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Autore: Karyon    17/07/2012    3 recensioni
Partecipa all “Last night a DJ saved my… fanfiction!” del Collection of Starlight.
Theo scrollò il capo «Vuoi cercarli?»
Luna annuì entusiasta «Però devi toglierti quell’espressione musona, perché i gorgosprizzi scappano se avvertono un’aura triste».
Chissà perché, aveva l’impressione che anche quei cosi non esistessero.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Coppie: Luna/Theodore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Partecipa all “Last night a DJ saved my… fanfiction!”(un nome più lungo no, eh? xD) del Collection of Starlight.
Pairing: Theodore Nott/Luna Lovegood [Dewdrops and Daybreak]
Note di servizio: Ok, la canzone c’entra poco, ma in realtà è come una sorta di background sottinteso: Luna è così leggera, spontanea e se stessa che non può che spiazzare il povero Nott. Credo che alcuni versi come “leave me be” o “Livin’easy,  love free” possano bene adattarsi a Luna. So che forse sembrano un po’ OOC, ma per quanto riguarda Nott ho delle spiegazioni: la Row stessa a sottolineato che è un ragazzo solitario e intelligente, non propenso a mettersi in bande (infatti non è in quella di Malfoy) e poco interessato a mettersi nei casini. Per quanto riguarda la lettera del padre, beh… è una cosa estemporanea messa lì, tanto per… ho volutamente non indicato un preciso anno “storico”. Il titolo richiama il nome inglese dei Gorgosprizzi, ennesimi animaletti inventati da Luna e padre.
 
Wrackspurts
Livin' easy| lovin' free| season ticket on a one-way ride
Askin' nothin'| leave me be| takin' everythin' in my stride
Don't need reason| don't need rhyme
Ain't nothing that I'd rather do.

Vivere facile, amore libero| Abbonato per una corsa di sola andata
Non chiedo nulla! lasciami essere| Prendo tutto in un colpo solo
Nessun bisogno di ragione| nessun bisogno di rima

Non c’è nient’altro che vorrei fare.
Highway to Hell – AC/DC
 
 
 
