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Autore: Yuri_e_Momoka    16/07/2012    1 recensioni
Avevo iniziato a sedermi al suo posto, nella sua poltrona: vederla vuota mi riempiva di malinconia e, inoltre, speravo che qualche traccia della sua intelligenza fosse assorbibile attraverso quella fodera in pelle sintetica; speravo che il mio cervello potesse lavorare più in fretta.
Se fossi stato al suo posto, mi avrebbe trovato in poche ore, e questo soltanto perché la polizia avrebbe dovuto ultimare tutta la burocrazia e mettere in atto tutte le procedure prima di agire. Se fossi stato al suo posto, a quest’ora mi sarei già trovato a Baker Street a sorseggiare caffè caldo.
La verità era che ero spaventato a morte perché stare seduto su quella poltrona non faceva di me Sherlock Holmes.
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Lestrade , Quasi tutti, Sherlock Holmes , Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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TTS - 4 «Inizio a dubitare che Lucas sia ancora vivo.»
Greg Lestrade aveva subito smorzato il mio entusiasmo, seduto alla sua scrivania, massaggiandosi la fronte con aria afflitta. Gli chiesi se avessero delle novità.
«Abbiamo avuto notizie da altri due Paesi, mentre sappiamo quali parti del corpo sono state inviate a ciascun governo.»
Sul tavolo c’erano una lista scritta a mano:
 
Inghilterra orecchio dx;
Spagna pollice dx;
Svezia mignolo sx;
Danimarca orecchio sx;
Principato di Monaco mignolo piede dx;
Belgio mignolo piede sx
 
«Sono tanti, John, e non sappiamo a quanti altri Paesi avrebbero potuto spedire altri pacchetti. È chiaro che, inizialmente, il loro scopo fosse quello di tenerlo in vita, ma non sappiamo fino a quando. Non c’è stata nessuna rivendicazione ufficiale, nessuna richiesta, per lo meno qui, quindi potrebbero anche aver deciso di toglierselo di torno.»
Alzai gli occhi dalla lista, sostenendo caparbiamente il suo sguardo. «Intendi suggerirmi qualcosa, con questo?» Lui sospirò e guardò altrove. «Lui non è morto! Non avrebbe senso, ed era sicuramente vivo anche quando gli hanno tagliato il dito.»
Era ovvio persino a me: la grafia sulla busta apparteneva a Sherlock, ma aveva delle imperfezioni e delle sbavature dovute a una forte emozione, che in quel caso era sicuramente il dolore. Una persona qualunque sarebbe stata agitata o terrorizzata, costretta a scrivere con la forza, al pensiero di quello che dei rapitori avrebbero potuto farle, la sua scrittura sarebbe stata incerta anche se fosse stata illesa; ma Sherlock aveva sicuramente saputo in anticipo quello che stava per succedere, sapeva che agitarsi non sarebbe stato di alcuna utilità: al contrario, bisognava restare lucidi. L’unico motivo per cui la sua mano avrebbe potuto tremare era a causa del dolore dovuto alla mutilazione.
Deduzione brillante, no? Sarebbe stato fiero di me?
«Non sto dubitando, John, né cercando scuse per battere la fiacca. Dico solo che essere ciechi di fronte alla realtà non aiuterà le indagini.»
«È proprio per questo che sono qui» replicai irritato. «Avete notato niente nel profumo?»
«Il profumo, dici?» ripeté pensieroso, sfogliando le carte sulla scrivania. Scosse la testa e rivolse a me la sua curiosità.
«C’è qualcosa di strano, non trovi? È un profumo da donna, ma era l’unico oggetto femminile in casa.» Era la stessa deduzione che Sherlock aveva fatto a casa di Edward Van Coon, il trader di Hong Kong, a proposito del sapone.
«Eduardo Lucas non era impegnato in alcuna relazione, almeno per quanto ne sanno i signori Trelawney Hope. Li abbiamo pressati molto su questo argomento, cercavamo altre persone coinvolte.»
«E allora mentivano, oppure si sbagliavano.» Non era la prima volta che la mia esperienza con le donne si rivelava utile, ma era la prima volta che non ero costretto a sedurre qualcuno solo per gli scopi di Sherlock. «Quando si è fidanzati, o si frequenta qualcuno, è naturale che alcuni dei suoi oggetti entrino nella propria casa, per lo meno uno spazzolino da denti, un pigiama, una maglietta di riserva. Invece in quella casa non ho notato nemmeno un tocco femminile. Una donna non avrebbe trascurato in quel modo un appartamento.»
Lestrade alzò le spalle. «Perciò abbiamo la conferma che non si vedeva con nessuno. Forse era per un primo appuntamento?»
«Un profumo è personale, non lo si porta in dono a una donna sconosciuta. E poi è un regalo troppo costoso per un primo appuntamento.» Mi dondolai un attimo sui talloni, indeciso se dar voce o no alle mie conclusioni, perché mi rendevo conto che potevano risultare azzardate. Ma mi sentivo ispirato, quindi presi coraggio: «Dev’essere una relazione segreta».
Lestrade prese a picchiettare il dito sulla scrivania, pensoso. «Mh, non vedo prove sufficienti a sostegno della tua teoria.»
«Ma sono abbastanza per poterla prendere in considerazione, no?»
Lestrade rifletté ancora qualche istante e, infine, acconsentì. «Faremo altre ricerche in questa direzione.»
 
