Capitolo 5: Il ritorno
“S |
utura!”
disse il dottor Riley, dopo aver terminato di estrarre il proiettile da
Dopo
un paio di secondi, il medico alzò lo sguardo verso la sua assistente: “Sutura,
ho detto…!” ripeté, a voce più alta.
“Sì,
dottore…!” esclamò l’infermiera, arrossendo colpevole e affrettandosi ad
eseguire con la consueta perizia.
Il
maggiore scosse la testa. Ogni tanto la stanchezza e la tensione a cui era
sottoposto il suo personale si facevano sentire, ma era la prima volta che una
cosa del genere capitava alla signorina Hamilton!
Terminata
l’operazione il dottore fece cenno alle altre due infermiere, affinché
portassero il paziente in corsia, poi presentò la schiena a Flanny.
“Vada
pure a riposarsi, miss Hamilton” le disse, mentre lei gli slacciava i nodi del
camice sterilizzato “credo che per oggi abbiamo finito.”
“Sì,
dottore… speriamolo…!”
Michael
Riley avvertì, nell’ultima parola pronunciata, un tono che non derivava affatto
dal pur palese bisogno della ragazza di tirare il fiato…
Mentre
le porgeva il camice appena sfilatosi, cercò la frase che meglio avrebbe potuto
rincuorarla: “Cerchi di stare su: conosco di fama quel pilota. Si dice che ci
sia nato, su un aeroplano!”[1]
“Sì,
certo…!” rispose lei, sommessamente, afferrando il camice per riporlo
nell’armadietto. Se non fosse stata una persona di poche parole, avrebbe però
ribattuto al suo superiore che purtroppo i piloti nati non mancavano nemmeno a
quelli dell’altra parte… ed era questo
che la preoccupava!
Lasciata
la sala operatoria entrò nell’ambulatorio che divideva quest’ultima dalla
corsia e s’imbatté nella sua amica e collega Natalie Venc, intenta a fasciare
il tenente Stone.
“Non
potrebbe fare più in fretta, signorina? Dovrei tornare al campo.”
“Può
andare anche subito, se non le secca grondare sangue come una fontana…!”
rimpallò, acida, l’infermiera.
Il
buon James accusò il colpo: “OK, mi scusi… sono un po’ nervoso: due dei nostri
non sono ancora rientrati e allora…”
“Ecco,
ho finito.”
“Grazie…
mi scusi ancora!”
Stone
fece per abbandonare la stanza, quando Flanny lo fermò: “Aspetti un momento,
tenente…!”
“Dica…”
“Avete…
perso degli altri compagni…?”
Il
pilota annuì, tristemente: “Due della Prima Squadriglia sono stati abbattuti… uno
dei nostri… Cornwell… si è gettato in picchiata per sfuggire a un jap che l’aveva inquadrato… e il nostro
CO[2] li ha
seguiti per aiutarlo!”
“Sta
parlando… del tenente Greason…?” chiese la donna, cercando invano di mantenere
la voce ferma.
“Sì…”
sospirò Stone, rimettendosi il berretto in testa “…mi perdoni, devo andare a
rapporto.”
L’infermiera
strinse i pugni, osservando la figura del pilota allontanarsi. La sua collega
attese che l’uscio si richiudesse, poi si avvicinò silenziosamente alla sua
amica e le mise una mano sulla spalla: “Tranquilla… vedrai che tornerà.”
Flanny
si girò di scatto verso di lei, frustando l’aria con la bruna coda di cavallo:
“Che cosa ne sai tu? Eh…?” insistette poi, vedendo che Natalie non rispondeva,
limitandosi a sorriderle.
“È
che… per me, sei sempre stata un libro stampato, Flanny.”
Era
vero. Le due avevano frequentato insieme la scuola per infermiere, prima presso
l’ospedale Saint Joseph, poi a
Chicago, presso l’ospedale Santa Johanna.
Per Natalie Venc, la collega Flanny Hamilton era sempre stata un modello di dedizione
e serietà e l’ammirazione provata per lei si era gradualmente trasformata in una
profonda amicizia. Questa amicizia poteva apparire a senso unico, vista la
proverbiale freddezza della compagna “occhialuta”, ma Natalie si era presto
accorta che quell’atteggiamento non derivava da un animo arido, bensì dalla
propensione della bruna nell’esprimere le proprie virtù coi fatti, più che le
parole… e Flanny le era stata molto grata per questo, ricambiandola di cuore. Lo
stesso sarebbe accaduto con la loro buonissima collega di nome Candy, che pure
era giunta alle stesse conclusioni. Ma mentre Natalie aveva accettato
l’atteggiamento di Flanny limitandosi ad esserle amica in silenzio, l’esuberante
carattere della loro bionda compagna era stato più volte male interpretato e
questo aveva impedito che Flanny e Candy (addirittura compagne di stanza,
presso la scuola del St.Joseph) diventassero
ottime amiche, pur avendolo, nell’intimo, sinceramente desiderato.
