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Autore: Balla sulle nuvole    16/07/2012    8 recensioni
| Garco | / Fluff | One-Shot | Yaoi / Missing Moments |
Questa storia è arrivata seconda al contest "Ohana means family" indetto da Roby e Camy.
Allora, questa è la prima fan fiction yaoi che scrivo, nonostante la coppia mi piaccia moltissimo. Spero perciò di non aver completamente distrutto i personaggi.
Dal testo:
Marco sbuffò teatralmente, “ Giangi, tu sei la mia mogliettina, quindi è normale che sia tu la mamma” proclamò con ovvietà scrollando il capo.
“Io non sono tua moglie” ringhiò quest’ultimo arrossendo per il nervosismo, sotto lo sguardo divertito di Atsushi che si leccava le dita soddisfatto della merenda.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Gianluca Zanardi, Marco Maseratti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Famiglia: Marco Maseratti, Gianluca Zanardi, Minamisawa Atsushi.
Parole secondo word: 930
Genere: fluff
NdA: Ok, questa è ufficialmente la prima Yaoi che scrivo. Però sono fermamente convinta che in un contest bisogna rischiare, mettersi in gioco e cercare di crescere. Inoltre mesi fa avevo promesso a Roby di scrivere una Marco/Gianluca, coppia che amo alla follia, e  dopotutto quale miglior occasione per farlo se non  questa?
Bene, premetto anche che di Mainamisawa non so praticamente nulla, di Go ho visto veramente poco e in maniera alterna, però mi ricordava un po’ Marco e quindi eccolo qui, infiltrato come loro figlio. Al momento non ho ancora scritto nulla della storia ma posso assolutamente anticiparvi che sarà un disastro, buona lettura.


 

Tutti meritano una famiglia:
 

