We've all been Lost
for most of this life.
#Chapter
One.
Day
One.
“Chandler! Guarda cos’ho trovato!” esclamò Kurt entusiasta sfoggiando uno
sfavillante sorriso mentre raggiungeva il suo migliore amico seduto sulle
poltroncine dell’aeroporto con le gambe graziosamente accavallate, mentre
con una mano si sistemava il cappellino blu sulla testa, in attesa che il loro
volo cominciasse ad imbarcare. Quest’ultimo, appena sentì la voce di Kurt, alzò
lo sguardo dal suo Iphone per osservare quello che il
suo migliore amico teneva tra le mani: una rivista sportiva interamente
dedicata al surf. A quella vista gli occhi blu di Chandler si spalancarono
maliziosi, per poi sobbalzare leggermente e allungare le mani verso il giornale
con fare desideroso.
“Ullalààà! I surfisti australiani, Dio li benedica” commentò
Chandler lasciandosi poi andare ad un sospiro sognante, mentre Kurt si metteva
a sedere di fianco a lui e apriva la rivista sulle sue ginocchia, ridacchiando
allegro con il suo migliore amico. Avevano passato l’intera vacanza dietro al
mito dei surfisti australiani, uscendo la mattina presto per fare delle
rilassanti passeggiate lungo la spiaggia e adocchiare i ragazzi sulle tavole,
scambiandosi occhiate complici e commenti sottovoce, ridendo di tanto in tanto.
Kurt adorava Chandler, non si era mai sentito tanto a suo agio con qualcuno in
tutta la sua vita: quando erano insieme, Kurt non aveva mai un dubbio su cosa
dire o fare, poteva solo essere se stesso senza preoccuparsi di giudizi o
strani pensieri, e per di più, lui e Chandler erano sempre sulla stessa
lunghezza d’onda. Era un sollievo passare tempo con lui, anche se il suo
entusiasmo gli faceva venire il mal di testa, di tanto in tanto.
“Che
guardate ragazzi?”
Tutti e due
alzarono velocemente lo sguardo verso la ragazza che aveva appena parlato.
Rachel si stava avvicinando a loro insieme a Finn,
che la teneva carinamente sotto braccio, e sfoggiava un sorriso raggiante.
Finalmente era riuscito ad ottenere la licenza dall’esercito per poter tornare
in America e sposarsi con Rachel, avevano cominciato ad organizzare il
matrimonio settimane prima e adesso il momento era arrivato, poche ore li
dividevano da tornare a casa e coronare il loro sogno. Non poteva che essere
felice.
“Surfisti”
risposero all’unisono Kurt e Chandler, tornando a posare l’attenzione sulle
pagine che stavano sfogliando, mentre Rachel con un “uh” interessato si univa
ai due amici, facendo sbuffare bonariamente Finn.
“Ci risiamo… lo sapevo che dovevo insistere di più per far
venire anche Burt e mamma” borbottò il ragazzo alzando gli occhi al cielo e
sedendosi a sua volta di fianco alla sua fidanzata, la quale ridacchiò allegra
e butto indietro la testa per baciarlo dolcemente sulle labbra.
“Ma tu sei
comunque molto più bello di loro” sussurrò Rachel sulla sua bocca, facendolo
sorridere raggiante, mentre Kurt e Chandler cominciavo a tossire con teatrale
scetticismo.
Finn sospirò esasperato e guardò in
tralice i due amici che stavano ridacchiando sotto i baffi.
“Ehi, ti
ricordo che tu avevi una cotta per me una volta” commentò Finn
puntando l’indice contro Kurt, il quale sbuffò e lo liquidò con un gesto
sbrigativo della mano, senza sollevare lo sguardo dalla rivista.
“Ero
giovane e ingenuo, e non avevo ancora messo le lenti” ribatté lui con sarcasmo,
facendo boccheggiare il fratellastro per un istante.
In quel
momento dall’altoparlante dell’aeroporto partì l’annuncio che il loro volo
iniziava ad imbarcare, così i quattro amici si alzarono in piedi e si avviarono
verso il loro gate per mettersi in fila. Rachel passò
una mano intorno alla vita di Kurt mentre con l’altra teneva stretta quella di Finn e sospirò felice.
“Finalmente
torniamo a casa! Incredibile ma vero, non vedo l’ora di essere in Ohio” esclamò
la ragazza con gli occhi colmi di gioia vivida, mentre il suo migliore amico le
cingeva le spalle e sorrideva radioso.
“Sì, sembra
impossibile anche a me, ma ho una voglia matta di tornare a casa…meno
male mancano solo poche ore” rispose Kurt poggiando la guancia sul capo di
Rachel.
“E lunedì andiamo
a provare il vestito! Dio, è tutto così perfetto…”
replicò l’amica girando appena il viso per lanciare un’occhiata piena d’amore a
Finn.
“Sì, è
tutto perfetto…e ti prometto che niente potrà
rovinarcelo” disse il suo fidanzato aumentando la stretta intorno alla sua
mano, facendo aprire Chandler in un esagerato “aww”,
mentre li guardava con le dita intrecciata davanti al petto e lo sguardo
incantato.
“Come siete
innamorati…” sospirò il ragazzo poco prima di
mettersi in fila di fianco a Kurt.
“Voglio anche
io qualcuno così” continuò mugolando e lanciando un’occhiata sconsolata al suo
migliore amico, il quale gli posò una mano sulla spalla.
“Oh, non
fare così…New York è piena, dobbiamo solo imparare a
cercare” lo consolò Kurt facendogli l’occhiolino, e Chandler sorrise.
“Appena
torniamo in città dobbiamo affinare la nostra tecnica” scherzò quest’ultimo per
poi portarsi una mano alla tasca dei pantaloni.