“Lascia
stare… vado a stendermi un po’.”
“Flanny,
aspetta…” l’amica attese che l’altra le porgesse di nuovo attenzione, poi
proseguì “…a parte ciò che posso saperne io… se pensi che quel giovane possa essere
il tipo giusto… prenditelo. Non farti del male ancora per chissà quanto…!”
La
mora sgranò gli occhi, stupendosi del fatto che la sua discreta compagna avesse
pronunciato una discorso del genere. Quella guerra assurda, combattuta fin negli
angoli più remoti del mondo, stava facendo proprio perdere la testa a tutti!
“Potevi
almeno aspettare che tornasse, prima di dirmi una cosa simile… non credi?!”
Lo
sforzo impiegato per rendere la voce più acida che poteva, le provocò un
singulto alla gola, che spinse la sua amica a prodursi in un nuovo exploit: un
secondo dopo, la stava già abbracciando teneramente.
“Non
è il momento… né il luogo per scegliersi la persona giusta, Natalie...”
sussurrò Flanny, cercando di trattenere i singhiozzi “…senza contare che potrei
anche… averlo già perduto…!”
Natalie
sospirò: “Il destino se ne frega del luogo e del momento, cara!” le disse,
sfregandole la schiena.
“Lo
so…!” gemette la mora, sommessamente. Poi, tanto per calmarsi, spostò la sua
attenzione sulla chioma castana della sua amica, a pochi centimetri dai suoi
occhi.
“Che
c’è…?” chiese Natalie, sentendosi afferrare una ciocca.
“Lo
sai che… ti si stanno imbiondendo i capelli…?”
***
“Questo
è tutto…?”
“Sì,
signore…!” rispose il tenente Stone, passandosi una mano sulla fronte.
Il
colonnello Clint Hardgison emise un lieve borbottio, grattandosi la barba ormai
cresciuta dalla mattina, con fare meditabondo. Faceva fatica a guardare verso
il sottoposto, sapendo bene quanto lui e Greason fossero amici. Se la sua
posizione glielo avesse consentito, avrebbe certamente provato una punta di
rimorso per aver mandato in volo lui e Cornwell nelle loro “particolari”
condizioni, ma le circostanze lo avevano obbligato a farlo senza nemmeno
esitare. Un comandante non può esitare: è tenuto ad agire.
Guardò
l’orologio: “Hanno ancora abbastanza carburante, per tornare…?” chiese poi al
suo aiutante, maggiore Holstrome.
“Fra
dieci minuti non ce l’avranno più, colonnello.” rispose questi.
L’ufficiale
superiore si passò una mano sulla faccia: “Maledizione… otto perdite in un
giorno! Stamattina Milford, Bielaski, Giannelli e Talbott… oggi Lezinski e
Johnson… e ora anche Cornwell… e Greason…!”
“No…
lui no” intervenne Stone, con un tremito nella voce “non posso credere che l’abbiano
abbattuto…!”
“Vorrei
averne anch’io la certezza, tenente” sospirò il comandante del reparto “ma se
qualche diavolo giallo è riuscito a beccarlo in combattimento manovrato… con la
scarsa performance del Warhawk e i
postumi dell’incidente della settimana scorsa…”
“Lui
non è tipo da farsi beccare, signore, glielo assicuro” ribadì James, battendo
il pugno sul tavolo “Non Andy…!!”[3]
Hardgison
fissò il volto dell’aviatore e non se la sentì di inficiare maggiormente la
fiducia di quell’uomo per il suo compagno d’Accademia.
“Beh,
speriamolo… ad ogni modo, Holstrome, appena il tempo sarà scaduto, trasmetta un
dispaccio radio a Chung-King: chiederemo agli amici cinesi di mandare una
pattuglia terrestre in zona, per rintracciarli.”
“D’accordo,
signore.” rispose l’aiutante, guardando l’orologio a sua volta.
