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Autore: FairySweet    14/07/2012    1 recensioni
Perché ora? Perché proprio in questo momento? Che aveva fatto di male a Dio per ritrovarsi incastrata in un mondo che non le apparteneva più?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cristina Yang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Burke 12                                             Non pensare a Niente





“Ma che ti è saltato in testa!” “Meredith io ...” “No! È sbagliato! Sbagliato e senza alcun senso!” “È suo marito! Come diavolo pensi che possa prenderlo in giro?” ma gli occhi della ragazza si colorarono di rabbia “Lui lo ha fatto Derek! L’ha presa in giro!” “Lui è innamorato! Non riesci a vederlo? Porca puttana Meredith ha perso sua moglie, le sue certezze, il suo mondo sta andando in frantumi e tu davvero vuoi mentirgli?” “Non è compito tuo Derek! Non sei tu a dover parlare con ...” “Nemmeno tu!” sbottò gelido “Vuoi aiutarla? Lascia che parlino da soli! Lascia che litighino! Se davvero vuoi aiutarla permettile di parlare con lui” “Non le impedisco niente, non l’ho mai fatto! Non voglio che soffra perché ha appena visto scomparire sotto terra i resti di un uomo che per anni ha amato da morire, lo ha ucciso lei e questo fa male! Perché chiedere che non soffra ancora è tanto sbagliato?” la mano dell’uomo a posarsi dolcemente sul suo viso “Perché non è la tua vita Meredith, non sei tu a soffrire ma lei. Io non capisco cosa vi leghi e che modo strano e contorto ma una cosa la so ...” un respiro profondo  a spaccare il silenzio “ ... lei è la tua famiglia. È tua sorella e se la ami almeno un po’ allora dalle modo di decidere da sola cosa fare della sua vita, perché altrimenti crollerà sotto il peso di scelte non sue” “Non può soffrire ancora, non posso permetterle di soffrire” “Porca puttana Meredith!”di nuovo quell’espressione a colorargli il volto.

Sostituita alla velocità della luce dalla rabbia e dall’angoscia, niente più dolcezza nel suo sguardo, niente comprensione “Lascia che gli racconti la verità!” “Lui non merita quella verità!” il peso di quelle parole lo travolsero all’improvviso lasciandolo senza parole “Non merita quella verità, non merita la dolcezza di quelle parole, non merita quel futuro! Non può essere giusto tradirla, abbandonarla e poi tornare indietro!” afferrò la giacca e le chiavi dell’auto “Non mi importa del suo dolore, del suo mondo che si sgretola. L’ho lasciata scegliere da sola e ora è ridotta in questo stato, non ho intenzione di scegliere per lei ma non la lascio da sola mentre quell’uomo le è accanto perché hai ragione, è la mia famiglia, mia sorella e non lascio mia sorella in balia del niente” la porta si chiuse violentemente lasciandolo solo in mezzo alla sala.
Un debole sorriso a colorargli il volto, discutere con Meredith portava sempre a quelle conclusioni ma non era quello a scatenare quel sorriso improvviso e inaspettato no, ma era la dolcezza e la forza che metteva nel difendere la sua persona.
Stava sbagliando, permetterle di comportarsi in quel modo era sbagliato sotto tanti di quegli aspetti che faticava a contarli ma che altro poteva fare? Erano passati solo due giorni e per curare ferite del genere ci volevano anni.
Forse Meredith non aveva poi tutti i torti, forse, allontanarla un po’ da tutto, darle modo di comprendere, di scegliere da sola poteva aiutarla, forse, dopotutto, Burke non se ne era andato poi molto lontano.