“Vado un attimo
qui a comprare una bottiglietta d’acqua, voi volete qualcosa?” chiese
rivolgendosi ai suoi tre compagni di viaggio, e quando questi scossero tutti il
capo in segno di dissenso, Chandler si allontanò dalla fila.
Kurt lo
osservò avviarsi al bar lì davanti, lasciando poi scorrere lo sguardo lungo
tutta la fila parallela alla sua, finché non andò ad incrociare
irrimediabilmente un paio di occhi verdi-dorati che stavano guardando verso di
lui, proprio verso di lui, facendolo sussultare impercettibilmente.
Il ragazzo
a cui appartenevano quei brillanti occhi cangianti distolse velocemente lo
sguardo con aria quasi imbarazzata, e Kurt poté concedersi il lusso di
osservarlo più attentamente: non era tanto alto, ma aveva un viso bellissimo;
la pelle un po’ olivastra, la bocca carnosa, dei deliziosi ricci mori modellati
con cura dal gel, magro e tonico al punto giusto, e da quanto riusciva a
vedere, aveva anche un perfetto fondoschiena. Oltre a questo però c’era
qualcos’altro in lui, un fascino particolare…sembrava
trasudare un certo carisma che impediva a Kurt di allontanare lo sguardo da lui
per troppo tempo, nonostante ci provasse sempre con più determinazione. Alla
fine, quando si accorse che anche il ragazzo gli stava lanciando delle occhiate
sempre più frequenti ed interessate, si arrese e una volta incrociato i suoi
occhi, stese le labbra in un breve sorriso che venne immediatamente ricambiato
dall’altro, con più sicurezza, facendo sentire a Kurt un’insolita sensazione di
calore all’altezza del cuore.
“Qualcuno
qui sta già affinando la sua tecnica, vedo”
Al ragazzo
venne quasi un colpo quando Chandler si materializzò quasi dal nulla al suo
fianco, prendendolo a braccetto con fare complice e sogghignando malizioso.
“Ma che
dici” tentò di ribattere Kurt facendo finta di niente e voltando lo sguardo,
mentre Chandler gli lanciava un’occhiata in tralice.
“Oh per
favore, ho visto come stavi guardando quel figo della
fila qui davanti, che tra parentesi, secondo me è gay fin al midollo, ci
scommetto il mio bauletto di Prada” commentò quest’ultimo avvicinandosi di più
al suo migliore amico per non farsi sentire.
“Perché non
gli hai detto niente?” continuò Chandler sgomitando il braccio dell’altro.
“Che avrei
dovuto dirgli? Siamo in fila per prendere lo stesso aereo, come minimo ha il
posto dalla parte opposta ai nostri e non ci vedremo mai più” rispose Kurt con
ovvietà mentre Chandler alzava gli occhi al cielo con rassegnazione.
“Oh ma
quanto sei pessimista. Non si sa mai cosa può succedere in un volo
intercontinentale” commentò il ragazzo, prima che Finn
si sporgesse in mezzo ai due.
“Chandler,
allora prendo io il posto in fondo all’aereo, ok?” chiese dandogli una pacca
sulla spalla.
“Sei
sicuro?” chiese l’altro con tono più speranzoso che compiaciuto. Un intero
viaggio da solo sarebbe stata tortura pura, e visto che era stato l’ultimo a
comprare il biglietto, convinto da Kurt ad accompagnarlo in Australia per
recuperare Rachel e Finn, gli era toccato il posto in
coda all’aereo, mandandolo un po’ nel panico.
“Sì
tranquillo amico, tanto io dormirò per tutto il volo, e voi tre potrete
spettegolare allegramente” rispose Finn sorridendogli
allegro, mentre Chandler ricambiava il sorriso con sincera gratitudine.
“Grazie mille…ci vediamo quando atterriamo”
~ ~ ~
Kurt non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando
Rachel si era buttata fra le sue braccia e aveva cominciato a piangere senza
sosta, macchiando la sua camicia anche delle sue lacrime disperate. A lui erano
sembrate delle ore intere, ore strazianti in cui anche lui aveva ceduto al
pianto, distrutto dall’idea che suo fratello non fosse lì con loro, dal non
sapere dove fosse, e soprattutto, se fosse vivo. Il solo dubbio lo faceva
sentire vuoto e freddo, con lo stomaco ridotto ad un gomitolo accartocciato e
dolorante, e vedere la sua migliore amica in pezzi fra le sue braccia non lo
aiutava di certo. Però ad un certo punto aveva sentito il bisogno e il dovere
di reagire. Finché non avesse avuto la prova certa della morte di Finn non avrebbe abbandonato la speranza, specialmente non
in quel momento, quando non si sapeva ancora che cosa fosse successo, e
soprattutto pensando che come loro erano riusciti a sopravvivere, poteva
esserlo anche lui.
Mentre Rachel era accoccolata sul suo petto e ormai il suo pianto si era
ridotto ad una serie di singulti affannati, Kurt osservò attentamente la
carcassa dell’aereo.
“Rachel…” sussurrò il ragazzo al suo
orecchio, facendo sollevare il capo alla sua migliore amica, che mostrò i suoi occhioni rossi e stanchi.
“Rachel, ascoltami…non possiamo
continuare a disperarci, ok? Finn non è morto, e noi
dobbiamo essere forti per ritrovarlo, e soprattutto non darci per vinti…” disse Kurt poggiando entrambe le mani sulle spalle
di Rachel, per poi allungare un braccio ed indicare l’aereo.