***
Nonostante
le insistenze di Natalie, la buona Flanny non era potuta restare sulla branda
nemmeno un quarto d’ora; aveva quindi ripreso a occuparsi della camerata, anche
se i suoi movimenti erano sempre più incerti e bruschi. Natalie faceva del suo
meglio per resistere a dirle qualcosa, sperando se ne accorgesse da sola prima
di combinare qualche pasticcio… e meno male che miss Mary Jane, la direttrice
della loro vecchia scuola all’ospedale St. Joseph, non era lì a vedere come si
era ridotta la sua migliore allieva!
A
un certo punto l’attenzione delle infermiere e dei pazienti venne distolta
dallo scoppiettante rombo di un motore… un motore che sembrava proprio stare
aspirando disperatamente gli ultimi vapori di benzina…
“EHI…!!!”
fece il sergente Logan, della Terza Squadriglia, sentendosi rovesciare in
faccia il contenuto del bicchiere d’acqua che l’infermiera bruna stava per
porgergli.
“Oh…
mi scusi…!!” sussultò Flanny, arrossendo violentemente in viso “Aspetti…!”
mormorò, tamponandogli tempestivamente il viso con una salvietta pulita.
“Grr…
grazie…!!” esclamò il pilota, leggermente risentito.
Dalla
direzione dell’aeroporto giungevano sempre gli scoppiettii prodotti dal motore
dell’aereo, assieme a un miscuglio di voci concitate. Una terza collega di
Flanny aprì la porta che dava nell’ambulatorio e subito si sentì la voce del
dottor Riley: “Sì… capisco. Mandiamo subito la squadra d’emergenza!”
Immancabilmente
Flanny si lasciò sfuggire il bicchiere vuoto che ancora teneva in mano… e il
rumore del vetro che s’infrangeva sul pavimento fece saltare i nervi a Natalie:
“Flanny, vai con loro, su…!”
“Co…
cosa…?” chiese lei, con discreto imbarazzo.
“Dai,
muoviti… tanto qui non combineresti niente di buono!”
La
collega sembrò esitare… poi annuì rassegnata e, cercando di non badare alle significative
occhiate dei ricoverati, lasciò in fretta la corsia.
Sorridendo,
Natalie scosse la testa, andando subito con la mente a una loro collega, in
quel momento piuttosto lontana: “Ah, Candy… se sapessi cosa ti sei persa…!!”[4]
***
Presso
l’aerodromo gli specialisti si tenevano pronti a intervenire cogli estintori,
nel caso si fosse verificato un probabile atterraggio d’emergenza. Poco
discosti, attorno a una jeep attrezzata con una barella, stavano inoltre gli
assistenti sanitari, fra i quali la signorina Hamilton, altrimenti detta miss pezzo di ghiaccio.
Lungo
i bordi di quella striscia di terra, a intervalli regolari, erano state
piantate delle torce, i cui stracci imbevuti di benzina spandevano una luce
tanto lugubre quanto provvidenziale per quel pilota “ritardatario” che, se
avesse mancato la pista nella già calata oscurità, sarebbe andato incontro a
conseguenze molto gravi!
Tutti
i piloti e gli avieri presenti strizzavano disperatamente gli occhi, nella
speranza di scorgere la luce proveniente dal faretto d’atterraggio di cui erano
dotati anche i P-40 e che scendeva
con la gamba sinistra del carrello principale… ma la presenza del caccia in
arrivo continuava ad essere denunciata dal solo scoppiettio del motore, i cui
intervalli si dilatavano in maniera preoccupante. O il pilota non poteva
abbassare il carrello per problemi al circuito idraulico o aveva disinserito
quello elettrico per risparmiare anche solo qualche preziosa goccia di
carburante in più!
“Dici
che ce la fa…?” chiese Victor Sanders a James Stone, che gli era accanto.
Il
compagno strinse la mascella: “Se è lui,
ce la fa di sicuro!”
La
sagoma scura del velivolo si avvicinava progressivamente. Dall’imbocco della
pista lo separavano soltanto un centinaio di metri in orizzontale e meno di
cinquanta in altezza… se non che, all’improvviso, l’Allison del P-40
protagonista di quel ritorno solitario, emise un ultimo singulto e tacque una
volta per tutte.
Naturalmente
lo sfortunato caccia cominciò subito a picchiare, segno che chi lo pilotava si
era affrettato ad assumere l’assetto migliore per non scendere sotto le
“Atterra
senza ruote…!” esclamò Sanders.
“Allora
sa quello che fa.” commentò Stone, di rimando, ormai sicuro su chi fosse ai
comandi di quel caccia.[6]
Il
Curtiss Warhawk annullò in una
manciata di secondi lo spazio che ancora lo separava dal terreno e cominciò a
strisciare di pancia sulla terra battuta. Una miriade di scintille si sprigionò
allora dal metallo, generando fra gli astanti un’apprensione molto minore di
quella che avrebbero provato se non fossero stati consapevoli che quell’aereo
aveva il serbatoio ormai vuoto.
