Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Flownes    17/07/2012    4 recensioni
Cosa sarebbe successo se i settantaquattresimi Hunger Games, quelli di Katniss e Peeta, fossero finiti normalmente come tutti gli altri? Gli Hunger Games sarebbero continuati. Ecco, immaginate che nella famiglia Everdeen ci fosse anche un ragazzo, il figlio più piccolo per esempio...
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il mio sonno tranquillo e senza sogni viene improvvisamente turbato da uno scricchiolio.
Arriccio il naso, ancora addormentato, e lo ignoro.
Ma non posso ignorare un urlo terribile che squarcia l’aria dell’alba.
Di scatto mi metto a sedere e la vista di Wes che si schianta a terra insieme al ramo sul quale stava facendo la guardia, mi paralizza. Un altro grido, quello di Leigh, mi riscuote appena e quando sento il mio ramo cedere lentamente, mi sfilo in fretta e furia dal sacco a pelo e inizio a saltare di ramo in ramo verso terra. Tutto sta crollando, ogni ramo che sfioro con i piedi si spezza sotto il mio peso. Ho il cuore a mille e il terrore mi impedisce di fermarmi a riflettere su quanto sta succedendo. Vedo solo un mare di schegge volarmi attorno. E Leigh, che sta cercando di salvarsi, proprio come me.
Quando sono a circa dieci metri dal suolo, il ramo su cui sono appeso si spezza troppo presto e precipito verso la terra, atterro flettendo le ginocchia e i gomiti, che poi cedono facendomi sbattere la faccia sul duro terreno.
In una frazione di secondo alzo lo sguardo su Wes.
I suoi riccioli rossi affiorano sotto l’enorme ramo che lo schiaccia a terra.
Sto per urlare, correre ad aiutarlo, liberarlo, salvarlo, ma non faccio in tempo a fare nulla.
Un dolore terribile alla schiena, poi tutto diventa buio.
Quando riapro gli occhi vedo il cielo, frastagliato dai rami degli alberi e dalle loro foglie verdi. Appena provo a mettermi seduto, una fitta alla schiena mi toglie il respiro.
Stringo i denti e chiudo gli occhi, soffocando un urlo. Sono ancora nell’arena, non posso rivelare la mia posizione così facilmente.
Quando passa il dolore, restando immobile, riconosco il viso di Leigh, seduta al mio fianco: ha gli occhi gonfi e rossi e non riesce a sostenere il mio sguardo, assetato di una risposta alla mia paura più grande.
Si gira dalla parte opposta.
Cerco di afferrarle il braccio, ma questo movimento mi provoca un’altra fitta mostruosa, il mondo perde il sonoro e non riesco a sentire l’urlo disumano che mi esce dalla gola.
Prima che i miei occhi si chiudano, lasciandomi in uno stato di incoscienza, nella flebile luce riesco a vedere un piccolo paracadute bianco fluttuare verso di me.
I rami si sono spezzati.
Sono caduto.
Un ramo mi è crollato sulla schiena.
Probabilmente dovrei essere morto, dato che il benché minimo movimento mi aveva causato un dolore indescrivibile.
Eppure sono qui  a pensare.
Devo essere vivo.
A meno che da morti non si senta il proprio respiro.
E poi, come un fulmine a ciel sereno, rivedo i riccioli rossicci spuntare sotto le foglie di un enorme ramo.
Mi metto a sedere aspettandomi che le vertebre della mia schiena si sfracellino in un mare di schegge di osso.
Ma la mia spina dorsale non minaccia di spezzarsi.
Mi metto in piedi barcollando leggermente, cerco Wes con lo sguardo e quando lo vedo, ancora sepolto sotto il legno le gambe mi cedono, ma Leigh è subito al mio fianco e mi sorregge, altre lacrime sgorgano dai suoi occhi color nocciola, mentre fissa il corpo immobile di Wes, spezzato da quel grosso ramo.