“Lo vedi? Si è spezzato, la coda deve essere caduta più in là, e
se ce la siamo cavata noi, di sicuro se l’è cavata anche il nostro soldato…ora, noi dobbiamo dare il massimo per trovarlo, e
non sprecare una sola energia in più a piangere” continuò il ragazzo guardando
la sua migliore amica dritta negli occhi, cercando di infonderle il più
sicurezza possibile. In quel momento più che mai non dovevano perdere la
speranza, anzi, dovevano crederci più che mai.
Rachel osservò Kurt per qualche attimo, fissandolo nelle iridi
cerulei come se potesse vedere attraverso, poi scosse appena il capo e strinse
le labbra, annuendo.
“Hai ragione. Finn è vivo, ed è qui da
qualche parte, e ha bisogno di noi. Lo cercheremo il più possibile e lo
troveremo” rispose la ragazza passandosi il dorso della mano sotto gli occhi e
sulle guance, tentando per quanto possibile di asciugarsi il viso dalle
lacrime.
“Sì Rach…piuttosto, che hai fatto al
polso?” chiese Kurt notando il taglio profondo che l’amica aveva appena sopra
la mano, e che si spingeva verso l’avanbraccio.
“Non lo so Kurt…” rispose Rachel con un
sonoro sospiro, osservandosi la ferita come se non fosse la sua, come se non la
sentisse bruciare o pulsare. A dire il vero, era talmente presa dal pensiero di
Finn che non si era nemmeno accorta del taglio, e
anche adesso che l’aveva notato, non riusciva a preoccuparsene. Lei era viva,
che cosa poteva essere un taglio quando non sapeva dove fosse Finn?
“Non so niente…” continuò in un
sussurro demoralizzato, alzando poi gli occhi lucidi verso il suo migliore
amico.
“Cosa pensi che sia successo?” si azzardò a chiedere stringendosi
le braccia intorno al petto con fare spaventato, come se con una sola domanda
si fosse riportata a quei momenti di terrore, ai primi brutti sobbalzi e alle
violente scosse. Kurt cinse istintivamente le spalle della sua migliore amica
per attirarla nuovamente a sé e tenerla stretta al petto, posandole un paio di
dolci baci fra i capelli.
“Non ne ho idea, non ne ho davvero idea…”
rispose Kurt con un fil di voce, appoggiandosi contro Rachel e socchiudendo
leggermente gli occhi. Errore, perché non appena calò il buio, venne assalito
da una serie di flash, troppo vividi, troppo vicini, e ancora troppo reali. In
un attimo fu come se fosse tornato su quell’aereo che aveva cominciato a
tremare troppo forte, a sussultare senza ritegno, e a cadere sempre più veloce.
Rabbrividì da capo a piedi e spalancò di colpo gli occhi, scappando da quei
ricordi e trovandosi di fronte all’oceano sconfinato, sentendo il bisogno di
tirare qualche lungo respiro come se volesse assicurarsi di essere ancora in
grado di farlo. E sì, ci riusciva.
“Meno male che tu stai bene Kurt” disse Rachel con la voce
ovattata dalla maglia del ragazzo su cui era premuta, per poi alzare il viso
per incontrare lo sguardo dell’altro.
“Non so come…come avrei fatto se avessi
perso anche te…probabilmente non sarei riuscita a
fare niente, nemmeno a…sopravvivere” sussurrò lei con
gli occhi che le diventavano lentamente più lucidi e la voce si faceva più
strozzata, oppressa dal pensiero che avrebbe potuto perdere anche il suo
migliore amico, il quale si affrettò a smorzare i suoi brutti pensieri.
“Ehi ehi! Non dirlo nemmeno per scherzo, ok? E non provare
nemmeno a pensarci…io sono qui con te, e non ti
lascerò mai…” replicò Kurt accarezzando dolcemente i
capelli di Rachel.
“Neanche un disastro aereo può dividerci” continuò lasciandosi
andare ad una breve risata che contagiò anche Rachel, e i due amici poterono
godersi, anche solo per un momento, la leggerezza di qualche risa scambiata con
la complicità che solo due migliori amici possono avere.
La ragazza alzò la mano chiusa a pugno eccetto per il mignolo che
porse a Kurt con un sorriso allegro, e quest’ultimo ricambiò ampiamente
imitando l’amica e intrecciando il proprio mignolo con il suo, per poi tirare
un po’ e lasciare andare la presa muovendo veloce le dita insieme a quelle
dell’altra.
La stretta di mano gay era una tradizione ormai.
“Ehi ragazzi! Ragazzi! Ho trovato la valigia di Finn!”
Kurt sollevò lo sguardo tra l’incredulo e il rassegnato appena
udì la voce squillante di Chandler che esclamava vittorioso la sua scoperta,
voltandosi poi per vedere l’espressione di Rachel mutare da allegra a
inespressiva a irrimediabilmente triste, facendo sospirare il ragazzo.
“Sei un genio Chan, davvero” mormorò seccato Kurt tornando a
stringere Rachel fra le braccia, cullandola appena mentre Chandler stirava la
bocca in un’espressione dispiaciuta e faceva cautamente qualche passo indietro.
“Scusa” mugolò per poi tornare ad armeggiare con i bagagli.
Kurt sospirò di nuovo e rimase per diversi minuti a coccolare
silenziosamente la sua migliore amica, senza essere interrotto finché non sentì
dei passi avvicinarsi e qualcuno fermarsi di fronte a loro, salutandoli
gentilmente.
Quando alzò lo sguardo la prima cosa che vide furono un paio di
familiari occhi cangianti.
Sei ore.
Se il suo cellulare aveva ragione, erano già passate sei ore dal
momento in cui si erano schiantati su quella spiaggia dimenticata da Dio.
Cooper non faceva altro che provare e riprovare a chiamare il 911, non era
nemmeno il solo a sperare di riuscire a lanciare un allarme.