“Oh,
Gesù…!!” esclamò comunque il sottotenente Sanders.
Il
caccia continuava ad avanzare, sollevando una notevole nube di polvere, mentre
tutto il personale del reparto lo stava rincorrendo con sollecitudine.
Finalmente, dopo qualche violenta derapata, quella massa metallica di oltre
quattro tonnellate si decise ad arrestarsi, quasi al limite opposto della pista
principale.
Alcuni
specialisti, muniti di estintori a CO2, raggiunsero per primi
l’aereo, seguiti subito dai barellieri del reparto sanitario. Fra di loro
giunse anche Flanny Hamilton, che però, nel vedere il parabrezza del caccia completamente
imbrattato di sangue, si bloccò barcollando,
lasciandosi sfuggire un grido soffocato.
Fortunatamente,
non appena gli avieri si affrettarono a spalancare il tettuccio, la scrupolosa
infermiera poté scorgere una mano guantata che sporgeva dallo stesso e, subito
dopo, l’ancora giovane tenente Andrew Steve Greason di Providence (Rhode
Island) venne issato fuori dall’abitacolo…
Un
secondo respiro di sollievo fu concesso alla ragazza quando vide che il suo
paziente preferito riusciva a tenersi in
piedi da solo e non sembrava ferito gravemente. Non appena messo piede a
terra (non aveva bisogno di saltare, dal momento che l’ala poggiava
direttamente sul suolo), Andy si sfilò il casco di cuoio, si scrollò di dosso i
due avieri che ancora lo sorreggevano premurosamente e avanzò verso la piccola
folla circostante ostentando uno sguardo terreo e un’andatura da automa.
Flanny
avrebbe voluto precipitarsi su di lui, ma un deciso quanto inspiegabile
formicolio nelle gambe glielo impediva. Al contrario, Stone e Sanders si
mossero con solerzia e lo raggiunsero.
“Andy…”
esclamò il primo “…come stai…?”
“Mai
stato meglio…” rispose lui, senza alzare gli occhi “…o peggio… non lo so…!”
Continuando
a camminare con quello strano passo, né lento né veloce, Greason si trovò
allora a passare accanto a Sanders, che gli chiese: “E… Cornwell…?”
Il
tenente si arrestò, mentre le sue mani si stringevano a pugno e, sempre tenendo
lo sguardo a terra, scosse lentamente la testa.
Spinto
dal suo carattere inguaribilmente ottimista, il compagno non si accontentò di
quella muta risposta, per quanto fosse abbastanza inequivocabile: “Vuol… vuol
forse dire che…”
“…CHE
SE N’È ANDATO AL CREATORE!! QUESTO VOGLIO DIRE, IDIOTA…!!” urlò Andy, incollerito.
L’altro
ammutolì, impaurito dal suo atteggiamento. Ora che gli stava vicino di pochi
passi, il più anziano dei Compari di
Chicago notava come ad Andy tremassero le mani e come il suo volto, cupamente
illuminato dal bagliore delle torce d’emergenza, fosse sconvolto.
James
Stone si appressò a sua volta: “Non deprimerti, Andy… io… sono sicuro che hai
fatto del tuo meglio per…”
“NO,
MALEDIZIONE…!!!” sbottò lui, esasperato “MI AVEVANO AFFIDATO UN NOVELLINO E NON
L’HO RIPORTATO INDIETRO…!! HA PERSO
Senza
aggiungere altro, lanciò rabbiosamente a terra il casco e si diresse a passo
svelto verso le baracche del campo.
“Andy,
aspetta…!” tentò di richiamarlo Stone.
“E
lasciami in pace, cazzo…!!” esclamò invece lui, senza fermarsi.
A
questo punto, un lampo di fiera risolutezza brillò minacciosamente negli occhi della
capo infermiera del reparto sanitario. Con rapide falcate raggiunse e
sopravanzò il “suo” aviatore e gli si parò davanti. Andy notò la gonna bianca
dell’uniforme, rialzò il viso e si arrestò, fissandola piuttosto incerto.
“Dove
vuole andare, tenente?” gli chiese la donna, con voce ferma.
Lui
drizzò le spalle e cercò di sorridere, senza riuscirci.
“A
farmi un goccetto, dottoressa… ho avuto una giornata pesante!” rispose,
asciutto.