Sento lacrime calde rigarmi le guance.
Chiudo gli occhi e rivedo gli allenamenti.
Wes che duella con la spada.
Wes alla cornucopia, solo e impaurito.
Che mi ringrazia per avergli salvato la vita.
Che gioca nell’acqua.
Che cade dall’albero.
- Le tue ammiratrici non potevano sopportare di vederti soffrire e ti hanno mandato della pomata per la schiena… Ti ho curato io. – la voce di Leigh suona spenta, senza più quella sua allegria, quella sua curiosità.
Mi rendo conto che siamo finiti ad abbracciarci.
Senza parlare mi separo delicatamente da lei e mi avvicino al ramo sotto il quale giace Wes e, con tutta la mia forza, riesco a spostare il ramo, liberando quell’esile corpo dal peso del legno.
Ha gli occhi sbarrati, non respira, la sua schiena e un braccio hanno una strana angolazione.
Non sopporto di vederlo così.
La sua freschezza, la sua innocenza, sono spariti dal suo viso, dove è impressa l’ultima espressione della più grande paura, la paura di morire.
Gli chiudo gli occhi e mi allontano.
Vado a raccogliere arco e frecce, il sacco a pelo, che infilo nello zaino.
Con la coda dell’occhio, scorgo Leigh avvicinarsi al corpo del suo compagno, baciargli la fronte e poggiare un fiore all’altezza del suo cuore.
- Dobbiamo allontanarci. – la mia voce suona troppo dura e fredda e la cosa mi turba molto. L’ultima cosa che vorrei è far soffrire ancora Leigh. Per lei Wes era molto importante, lo conosceva da molto prima di finire agli Hunger Games.
Lavoravano insieme, si dividevano il cibo, si aiutavano a vicenda.
- Insomma... così l’hovercraft potrà portarlo via... – dico più dolcemente.
Ripartiamo.
Camminiamo fino al torrente senza dire una parola, la sento ancora piangere dietro di me, la sento singhiozzare mentre cerca di non farsi notare. Se c’è una cosa che ho imparato di Leigh, è quella di non volersi mostrare fragile, quindi faccio finta di niente.
Quando ci fermiamo, vicino ai massi bagnati dall’acqua, le ghiandaie imitatrici ci segnalano l’arrivo dell’hovercraft.
- Che è successo? – le chiedo abbassando lo sguardo sull’acqua cristallina:
- Gli Strateghi hanno distrutto l’albero su cui eravamo. Siamo rimasti in pochi, solo noi tre... – stringe i denti, trattenendo altre lacrime - ... due, noi due... i Favoriti, i due tributi del Distretto 10 e la ragazza del 9. Dovevano movimentare le cose, per il pubblico non c’è niente di meglio dell’iniziare la giornata con una morte. – pronuncia le ultime parole con un tale disprezzo da farmi rabbrividire.
- Non posso credere che sia morto così. Era così forte... sapeva usare la spada come non ho mai visto nessuno ed era dannatamente bravo ad arrampicarsi... come ha fatto a cadere? –
Si è intristita, ma le farà bene parlarne.
- Mi ero appena svegliata e lui dormiva, ho pensato di non svegliarlo perché... insomma io ero sveglia... sarei stata di guardia al suo posto e invece... se lo avessi svegliato lui... –
Arrivano nuovi singhiozzi e corro ad abbracciarla.
- Non è stata colpa tua. – le sussurro, in modo che nemmeno i microfoni riescano a sentire – è stata colpa degli Strateghi. Degli Hunger Games. Di Capitol City. –
Le mie parole sembrano confortarla e spronarla allo stesso tempo, perché mi allontana, mette in spallalo zaino e riparte.
C’è silenzio.
C’è solo silenzio tra noi, mentre camminiamo in cerca di un posto sicuro per passare la notte.
Poi un colpo di cannone.
Entrambi sobbalziamo.
Un altro colpo.
Due morti.
Mi chiedo chi sarà morto: devono essere i ragazzi del Distretto 10... oppure due dei Favoriti.
Approfittiamo di questa piccola pausa per pranzare con la carne essiccata.
- E il coniglio? – mi chiede Leigh improvvisamente irritata.
- Oh... non ne ho idea, devo averlo perso quando... Durante l’incidente sull’albero. –
- Perfetto. – dice sarcasticamente ricominciando a camminare spedita.
È diventata leggermente irritante, ma non ribatto.
Abbiamo paura di salire sugli alberi, così camminiamo a terra finché troviamo, verso sera, un intreccio di radici e arbusti che forma una grotta naturale, un posto sicuro e praticamente insospettabile.
Lasciamo lì lo zaino, sistemiamo il sacco a pelo e andiamo a ispezionare la zona. Prima di uscire dal nostro rifugio la trattengo per un braccio: - Sono felice che tu sia qui. –
Lei sorride, ma : - teniamoci vicini. Non vorrei che ci succedesse qualcosa... – mi dice  Leigh mentre esce dal nostro rifugio e si allontana di qualche metro.
Ma quando la raggiungo non riesco a camminare.
C’è qualcosa di invisibile che ci divide.
- Leigh! – dico alzando la voce e tastando la parete invisibile. Anche lei si accorge della barriera e si lascia prendere dal panico: siamo in una zona della montagna che non conosciamo e lei è bloccata dalla parte opposta della grotta naturale.
- Ok, manteniamo la calma. Forse possiamo aggirarla o... o scavalcarla. Proviamo tutto. –
Camminiamo percorrendo una lunghezza che sembra infinita, come la barriera che continua a separarci.
Proviamo a scavalcarla, arrampicandoci sugli alberi, ma la barriera è più alta di quanto immaginassimo e non riusciamo a scavalcarla.
Proviamo a distruggerla: scaglio una freccia contro di essa, ma mi rimbalza contro e quasi mi trafigge una spalla; Leigh cerca di pugnalarla; alla fine la prendo a spallate, a pugni, ma quella stupida barriera resta lì, immobile e indistruttibile, a dividerci, a separare la nostra alleanza, a renderci fragili.
Lei più di me: non ha le provviste e io non posso nemmeno passargliele. È da sola, con i suoi coltelli.
Durante il pomeriggio, mentre cerchiamo un modo per aggirare la barriera invisibile sentiamo altri colpi di cannone, prima tre, uno dietro l’altro, che ci allarmano: cosa stanno combinando i Favoriti? Si sono scontrati? Chi di loro è morto? Grace? A quel pensiero sento il cuore rallentare il battito.
Quando arriva la sera siamo ancora lì, poggiati alla barriera, schiena contro schiena, afflitti e spaventati, quando sentiamo un altro colpo di cannone.
- Che sta succedendo?! – sussurra Leigh guardandosi intorno terrorizzata.
- Io... io non ne ho idea... ma suppongo che non sia una buona cosa... –
- Certo che no. Forse è meglio che restiamo separati... forse dovremmo andare ognuno per la sua strada a questo punto... –
Nemmeno lei crede nelle sue parole, ne sono sicuro.
- Io non mi muovo da qui, se vuoi, sei libera di andare però. –
Non se ne va. La vorrei ringraziare. Ho paura di restare solo più di ogni altra cosa in questo periodo della mia vita.
Decido di non mangiare, per rispetto: lei non ha niente.
Vado però a prendere lo zaino e il sacco a pelo e mi metto a dormire vicino a lei. Siamo entrambi scoperti e visibili, ma quando cerca di insistere per mandarmi al sicuro nel rifugio la fulmino con lo sguardo: - Non ti lascio sola. –
Cerco di restare sveglio, per paura di rivedere Wes nei miei sogni, potrebbe essere in collera con me e Leigh per non averlo aiutato...
