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Autore: IamShe    16/07/2012    10 recensioni
Cosa succederà nel momento in cui Ran si ritroverà da sola, dopo la morte di Shinichi, ad affrontare la più grande paura della sua vita, e a salvare quella delle persone a lei care?
Cercherà di reagire o subirà impotente, aspettando che il destino si compi?
*
"Perché Shinichi non mi aveva detto niente quel giorno? Aveva inventato la scusa del caso semplice, di un cliente che lo aveva chiamato. Aveva detto che sarebbe tornato la sera, che avrei dovuto cucinargli il suo piatto preferito, che non avrebbe tardato.
Invece aveva deciso di andare ad uccidersi, senza preoccuparsi di nulla e di nessuno. Non vidi più il suo sorriso, e non ascoltai più la sua voce da quel giorno. Ritrovammo solo un corpo senza vita, senza più ricordi e senza più speranza."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Nuovo personaggio, Ran Mori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Una vita d'emozioni'
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E se io vivessi d’odio?
4 . Incontro indesiderato

 
 
 
Sarà un’ora, o forse anche due, che sono ferma a fissare, dalla finestra del primo piano degli Hattori, la mia casa, la nostra villa. Il suo profilo, gli alberi che con tanto amore abbiamo fatto crescere, l’intonaco che scegliemmo sette anni fa, le finestre appannate dalla pioggia, il giardino dove Conan giocava, il muro scorticato, le balconate lunghe e strette. La mia espressione imperterrita si ferma su quelle stanze, e su quei mobili, che adesso sono infettati, ed inquinati, da squallidi individui che hanno deciso di spiarci e di intromettersi nella nostra meravigliosa vita.
E adesso mi ritrovo qui, delusa, afflitta, malinconica ed arrabbiata, dal mio migliore amico, a guardare da una finestra la mia cara ed ormai, lontana, casa.
Sono da loro perché Heiji mi ha chiesto di trasferirmi da lui, dove possiamo chiacchierare in tranquillità, perché cimici non ci sono.
Però, adesso che ne sono lontana, sento nostalgia verso i ricordi che quelle mura mi scagliavano addosso con violenza e con dolcezza, facendomi vacillare, ma cullandomi anche in una nube di un passato da non dimenticare. Ed ho paura che, col tempo, io possa dimenticarlo, possa allontanarlo; perché forse non è importante quanto si ami una persona, forse non vedendola, scorderai il suo viso.
Ed io non voglio che accada, non voglio che lui sbiadisca con il tempo o con la vecchiaia, non voglio che con l’aumentare delle rughe diminuiscano i ricordi.
Io voglio avere la sua immagine sempre viva nella mente, come un’onda del mare che ribatte e sbatte dentro di me. Sempre ed instancabilmente. Lo voglio sempre vicino, anche se è lontano.
E non potrei nemmeno andare nell’ufficio di Shinichi, perché anche lì sono stati trovati quegli aggeggi così insignificanti e vili al tempo stesso. Il pensiero di qualcuno che mi ascolta mi rivolta lo stomaco, e mi innervosisce come niente prima d’ora. Il pensiero che qualcuno abbia deciso di privare la nostra privacy, quella della mia famiglia, quella di mio marito, e quella del mio bambino, mi indegna e mi rattrista.
E sento il mio cervello gridare quella fatidica domanda, che faticosamente ho allontanato in queste settimane, ma che ossessa la mente di qualsiasi persona che si crede tradita.
 
Ma perché lui? Perché proprio lui?
 
