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Autore: AdSidera    16/07/2012    1 recensioni
"Non trovi che sia bellissimo quel peluche?"
"Quale, l'orsacchiotto marrone?"
"Ma no. Il pinguino! Non trovi sia tenerissimo? Io amo i pinguini!"
Genere: Demenziale, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A dicembre fa molto freddo, a Londra. Era il 24, uscii di casa di fretta, con la bocca e il naso sepolti nella sciarpa di lana e le mani congelate immerse nelle tasche del cappotto marrone. Osservai il paesaggio attorno a me; beh, non era poi un gran paesaggio: le prime boutique di vestiti ai lati della strada segnalavano che da lì a poco sarebbe cominciato il centro londinese, insieme all’imminente arrivo del Natale. La popolazione si fece sempre più fitta dopo pochi minuti: famiglie intere davanti a negozi di ogni genere, da pasticcerie a supermercati, che sbrigavano le ultime faccende per la vigilia: chi a comprare in ritardo i tradizionali regali, chi a sistemare le cose con la cena. In ogni piazzetta, miriadi di bambini che correvano in qua e in là, attorno ai cipressi illuminati, aggiunti poco tempo prima nel centro.
Mi fermai davanti ad una vetrina di un negozio di peluche, e osservai con attenzione il pinguino nero e bianco all’estremità. Era lui. Sapevo che i ricordi sarebbero tornati, quel giorno.
 
“Non trovi che sia bellissimo quel peluche?” Avevo indicato il punto in cui era appoggiato il pupazzo. Il ragazzo mi aveva guardato per un millesimo di secondo, per poi rivolgere lo sguardo verso il punto da me indicato. Le luci provenienti dal negozio erano fin troppo luminose per i miei gusti, ma d’altronde a Natale si tende ad abbondare. Avevo quattordici anni, e un migliore amico che amavo con tutta me stessa, anche se non me n’ero resa conto, all’epoca.
“Quale, l’orsacchiotto marrone?” Il suo naso stava per toccare il vetro e la sua bocca era leggermente aperta. Mi faceva ridere.
“Ma no. Il pinguino! Non trovi sia tenerissimo? Io amo i pinguini.” Avevo canterellato, mentre Zayn rivolgeva lo sguardo prima a me, poi al peluche.
“Ok, ho capito, è tuo.” Mi aveva fatta entrare per prima nel negozietto, dove ci attendeva un uomo anziano con i capelli completamente bianchi e un po’ di baffetti del medesimo colore, mentre io avevo stampato in faccia un sorriso da ebete. Mi aveva comprato il peluche, e poi mi aveva riaccompagnato a casa, nonostante fosse un po’ distante dalla sua. Lo avevo abbracciato con tutte le mie forze per la millesima volta, ringraziandolo ancora per il pinguino, che da quel giorno si chiamò Zayn.
 
Asciugai una lacrima che era caduta dai miei occhi neri e cupi, che incutevano timore un po’ a tutti. Lasciai il centro di Londra per recarmi in un parco semi deserto.
Mi sarebbe piaciuto vedere la neve, e l’erba ricoperta di uno strato candido e soffice di ghiaccio. Era da cinque anni che non toccavo e non percepivo la sua consistenza. L’ultima volta ero con Zayn e le sue sorelle, nel giardino di casa sua.
Scacciai nuovamente i ricordi che salivano a galla e mi incamminai verso casa, realizzando che non avevo risolto nulla durante quell’uscita.

Le urla dei miei cuginetti mi fecero scappare. Camera mia sì che era sicura. Fuori dalla finestra, il cielo già buio minacciava pioggia, come sempre. Presi il mio iPod e le cuffiette, misi su Lego House di Ed Sheeran, assolutamente il mio cantante-barra-cantautore preferito. Canticchiai tra me e me le strofe e i ritornelli, poi non mi accorsi che il motivo era cambiato.

It’s not me, it’s not you, there’s a reason,
I’m just tryna’ read the signals I’m receiving,
Just like a stone on fire, can you feel it?

Quella canzone mi fece rimanere con gli occhi sbarrati, mentre pensavo e pensavo. Sì, sempre a te.
 
Non avevo mai immaginato di trovarmi in quella situazione. L’aeroporto quel giorno era affollato, ma il mondo intorno a me non esisteva, in quel momento. Sedici anni, una vita da portare avanti, mentre lui se ne andava, per raggiungere il suo sogno più grande. Era felice, e anche impaziente di avverarlo. Me ne stavo accanto a lui, al check-in, cercando di non piangere, anche se il mio dolore in quel momento si notava da ogni minimo gesto che compivo, debole e svogliato. Lo avevo accompagnato fino all’imbarco.
“Devo andare. Ti prometto che ti scriverò, per quanto mi sarà possibile.” Mi aveva strinto la mano, con un sorriso forzato sulle labbra.
“Sono felice per te, Zayn. Volevo darti una cosa...” Aprii la mia borsa, e tirai fuori il pupazzo che mi aveva regalato lui due anni prima. Glielo avevo dato, e, dopo averlo osservato fugacemente, lo aveva messo nel borsone che aveva a tracolla. “Non ti dimenticherai di me, vero?” Balbettai quelle parole con insicurezza.
“Mai, lo prometto.” Poi si era avvicinato a me e mi aveva baciata sulle labbra, provocandomi un uragano nello stomaco. “Ti amo, Amy.” Mi aveva detto, accarezzandomi la guancia, per poi voltarsi e procedere verso l’aereo.
Non ebbi la forza di muovere un muscolo per circa due minuti interi.
“Zayn!” Avevo urlato quando era abbastanza lontano. Ma fu troppo tardi. Non poteva sentirmi. “Ti amo anch’io.” Me lo dissi da sola, mentre il mio viso si rigava di lacrime.
 