Avevo ritrovato nel suo cassetto tutte le medicine che gli avevo dato, raccomandandogli di prenderle. Quell’influenza non si superava senza un po’ di antinfiammatori, perciò ero giunto alla conclusione che avrebbero davvero potuto portarlo via di peso. Il suo telefono, però, mancava. Forse ce lo aveva addosso. Sapevo che non era in casa perché avevo provato a chiamarlo nei momenti di maggior sconforto. Mi ero sorpreso del fatto che fosse ancora accesso; probabilmente lo aveva appena caricato. Durante la sua normale attività non resisteva per più di 48 ore, ma ora probabilmente giaceva inutilizzato da qualche parte.
Ero stato più volte sul punto di spedirgli un messaggio – dopo il primo e inutile dove sei? – ma non ero riuscito a decidermi sul testo. Avrei voluto rassicurarlo sugli sviluppi, dirgli che lo stavamo cercando, ma non volevo rischiare di facilitare i rapitori.
Avevo iniziato a sedermi al suo posto, nella sua poltrona: vederla vuota mi riempiva di malinconia e, inoltre, speravo che qualche traccia della sua intelligenza fosse assorbibile attraverso quella fodera in pelle sintetica; speravo che il mio cervello potesse lavorare più in fretta.
Se fossi stato al suo posto, mi avrebbe trovato in poche ore, e questo soltanto perché la polizia avrebbe dovuto ultimare tutta la burocrazia e mettere in atto tutte le procedure prima di agire. Se fossi stato al suo posto, a quest’ora mi sarei già trovato a Baker Street a sorseggiare caffè caldo, con tutte le dita al loro posto.
Invece questa volta, purtroppo, ero io dal lato dell’investigatore e non riuscivo ancora a trovare un senso in quella vicenda. Non riuscivo a capire perché degli anarchici avrebbero dovuto agire in quel modo così imprevedibile e, apparentemente, disorganizzato; non riuscivo a capire perché degli anarchici avrebbero dovuto rapire prima l’assistente di un Segretario, senza richiedere nessun riscatto e senza iniziare alcuna trattativa, e poi lui. In realtà ero sempre più convinto che la faccenda degli anarchici fosse una falsa pista, ma in quel modo avrei perso l’unica certezza sulla quale l’intera indagine si basava.
La verità era che ero spaventato a morte perché stare seduto su quella poltrona non faceva di me Sherlock Holmes.
 
63 ore e nessuna traccia di lui.
Le mani avevano iniziato a tremarmi per la frustrazione, in testa avevo solo dubbi: pacchetti, indirizzi, timbri postali, immagini di cartine geografiche che mi roteavano senza sosta nella mente. La fragranza del profumo inglese aveva preso possesso del mio olfatto, davanti ai miei occhi chiusi c’era Sherlock che attendeva la mia soluzione.
 