Contrariamente a quanto si era prefissato, però, non sembrava
esserci campo.
Non sembrava esserci nulla.
Alcuni erano partiti a piedi, decisi a seguire il litorale in
tutta la sua lunghezza e sperando così di imbattersi in un insediamento di
locali. Erano tornati indietro piuttosto velocemente, demotivati e abbattuti
dal caldo torrido.
Blaine
non si era mosso di lì, troppo preso dal dolore alla testa e dal terrore che
ancora sembrava permeare le sue ossa sin dentro al midollo.
Il medico, Sebastian, si era inginocchiato davanti a lui sulla
sabbia e aveva preso a controllare il taglio sulla fronte e a medicarlo senza
nemmeno chiedergli il permesso, utilizzando cose di fortuna che aveva trovato
sull’aereo. Una piccola bottiglietta di vodka aveva il potenziale di un ottimo
disinfettante, anche migliore della tintura di iodio, in caso di necessità.
Occorreva qualche punto, quindi Sebastian si era raccomandato di non muoversi,
prima di sparire e tornare dopo un tempo indefinito – sembrava proprio non
scorrere- con ago e filo. Lo aveva suturato, rassicurandolo che non sembrava
avere nessuna emorragia cerebrale, prima di alzarsi e andarsene da qualcun
altro.
Nonostante i modi di fare burberi, sembrava in gamba. Stava
soccorrendo tutti, spinto evidentemente non solo dalla professione ma anche da
chissà quale spirito altruista. Poteva fregarsene, invece spendeva più tempo a
dedicarsi alle persone che si erano ferite che a se stesso. Aveva un brutto
taglio sul braccio, ma sembrava quasi che non gli importasse.
Quando Blaine trovò la forza di
alzarsi, decise di dargli una mano. Insieme a lui c’era anche quell’altro
ragazzo con gli occhiali, Artie. Sebastian indicò
loro la fusoliera dicendo che dentro ad un carrello schiacciato contro la
parete potevano trovare delle bottigliette da distribuire, poi tornò a
dedicarsi alla donna di colore che avevano salvato da sotto l’ala dell’aereo.
Sembrava messa molto male.
“Si chiama Mercedes” Disse Artie,
mentre raccoglievano le bottiglie dentro un paio di zainetti, così da poterle
distribuire meglio “Era seduta accanto a me, sull’aereo…”
Blaine
gli diede una leggera pacca sulla spalla che doveva suonare come un ‘hey, andrà tutto bene’, ma che invece arrivò più debole del
previsto.
Si divisero una volta abbandonata la fusoliera (con estremo
sollievo, visto che era piena di cadaveri e la vista non era delle migliori) e
iniziarono a distribuire l’acqua ai superstiti. Blaine
passò un paio di bottigliette alle due hostess, sedute all’ombra di una palma.
L’ispanica gli rivolse un ringraziamento un po’ secco, prima di abbassare gli
occhi scuri sulla bionda e sussurrarle piano ‘Britt,
bevi un po’.
Questa però non si mosse, stringendosi di più all’altra che non
riuscì a fare altro se non stringere di nuovo le braccia attorno alle sue
spalle per tenerla a sé.
Un’altra donna sedeva poco distante con una bambina dai capelli
chiarissimi e spettinati. La reggeva sulle ginocchia con espressione persa, ma
appena Blaine
si chinò con un sorriso rivolto alla bambina sembrò riscuotersi, sporgendosi
per sussurrare alla figlia “Hai visto, Beth?
Ringrazia il signore….”
“Blaine” si sbrigò a dire il ragazzo,
passando alla bambina la bottiglia solo dopo averla aperta. La guardò bere,
aiutata dalla madre, prima di rivolgersi alla donna “Quanti anni ha?”
“Cinque” rispose lei, accarezzando i capelli della piccola prima
di sorridere nuovamente al ragazzo, seppur con le iridi bagnate di sofferenza
“Grazie davvero, Blaine…. Io sono Quinn”
“Di niente, Quinn” rispose
cordialmente lui “Il dottore ha detto di rimanere all’ombra, non so che fuso
orario c’è qui ma è poco più che mezzogiorno in Australia, quindi fa davvero
caldo.”
La donna si limitò di annuire, prima di guardarsi attorno un po’
nervosa “Si sa quando verranno a prenderci?” domandò tentennante.
Bella domanda.
Quasi per riflesso, Blaine alzò gli
occhi al cielo, portando una mano sopra di essi per nasconderli dalla luce
forte del sole. Spiò il cielo che però sembrava troppo tranquillo, prima di
sospirare e tornare a guardare verso il mare, abbassando gradatamente lo
sguardo.
Niente.
“Scommetto che arriveranno presto.” Disse poi, più per
tranquillizzare se stesso che Quinn.
Recuperò lo zainetto, salutando con un altro sorrisetto prima di
allontanarsi.
Dove diavolo erano i soccorsi? Perché sembrava quasi che nessuno
li stesse cercando? L’aereo era caduto da ore, i morti infestavano la spiaggia
con coloro che erano riusciti a scampare a una così drammatica sorte e i feriti
erano molti.
Eppure non arrivava nessuno.
Scosse il capo, cercando di aggrapparsi a qualsiasi cosa per
evitare di farsi prendere di nuovo da quel panico accecante che lo aveva preso
a pugni nello stomaco poco prima, mentre si avvicinava ad una coppia di ragazzi
seduti un po’ più distanti dal resto del gruppo.
Come aveva fatto prima, salutò mentre si chinava sulle ginocchia
e recuperava un paio di bottigliette. Quando una voce trillante rispose al suo
saluto si stupì lievemente e guardò il ragazzo seduto davanti a lui.