Mi sento un’egoista, e credo di esserlo, ma avrei preferito fosse successo a qualcun altro, a qualsiasi altro essere presente su questa Terra, ma non a noi, ma non a me.
“Ran? Vuoi andare a fare un po’ di shopping?”
Mi volto verso la mia amica, con gli occhi leggermente spessi di lacrime. Faccio per bere la camomilla che mi ha preparato, ma che con i minuti si è infreddolita e diventata insapore. Proprio come la mia vita. Insipida, senza colore.
Mi osserva con la schiena poggiata alla porta con un’espressione preoccupata, mentre io continuo a guardarla senza degnarle di risposta. Ultimamente ci metto un po’ a metabolizzare ciò che mi dicono.
“Ehm, sì, va bene... ok.”
Fingo, perché in realtà voglia di uscire, di svagarmi, di ridere o di spendere, non ne ho proprio. Però non posso comportarmi da parassita nei confronti dei miei amici, non posso sembrare petulante e noiosa. So che loro tentano di capirmi, ma non ci riuscirebbero mai fino in fondo. E forse, io stessa non voglio che loro ci arrivino. Per comprendere una situazione del genere dovresti solo viverla, e solo in quel momento ti renderesti conto che del mondo, delle persone, delle auto che sfrecciano, dei fiori che sbocciano, delle stagioni che passano e dei giorni che muoiono, non te importeresti minimamente.
“Oh perfetto! Vado a chiamare i bambini, facciamo venire anche loro.”
Ridacchio, immaginando già tutto l’entusiasmo di Conan nel venire a fare shopping con noi. Purtroppo da quando il padre non c’è più, non può nemmeno ingannare il tempo con lui, investigando con lui, giocando con lui. La maggior parte dei pomeriggi Conan li passava con il padre, nel suo ufficio, a cercare - almeno lui così diceva - d’aiutarlo con i casi. In realtà Shinichi non ne aveva granché bisogno, ma che il figlio avesse la sua stessa passione era un motivo d’orgoglio per lui, e di preoccupazione per me. Ho ancora il suo viso splendente e sorridente che con occhi lucidi mi comunica che Conan era arrivato alla sua stessa soluzione, o quando quella volta lo avevamo beccato con un libro di Doyle tra le mani. Shinichi era fiero di suo figlio, e lui era fiero di suo padre.
“Mamma! Io non voglio venire a fare shopping! Mi scoccio, lo sai!”
La sua vocina mi costringe a voltarmi nuovamente verso la porta della stanza, distogliendo la mente dai miei pensieri. Sorrido, sapendo perfettamente quale sarebbe stata la sua reazione. Ma non posso lasciarlo qui da solo, e non posso nemmeno portarlo da Heiji, indaffarato col suo lavoro. Che gli piaccia o no deve venire con noi, anche perché l’idea di essere stati spiati per così tanto tempo mi terrorizza. Lui però non sa niente, nemmeno delle cimici, ed in modo che non abbia di che preoccuparsi io e lo zio abbiamo inventato la scusa che, a causa della loro partenza per Niigata tra quattro giorni, io non me la sentivo di stare da sola in casa.
“Tesoro dai, stai un po’ con la mamma. Da quanto tempo non usciamo un po’ io e te?”
“Dalla morte di papà” mi dice malinconico, con lo sguardo abbassato. Una morsa mi stringe il cuore, e mi costringe a sospirare affannosamente. E’ più difficile del previsto, più di quanto mi avevano detto. Shinichi non manca solo nei momenti importanti, ma anche in quelli più stupidi, in quelli ordinari di ogni giorno. Anzi, forse sono proprio quelli che fanno più male. Nessuno potrebbe mai colmare la presenza di una persona in quegl’istanti, che si rivelano essere fondamentali, perché ti riempiono il tempo, e i giorni, e le ore.
Lo stringo forte a me, socchiudendo gli occhi e lasciando che una lacrima mi scorra sul viso.
“Papà ti vuole vedere felice Conan... cos’è questo broncio? Tu devi essere forte, sei suo figlio, no? Sei Conan Kudo, e non so se mi spiego” cerco di rincuorarlo, facendogli l’occhiolino.
Finalmente accenna ad un sorriso, e si passa una mano sotto gli occhi, portando via le lacrime.
“Certo, io sono forte” mi dice, facendomi sorridere.
“E sei bello, bello, bello!” esclamo, strapazzandolo tra le mie braccia.
“Mamma! Mi fai male!”
“Dimmi, quante ragazzine hai? Dieci? Venti? Cento?” continuo a prenderlo in giro, ridacchiando.
“Ma mamma!”
“Oh, non fare il modesto Conan. Scommetto che Sophie ti piace, vero?”
“Mamma ma che dici!” sbotta lui, strappandosi dalla mia presa, paonazzo.
“Ok, ok... però tu alla tua mamma puoi sempre dire tutto. Io ne capisco di queste cose sai.”
“Sì... immagino.”
Scoppiamo a ridere insieme, come non facevamo da molto tempo ormai. Poi gli dono un bacio sulla testa, scompigliandogli i capelli corvini, e facendolo arrossire ancora di più. Mi alzo, e gli prendo la mano, raggiungendo Kazuha e la piccola Sophie. Pronta, e pronti, ad affrontare una nuova giornata senza Shinichi.
 
