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Autore: ErinThe    17/07/2012    3 recensioni
Venezia, 14 luglio 2012. Quando ad una festa non si è completamente partecipi, ecco arrivare, seduti in un angolo, una malinconia che fa riflettere...
Fatto e conversazione che mi è accaduta a bordo di una barca sotto le luci della Festa del Redentore, trascritto integralmente.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nd 16 ottobre 2012: questa one shot (560 parole) partecipa al contest "Fatemi leggere!" di _pollina_.

 




Venezia, 14 luglio 2012, h 23.40





 

 Bum. Primo botto. Una stella gialla in mezzo al cielo.

Bum. Secondo botto. Uno smile verde sopra il campanile.

 
Vele, traghetti, motoscafi, allineati e segnalati da una lucina rossa nello specchio di laguna di fronte Piazza San Marco.

Nel nostro ferry, accostato alla Giudecca, fino a pochi minuti fa si suonavano le note di Raffaella Carrà o della Macarena con un dj troppo insistente e luci troppo viola.
Ancora non riesco a capire perchè io, sedicenne, mi sia fatta trascinare dai parenti in un barcone di cinquantenni che fingono di ricordarsi di ballare uno pseudo-rock 'n roll.

Comunque, sembra che lo scopo delle dieci ore di barca, i fuochi d'artificio, sia arrivato.


 
Ora tutto è buio, tutto tace. 

I botti lasciano spazio ad una grande cascata luminosa, che si evolve in stridenti girandole. 

 
Ma i fuochi, che siano della sagra del paese o della festa più famosa del mondo, sono sempre uguali, sempre troppo rumorosi e talvolta esasperanti.


Lascio il primo piano della barca, gremito di gente, e torno di sotto, dove fino a poco fa c'era la pista da ballo, e mi arrampico sul cubo improvvisato.

Abbracciandomi le ginocchia sposto lo sguardo dalla parte opposta alla piazza.
Il mare è piatto, un pesciolino fa un salto acrobatico nell’acqua, qualche onda si infrange sul cemento della laguna, che è un’ombra silenziosa immersa nel buio, spezzato solo dalle fioche costellazioni appena riconoscibili in cielo.
Con il naso all’insù gli occhi mi si riempiono di lacrime. Perché non c’è niente di peggio di momenti di quiete come questo in posti speciali come questo a fare rimuginare su praticamente tutto, l’amica persa, il cane scomparso, i genitori insensibili… il primo innamoramento da cui ne è uscito solo un incredibile calcio sui denti.
 
Un’ombra si avvicina e si appoggia al parapetto a pochi metri da me. Una donna sui trent’anni, capelli biondi tinti e pelle troppo abbronzata. Si copre il volto con una mano nella mia direzione e comincia a singhiozzare sommessamente.
Affari suoi,penso, ma continuando a scrutare il cielo quasi vuoto ascolto il suo respiro farsi sempre più affannoso, alternato da inutili tentativi di calmarlo.
 
“Devi scusarmi tantissimo” sussurra con accento milanese dopo un po’.
“Non si preoccupi. Capita a tutti” rispondo a bassa voce.
“Può darsi. È che“ singhiozza “è che… perdere l’amore…”
Lacrime cadono sulla traversa metallica.
“Ti sei mai innamorata, tu?” chiede
“E’ capitato.”
“E come è stato?”
“Orribile.”
Silenzio.
“E lei?” chiedo
“Era la terza volta. Un po’ tantine, eh? Devo essere proprio una stupida.”

Bum. Un botto a forma di cuore rosso.
 
“Il tempo passerà” parlo a frasi fatte di circostanza, in fondo sono con una sconosciuta in una barca di sconosciuti.
“Il tempo è il peggior nemico dei drammi, perché offusca i ricordi, rende sempre più confusi e intangibili i fatti”.
Un mio pensiero mi va ai suoi capelli e alle sue labbra. Erano sicuramente morbidi come il velluto, o i suoi ricci erano crespi e le labbra leggermente screpolate?
Sento le lacrime risalirmi, ma no, non piango in pubblico da quando avevo dieci anni, anche se davanti una sconosciuta disperata.
 
“Ha ragione” sbotto forse con un po’ troppa energia, e me ne vado. Forse i suoi occhi sono attoniti, ma le stelle non bastano per illuminarli.
 
Bum. Un grosso botto.
Bum. Due grossi botti.
Bum. Tre grossi botti.
 
 
La festa è finita.





 

 

 
 
   
 
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