70 ore e nessuna traccia di lui.
Ricevetti però una chiamata da Lestrade: appena risposi avvertii la sua agitazione, sentivo distintamente il suo respiro attraverso il ricevitore, accompagnato da vari rumori urbani.
«Riesci a indovinare? Eduardo Lucas aveva – o ha – una doppia vita! In Francia. John, questa cosa diventa più scottante ogni minuto che passa
Colsi il suo entusiasmo e una rinnovata speranza; anche se non aveva accennato a Sherlock eravamo più vicini alla soluzione.
«Dove sei?» domandai, nella speranza di poterlo raggiungere subito e sfuggire alla solitudine di quella casa.
«Taverny, vicino a Parigi
«Sei in Francia?!» Quella notizia mi risvegliò del tutto dalla mia apatia forzata.
«Sono a casa di Lucas, o meglio, del signor Henri Fournagé, come gli piace farsi chiamare qui
La linea sfrigolò per qualche istante, mi aggrappai al telefono come se servisse a qualcosa. «E la donna? È la moglie o l’amante?»
«Nessuna delle due: non esiste, John.» La mia delusione fu di breve durata. «Non esiste in carne ed ossa, era una copertura. Grazie a te abbiamo indagato a fondo sulla vita privata di Lucas e abbiamo scoperto che effettuava spedizioni, sotto falso nome, a questo indirizzo, a una certa Inès Fournagé. Si trattava di una copertura molto ben organizzata, le aveva creato un certificato di nascita, una laurea in letteratura medievale, un foglio di ricovero in una clinica psichiatrica, tutto! Quando siamo arrivati abbiamo trovato una donna, era la vicina: ha detto di essere stata pagata per recarsi ogni tanto in quella casa e restarci per qualche giorno, quando le veniva detto, e ricevere alcuni omaggi che le arrivavano dall’Inghilterra.» Lestrade riprese rumorosamente fiato. «Capisci, John? Le mandava persino dei regali per salvare le apparenze, ma questa donna esiste solo all’anagrafe, non nella realtà
«E quindi?» Ero affamato di sviluppi, aborrivo l’immobilità, sentivo che ora potevo fare finalmente qualcosa.
«E quindi ancora niente, sono appena arrivato, ma le cose si stanno muovendo. È chiaro che Lucas fosse immischiato in qualcosa di illegale, probabilmente ha fatto un passo falso ed è stato punito. Abbiamo recuperato qualche altra foto interessante dei pacchetti, controlla la tua e-mail.»
«Bisogna trovare i complici!»
«Fai del tuo meglio, Jo-» La linea cadde.
Eduardo Lucas aveva una seconda vita in Francia. Avevo imparato a non sorprendermi più di nulla, ora dovevo essere in grado di cogliere le implicazioni di quella scoperta. La pista degli anarchici sembrava pian piano svanire come orme su un terreno troppo duro; avevo sempre più la sensazione che fosse un pista falsa, ma in ogni modo era qualcosa di cui poteva occuparsi la polizia.  Io dovevo capire chi altri era coinvolto in quella rete criminale che rivelava sempre più le sue effettive dimensioni, ma dei cui rami ancora non conoscevo la direzione.
Mi accostai alla finestra e osservai il cielo nero offuscato dai lampioni, ascoltai uno dei rari momenti di assoluto silenzio che si possono gustare in una città solo di notte.
La chiamata di Lestrade mi aveva come fatto credere di avere più tempo, perché avevamo riguadagnato terreno: non avanzavamo più a tentoni nell’oscurità. Ora avevo tempo di ritrovare la lucidità per pensare. Dovevo iniziare dalle nuove fotografie.
La porta di casa si chiuse rumorosamente, sentii la signora Hudson rientrare ed improvvisamente esclamare: «Oh! Accidenti, un attimo ancora e potevo rompermi l’anca, John!»
Mi affacciai dalle scale mentre lei saliva. «Si è fatta male?»
«Ho rinunciato a convincervi a tenere in ordine il vostro appartamento, ma se lasciate le cose per terra, di sotto, rischio di ammazzarmi!» Mi mise tra le mani una busta. «È per te, comunque.»
Fu la prima cosa che vidi: il nome in verde, la scrittura alterata di Sherlock.
«Caro, sei mortalmente pallido…»
«Vada di sotto.»
«Non capisco…»
«Vada di sotto, per favore!»
La padrona di casa ubbidì indietreggiando. Il centro della busta era soffice e rigonfio, ma non osavo tastarlo oltre.  Mi accorsi appena di essere tornato al tavolo, non riuscivo a staccare gli occhi da quelle parole impresse sulla carta, lettere incerte, sbavature nell’inchiostro da sinistra a destra. Per scrivere aveva usato la sinistra e ciò, in qualche modo, mi terrorizzava.
Vidi il francobollo e il timbro postale di Londra: il pacchetto era stato spedito solo a pochi isolati di distanza. Cosa significava? Possibile che Sherlock si trovasse così vicino?
L’apertura era sigillata da una striscia di nastro adesivo. Recisi i due lembi di carta con una cautela che non era dettata dalla volontà di preservare le eventuali prove, ma dal mio orrore al pensiero di ciò che avrei potuto trovarvi all’interno. Ma, d’altronde, non potevo essere certo che si trattasse di Sherlock. Non avrebbe avuto senso: perché spedirmi per ben due volte un pezzo del suo corpo? Poteva essere qualunque cosa, poteva essere un messaggio, poteva non essere un dito!
Il lato si aprì e inclinai la busta, appena fui riuscito a fermare il tremore alla mano. La stessa mano riuscì a soffocare in tempo il gemito che mi esplose in petto.
Tutto sommato avevo avuto ragione: non si trattava di un dito, ma di tre. Sulle falangi l’inchiostro verde mi comunicava l’ultimatum: 1 5 H
 