 
 
 
 
Abbiamo optato per un centro commerciale; bello, spazioso, luminoso, ma soprattutto, al coperto. Fuori continua la tempesta e noi, furbamente, ce ne stiamo al calduccio ad ammirare le migliaia di vetrine che, come in una catena, si susseguono senza sosta in questo labirinto commerciale.
Abbiamo girato per un bel po’, e sono riuscita anche a non pensare a Shinichi, anche se solo per pochi minuti. Conan è stato più buono del solito; forse grazie alla scoperta di una libreria, dove lui, come c’era da aspettarselo, è volato dritto verso il reparto di gialli.
Kazuha ha comprato anche qualche pantalone, ed alcune felpe colorate a Sophie. Io invece sono rimasta semplicemente a godermi quel momento di apparente serenità, cercando di liberare la mente dai miei pensieri e dalle mie paure, e di sentirmi, anche solo per un momento, serena.
Illusione effimera ed anche contraddittoria per una che fa di tutto per non esserlo. Ma ho voluto crederci, e ho sperato che anche Shinichi lo volesse.
Così, dopo aver fatto un’infinità di giri, abbiamo deciso di andare in pizzeria, per gustarci una bella pizza italiana. Ed è qui che mi trovo in questo momento, ed è qui che sento gli occhi di qualcuno scrutarmi ed osservare ogni minima mossa. Cerco di cavarne un indizio, un particolare, ma intorno a me trovo solo famiglie felici e sorridenti, fidanzati innamorati, e amici ubriachi di chiacchiere.
“No! Ma tu sei Ran Mouri, giusto?”
Una voce sconosciuta mi chiama, e mi costringe a voltarmi verso il ragazzo che, con fare confidente, si è avvicinato al nostro tavolo, poggiando una mano sopra. Lo guardo meglio, e mi fermo ad osservare il suo fisico, e poi il suo viso. Scuoto la testa, allontanando certi pensieri dal mio cervello, che non dovrebbero nemmeno attraversalo. E adesso che mi succede?
Fingo un sorriso nervoso, e faccio per rispondere, schiarendomi la voce.
“Sì... ci conosciamo?”
Lui mi sorride, tendendomi la mano.
“No, ma io conoscevo Shinichi. Sono un suo grande amico.”
“A-amico?” chiedo sorpresa. Non ricordavo che mio marito avesse amici così... simili a lui.
Ma non fisicamente, e nemmeno di viso. Ha qualcosa che mi ricorda Shinichi, e non so cosa sia.
E se fosse lui il tipo che Conan ha incontrato a scuola? No, me lo direbbe, è di fianco a me.
Lo guardo, per scrutare nel mio bambino qualcosa che possa aiutarmi, ma lo vedo completamente disinteressato, e non credo si sia dimenticato di quell’uomo nel giro di pochi giorni.
“Sì... sono anche io un detective, sai. Siamo...” si ferma un attimo, correggendosi, abbassando il capo tristemente. “Eravamo colleghi...”
“Ah, piacere di conoscerti allora.”
“Sei sicuro che sei amico di papà? Lui non ci ha mai parlato di te” s’intromette Conan, lanciandogli un’occhiata furtiva. Il ragazzo sorride, grattandosi la testa, nervosamente.
“Certo. Il mio nome è Gin Kitsune, non vi dice niente?”
“No, mi dispiace” rispondo, sovrastando la voce di Conan.
“Beh, in compenso, Shinichi mi ha parlato sempre molto di voi. Diceva che aveva una famiglia meravigliosa, che era l’uomo più fortunato del pianeta.”
Strabuzzo gli occhi, arrossendo leggermente.
“S-Shinichi ha detto questo?” sbotto stranita, attirando su di me l’attenzione dei presenti. Conoscendolo, mi fa strano sentire che lui parlasse di noi in quel modo. Shinichi è sempre stato riservato e schivo, fin troppo timido per aprirsi con la gente. A stento riusciva a parlare con Heiji, che era il suo migliore amico, non posso immaginare lo facesse con gli estranei.
“Sì... lo ripeteva sempre” ribatte il ragazzo, sorridendomi.
“Oh.” Rimango nuovamente stupita, incapace ad accumulare parole sensate.
“Mi dispiace che sia finita così, per me era un grande davvero.”
Annuisco, perdendomi ad osservare questo ragazzo. Una stupida ed inconcepibile idea mi attraversa la mente, e faccio in tempo a scacciarla, prima che possa farmi del male. Ma non riesco a smettere di fissarlo, proprio perché, stranamente, mi ricorda il mio Shinichi.
 