Lo aveva già visto da qualche parte….
Quegli occhi azzurri….
Oh. Il ragazzo che era in fila al check
in poco distante da lui.
Da vicino sembrava ancora più bello.
Si scambiarono un lungo sguardo prima che Rachel, prendendo la
bottiglia dalla mano di Blaine, rovinasse la magia.
Questo però permise a Blaine di notare la brutta,
brutta ferita che la ragazza aveva sul polso.
“Posso?” le chiese con gentilezza, aspettando che lei annuisse
prima di prenderle con delicatezza il polso tra le mani per vederlo bene
“Questo taglio non mi piace, forse ci vogliono un paio di punti…”
disse riflessivo.
Rachel ritrasse velocemente l’arto “Non mi farò cucire da uno
sconosciuto!”
“Non io!” Le rispose Blaine alzando le
sopracciglia stupito. Non sarebbe riuscito nemmeno a incominciare, visto le sue
conoscenze mediche nulle “C’è un dottore…. Ora si sta
occupando di una ragazza ferita ma posso accompagnarti da lui, se vuoi…”
La ragazza scambiò uno sguardo con Kurt che stava ancora fissando
Blaine “Dici che dovrei dare retta a questo qui?”
“Blaine” la corresse il morettino,
prima di alzarsi e porgerle la mano “Vieni, non vorrai una brutta infezione,
vero?”
Lei sospirò, poi Kurt si schiarì la voce “Io sto qui e aspetto Chandler…”
“Va bene allora, vado” Afferrò la mano di Blaine
con il braccio sano, prima di camminare accanto a lui “Io sono Rachel Berry, comunque…. Ricordati di questo nome, un giorno potresti
leggerlo su qualche locandina di Broadway!”
Fu sufficiente.
Blaine
si lasciò scappare la prima, vera risata da quando era tutto cominciato….
Kurt si soffermò ad osservare la figura di Rachel allontanarsi
insieme a Blaine (Blaine,
era quello il nome del bel ragazzo con cui era riuscito a scambiare qualche
occhiata e un sorriso in fila all’aeroporto, e non sapeva perché, ma gli
suonava insolitamente bene). Li guardò andare via sperando inconsciamente che Blaine si voltasse un’altra volta per incrociare i loro
occhi; i suoi avevano un che di magnetico che non si riusciva a spiegare, ma
questo non li rendeva meno attraenti, come tutto il resto di lui.
Blaine
aveva qualcosa di naturalmente interessante, guardandolo Kurt aveva come il presentimento
che in lui ci fosse qualcosa di speciale. Che strani scherzi che faceva la
mente umana.
“Oh, ce l’ho fatta”
Quell’esclamazione soddisfatta proveniva ovviamente da Chandler,
che si sedette con un tonfo accanto al suo migliore amico, rovistando con fare
felicemente soddisfatto nel suo bagaglio a mano ritrovato. Kurt si girò a
guardarlo incuriosito mentre questi apriva allegro la bustina dove aveva
sigillato le sue creme da viaggio e accennò un breve sorriso.
“Hai trovato la tua borsa” gli disse posandogli una mano sul braccio, e
Chandler sollevò gli occhi lanciandogli un’occhiata complice e un po’ furba.
“E tu hai trovato il figo
dell’aeroporto” rispose l’amico malizioso picchiettandolo con il gomito, mentre
Kurt alzava gli occhi al cielo esasperato.
“Per l’amor del cielo Chan…siamo appena
precipitati da un fottutissimo aereo, non mi sembra proprio il momento di
pensare ai ragazzi” replicò quest’ultimo scuotendo il capo.
“E’ sempre il momento di pensare ai ragazzi…anzi,
questo è chiaramente un segno del destino” ribatté Chandler con convinzione,
facendo aggrottare con prepotenza la fronte del suo migliore amico.
“Cazzo, se per incontrare l’uomo della mia vita il destino ha
dovuto far succedere una tragedia aerea preferivo rimanere solo per sempre” controbatté
sarcastico e pungente Kurt, mentre l’altro sbuffava risentito e gli dava una
leggera spinta annoiata.
“Non è così, sciocchino…il fatto è che,
visto che ormai è successo il disastro e non ci puoi fare niente, tanto vale
guardare il lato positivo e approfittare della fortuna nella sfortuna più nera…” rispose Chandler con un tono stranamente saggio che
di solito non gli apparteneva, per poi tornare al suo solito modo di fare
civettuolo.
“Allora, come si chiama?” chiese inarcando le sopracciglia e avvicinandosi
esageratamente all’amico che ridacchiò rassegnato.
“Blaine” disse Kurt arrendendosi,
mentre Chandler lo guardava sempre più compiaciuto.
“Ullalà, anche il suo nome è figo…e che vi siete detti di bello?” domandò quest’ultimo
con fare allusivo. L’altro distolse lo sguardo cercando di sembrare il più
indifferente possibile, nonostante sapesse benissimo che lui ormai era un libro
aperto per Chandler. In realtà lo era sempre stato, dal loro primo, disastroso
appuntamento degenerato a discutere animatamente su chi fosse migliore fra
Madonna e Britney Spierce, appuntamento che aveva
messo subito in chiaro quanto sarebbe stato impossibile per i due intraprendere
una relazione romantica.
Kurt e Chandler erano destinati ad essere migliori amici.
“Niente, non…non ci siamo parlati, ha
parlato con Rachel” rispose Kurt con un sospiro appena accennato, beccandosi
subito un’occhiata delusa dall’altro.
“Non vi siete nemmeno presentati? Non gli hai nemmeno detto come
ti chiami?” chiese interdetto Chandler aprendo le mani in un gesto amareggiato,
mentre Kurt scuoteva la testa in segno di dissenso.