I minuti continuavano a scivolare via come acqua tra le mani, ma la mia mente restava incatenata agli unici frammenti che mi rimanevano di una persona, forse gli unici che sarei mai riuscito a recuperare.
Il mio comportamento era assurdo e debole, le sfide erano ciò che mi entusiasmava di più, le sfide e le battaglie, ma mi rendevo conto che avevo riavuto la possibilità di combattere solo dal momento in cui avevo conosciuto Sherlock; prima mi trovavo nella logorante neutralità della terra di nessuno, nell’immobilità forzata e nell’insopportabile insofferenza quotidiana.
Poi, come pioggia, erano piombati su di me nuovi sorprendenti stimoli: i casi, le avventure, i pericoli e le azioni avventate avevano recuperato ciò che ero e mi avevano restituito l’unico modo che avevo per esprime la mia personalità. Anche ora avevo un caso, indizi da codificare, una rete oscura di nemici, il tempo che scorreva ticchettando sempre più veloce, tensione, pericolo, sfida. Avevo ancora tutti gli elementi, tranne uno.
Mi sentivo comunque perso e inutilizzabile, privo di forze e nel luogo sbagliato, e mi resi conto che il campo di battaglia, per quanto scenario di infinite possibilità di avventure, era comunque vuoto e insignificante senza il compagno con cui combattevo.
L’odore di formalina aveva iniziato a diffondersi nella stanza, riuscivo ad avvertirlo distintamente anche attraverso le mani che tenevo premute sul viso: dovevano averne usata una quantità maggiore, questa volta. Ovvio, avrebbe detto lui. Le dita erano tre e sicuramente la loro tecnica di imbalsamazione si era evoluta nel tempo, nonostante avessero dimostrato di essere un’organizzazione di incapaci. Per lui erano tutti, incapaci, ingenui, ignoranti, prevedibili, noiosi, banali. Avrebbe trovato elementare persino questo caso, avrebbe capito chi erano i rapitori soltanto osservando la carta da pacchi, o i francobolli.
Il bagliore freddo del computer si infiltrava tra le mie dita. Tornai a guardare la parete di fronte, dove campeggiava chiaramente il graffito in vernice gialla che aveva dipinto in uno degli innumerevoli momenti di noia; così visibile ed evidente.
Incapaci, scontati, privi di fantasia. Non tutti i criminali erano così, quelli di cui lui accettava di occuparsi non lo erano, almeno alla prima impressione. Eppure non aveva voluto accettare di avere nulla a che fare con quell’ultimo, apparentemente strabiliante caso dell’orecchio mozzato e dell’ispanico scomparso. Era davvero così banale al punto da essere nauseante, per lui? Così tanto da non volerne sentire parlare, da preferire chiudersi in camera?
Se era davvero così semplice, significava che qualcosa di ovvio mi sfuggiva, qualcosa che avrebbe portato alla soluzione completa, qualcosa che Sherlock aveva dovuto notare e saper decifrare solo in quel poco tempo che aveva voluto dedicare al caso.
Il profumo: ero riuscito a capire persino io che aveva qualcosa di sospetto, e infatti ci aveva portato a scoprire la seconda identità di Lucas.
Gli indirizzi sui pacchetti – ora li avevo quasi tutti: sembravano scritti da mani diverse, per cui c’era più di un complice. Questo era ovvio.
I francobolli: ogni pacchetto che  ci era pervenuto portava il francobollo del Paese di destinazione. Era ovvio anche quello, più strada avrebbero dovuto percorrere, più controlli avrebbero subito, e a quel punto sarebbe stato più facile individuare pezzi di un corpo umano all’interno della corrispondenza.
Francobolli diversi, dunque. Spediti dal Paese di destinazione. Sembrava uno stratagemma necessario, ma estremamente scomodo, perché significava doversi trovare proprio in quel Paese.
Le foto riconquistarono il mio interesse, mi sembrava di intravedere un sottile filo di collegamento tra ognuna di loro. Presi carta e penna e iniziai ad annotare tutti i Paesi che avevano ricevuto la macabra corrispondenza, confermando che ognuno di loro aveva visto il pacco spedito dall’interno del proprio territorio.
 