“Sei ancora qui” un debolissimo sorriso a colorargli il volto, annuì appena sedendosi accanto a lei “Non sto dormendo” sussurrò posando la testa contro il muro “Perché sei qui?” “Già, davvero una bella domanda. Ci ho pensato anche io, ci ho pensato tanto ma non ho trovato una risposta”  stava impazzendo, poteva essere solo quella la spiegazione perché non si vede apparire dal nulla l’ex fidanzato morto.
Già, eppure a lei era successo, l’aveva visto in sala operatoria proprio mentre richiudeva un paziente, sorrideva, annuiva soddisfatto dalla sua bravura, dalla semplicità che metteva nell’eseguire ogni tipo di tecniche e ora era lì, seduto accanto a lei sull’asfaltò gelido “Quindi cosa sei? Sei un fantasma? Un sogno o ...” “Non lo so” la risposta più semplice che potesse esistere “Non so cosa sono perché ogni volta che mi avvicino al cielo vengo trascinato di nuovo quaggiù e credo che la colpa sia tua”  sorrise continuando a fissare la danza folle di quella foglia trascinata dal vento “Perché non mi lasci andare?” “Perché vuoi rimanere?” “No” puntualizzò “Io non voglio rimanere però tu mi ci costringi Scheggia” si passò una mano in viso sfinita, distrutta da quello stress profondo che la stava mangiando viva “Hai fatto nove interventi in appena settantadue ore, non credi sia ora di riposare un po’?” “Oh andiamo! Sei un lenzuolino svolazzante, credi davvero di potermi fare la predica?” il sarcasmo lo colpì appieno scatenando in lui solo sorrisi “Izzie ha visto Denny quando era ...” “Non sei malata se è questo a spaventarti” mormorò stiracchiandosi “Sei semplicemente stressata ragazza, sono abbastanza sicuro sia uno stress post traumatico” “Questa è la tua diagnosi?” lo sguardo perso sul suo viso e le mani strette con forza attorno allo stetoscopio “Si, e credo anche che sia esatta ma finché tu non lo superi io non posso andarmene quindi, fai un bel respiro, prenditi il tuo tempo ma ricomincia a vivere perché voglio andare via!” ma lei non rispose, era concentrata su qualcos’altro, qualcosa di invisibile e totalmente irreale “Non gliel’hai detto vero?” scoppiò a ridere scuotendo la testa come se quella riflessione avesse già trovato risposta “E quando tra due mesi inizierà a vedersi cosa gli dirai? Che è una nuova cura per prendere peso? Potresti dirgli che sei semplicemente ingrassata insomma, le persone fanno ...” “La smetti?” sbottò gelida “Ehm ... dottoressa Yang il paziente sta peggiorando” si voltò di scatto trascinata violentemente alla realtà dal suo specializzando “I chirurgi non  balbettano Barnett” “Scusi” si alzò da terra senza nemmeno terminare la frase “Andiamo” “Si dottoressa, andiamo, sono proprio curioso di scoprire perché è peggiorato” ma l’ironia le scivolò addosso, seguì il medico lungo i corridoi pregando chiunque ci fosse lassù che quell’allucinazione scomparisse.
Barnett aveva ragione, il monitor sembrava impazzito e il paziente faticava a respirare “Segno di Levine dottoressa” “Ha un infarto in atto” mormorò posando lo stetoscopio sul petto del ragazzo “Abbiamo uno slivellamento st nelle derivazioni inferiori” qualche secondo per riordinare le idee, per cercare di ignorare il viso di Burke dall’altro lato del letto “Quattro mg di morfina e una flebo di nitro a 10g al minuto,  lo voglio in sala tra meno di due minuti” il giovane annuì confuso afferrando la siringa “Eh si, questo mi suona leggermente familiare Scheggia” “Smettila” sibilò gelida “Non funziona così, non puoi tenermi qui e decidere quando mandarmi via, non prima di avermi spiegato perché!” scosse la testa abbandonando la cartella del paziente sul bancone delle infermiere, aveva un intervento da eseguire e almeno tre ore da passare in sala assieme a quel fottuto ricordo, poteva farcela, doveva solo continuare a respirare e non pensare a niente.

  
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