Questa volta fu il turno di Chandler di sospirare.
“Ma, almeno ti guardava? Insomma, ti guardava interessato?”
insistette quest’ultimo sporgendosi verso l’altro che per un istante si fece
pensieroso.
Beh, appena avevano incrociati gli occhi erano rimasti per
diversi attimi fermi a fissarsi, e Blaine non
sembrava stranito o mal disposto, anzi, sembrava guardarlo con una certa
intensità, ma forse era solo una sua impressione, forse era solo frutto della
sua fantasia. Quante volte si era lasciato trasportare.
“Io…non lo so Chan, non lo so! E
neanche m’interessa…siamo dispersi in mezzo
all’Oceano ed è l’ultima cosa di cui mi devo preoccupare, abbiamo di meglio a
cui pensare” sbottò Kurt alla fine scostandosi appena e sollevando lo sguardo
verso il cielo.
“Come, per esempio, i soccorsi…quando
credi arriveranno?” domandò cercando un po’ di conforto nell’amico. Dopo Rachel
aveva davvero bisogno che qualcuno lo rassicurasse un po’, e Chandler sembrò
capirlo al volo, infatti allungò un braccio per avvolgere dolcemente la vita di
Kurt e poggiò il capo sulla sua spalla, accarezzandogli la schiena con fare
tranquillo.
“Presto…gli aerei sono super
tecnologici, ci sono i radar e le scatole nere, no? Sono certo che appena ci
hanno visti scomparire si sono messi alla nostra ricerca…”
rispose il ragazzo seguendo anche lui lo sguardo dell’altro verso il cielo.
“Sembra tutto così tranquillo…” replicò
Kurt vagamente sconsolato, sentendo Chandler stringersi un po’ di più a lui.
“Non è moltissimo che siamo qui…dagli
tempo e arriveranno, ne sono certo” ribatté quest’ultimo cercando di infondere
il suo tipico positivismo all’altro, che si lasciò scappare un ultimo sospiro.
“Arriveranno…”
La notte era scesa come un manto leggero sul gruppo, rendendolo
se possibile ancor più inquieto e sfinito.
Si erano organizzati quasi tutti attorno a dei piccoli falò,
sparsi lungo tutta la spiaggia ma il più lontano possibile dalla fusoliera.
Tutto era rimasto esattamente come prima, come nel momento in cui erano
arrivati lì.
I soccorsi non si erano fatti ancora vivi e le persone iniziavano
a sentirsi sempre più oppresse dal peso di una condanna immaginaria.
Blaine
si strinse sotto a una coperta, trovata insieme a molte altre dall’hostess
ispanica che aveva detto di chiamarsi Santana, prima di sporgersi indietro
appoggiando la schiena alla sua sacca da viaggio. Lui e alcuni altri, tra cui
anche Cooper e il dottore, avevano avuto la fortuna di trovare i loro bagagli,
tra le macerie. Sembrava assurdo ma in tanti si erano preoccupati di recuperare
i loro averi in mezzo a tutta quella confusione, sentendosi di poco più
tranquilli solo al pensiero di avere con loro le loro valigie.
Piccole sicurezze.
Scambiò uno sguardo con Artie,
ringraziandolo per il sacchetto di patatine che gli stava porgendo, altra cosa
razziata dal carrello delle assistenti di volo. Cena misera, ma sempre meglio
che niente, senza contare che il suo stomaco stava ringhiando.
Intorno al fuocherello, con loro due, c’erano anche Sebastian e
Cooper. Il primo sembrava molto pensieroso e quando Blaine
gli chiese come si sentisse Mercedes, la risposta del medico gli fece gelare il
sangue nelle vene.
“Sta morendo” sussurrò, muovendo le braci sotto alle fiamme con
un bastone per tenerle vive. Sospirò, prima di guardarlo “Io posso aiutarla
davvero molto poco. Ha un’emorragia interna, forse un arteria recisa o Dio solo
sa cosa. Non ho la strumentazione per operarla e suturare la zona lesa, ne per
bloccare la setticemia del sangue portata dall’evidente infezione che verrà a
causa di questo caldo e delle condizioni della ferita. Non resisterà a lungo se
non vengono a salvarci…”
Artie
sospirò “E se nessuno sapesse dove siamo?”
“Amico, è impossibile” Intervenne Cooper “Non hai mai visto
‘indagini ad alta quota’? c’è la scatola nera negli aerei, che memorizza tutto
quello che succede prima dell’incidente e invia non so cosa alle torrette di controllo…”
Blaine
alzò un sopracciglio verso il fratello. Il discorso era confuso e abbastanza
carente in fatto di contenuto, ma non aveva tutti i torti. Gli aerei che cadono
spariscono dai radar, devono per forza essersi accorti di loro.”
“Questo lo so ma…. Forse non sanno
esattamente dove siamo caduti.” Ripetè Artie “Nel senso…. Sicuramente
sanno circa dove siamo perché, come avete detto anche voi, l’aereo è munito di
sistema di posizionamento che invia le coordinate direttamente al centro di
controllo aereo…. Però forse siamo lievemente fuori
rotta. Dopotutto siamo caduti, no? Potrebbero volerci un paio di giorni….”
Blaine
si sentì ghiacciare il sangue nelle vene e si strinse di più nella coperta. Aspettare
un paio di giorni in quelle condizioni?? Cooper sembrava ugualmente spaventato
a quell’ipotesi pessimistica, mentre Sebastian teneva lo sguardo fisso sulle
fiamme, pensieroso “Cosa facevi, prima di tutto questo?” chiese, voltandosi di
poco verso Artie.