Mentre sto per addormentarmi un fruscio di foglie, apro gli occhi e balzo in piedi, incocco l’arco e mi guardo intorno. Non vedo nessuno, se non Leigh, ancora addormentata.
La chiamo, ma non mi risponde.
La chiamo ancora, ma regna il silenzio.
Tempesto di pugni la barriera invisibile, possibile che la abbiano anche insonorizzata adesso?
Sto letteralmente urlando il suo nome, nel disperato tentativo di svegliarla.
Poi la vedo e il mio cuore inizia a martellare velocemente, sento la paura, l’odio e il disprezzo nei suoi confronti avvelenarmi il sangue, ma non posso fare nulla, se non restare a guardare.
- Non puoi farlo! Allontanati! Non osare toccarla! – ho perso la testa, non capisco più niente, so solo che la sta per uccidere, la vedo sorridere diabolicamente, avvicinarsi a Leigh con un coltello in mano.
Devo salvarla! Devo fare qualcosa! Non possono tenermi qui, impotente! A lasciarla morire! No!
- Lasciala stare! Ferma! No! – le mie urla si perdono nell’aria, mentre la lama scintillante taglia la gola di Leigh.
Cado in ginocchio, lasciandomi scivolare dalle dita l’arco.
No.
Non può essere vero.
Non l’ha uccisa.
Ma è tutto vero. Leigh è stata appena stata uccisa, il sangue le esce in abbondanza dalla gola, dalla bocca, bagnando il terreno.
E adesso sta ridendo di me, della mia reazione, della mia debolezza, del mio dolore.
Quel mostro sta ridendo di me.
Sta ridendo dopo aver ucciso in un modo orrendo Leigh, la mia amica, la mia sola amica nell’arena, forse la sola che io abbia mai avuto, le ragazze non sono mai state importanti per me, tutte storie passeggere, nessuna amica, nessuna che mi capisse, che mi accettasse davvero.
Stringo i denti.
Tremendo di rabbia mi rialzo, serro dita intorno all’arco, stringendolo con così tanta forza da farmi sbiancare le nocche.
Raccolgo lo zaino.
Mi volto verso quella ragazza che mi ha rubato Leigh, quella ragazza che mi ha tradito, vendendomi ai Favoriti, quella ragazza così perfida, infida, viscida e odiosa.
La guardo con odio, dolore e sete del suo sangue.
Sembra agitarsi.
Distoglie lo sguardo.
Fugge.
Mi giro e inizio a correre verso il torrente, verso la cornucopia, quando sarò lì gli Strateghi saranno contenti e rimuoveranno la barriera.
Quando raggiungo i massi bagnati dall’acqua cambio direzione, vado verso est, nella direzione presa da Marie, ma questa volta salgo su un albero, salgo in alto.
Quando raggiungo quasi la sua cima mi fermo, al chiarore della luna, mi metto in piedi sfidando la foresta con lo sguardo.
Qualcosa è cambiato dentro di me.
Devo vincere, non cercare di sopravvivere.
Devo vincere per Wes, ucciso dalla crudeltà degli Strateghi.
Devo vincere per Leigh, uccisa da quel mostro di Marie.
E, con gli occhi lucidi, ma pieni di dolore e cattiveria, con voce minacciosa, carica di odio, urlo con tutto il fiato che ho in corpo:
- Vengo a prenderti. -





Purtroppo questo capitolo è molto triste, ma gli hunger games sono dei giochi terribili dove dolore e sofferenza contano solo per i tributi, per le telecamere sono solo un piatto succulento da godersi lentamente. recensite in molti ragazzi, accetto critiche, consigli, di tutto!!! al prossimo capitolo e... scusate, scusate, scusate per aver ritardato tanto, ma ero in vacanza e non ho potuto scrivere nemmeno una parola prima di oggi! D: spero che comunque vi piaccia questo capitolo ;)
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Flownes