Il
ben noto e sinistro luccichio comparve su una lente degli occhiali di Flanny: “Lei
non andrà da nessuna parte, tranne che in clinica” ribatté, scuotendo
lentamente la testa “avanti…!” concluse, additandogli la direzione
dell’ospedale.
“Senta,
miss Hamilton: forse le sfugge il fatto che ho già passato da un pezzo la
pubertà… quindi so perfettamente di cosa
ho bisogno, in questo momento!”
Flanny
incrociò le braccia: “Davvero?” sospirò “E di che cosa…?”
“Di
ubriacarmi. Per cui mi lasci passare… signorina
iceberg!”
Quell’appellativo,
che per anni l’aveva lasciata indifferente nei confronti dei tanti pazienti
“irrispettosi”, le provocò stavolta un effetto ben diverso, pronunciato da quel
ragazzaccio testardo! Due lacrime traditrici stavano per uscirle, ma le
ricacciò indietro, socchiudendo gli occhi…
“Falla
finita, Andy” sussurrò, facendosi comunque ben sentire dall’interessato “o i
tuoi compagni scriveranno a casa di avere visto il loro capo venir
schiaffeggiato davanti a tutti…!!”
Il
tenente Andrew S. Greason, Providence 1907, West Point 1932, spalancò gli occhi.
Poi, con un ultimo guizzò di amor proprio, ribatté: “Flanny… non costringermi a
mancarti di rispetto…!”
“PROVACI…!!!”
esclamò lei, con voce forte e secca.
Il
ragazzo rimase ammutolito. Si avvicinò lentamente e alzò la mano destra,
puntando minaccioso l’indice verso di lei… stava per dire qualcosa, quando
trasalì nel vedere i suoi occhi che, pur nell’intatta fierezza dello sguardo,
stavano versando copiose e silenziose lacrime. Tornò quindi a bloccarsi, sempre
tentando invano di articolare qualche parola, ma le labbra gli tremavano più
delle mani. Alla fine non resistette più e l’abbracciò di slancio: “Scusami… sono
un idiota…! Ti scongiuro… scusami…!!”
Lei
ricambiò quell’abbraccio, prima teneramente, poi stringendolo con tutte le sue
forze.
“Ti
prego…” gli disse “…promettimi di non farti mai del male… promettimi di aver sempre cura di te…
promettimelo…!!”
Lui
annuì con la testa, prima di rendersi conto che la ragazza non poteva vederlo
in viso: “Te lo prometto…” rispose, allora “…anzi… te lo giuro…!”
“Promettimi
anche” chiese ancora, sempre stringendolo “che non permetterai a nessuno… di
allontanarti da me…!!”
“Certo…”
rispose lui, accentuando la stretta “…sta’ tranquilla…!”
“Mi
raccomando” ribadì Flanny, con voce adesso tremula “perché io… a questo mondo…
non ho che te…!”
Andy
strinse le palpebre, già decisamente umide: “Farò di tutto per bastarti…
contaci!”
Non
si dissero altro. Si guardarono semplicemente negli occhi e si sorrisero
timidamente. Poi si presero per mano e si diressero lentamente verso la clinica
del campo.
Per
quanto strano potesse apparire, in quel momento non sentirono il bisogno di
baciarsi, né di dichiararsi, né tanto meno di fidanzarsi… e sarebbe trascorso
ancora un certo tempo, prima che questi avvenimenti si concretizzassero.
Forse
erano troppo pessimisti e desideravano abbandonare prima quel desolato terreno
di guerra… o forse erano troppo ottimisti e sentivano di avere, per quello,
tutto il tempo del mondo.
Non
si saprà mai. Forse nemmeno loro lo sapevano con sicurezza.
Sapevano
una cosa, tuttavia... ed era la più importante: si erano incontrati!
[1] Non è proprio così, ma si dice che Larry Greason portasse spesso in volo la moglie Maggie McGeen sul suo Neuport Bebè, anche durante il primo periodo della sua gravidanza…!
[2] Capo-squadriglia (da Squadron Commander).
[3] Mai dire mai… un giorno lontano Andy Greason si sarebbe
fatto beccare (non mortalmente) da un certo Schultz von Heindrich, suo
pariclasse nella Luftwaffe tedesca,
che pure era suo amico per la pelle… ma questa è un’altra storia!
[4] In seguito Flanny minacciò di chiedergli il divorzio,
se
[5] Circa
[6] Non potendo più essere assistito dal motore, il pilota
aveva evidentemente ritenuto che un atterraggio sul carrello - ulteriore
elemento frenante per la resistenza dell’aria - lo avrebbe esposto alla
pericolosa eventualità di capottare.