Il ragazzo scrollò le spalle “Sono all’ultimo anno di
Ingegneria.”
“Se trovassimo delle radio…. Tu saresti
in grado di farle funzionare?” chiese di nuovo il dottore.
Artie
sorrise appena “Mi leggi nel pensiero, per caso?”
“Che radio?” si intromise Cooper, rubando una patatina dal
sacchetto di Blaine prima di stringersi di più
addosso la giacca di pelle che aveva recuperato insieme alla sua trolley. Anche
lui era stato fortunato.
“Quelle della cabina di pilotaggio” Gli spiegò pazientemente
Sebastian.
Blaine
si drizzò, guardandosi attorno per quel poco che riusciva viste le tenebre “Non
c’è la cabina di pilotaggio qui…”
Il dottore sbuffò, perdendo del tutto la poca calma che aveva
accumulato a fatica “Siete proprio fratelli voi due, eh” sbottò alzando un
sopracciglio e facendo arrossire il ragazzo “Quella ragazza nasona
e petulante, Rachel, mi ha detto di aver visto del fumo alzarsi oltre gli
alberi poco prima del monte” Spiegò brevemente “Vista la posizione e le poche
nozioni di fisica che possiedo non può essere la coda, ma il muso dell’aereo.
Dico bene?”
“Assolutamente” asserì Artie “Se la
troviamo e qualcosa ancora funziona, magari possiamo mandare un SOS.”
Blaine
raccolse quella valanga di informazioni e le assimilò per bene, prima di
prendere un respiro profondo “Contate su di me.” Si limitò a dire, beccandosi
un sorriso da Artie e un cenno da Sebastian.
“Anche su di me, non lascio che il mio fratellino vada da solo!”
concluse Cooper spettinando i capelli già mal ridotti di Blaine.
Sebastian alzò un sopracciglio “Strano, sembrava lui la tua balia…”
“Qual è il piano?” domandò velocemente Artie,
attirando su di sé tutta l’attenzione per evitare che Cooper se la potesse in
qualche modo prendere. Peccato che
sembrava che non avesse nemmeno recepito la battutaccia.
Il dottore ci pensò su, prima di schiarirsi la voce e iniziare a
fare dei disegni astratti sulla sabbia davanti a lui, usando la punta del
bastone “Noi quattro dobbiamo andare a cercare il muso dell’aereo e tentare
quello che abbiamo detto fino ad ora” decretò guardando sicuro negli occhi
degli altri e trovando il loro assenso “Chi resta qui però deve organizzarsi.
Potrebbe volerci ancora parecchio e voglio limitare le scene di panico al
minimo. Noi partiremo all’alba per non dare troppo nell’occhio, mentre gli
altri dovranno portare i morti dentro alla fusoliera. Domani sera daremo fuoco
a tutto così che i soccorsi possano localizzare la spiaggia nel buio della notte…. Fino a che non ci trovano, la fusoliera va tenuta accesa…”
“Mi sembra un buon piano” decretò Cooper.
“Gli altri saranno d’accordo?” chiese Blaine
guardandolo un po’ preoccupato.
Sebastian scrollò le spalle “Cazzi solo” rispose con molta eleganza
“Ora siamo un gruppo, non siamo più singoli individui. Chi non aiuta non verrà
aiutato. Domani mattina chiederò a quel tipo che ci ha aiutati prima, quel Shuester di parlare al resto del gruppo mentre noi siamo via…. Se vogliamo superare quest’esperienza dobbiamo
attrezzarci. Le valigie senza nome vanno svuotate e vanno raccolti gli indumenti…”
“So che la moglie di Shester era in
coda all’aereo” disse Cooper, prima di chiede molto ingenuamente “Non dovremo
cercarla?”
Artie
si grattò il mento “Sono tante le persone della coda disperse, ma se i miei
calcoli sono esatti è finita in mezzo all’oceano quando si è spazzata, in volo.
Non credo ci siamo possibilità di trovare altri superstiti.”
“Cerchiamo di salvare il salvabile” concluse Sebastian, prima di
sistemare uno zainetto sotto al capo e stendersi, tirandosi addosso la coperta
“Ora dormite, domani si consuma le suole….”
Blaine
seguì il suo esempio, stendendosi, mentre Artie
buttava un’ultima manciata di rami dentro al fuoco.
Si ritrovò a fissare le stelle e sospirare.
Era la scelta migliore, quella di continuare ad aiutare
Sebastian.
Sentendosi utile in quel modo gli sembrava quasi di esorcizzare
la paura di non venire mai trovato, che invece lo avrebbe colto e soffocato se
fosse rimasto fermo su quella spiaggia con le mani in mano.
Doveva continuare a sperare, aiutando la Sorte più che poteva.
~ ~ ~
*FlashBack*
L’aeroporto
di Melbourne era gremito di persone,
quando Blaine vi entrò poco dopo essere sceso dal
taxi.
Cooper si
fermò a firmare un paio di autografi, ma quasi non ci fece caso. Iniziava ad
abituarsi al modo in cui suo fratello calamitava l’attenzione del mondo, ormai
non gi dava nemmeno più tanto fastidio. Si sistemò la sacca grigio scuro sulla
spalla mentre controllava il tabellone per verificare quale fosse il loro
terminal.
Solo quando
il fratello maggiore lo raggiunse, infilando nella tasca interna del giacchetto
di pelle un pennarello nero indelebile, si voltò verso di lui con espressione
scettica “Cosa ti hanno detto, in prigione?”
“Ero in
custodia cautelare” Lo corresse immediatamente l’altro, mentre si avviavano
verso la fila del check in “Devo rimpatriare in
America e sentire che hanno da dirmi…. Comunque non
mi sembra una cosa tanto grave.”