A casa mia ci fu il solito brindisi a mezzanotte, dopo esserci abbuffati con ogni genere di cibo. Dopo aver bevuto il bicchiere di spumante dolce, mi allontanai un po’ dai miei familiari, andando al piano di sopra e affacciandomi al terrazzo. Alcuni fuochi d’artificio coloravano il cielo nuvoloso, mentre si sentivano le poche persone per strada parlare, dicevano solo cose tipo: “Buon Natale!”. Mi misi a piangere senza motivo. Sentii qualcosa tirarmi la gonna corta del vestito; mi girai, era mia cugina Laura, una bimba calma di quattro anni.
“Perché piangi?” Disse con la sua vocina squillante, non appena la presi in braccio e notò il mio viso bagnato.
“E’ perché mi manca una persona.” La bimba appoggiò la testa sulla mia spalla, circondandomi il collo con le braccia.
Asciugai le lacrime, costringendo i muscoli del mio viso a piegarsi in un sorriso. Tornai dentro, insieme agli altri. Piano piano, la casa si svuotò, e rimanemmo solamente io e i miei genitori. Loro, assonnati e stanchi, andarono a dormire. Io rimasi sveglia, in salotto, stesa sul divano a fare finta di guardare la tv e a ricordarmi l’ultimo Natale passato con Zayn.
Eravamo tutti a casa mia, e chiacchieravamo sul divano, guardando ‘Il Grinch’.
Sospirai, imponendo a me stessa di capire che quei momenti non sarebbero più tornati, ormai era tutto un sogno, il mio passato. Tutto fin troppo bello per essere vero.
Sobbalzai sentendo bussare alla porta. A quell’ora, quel giorno? Bah, forse era qualcuno che si era dimenticato qualcosa. Mi guardai intorno, per vedere sec’era qualcosa di sconosciuto rimasto in salotto, mentre i battiti alla porta continuavano, imperterriti. Aprii con la chiave la porta principale, chiusa dieci minuti prima da mia mamma.
Abbassai la maniglia, una persona incappucciata si trovava davanti a me, vestita di nero e con un sacchetto color panna in mano. La mano scura del ragazzo abbassò il cappuccio del corto cappotto, rivelandomi chi si nascondeva dietro di esso.
Zayn era sorridente, ma anche un po’ malinconico. Lo osservai attentamente: era cabiato parecchio, in meglio s'intende: i capelli si erano allungati e lui li portava all'insù, in una pettinatura alla stile Pauly-D. Sul viso, era cresciuta una leggera barbetta, che incondizionatamente mi venne voglia di toccare, dato che mi ricordava molto quella di mio zio, che ero solita accarezzare. Era bellissimo; non che prima non lo fosse, ma adesso era un dio. Mi sentii sciogliere, mi sentivo in paradiso, dopo aver rivisto il suo sorriso. 

Alzò la busta, facendo uscire il nostro pupazzo. 
“Non so se riuscirò a farmi perdonare molto facilmente; lo so, non mi sono fatto sentire per quasi tre anni, perché credevo che sarebbe stato meglio così per entrambi. Volevo scriverti, del tempo fa, ma non ci sono riuscito. Sembra assurdo anche a me, ma... adesso sono qui. Sono tornato, e vorrei che tutto tornasse come prima, tra di noi.” Con la faccia bagnata come non mai, presi il pinguino e lo guardai. Alzai lo sguardo, incontrando gli occhi color caramello della persona che fino a pochi secondi prima mi sembrava ormai irraggiungibile. Gli sorrisi.
“Non voglio perdonarti, Zayn. Non ci sarebbe motivo per farlo.” Gli buttai le braccia al collo, mentre lui mi baciava con impazienza e tenerezza.
 
Si dice che è il destino a far legare le vite di due persone. Altro che fato: noi siamo legati da un pupazzo, molto più originale.




Look at me :3

Sciao carotine!
Questa è una nuova one-shot che ho scritto di botto oggi pomeriggio, in preda alla noia. 
Mi piace particolarmente, anche perché c'è un pinguino! Hahaha :D
Recensite e al più presto ne posterò un'altra, molto più poetica e strappalacrime di questa ;)
Un bacio,
Rose xx

  
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