Che sia...
 
“Di dove sei Gin?” chiedo, cercando di apparire gentile.
“Sono di Kyoto, ma da poco mi sono trasferito a Tokyo per lavoro. Ho conosciuto Shinichi proprio qui, in seguito ad un caso, e siamo divenuti amici. Abbiamo partecipato a molte indagini private insieme, lui era sempre uno scalino sopra di me. L’ho visto per l’ultima volta il venerdì prima che morisse, ah... era davvero sorridente.”
Mi riferisce, storcendo le labbra in una smorfia.
“Uno stupido incidente ha fatto finire tutto. Mi dispiace per te e...” si abbassa leggermente, scompigliando i capelli di Conan con una mano. “...per il piccolo.”
“Non mi toccare” replica Conan, liberandosi con stizza del suo tocco. Strabuzzo gli occhi, appoggiando una mano sul braccio di mio figlio.
“Non essere maleducato tesoro.”
“Oh, non preoccuparti.. io adoro i bambini.”
Così dicendo, lo vedo abbassarsi verso Conan e donargli un sorriso a trentadue denti, riprovando a cercare un contatto con lui, ma fallendo miseramente. Ancora una volta, il mio bambino si scansa, accentuando tutto il suo astio nell’averlo affianco.
“Ti ho detto che non mi devi toccare” continua mio figlio, con voce alterata.
“Conan smettila adesso.” Lo riprendo, e vedo i suoi occhi posarsi su di me, e tentare di dirmi qualcosa.
“Spero che in futuro andremo più d’accordo...” replica Gin, sfoderando un nuovo sorriso.
“Ero un amico di papà, puoi fidarti di me.” Gli fa l’occhiolino, e si discosta leggermente dal tavolo, portando lo sguardo su Kazuha e Sophie, che nel frattempo, erano andate un attimo in bagno. Lascia il posto alla mia amica, e la saluta gentilmente, presentandosi nuovamente.
“Gin... io vado.”
Una voce lo chiama dall’ingresso del locale, obbligandolo a distogliere gli occhi da noi, e a puntarli su di lui. Corriamo con lo sguardo verso la figura che, all’ingresso, sta salutando il nostro nuovo amico.
Da quello che posso notare, è un ragazzo giovanissimo, all’incirca avrà una ventina d’anni. Porta una felpa molto larga, e degli occhiali che gli coprono buona parte del viso, leggermente usurato da foruncoli.
“Sì, vai, vai...Wunderwaffe.”
Lo dilegua frettolosamente, donandogli solamente un’occhiata obliqua. Vedo il ragazzo chiudere la porta dietro di sé, e scomparire tra i grattacieli della città. Ritorno a prestare attenzione al giovane che mi è accanto, e che continua a mostrare il massimo della cordialità nel parlare con Kazuha e con la piccola Sophie.
“Era un tuo amico?”
“Sì... più o meno, abita vicino noi, nel quarto distretto di Beika.”
“Ah, quindi stiamo tutti lì...” sento blaterare da lei, che con viso sorridente intrattiene una discussione con Gin, riguardo case, luoghi e strade.
“Eh sì, mi trovo parecchio bene. Ma purtroppo ancora non so come muovermi bene, Tokyo è gigantesca.”
Mi interesso alla conversazione, e vedo Conan farlo con me, aggrottando leggermente le sopracciglia.
“Non dirlo a me, appena arrivai ero capace di perdermi ogni tre minuti” dice Kazuha, prendendo man mano confidenza con Gin. Io, in realtà, sono presa nell’osservare mio figlio che, con gli occhi fissi su di lui, mostra degli atteggiamenti abbastanza ambigui, o meglio, li definirei, familiari. Il mio pensiero vola così a Shinichi, e alla sua continua diffidenza verso le persone e verso ciò che vogliono sembrare. Lui ha sempre creduto che ogni persona finge, e che dietro a quella maschera di apparente gentilezza siano celati i crimini più vergognosi che un uomo possa commettere. E adesso, sembra che Conan stia cercando di portarli a galla, attraverso l’unico strumento che ha a disposizione, l’osservazione.
E sarà che io non ho le loro capacità, e nemmeno il loro intuito, ma il giovane che ho d’avanti mi pare solo un ragazzo molto allegro e gentile, con un’interminabile voglia di chiacchierare.