Blaine non riuscì a trattenere una
risatina “Coop, tu hai-”
“Non
ricominciare” Lo bloccò subito l’altro, con un gesto secco “Per favore. Anzi,
sai che ti dico? Tu fai la fila, io vado a prendere un caffè, mi sento
spompato”
Il più
piccolo lo guardò, un po’ scocciato
“Cooper ti sei alzato due ore fa, come diavolo fai ad essere spompato?!” questi non gli diede retta,
passandogli anche la sua trolley “Senti, non allontanarti! Sei sotto alla mia
responsabilità!”
“Non sono
mica un bambino e, ti ricordo, che ho dieci anni più di te!” replicò davvero
stizzito Cooper.
“Si ma la
corte di Stato australiana ha detto che devo farti rimpatriare, quindi visto
che ho la fedina penale immacolata non voglio andare in galera!” lo guardò
allontanarsi verso il bar e tirò un lungo, sofferto, sospiro. Cooper era molto
peggio di un bambino. Sempre tenendolo sotto controllo si mise in fila,
appoggiando gli occhiali da sole sui capelli imprigionati dal gel.
La fila
scorreva lenta, ma, quantomeno, scorreva.
Si ritrovò
a pensare che forse aveva anche il tempo di prendere a sua volta un caffè
quando venne improvvisamente distratto. Mentre si spostavano lungo tutto
l’atrio, gli occhi di Blaine si calamitarono a quelli
azzurro cielo del ragazzo più bello che avesse mai visto in vent’anni di vita.
Era
decisamente più alto di lui – non che ci volesse molto dopotutto- magro, dalla
pelle molto chiara e dai capelli castani accuratamente pettinati. Così come
accurato era l’abbigliamento.
Rimase un
istante folgorato prima di trovare la forza di abbassare gli occhi e capire che
i casi erano due: in primo luogo, tutto di quella magnifica creatura gridava
GAY come un montanaro Tirolese e che, a
sua volta, aveva catalizzato la sua attenzione.
Si
lanciarono diverse occhiate, cercando di non farsi vedere uno dall’altro ma,
alla fine, sembrava quasi che i loro occhi non riuscissero a fare altro che
calamitarsi tra loro.
Si
scambiarono un debole sorrisetto, un po’ imbarazzato, prima che l’arrivo di un ragazzino con i capelli di uno
strano colore, a metà tra il biondo e il pel di carota, si mettesse davanti a
quella visione, demotivando un po’ Blaine.
Lo guardò
prenderlo a braccetto e iniziare a parlare fitto fitto
con lui, così scosse il capo. Dopotutto un ragazzo così bello non poteva essere
single….
Un braccio
ben piazzato si avvolse attorno al suo collo, rischiando di strozzarlo,
annunciando così il ritorno di Cooper.
Dannazione,
avevano notato che stava fissando quel ragazzo. E ciò era male.
Molto male.
“Il mio gay
radar- etero vibra” disse ironico, guardando il fratellino “Hai adocchiato una
preda?”
Il destino
benevolo volle che proprio in quel istante fosse il loro turno. Blaine porse alla ragazza davanti a lui, dietro alla
scrivania, i loro passaporti e i biglietti, aspettando le carte di imbarco “No,
non è vero…”
Blaine era grato a Cooper, perché in
famiglia era la sola persona che accettava la sua omosessualità. Certo che però
sembrava vivere per metterlo in costante imbarazzo.
Tirò Cooper
via di lì, mentre il fratello maggiore guardava un’ultima volta la ‘preda’ di Blaine. Poi si incamminarono verso il loro gate “Potevi almeno provare a parlarci”
“Era
insieme ad un altro!”
“Ah!”
Cooper esultò facendo alzare gli occhi all’altro “Lo sapevo che lo avevi
adocchiato, ebbravo il mio fratellino….
La mela non cade mai troppo lontana dall’altra…”
disse poi con charme, strizzando l’occhiolino ad una ragazza con un discreto
naso pronunciato, vestita totalmente di rosa e con quello che sembrava o un
grosso topo cotonato o un piccolo
cagnetto nella borsa.
Lei rischiò
il collasso.
“Credo che
il modo di dire sia ‘la mela non cade mai troppo lontana dall’albero’, ma ti
sei avvicinato Coop” Blaine si lasciò cadere sulla
sedia con un sospiro rassegnato, controllando l’ora.
Quell’avventura
australiana si era rivelata un po’ deludente, e ora lo aspettava il ritorno in
America. Doveva solo prendere quell’aereo e sperare che Coop dormisse durante
il viaggio…
…. Forse
avrebbe dovuto sperare che l’aereo rimanesse in aria.
To be continued….
Jalexa is Lost.
Bonjour!
Diciamo così perché Jessika si è
svegliata un’ora fa xD
Come procedono le vostre vacanze? Le nostre da Dio, sommerse da millemila FF in corso!
Ma questa per lo meno è
puntuale u.u
Con questo primo capitolo abbiamo concretizzato un po’ di più la
situazione. Abbiamo il dottore, il nerd delle radio e gente inutile, come la
Berry ( NDA Jessika) (Non vale, che scrivi tu le NDA
e io devo subire. NDA Alexa).
Nel prossimo capitolo ci sarà il fattore sconvolgimento, che
ovviamente non può mancare
Per ora ci limitiamo a ingraziare tutti coloro che ci seguono e
in particolare a chi si prende un paio di minuti per dirci la sua con una recensione.
Grazie anche per il fatto che solo nel prologo siamo quasi alle
mille letture e per le molte persone che ci hanno aggiunte a preferite e
seguite.
A martedì! Un bacione
Jalexa.
Ps.
Ci trovate anche sulle nostre pagine di FB, ovvero: