Quiet as a shadow, calm as still water
Lily
Luna Potter, in un’altra vita, avrebbe potuto benissimo
essere una Ravenclaw.
D’altronde,
tra i suoi fratelli era lei quella che amava studiare e imparare cose
nuove, quella che assillava Rose perché le correggesse i
compiti per essere sicura di non aver messo nemmeno una virgola al
posto sbagliato, quella che passava fin troppo tempo in Biblioteca con
Hugo. Riusciva perfino a sopportare la supponenza e la
rigidità di zio Percy, se questo significava poter passare
qualche week-end insieme a Lucy, la quale aveva un anno più
di lei e un carattere abbastanza mite e accomodante da permetterle di
frugare tra i suoi libri e le sue pergamene senza nulla più
che un rimprovero dettato più dall’abitudine che
da una vera irritazione.
Lily era una
ragazza intelligente, curiosa, sveglia. Perciò, la sua
reazione più interessata che sorpresa non fu affatto
inaspettata.
- Scorpius? Non
è così strano, ma ... –
cominciò, i grandi occhi scuri scintillanti di
curiosità dietro le lenti tonde e la voce abbastanza alta da
far voltare verso di loro Madama Pince, la fronte rugosa aggrottata e
uno sguardo così tagliente che avrebbe facilmente potuto
spezzare in due il tavolo a cui erano seduti. Si affrettò a
zittire sua sorella con un gesto, che lei ricambiò con una
smorfia impaziente e un sopracciglio alzato.
James non
poté che sorridere, nonostante tutto: Lily amava leggere
almeno tanto quanto non era adatta a stare in una biblioteca per
più di una manciata di secondi. Aspettò che
Madama Pince si voltasse di nuovo, prima di continuare il discorso: -
Sì, Scorpius. C’era da aspettarselo, in fondo -.
Lily si sporse
verso di lui, la faccia appoggiata contro il dorso di una mano e un
sorriso divertito sulle labbra. – Beh, questo spiega un sacco
di cose, in effetti – considerò, abbassando la
voce e socchiudendo gli occhi con aria da cospiratrice. Poi, la sua
espressione si rabbuiò improvvisamente, le sue labbra si
piegarono in un broncio seccato e infantile e i suoi occhi
lampeggiarono come succedeva ogni volta che aveva una delle sue
illuminazioni fulminanti: - Ma perché non è
venuto lui a dirmelo? -.
James si
passò una mano tra i capelli, con un sospiro. Non che non
avesse provato a convincere Albus a dirlo anche al resto della loro
famiglia, o almeno a Lily, davvero: aveva tentato di spiegargli che non
ci sarebbero stati problemi, che forse in quel modo si sarebbe sentito
meglio. E poi, sia per lui che per suo fratello, tenere segreti con
Lily in particolare era stressante. Albus aveva la fortuna di essere in
un’altra Casa, ma James doveva sopportare il suo sguardo
sempre così ostinatamente sincero e la sua innocente
schiettezza perfino nella Sala Comune di Gryffindor, fino al punto in
cui nascondere qualsiasi cosa a Lily sembrava una specie di tradimento.
Beh, in
realtà, ora che ci pensava meglio, era più come
se stesse tradendo Albus. Ma James non ci aveva pensato, quando aveva
trascinato Lily in Biblioteca all’ora di pranzo, quando
c’erano al massimo due o tre Ravenclaw o qualche studente
disperato per un test incombente e troppo impegnato nel ripasso
dell’ultimo minuto per notare qualsiasi altra cosa. Ora,
però, il danno era fatto.
Chissà,
forse non era nemmeno un vero e proprio un danno, alla fine: Lily era
fin troppo sveglia, per una dodicenne, e anche se a volte era un
po’ invadente e decisamente troppo testarda, sapeva essere
molto dolce e solidale. Forse, parlare un po’ con lei avrebbe
fatto bene ad Albus.
Quando disse
tutto questo a Lily, la sua espressione offesa si addolcì in
un sorriso allo stesso tempo comprensivo e divertito. Scosse la testa:
- Beh, spero che lo abbia detto almeno a Scorpius -.
L’espressione di James doveva dire molto più di
quanto lui stesso pensasse, perché Lily sgranò
gli occhi e inarcò le sopracciglia. – Sul serio?
– chiese, e, prima che James potesse anche solo aprire la
bocca per risponderle: - Ma perché?
-.
James
scrollò le spalle, troppo abituato alle interruzioni di sua
sorella per prendersela: - È convinto di non piacergli -.
Poi, vedendo Lily sbattere le palpebre un paio di volte e sistemarsi
meglio la montatura nera e sottile degli occhiali sul naso: - Non
chiedermi perché -.
Sua sorella
assunse un’espressione pensosa per qualche istante e
giocherellò con una ciocca di capelli rossi sfuggita alla
sua treccia. Poi, il suo viso si illuminò e, mentre il suo
sorriso si faceva sempre più ampio e eccitato, Lily
sembrò in tutto e per tutto una normalissima dodicenne.
E James seppe
con certezza che ora sia lui che Albus avevano un problema,
perché Lily era una dodicenne particolarmente romantica ed
testarda.
Lily
ridacchiò e batté le mani, deliziata, prima di
esclamare: - Una storia d’amore segreta e tormentata, una love story
ostacolata da pregiudizi e incomprensioni! E, ovviamente, noi
daremo una mano! -. James lanciò un’occhiata
nervosa a Madama Pince, che rispose con uno sguardo spazientito e due
labbra screpolate stirate in una smorfia severa e ostile.
James
sospirò, si appuntò mentalmente di nascondere la
collezione di romanzi Muggle di sua sorella e si preparò a
tentare un’impresa già da anni riconosciuta come
disperata e quasi impossibile all’interno di tutta la
famiglia Potter-Weasley: distogliere Lily Luna Potter da qualsiasi idea
improvvisa, avventata e potenzialmente rischiosa le fosse appena
balzata in mente. Chiuse gli occhi per qualche secondo. Li riaprii.
- Ascoltami,
Lily ... – provò: - no, sul serio, ascoltami -. Lily
gli rifilò il suo sorriso più innocente e
stucchevole, prima di alzare gli occhi al cielo e fargli segno di
andare avanti.
- Lily,
dobbiamo lasciar fare ad Albus ... avere un po’ di fiducia in
lui. E non fare quella faccia: ha solo bisogno di un po’ di
tempo! – continuò James. Lily sbuffò, e
James la fissò dritta negli occhi. Lei sostenne il suo
sguardo ma sembrò pensarci sopra, mentre giocherellava con
una stanghetta degli occhiali, e questo lo fece sentire un
po’ sollevato. – A parte questo – e qui
arrivava la parte più difficile: - non devi dirlo a nessuno.
Deve rimanere un segreto, va bene? -.
Lily lo
fissò, mordicchiandosi un labbro, facendo spudoratamente uso
dei suoi occhioni da cerbiatta incorniciati dalle ciglia lunghe e
chiare e della sua aria da ragazzina dolce e responsabile.
C’era un motivo se i loro genitori non riuscivano mai a
negarle niente. – Nemmeno a Lucy? O a Rose? O ... –
pigolò con aria afflitta.
- No, nemmeno
a loro – la interruppe James, in tono secco. Lily
sbatté le palpebre e si imbronciò, le
sopracciglia alzate in un’espressione scettica e infastidita,
come a dirgli non
vorrai davvero dirmi di no, vero? Per un
attimo, fu convinto che che avrebbe cominciato a ricordargli tutti i
test che anche quell’anno aveva passato con i voti migliori
del suo anno, come aveva fatto quando la mamma aveva osato usare la
scusa di un articolo da finire per rifiutarsi di portarla a vedere una
partita delle sue vecchie amiche dei tempi delle Holyhead Harpies.
- No –
rispose James, facendosi forza e stringendo i pugni. Poi, osservando la
sua espressione corrucciata, riprese in tono più gentile,
quasi supplicandola: - Per favore, Lily, è importante. E
Albus mi ucciderebbe, se scoprisse che l’ho detto a qualcuno!
-.
Lily, sempre
pronta a cambiare umore senza una ragione apparente,
ridacchiò, gli occhi riscaldati da una luce divertita.
– Okay – disse infine, semplicemente, alzando gli
occhi al cielo, un mezzo sorriso rassegnato ancora sulle labbra.
James la
fissò. Lei sbuffò, infastidita, allontanando con
un gesto rapido e secco della mano una ciocca di capelli rossi che le
ricadeva su un occhio.
- Okay
– ripeté James, rilassandosi contro lo schienale
della sua sedia. Non aveva dubbi sulla sua sincerità: Lily
non sapeva mentire in modo così convincente.
In effetti,
era la sua improvvisa risolutezza a non convincerlo. Lily era brava a
mantenere la parola data solo quando si trattava di qualcosa che le
facesse piacere, e quando si impuntava su qualcosa era difficile che
non la portasse a termine.
James si
passò una mano tra i capelli, e sperò che Lily
non si lasciasse scappare niente con nessuno e che tutto andasse per il
meglio.