Era seduto al tavolino di un bar all’aperto, proprio sotto al vistoso ombrellone giallo limone visibilmente in contrasto col grigiore opaco del marciapiede, la schiena rigida e lo sguardo vigile. Tra le mani teneva una rivista sportiva, mentre un cocktail dai colori invitanti  ed una lunga cannuccia a spirale dava bella mostra di sé sul tavolo in metallo.
Dall’altra parte della strada la Sagrada Familia troneggiava su di lui con imponenza, le diverse tonalità di rosso del tramonto si rispecchiavano sui vetri colorati, rendendo la chiesa uno spettacolo magnifico, l’unico che fin dal primo giorno gli aveva toccato il cuore, nonostante il via vai continuo di turisti chiassosi. Un ciarlare multietnico che a volte, quando riusciva a decifrare nei discorsi qualche parola nella sua lingua madre, gli strappava persino un sorriso.
Viveva  in Spagna da quattro anni e, sebbene la nostalgia ogni tanto si facesse sentire, non c’era  mai stato un solo giorno durante quell’avventura in cui Gianluca avesse desiderato tornare indietro. Dopotutto la sua era stata una vera e propria fuga d’amore, alla ricerca di una casa in grado di garantire, a lui e a Marco, la possibilità di creare insieme una vera e propria famiglia.
Per questo, dopo che il rosso gli aveva chiesto di sposarlo davanti al reparto surgelati di un banalissimo ipermercato, erano partiti con la gioia nel cuore.
Ricordava ancora con la massima precisione come quel giorno Marco lo avesse abbracciato da dietro sorridendo e senza la minima esitazione  aveva pronunciato quelle cinque parole che gli avevano cambiato la vita, “Giangi, vuoi diventare mia moglie?”. E lui, dopo un attimo di stupore e qualche commento burbero, si era lasciato andare e con irruenza l’aveva baciato davanti alla commessa leggermente tarchiata che li fissava incredula, e con lo stesso ardore, successivamente,  gli aveva detto “si”.
Così, una settimana dopo, si erano trasferiti a Barcellona, sposati e successivamente, dopo un numero infinito di colloqui, avevano adottato un bambino. Un frugolino  dai capelli viola che adesso aveva già cinque anni.
Ed era proprio suo figlio quello che, in quel momento, rideva a crepa pelle sulle spalle larghe  del ex difensore, in mano un gelato al cioccolato che colava in più punti.
Gianluca sbuffò sconsolato, incrociando gli occhi verdi e colpevoli del marito, come al solito si era fatto abbindolare dallo sguardo dolce ed orgoglioso del bambino che, ogni volta, finiva per averla vinta, per lo meno quando il giovane Zanardi non era nei paraggi.
“ Così si rovina l’appetito lo sai” commentò contrariato, lanciandogli un’occhiata penetrante, che  Marco ignorò senza troppi scrupoli, troppo impegnato a posare Atsushi su di una sedia, “Ha promesso che mangerà tutto, non è vero, pulce?” rispose infine sorridendo raggiante.
Il bambino annuì all’istante con convinzione, mentre l’espressione disgustata sul suo viso  mostrava l’ evidente disapprovazione che provava per il nomignolo utilizzato dal padre.
Gianluca alzò gli occhi al cielo, certe volte gli era quasi impossibile distinguere il compagno dal figlio, sembrava che persino Atsushi fosse più maturo di Marco.
“ Vedremo” esclamò dopo un attimo, prima di portare la cannuccia alle labbra, evitando le mani moleste del rosso già pronte a rubargli il bicchiere.
Il suo carattere scostante e all’apparenza distaccato non minava in alcun modo quello solare e sempre allegro del rosso. Erano opposti in ogni cosa, e forse era proprio per questo che ognuno necessitava così smaniosamente dell’altro.
“Pulce mostra alla tua mammina il disegno che hai fatto oggi” esclamò all’improvviso Marco, scompigliando affettuosamente la chioma sempre perfetta di Atsushi, che lo fulminò  con la stessa tempra del giovane Zanardi.
Si, Gianluca era palesemente soddisfatto dell’educazione del figlio, che di giorno in giorno risultava sempre più simile ai due uomini che lo accudivano. Aveva la stessa aria di superiorità  e  voglia d’emergere del bel difensore ed il sarcasmo  del castano, da cui aveva appreso anche  un certo menefreghismo cosmico.
Suo marito però riusciva sempre a farlo imbestialire con una sola parola, “ ne abbiamo discusso mille volte, Marco, se uno di noi deve fare la mamma sicuramente il prescelto non sono io” rispose infatti con fare annoiato.
Marco sbuffò teatralmente, “ Giangi, tu sei la mia mogliettina, quindi è normale che sia tu la mamma” proclamò con ovvietà scrollando il capo.
“Io non sono tua moglie” ringhiò quest’ultimo arrossendo per il nervosismo, sotto lo sguardo divertito di Atsushi che  si leccava le dita soddisfatto della merenda.
Il rosso agitò una mano in aria, per lui l’ostinata  caparbietà della “moglie” era un dettaglio trascurabile, “  comunque lo vuoi vedere questo disegno si o no?” disse cercando di cambiare argomento il più in fretta possibile, perché tanto quella discussione capitava come minimo tre volte al giorno.
Gianluca annuì e così, sempre sorridendo, il bel Maseratti iniziò a rovistare  nella cartella che fino a quel momento non aveva ancora tolto dalle spalle.
Gli ci vollero cinque minuti prima di trovarlo, un disegno fatto coi pastelli raffigurante loro tre mano nella mano, sullo sfondo la Sagrada ed in alto, scritto in arancione, c’era il titolo: la mia meravigliosa famiglia.
“Non è bellissimo?” domandò il rosso commosso, esibendolo come se si dovesse sgretolare da un momento all’altro.
Minamisawa  avvampò imbarazzato, le gambette a ciondoloni, “ non è niente di che, papà esagera mamma avrei potuto farlo più bello” esclamò puntando i suoi occhioni sul castano, che gli sorrise con tutto l’amore che provava, “ è bellissimo Atsushi” disse sincero. In quel semplice foglio di carta c’era rappresentato tutto quello che di più caro aveva al mondo, la sua strana ed inimitabile  famiglia.
Marco scoppiò a ridere a crepa pelle, “visto Giangi, anche pulce crede che tu sia la sua mamma”.

 




Spazio di colei che vive sulle nuvole:
Allora, è veramente oscena ne sono consapevole. Tuttavia questa volta non è del tutto colpa mia, il mio cervello è stato sostituito dal cuore o da chi regola i sentimenti sotto suo ordine, quindi non riesco a scrivere nulla rimanendo concentrata.  Sembro una tossica che scuoricina a destra e a sinistra.
Quindi chiedo scusa a Camy e a Roby, perché due autrici talentuose come loro saranno presto costrette a leggere questo sclero da cestino. E ovviamente le ringrazio per aver indetto questo meraviglioso contest.  Siete meravigliose.
Bene, ho rovinato la mia coppia yaoi preferita, ho dato i numeri e fatto quello che dovevo fare, ovvero schifo, quindi vi saluto.
Un bacione enorme
Mary
P.s: Cip questo è dedicato anche a te, perché mi hai fatto amare per prima questo genere.

 
  
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