Vedo Gin osservare l’orologio ed assumere un’espressione strana. Si rivolge a noi con un sorriso, discostandosi ancor di più dal tavolo.
“Scusatemi signore, ma adesso devo andare... spero di rivedervi. Ciao, Ran...”
Saluta principalmente me, per poi allontanarsi rapidamente, pagare il conto, e lasciarmi interdetta a pensare. Credo di non saper nemmeno descrivere le emozioni che sto provando. Mi fa piacere aver incontrato un amico di mio marito, ma allo stesso tempo mi inquieta il comportamento di Conan. Forse è solo un capriccio verso un uomo sconosciuto, che si sia avvicinato a me, ma che non sia il padre.
“Mamma, non fidarti di quel tizio” incomincia a dirmi, rivolgendomi la parola. I suoi occhi azzurri mi trasmettono titubanze, ma allo stesso tempo anche certezze.
“Perché non dovrei?” gli chiedo, mentre sento gli sguardi di Kazuha e Sophie su di noi, pronte ad intromettersi nella conversazione.
“E’ subdolo... ha detto un sacco di cose strane.”
“Tipo?”
Lo vedo mandare lo sguardo alla finestra della pizzeria, intento a fissare qualcosa. Mi giro verso quella direzione, ma non riesco a notare nulla di strano, se non una serie di coppiette, ed alcuni uomini in cravatta. Ritorna a prestarmi attenzione, sospirando leggermente.
“Ha detto che è un grande amico di papà, ma noi non ne abbiamo mai sentito parlare. Ha detto che ha conosciuto papà a Tokyo, e che insieme hanno svolto alcuni casi. Non solo mi sembra strano che papà si sia fatto aiutare, ma allo stesso tempo non mi convince che stia a Tokyo da tanto tempo per risolvere casi, ma non abbastanza per conoscere le strade. Quando ha parlato dell’amico, a zia Kazuha ha detto che abitava vicino ‘noi’, come se sapesse già dove abitiamo, e come se avesse una tale confidenza da potersi permettere di dirlo. Non so, non mi convince.”
Sbatto più volte le palpebre, strabuzzando gli occhi e serrando leggermente la bocca. E credo che con me l’abbia fatto anche Kazuha, che ha ascoltato l’intera spiegazione dei suoi dubbi.
“Come si vede che sei il figlio di Shinichi” gli dice la mia amica, sorridendogli.
“Eh già” asserisco, lasciando trapelare tutto il mio stupore. Sapevo che Conan fosse intelligente, ma non mi aspettavo potesse arrivare a questo punto. Mi sembra quasi di avere una reincarnazione di mio marito avanti, somigliante in tutto e per tutto.
Ma, nel momento in cui alzo gli occhi un attimo per bere e bagnare la mia gola secca, vedo Conan sgattaiolare verso l’entrata della pizzeria, e scomparire lentamente dalla mia vista. Mi alzo di scatto, scostando con violenza il tavolo, e lasciando andare il bicchiere sulla tovaglia, frantumandolo.
“Conan fermati!”
Lo chiamo urlando, mentre mi ritrovo fuori dal locale, dove nel frattempo, ha smesso di piovere. A terra vi sono tantissime pozzanghere a cui io nemmeno faccio caso, presa come sono nel cercare quel diavolo di mio figlio. Non capisco cosa l’abbia spinto a fuggire così repentinamente da noi, e perdersi tra le strade di Tokyo, dove scontro con le mie spalle quelle di altre persone, che si rivolgono a me con grida incitate.
“Conan!”
Lo chiamo ancora, cacciando tutta l’aria che ho nei polmoni. Sento il fiatone, ma continuo a correre, ritrovandomi in vicoli bui e terrificanti, dove mi sembra di aver visto la figura di mio figlio entrare.
Ripenso allo sguardo fisso sulla finestra che aveva, che sembrava cercare qualcuno o qualcosa, al quale però non so dare né nome né spiegazione.