Inghilterra
Spagna
Svezia
Danimarca
Principato di Monaco
Belgio
 
Ebbi di nuovo l’impressione che mi sovvenne la prima volta: erano tutti Paesi con una forma di governo monarchica. Ne mancavano, però, alcuni. Li scrissi di lato:
 
Lussemburgo Norvegia Olanda
 
Sembrava comunque che mancasse qualcosa. Inghilterra. Perché Inghilterra? Perché non Regno Unito? In quel caso, anche la Scozia, l’Irlanda del Nord e il Galles avrebbero dovuto ricevere una parte mutilata. Forse non c’erano abbastanza pezzi disponibili, senza che l’ostaggio venisse ucciso? Mi sembrava più una scelta dettata dall’ignoranza.
E poi… il Vaticano. Anche il Vaticano era una monarchia, una monarchia assoluta, ma nessuno ci faceva mai caso. Che avesse ricevuto il pacco senza averlo reso noto? Era probabile, vista la sua riservatezza, ma poteva anche essere accaduto, di nuovo, per motivi di ignoranza.
Quale anarchico avrebbe ignorato il fatto che il Vaticano era una monarchia assoluta? Qualche anarchico, intento a colpire un governo, avrebbe confuso l’Inghilterra con il Regno Unito?
Gli anarchici non c’entravano, era un depistaggio; Scotland Yard aveva sprecato tempo ed energie, fino a quel giorno, tentando di scovare e interrogare tutti i gruppi antipolitici della zona. La soluzione ora sembrava essere così semplice.
Riuscii a intravedere finalmente una traccia.
Composi in fretta un messaggio indirizzato a qualcuno a cui mai mi sarei rivolto, a meno che non fosse l’unico in grado di fornirmi certe informazioni in tempi brevi.
 
Mi occorrono le liste
complete dei passeggeri
di alcuni voli. Sono
sicuro che per te non
sarà un problema
-John
 
Effettivamente no. Questa
volta avrò la cortesia
di non domandarti
il motivo, poiché
mi sembra ovvio.
Arriveranno per e-mail.
-MH
 
Bene. Grazie.
-
 
Il cellulare di Sherlock è
inattivo e dunque
irrintracciabile.
hai notizie?
-MH
 
Una parte…
-
 
Passarono alcuni minuti prima del messaggio successivo; capii che stava verificando.
 
Ho saputo. Fai del
tuo meglio, John.
-MH
 
Gli spedii gli elenchi dei voli su cui avevo intenzione di indagare; poco dopo il computer notificò l’arrivo dell’e-mail. Mi misi al lavoro, oscurai tutto il resto, perché non potevo permettermi di sbagliare. Non avevo mai avuto scelta quando si trattava di gettarmi nel pericolo, nemmeno le volte in cui Sherlock me ne aveva fornita una. Non era mai stato difficile distinguere il giusto dallo sbagliato, perché non c’era. Non esisteva una scelta tra il seguirlo o no, tra l’aiutarlo o meno, tra l’uccidere per lui o non farlo. Ironicamente, con lui diventava tutto più semplice.
L’obiettivo era lui e non erano mai esistite strade secondarie.
 
«Li ho trovati» dissi chiaramente; dall’altro del ricevitore la voce di Lestrade giunse assonnata. Erano le 3 del mattino.
«Hai trovato i responsabili Come? No, non importa ora. Chi?»
«Visto che spedivano i pacchi direttamente dal paese ricevente significava che dovevano recarvisi, ma rintracciarli non era stato semplice poiché non sapevamo quali Paesi li avevano effettivamente ricevuti. Una volta intuiti non è stato difficile rintracciarli.» Era strano sentire la propria voce parlare di ovvietà, capire finalmente lo stato d’animo di un brillante investigatore costretto a spiegare alle menti più deboli come avesse risolto un caso. «Ho ricostruito i loro spostamenti, e ho trovato dei nomi francesi ricorrenti nelle liste passeggeri dei voli diretti proprio in quei Paesi, nello stesso periodo.»
«Immagino che ci sia lo zampino di Mycroft…» dedusse Lestrade con una punta di delusione. Doveva pensare che io avessi un canale privilegiato per entrare in possesso di informazioni particolari in così breve tempo. Sospirò. «Bene, dammi tutti i nomi. Li comunicherò a Londra immediatamente. Sarò di nuovo lì tra qualche ora.»
   
 
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