Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Ranessa    28/01/2007    1 recensioni
E' il respiro della Morte. La piccola brezza gelida che si solleva quando le porte della Sala si spalancano al suo ingresso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

[ Porpora ]


Insegnaci ad imbrogliare
e a mentire, e a coprire
quello che non dovrebbe essere mostrato
La verità si sta rivelando
raschiata via dalla mia mente
Per favore smettila di chiedermi
di descrivere
Per un solo momento
Mi auguro tu resti sulla tua scena
Senza alcun sentimento
Con la mente aperta
[...] E la verità si sta rivelando
raschiata via dalla mia mente
Per favore smettila di chiedermi
di descrivere

«Citizen Erased», Muse



«Credi davvero che il Signore Oscuro non mi abbia rivolto tutte queste domande una per una?
E credi davvero che se non fossi riuscito a dargli delle risposte soddisfacenti sarei qui seduto a parlare con te?»

[Harry Potter e il Principe Mezzosangue, pagina 32, righe dall'undicesima alla quattordicesima]



E' il respiro della Morte.
La piccola brezza gelida che si solleva quando le porte della Sala si spalancano al suo ingresso.
Il respiro della Morte la chiamano, ambasciatore di sofferenze, raggiunge la tua pelle, ti accarezza dolcemente, ingannevole, ti fa sollevare il volto e incontrare i suoi occhi.
Purpurei.

+ + + + + + + + + +

Entro aspettandomi di trovarli schierati in quel cerchio di cui anche io ho sempre fatto parte.
Aspettandomi di ritrovare la penombra familiare e l'Oscuro ad attendermi sul suo scranno di pietra e gelo.
E invece nessuno dei suoi servi occupa l'ambiente circolare illuminato a giorno. Un lungo tavolo di legno scuro è stato collocato al centro della Sala, ricoperto da una fine e leggera tovaglia bianca e generosamente imbandito.
Lui siede composto ad un capo della tavola, muovendo elegantemente le posate d'argento per portare piccoli bocconi di cibo alle labbra pallide e sottili. Si volta a guardarmi scoprendo i denti incredibilmente candidi e apre le braccia ad indicarmi una seconda sedia, posta all'altra estremità del tavolo.
«Benvenuto Severus Piton».
Le fiammelle arancioni delle candele al centro della tovaglia investono per un istante i suoi affilati occhi rossi di una luce innaturale.
«Accomodati».
La lentezza con la quale consuma il suo pasto è estenuante. Non l'avevo mai immaginato intento a mangiare, né tanto meno a condividere un simile momento con uno dei suoi figli, come ci chiama.
Lo osservo, attendendo impotente che inizi a rivolgermi quelle domande che tanto temo.
«Sono lieto di averti qui questa sera, Severus Piton» commenta l'Oscuro dopo aver bevuto un lungo sorso di brillante vino rosso. «Immagino tu possa comprendere da solo la natura del mio invito».
Taglia la carne bianca, perfettamente cotta, in piccolissimi pezzi. Annuisco impercettibilmente alla sua domanda indiretta, pensando che nessuno potrebbe mai supporre che il grande e temibile Lord Voldemort si nutra di carne bianca ben cotta.
Solo filetti semicrudi per il mostro dal volto di serpente.
Con il sangue ancora fresco a sgorgare e accumularsi nel piatto.
Purpureo.
Ripiega con cura il tovagliolo che aveva portato alla bocca, ancora immacolato.
Come se nulla potesse in realtà sporcare quelle labbra così sottili.

«Spero che questo nostro piccolo incontro non porti via troppo tempo ai tuoi impegni scolastici».
Sorrido vagamente, in qualche modo realmente divertito. Non posso fare a meno di pensare che mi sarebbe piaciuto conoscerlo quando ancora era un uomo.
Un uomo brillante, suppongo.
«Non preoccuparti, mio Signore, avrai tutto il tempo che vorrai per pormi tutte le domande che desideri» lo rassicuro sfrontato.
«Non prima che anche tu abbia consumato la tua cena, figlio mio» replica con quel suo tono di voce che sa essere acuto e sibillino o strisciante ed avvolgente, visibilmente deliziato dall'espressione di stupore mal celato che deve aver assunto il mio volto.
Si appoggia più comodamente allo schienale della sua sedia e mi fa cenno di iniziare a servirmi.
Scopre i denti in maniera feroce, deve percepire le ondate di timore che adesso, nonostante i miei sforzi, mi invadono la mente a sprazzi.
Avvicino la sedia al tavolo e, cautamente, con le posate argentate e i calici di cristallo, il tovagliolo immacolato e i vassoi finemente decorati, inizio a mangiare, imbarazzato.
Come un ospite gradito o l'ultima cena del condannato a morte.
L'Oscuro stuzzica incessantemente con le lunga dita bianche il suo calice.
Respira rumorosamente dalle narici serpentine.
E' il respiro della Morte.

+ + + + + + + + + +

Taglio la carne concentrandomi sui denti affilati del coltello.
Gioco distrattamente con le briciole del pane.
Sistemo meglio il tovagliolo sulle cosce.
Mi verso un altro bicchiere di vino.
Una delle candele si spegne.