Mi ritrovo alla fine di una strada, recintata da enormi grattacieli, e miseramente illuminata. Nel girare lo sguardo noto Conan, fermo e deciso nella sua posizione, fisso ad osservare qualcuno. Alzo leggermente il capo, e sento le forze venire meno. Ho davanti a me l’incubo delle miei giorni e delle mie notti, colui che mi ha rovinato la vita privandomi dell’unica persona che mi capisse sul serio, e che io amavo più di me stessa. Toichi Kemerl.
Mi avvicino lentamente al mio bambino, sentendo le gambe tremare, prese da un’asfissiante paura. Strabuzzo le palpebre, stendendo le mani avanti, cercando di fare da scudo per il mio piccolo.
“Guarda chi si rivede... ciao Ran. Da quanto tempo.”
Sento la sua lurida voce arrivarmi alle orecchie, e un sorriso fastidioso nascergli sul viso. Ha sempre la stessa faccia diabolica, lo stesso taglio di capelli, gli stessi occhi, gli stessi zigomi. D’altronde ho dinanzi a me una maschera* e non credo che quelle invecchino col tempo.
“Tu!” gli punto il dito contro, esasperandomi, e raggiungendo finalmente Conan. “Cosa vuoi?!”
“Così si accoglie un amico dopo tutto questo tempo? Che maleducata.”
Afferro il braccio di Conan, in modo da avvicinarlo ancor di più a me.
“Che cosa vuoi?!” sbraito ancora una volta, sentendo quasi l’eco delle mie parole espandersi tra le mura scure di quei palazzi che ci circondano.
“Volevo fare due chiacchiere con questa bellissima famiglia. Oh, ma è mia impressione, o ci manca qualcuno?” ci dice ironico, mentre sento Conan irritarsi e spingere per voler andare da lui. Per fortuna ha il polso bloccato da me, che non gli permetterò di certo di farsi uccidere dalle mani di quell’uomo.
“Mi fai schifo!”
“Tu! Tu hai ucciso mio padre! Come hai potuto?!?”
Grida Conan, cercando di svincolarsi dalla mia presa con tutta la forza che ha in corpo.
“Lasciami andare! Devo vendicare papà, lasciami!”
“Ma che carino, gli assomiglia molto, devo riconoscerlo.”
Mentre cerco di trattenere mio figlio, sento i passi di Kemerl avvicinarsi pericolosamente a noi, e guardarci con aria infernale. Indietreggio di qualche metro, portando Conan con me, e andando a sbattere con la schiena contro un muro.
“Che ne dici, piccolino, di raggiungere tuo padre?” continua ad avvicinarsi a noi, stavolta molto più velocemente. Guardo alla mia destra e, non vedendo alcuna via d’uscita, mi spingo a sinistra, ma vengo fermata dal suono metallico della sicura di una pistola, la sua.
Alzo lo sguardo e mi ritrovo quell’arma puntata contro il capo di mio figlio, all’altezza delle tempie.
“Ferma o gli faccio saltare la testa.”
Sento il cuore battermi all’impazzata, e stringo sempre più Conan a me, indietreggiando nuovamente verso il muro. Le lacrime solcano il mio viso e la mia voce si fa singhiozzante e terrificata.
“T-ti prego... l-lui non c’entra niente, l-lascialo stare... ti prego!”
“Stai zitta tu.”
“P-per f-favore... è u-un bambino, prendi me! Prendi me!” lo supplico, ma il mio pianto sembra non aver alcun effetto su di lui. Se solo avesse un cuore e sapesse cosa significhi amare, forse sarebbe tutto più facile...
“Ho detto stai zitta!”
Continuo a piangere, avvicinando il viso di mio figlio alle mie labbra, e stringendolo sempre più a me. Forse è davvero la fine, forse davvero potrò rincontrare Shinichi e vivere insieme quella vita che ci hanno privato. Sento il corpo di Conan pietrificato, incapace a muoversi, e gli occhi sbarrati puntati su quell’uomo. La sua tempia è ancora occupata da quella pistola, fredda, gelida, nera. Rappresenta la morte e la fine delle speranze. Il suo ghigno si espande nell’aria, e fa raggrinzire la mia pelle, che viene percossa da milioni di brividi di paura. Scusami Conan, scusami Shinichi. Non ho saputo proteggere nostro figlio.
“Addio... piccolo.”
