi la sua mano; non sapevo quello che il futuro ci avrebbe riservato, ma ora ero pronta a godermi il presente, lasciando nella mia mente sempre il dolce ricordo dei bei momenti e del dolore del passato.
Ma tutto era nelle nostre mani e lo avremmo gestito come volevamo, ormai insieme e indistruttibili.
- Noi siamo il destino, Edward. Siamo noi il nostro destino- e premetti le mie labbra contro le sue, con la certezza di quella che sarebbe stata, da ora in poi, la mia vita.



***
Okay, sono al quarto fazzoletto.
Ueueueueueeueueue
Ebbene sì, questo è l'ULTIMO CAPITOLO di questa storia.
Prossimamente, arriverà l'EPILOGO.
Non pensavo venisse così lungo, davvero; ma mai come questa volta, ero ispirata a scrivere questa meravigliosa storia;
bho, forse perchè era l'ultimo capitolo e voleva davvero dare il massimo di me stessa, e spero di esserci riuscita.
Voi... non potete nemmeno immaginare cosa questa storia sia stata per me.
Mi ha aiutata a crescere, a migliorarmi come scrittrice, a conoscere persone meravigliose, a documentarmi su determinati argomenti,
e mi ha fatto piangere, ridere, emozionare, aumentare i battiti cardiaci, farmi salire l'ansia, farmi esasperare, amare questi due pazzi che sono Edward e Bella, James, Renesmèe, Alice, Jacob, Leah, Charlie, Renèe, e tutti gli altri.
Sapete la frase di "Turning page"?
Your love is my turning page.
In questo caso, invece, è:
This story is my turning page.
E, egoisticamente, sono fiera di me stessa, dell'impegno che ci ho messo, della forza contro gli ostacolo e i brutti periodi, di quel che ho scritto, delle lacrime versate e dei sorrisi strappati.
E non mi interessa minimamente delle critiche che un giorno potrà avere, perchè, per me, questa storia è perfetta.
Perfetta c
ome voi che mi seguite, che leggete questa storia con amore e passione.
E non posso che dire
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE.
Okay, basta, sono in lacrime.
Ringraziamenti speciali? Solo due, in particolare.
Alla mia migliore amica, Athena, e alla mia carissima silver, Giustina.
E poi ci sono Ele, Giuli, Sofi, Laura, Claudia, Benedetta, Silvia, Kristen e tutte le altre (scusate se non vi cito, ma siete davvero tantissime).
E poi alle 125 che mi hanno inserita tra le preferite, le 323 tra le seguite, le 42 tra le ricordate e le meravigliose 344 recensioni!
Edward e Bella vi salutano, dandovi appuntamento all'epilogo.
Intanto, si godono e cercano di recuperare i quattordicianni persi.
E anche io vi saluto, ringraziandovi ancora di cuore e augurandomi di rincontrarvi nelle altre mie storie.
Con amore,
la vostra Mary xx

   
 
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