+ + + + + + + + + +

Mi accingo a prendere l'ultimo sorso di vino, sorprendendomi a sperare che duri in eterno.
Ma suppongo che l'inevitabile non possa mai essere rimandato così a lungo.
Il mago a cui un tempo ho donato la mia vita lascia la tavola, facendola sparire, insieme a tutto ciò che ancora vi era sopra, con un rapido gesto della mano magra, crudele. Mi ritrovo seduto al centro della Sala, i gomiti ancora sollevati a mezz'aria dove sino a un attimo prima poggiavano sul tessuto pregiato della tovaglia albina, sentendomi estremamente stupido.
Faccio per alzarmi, ma con un altro preciso gesto della mano l'Oscuro mi ordina di rimanere dove sono, a guardarlo dirigersi con grazia verso il suo scranno semplice, inquietante. Si siede, accarezzando i braccioli con le lunghe dita affusolate e dirigendo la sua intera attenzione su di me, costringendomi ad attendere impotente la sua prima mossa.
«Dove si trova il quartier generale dell'Ordine della Fenice?» domanda repentino, senza preamboli, l'agile lingua a serpeggiare tra i denti affilati.
«Non posso rispondere» replico senza alcuna esitazione.
I suoi occhi dardeggiano furiosi.
Un'altra candela si spegne.
«Non sono io il Custode Segreto, mio Signore» aggiungo poi serenamente, osservando i suoi lineamenti assumere lentamente l'immagine della sua prima sconfitta.
«Una cosa così ovvia» commenta Lui pochi istanti dopo, quasi pronto ad abbandonarsi ad una sincera risata, preda del suo sempre variabile umore. «Perchè hai tardato a raggiungermi, Severus Piton?» nome e cognome, sempre, nome e cognome. «Perchè non sei tornato a me quando io ho richiesto la tua presenza?»
«Per mantenere salda la mia copertura ad Hogwarts, mio Signore, per fare in modo che Silente continuasse a credere che io sia una spia al suo servizio. Due sole ore di ritardo e le mie preziose informazioni ancora possono giungere al tuo orecchio».
Mi impongo di non cambiare posizione sulla sedia, pensando che proseguirà così: un duello senza sangue, uno scontro freddo e calcolato, probabilmente, per il momento, ad armi pari.
Mi chiedo quando inizierò a sentire la morsa della sua mente che si impadronisce con ferocia della mia e quale peso darà alle mie parole; se le interpreterà come un nuovo giuramento di fedeltà nei suoi confronti o come la prova che la mia devozione è ora rivolta altrove, a qualcun altro.
Ma questa è l'unica domanda a cui non saprei rispondere, davvero.
A chi sono fedele ormai?
Non sono forse giunto al punto in cui nemmeno io conosco più la verità? In cui mi sveglio al mattino e, costringendomi a guardare la mia immagine scura riflessa nello specchio, non so più dire chi sono? In cui tutto è vero e falso al contempo, le scuse si accavallano l'un l'altra, le bugie, le giustificazioni più elaborate e fantasiose, eppure così ingannevolmente concrete. Come vanno lette ormai le mie parole, che mi condannano e assolvono allo stesso tempo? Davvero nessuno si accorge del fatto che, curiosamente, valgono in entrambi i sensi? Due sole ore di ritardo: effettivo mantenimento di un'identità fittizia o risposta ad un altro preciso ordine? O tradimento?
Mi viene da sorridere, nel constatare in quale intricato labirinto di pensieri mi abbia condotto la mia stessa mente.
«Perchè mi hai impedito di procurarmi la Pietra Filosofale?»
L'Oscuro si alza d'improvviso, muovendosi rapido per la stanza senza alcuna meta apparente, le vesti nere a compiere eleganti acrobazie aeree intorno alla sua figura slanciata, scheletrica, spingendomi a seguire i suoi movimenti con lo sguardo.
Penso a cosa rispondere, d'un tratto pienamente consapevole che lascerò questa Sala Circolare vittorioso.
Ma avendo vinto che cosa, quando ormai non c'è più speranza che io torni ad essere in qualche modo padrone di me stesso?
Nemmeno i ricordi mi fanno intuire quale sia il mio vero ruolo in tutto questo.
Nemmeno il ricordo del sangue che ho versato, purpureo, mi suggerisce a quale fazione appartengo.
Ed è forse la cosa più comica e sconvolgente che mi sia mai capitata.
«Perchè?» ripete spazientito l'Oscuro, stupendosi dello sguardo smarrito che gli rivolgo, credendo di avermi colto in fallo.
Io mi limito a scrutare nei suoi occhi, pago di questa mia nuova condizione di totale ignoranza, continuando a pormi mentalmente gli stessi quesiti.
Domandandomi dove stia l'inganno. Dov'è che ha inizio la finzione? Quali sono i confini della mia presunta fedeltà?
Continuando a guardarlo negli occhi.
Purpurei.

+ + + + + + + + + +

Credo di essere sempre stato affascinato, in qualche modo, dalla sua gestualità.
Dai movimenti armoniosi delle sue mani, dal tono serpentino della sua voce.
E' tornato a sedersi, valutando tutte le risposte che gli ho diligentemente fornito.
La sua personalità cangiante è un'ombra lieve nella mia mente, una presenza carezzevole, inaspettatamente delicata.
Ricerca le origini delle mie parole sicure, concrete, tra i miei pensieri, tra sensazioni che non ricordavo nemmeno di aver mai provato, riportandomi agli occhi della mente immagini che io stesso credevo di aver ormai scordato.
Attendo il suo verdetto, stupendomi del senso di gratitudine che, seppur con estenuante lentezza, sta crescendo in me.
Sarà l'Oscuro a decidere al mio posto.
Se mi giudicherà innocente, allora potrò dirmi colpevole, colpevole di essere ancora uno tra i suoi servi.
Se quest'incontro mi condurrà alla morte, saprò di aver servito almeno una volta nella vita quella che stolti e ipocriti chiamerebbero una giusta causa.
L'Oscuro Signore mi sta togliendo, inconsapevolmente, dall'imbarazzo di non conoscere me stesso. E quando parlerà io non avrò risposto alle sue domande.
Sarà stato lui a rispondere alle mie.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Ranessa