Albus Severus
Potter, al contrario dei suoi fratelli, era un ragazzo piuttosto
silenzioso.
Scorpius aveva
avuto poche occasioni di parlare con James e Lily Potter, ma la
differenza era facile da notare persino osservandoli da lontano, e
sostenere un qualsiasi tipo di conversazione con loro rafforzava
soltanto questa impressione.
Scorpius, che
era un ragazzo abbastanza chiuso e da sua madre aveva preso tutto
tranne la sua parlantina spigliata ed energica, non poteva davvero dire
che gli dispiacesse. Anzi, a volte aveva l’impressione che le
parole non servissero nemmeno, tra loro due. Bastava un tocco
all’apparenza casuale, un avvicinarsi o allontanarsi quasi
impercettibile, uno sguardo pieno di significati.
Proprio gli
sguardi erano la cosa che Scorpius apprezzava di più di
tutto il loro piccola sistema di comunicazione segreto: gli occhi di
Albus erano di verde intenso, brillante, vivido. E lui aveva deciso da
qualche parte tra la fine del suo Secondo Anno e l’inizio del
terzo che quello era il suo colore preferito.
Gli occhi di
Albus, però, in quel momento erano adombrati e distanti, e
il suo silenzio stava cominciando a dargli sui nervi. La loro muta
complicità gli andava più che bene, certo, ma
questo non significava che non gli piacesse parlare con il suo migliore
amico. E poi, continuare a cercare di parlare con qualcuno
apparentemente diventato sordo all’improvviso nel corso della
cena non era esattamente qualcosa che Scorpius avrebbe mai potuto
considerare la sua serata ideale.
Specialmente
quando cercava di invitare il suddetto qualcuno a vedere la partita di
Quidditch che si sarebbe tenuta il sabato successivo con lui.
Non che
tenesse particolarmente a quella partita. O al Quidditch in generale. O
che quella fosse l’occasione giusta per provare a dire
qualcosa di importante, se Albus rimaneva in quello stato e lui
continuava a non sapere esattamente come dirglielo.
Però,
sarebbe stato bello comunque – quasi come un appuntamento, in
un certo senso.
Sospirò,
e lasciò cadere il suo poco convinto tentativo di mantenere
in piedi la conversazione. Poi, si domandò vagamente se
quella effettivamente contava come conversazione. Albus scelse proprio
quel momento per smettere di tagliare – anche se forse la
parola giusta era infilzare
– il suo roast beef e prestargli un po’
d’attenzione.
L’altro
ragazzo si voltò verso di lui, una nota preoccupata nella
voce: - Che c’è? -.
Qualcosa
dentro Scorpius esultò. Fortunatamente, già un
paio di volte Albus gli aveva fatto notare che la sua
capacità di mantenere la calma in ogni situazione aveva un
che d’inquietante – poi aveva riso, e quando Albus
rideva gli si illuminavano gli occhi.
- Niente
– rispose, un lieve sorriso sulle labbra: - che
c’è? -. Albus scrollò le spalle e si
voltò di nuovo: - Niente -. Il che, nel linguaggio di
entrambi, significava che c’era qualcosa.
Scorpius
osservò il suo amico: la carnagione chiara, le poche
lentiggini sparse irregolarmente sul viso, i lineamenti delicati e
quasi femminei, i capelli neri sempre in disordine tra cui a volte si
scopriva a voler passare le mani. Niente di diverso dal solito, eppure
Albus da un po’ di tempo sembrava teso, pensieroso
– mai come quella sera, però.
Lo
sentì imprecare sottovoce, e segui la direzione del suo
sguardo cupo. Al tavolo dei Ravenclaw, Lucy Weasley sorrideva e
arrossiva, imbarazzata, evitando accuratamente di guardare nella loro
direzione e fingendo di trovare le sue patate al forno
straordinariamente interessanti. Confuso, Scorpius osservò
brevemente il resto della Sala Grande ... e poi li vide.
Al tavolo dei
Gryffindor, una sorridente Lily Potter si accorse del suo sguardo e
– con un sorriso ancora più largo – lo
salutò allegramente sventolando una mano. A poca distanza da
lei, James Potter tentò di sembrare noncurante e
fallì miseramente.
Scorpius
tornò a guardare Albus, e si chiese se fosse il caso di
posargli un mano sulla spalla e cercare di convincerlo a mangiare
qualcosa. Alla fine, lo fece.
Qualcosa gli
diceva che entrambi avrebbero avuto bisogno di molte
energie.