Sta per premere il grilletto, ma si blocca improvvisamente, attirato dal suono delle sirene della polizia. E mentre si avvicinano sempre più, lui si discosta leggermente da noi per cercare di capire da dove stiano arrivando. Ci lancia un’occhiata seccata, e finalmente abbassa la pistola, allontanandosi di pochi passi.
“Vi è andata bene questa volta” ci dice, ma molto più addolcito. Come se la sua frase avesse un doppio senso, che adesso, non riesco a percepire. Immobilizzata, lo vedo correre rapidamente verso uno dei palazzi, arrampicarsi sulle scale antincendio e fuggire via, nel buio più completo della sera.
La polizia ferma le auto alla bocca del vicolo da dove siamo entrati e ci viene incontro con preoccupazione. Heiji appare tra i poliziotti e ci raggiunge prima degli altri, dandomi alcune scosse con le braccia.
“Stai bene Ran? E tu Conan?” ci chiede allarmato, mentre alcuni agenti si fermano alle sue spalle, in attesa di indicazioni.
“Dov’è andato Kemerl?!” continua a sbraitarci contro, ma sento la sua voce lontana, ed anche Conan, che prontamente scende dalle mie braccia. Non riesco a rispondere ai comandi che la mia mente manda al mio corpo, sono totalmente ed emotivamente scioccata.
“E’ scappato su quella scala!”
Sento le voci dei poliziotti aggregarsi e i loro corpi muoversi verso quel palazzo, quelle scale e quell’appartamento. Non riesco a parlare, e a stento respiro.
Toichi Kemerl stava per uccidere il mio bambino, tra le mie braccia, senza alcuna pietà.
Ed io non potevo fare niente per salvarlo, niente.
Mi sento la nullità in persona, un’esistenza che non avrebbe nemmeno il diritto di vivere.
“Zio ma come sapevate che era qui?”
“Abbiamo avuto una chiamata anonima... ci ha rivelato che Kemerl era in questa zona, ma poi abbiamo incontrato zia Kazuha fuori dalla pizzeria, e ci ha detto che eravate scappati fuori, verso questo vicolo.”
“Ma cosa vi ha fatto?” continua a chiederci Heiji, portando lo sguardo preoccupato su di me.
Io lo guardo distrutta, afflitta, atterrita. Porto il pensiero a Shinichi, e alla sua lacerante assenza.
“Stava per ucciderci, stava per farlo.”
Quanto avrei voluto che fosse venuto all’ultimo momento a salvarci, come faceva un tempo, come aveva sempre fatto. Lui manca, ed insieme a lui svanisce anche la consapevolezza di potercela fare un giorno, di poterci riuscire. Però abbattermi significa far morire mio figlio, un bambino di soli sette anni che ancora deve scoprire tutto della vita, che ha ancora da crescere, da piangere, da gioire.
E allora è il momento di stringere i pugni, alzare il capo, e rivendicare Shinichi, in nome di Conan.
Perché forse senza padre, e probabilmente anche senza madre, lui vivrà, lui andrà avanti, lui ce la farà.
Ed intanto ricomincia a piovere, e la primavera sembra non voler arrivare mai.
 


*Toichi Kemerl ha fatto una plastica del viso. Per maggiori informazioni, rileggere il capitolo 28 di “Vivere d’emozioni”: Rache, Kirai, End.
 


Angolino autrice:
Ciao carissime!!!
Sono tornata! :D
Bene, vi ha messo abbastanza paura questo capitolo?!
Ve lo aspettavate di vederlo... il nostro tanto amato e venerato Toichi Kemerl?
Ebbene, è riapparso anche lui... quanto vi è mancato? Posso solo immaginare...
E ditemi, cosa ne pensate di questo Gin Kitsune?
Questo giovanotto amico di Shinichi?
Ed anche se nel capitolo ci sono molti altri misteri... per il momento sto zitta, e vi lascio fantasticare ;)
Ditemi un po’ come pensate stia andando la storia... se vi sta soddisfacendo abbastanza ;)
Ringrazio le ragazze che hanno commentato il terzo capitolo:

aoko_90, mangakagirl, Delia23, Kaori_, AliHolmes e Coffee_ stains! Grazie mille!
Ed anche
Delia23 per averla inserita tra le preferite ^______^
Alla prossima ragazze, o ragazzi, casomai ce ne fossero XD
A big kiss,
Tonia!
   
 
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