Era incredibile.
Ogni giorno di più, Theodore Nott si chiedeva se fosse possibile continuare quella storia in modo così… folle. Di solito si incontravano verso sera – all’angolo umido del corridoio Slytherin, oppure alla porta spara-domande di Ravenclow – e stavano insieme per ore interminabili.
Theo avrebbe anche potuto dire che se la spassava, che aveva conquistato una della banda di Potter, ma la verità era che era lui quello completamente soggiogato da quella sottile figura che si era infiltrata così leggermente nella sua testa.
La verità era che Luna Lovegood era davvero leggera, come se possedesse un tocco lieve e magico che non poteva fare altro che schiuderle qualsiasi cosa – fosse una sensazione, un pensiero imbarazzante o un’idea folle; a ogni cosa lei rispondeva con quello sguardo stralunato, fiducioso e mai impaziente.
Solo con lei, Nott credeva di poter parlare di qualsiasi cosa gli passasse nella testa.
Ricordava ancora come tutto era iniziato: lei era lì, in Sala Grande, a chiedere ingenuamente se per caso il suo nome si fosse tramutato improvvisamente in “Lunatica” –  visto come tutti lo pronunciavano a suo indirizzo per i corridoi – e lui aveva aperto bocca per sottolineare acidamente quello che era ovvio a tutti, a giudicare dall’assurdo cappello viola che lei indossava.
Di solito a lui non interessavano quelle banali beghe tra Casate, che di solito coinvolgevano Potter e Draco Malfoy, né ci teneva a entrare in una banda specifica; eppure, quel pomeriggio, la lingua era partita da sola, quasi ignorando i saggi consigli del cervello di starsene fuori dalle faccende spinose. Si era aspettato di tutto poi, quando la bionda Corvonero si girò a fissarlo con i grandissimi occhi azzurro chiaro, ma non quello.
Perché Luna “Lunatica” Lovegood semplicemente esordì con un luminoso e bizzarro sorriso «È solo qualcosa di originale. Non credevo che i Serpeverde si sconvolgessero per così poco» gli fece con aria svagata.
In realtà lei non si rendeva quasi mai conto delle frasi estrose che pronunciava, né dell’effetto che potevano fare alle persone; Nott se n’era accorto subito e, proprio per quello, aveva voluto conoscerla meglio.
Ora, dopo qualche mese di dialoghi sconnessi al limite del possibile e qualche incontro causale, Theo poteva quasi dire che si frequentavano.
Forse Luna neanche se n’era accorta, visto con quanta semplicità continuava a parlargli, a scavargli dentro o anche solo ad ascoltare i soliloqui a ruota libera che – con lei, solo con lei – fuoriuscivano così impetuosamente. Luna entrava nel dormitorio di Serpeverde con la naturalezza di una di loro, fregandosene degli sguardi ammiccanti o delle allusioni offensive; parlava con chiunque e a chiunque mostrava un sorriso svagato, fosse anche lo stesso Draco Malfoy che i suoi amici così odiavano. Quando lui ammutoliva o era sovrappensiero per questioni che riguardavano suo padre e i Mangiamorte, lei semplicemente cambiava argomento con la delicatezza di una farfalla e la leggerezza di un bambino. Eppure era sicuro che sapesse tutto di lui e del suo retroterra oscuro.
Era incredibile, ma più passava il tempo e più Nott credeva di aver trovato la persona che poteva capirlo a un livello superiore, che non si limitasse alla semplice Casata di appartenenza o alla purezza del sangue. E si crogiolava in quella sensazione di… serenità più volte che poteva, anche se lei non sembrava del tutto consapevole di cosa stesse accadendo.
Almeno fino a quel giorno, quando si sentì troppo male persino per respirare.
«Theo, sei qui?»
La lunga chioma bionda fece capolino nel dormitorio vuoto, mentre lui si limitava a guardarsi le mani seduto sul letto ordinatamente fatto. Ormai, dopo tutti quei mesi, anche i suoi compagni di Serpeverde avevano imparato a lasciar passare “la tizia bionda dalle frasi enigmatiche”; soprattutto quando avevano capito che sguardi arcigni e battutine sarcastiche non funzionavano, non con lei.
«Theo?» Ripeté, avvicinandosi con sicurezza. Era anche l’unica a cui permetteva – anzi, che si era appropriata arbitrariamente del diritto – di usare un diminutivo ricavato dal suo nome di battesimo. Per il resto del mondo, lui era Nott.
Theodore si passò velocemente il polsino sul viso, poi alzò lo sguardo verso di lei: purtroppo aveva smesso di piangere da troppo poco tempo per poter celare il rossore del viso o i residui di lacrime. Ancora una volta, se lei se ne accorse o meno non lo diede a vedere.
«Hai dimenticato che dovevo farti vedere i Nargilli?» Fece solo, strappandogli un veloce sorriso: quando gli aveva parlato di quegli esserini aveva capito subito che si trattava di una bugia bella e buona, eppure aveva sentito il bisogno di assecondarla; ci credeva con tanta dolce innocenza che non aveva voluto dirle niente. Inoltre era sicuro che lei non avrebbe mai ceduto e avrebbe semplicemente continuato a insistere, portandolo a zonzo per il parco alla loro ricerca.
Quindi perché ostinarsi inutilmente?
Proprio lei gli aveva insegnato la leggerezza di un’innocente fantasia che potesse illuminare le giornate e la vita intera.
Theo annuì «Sì, scusami… io sono stato occupato…»
La lettera da casa era ancora a terra dove l’aveva gettata; in calice, la firma di suo padre e il sigillo di ceralacca rilucevano come sangue. Lo sguardo di Luna vagò ad assimilare dettagli con precisione e velocità, nascondendo il tutto in rapidi  battiti di ciglia. Quando si girò nuovamente verso di lui, manteneva la solita espressione serena e sorpresa di tutti i giorni «Non fa niente. Ti ho detto che ci sono altri piccoli esserini magici che vivono in casa? Guarda caso proprio nei posti umidi!»Esclamò, mentre il viso le si illuminava.
Theo scrollò il capo «Vuoi cercarli?»
Luna annuì entusiasta «Però devi toglierti quell’espressione musona, perché i gorgosprizzi scappano se avvertono un’aura triste».
Chissà perché, aveva l’impressione che anche quei cosi non esistessero.
Tuttavia Theo si lasciò tirare su e poi trascinare dalla mano calda e rassicurante della ragazza; almeno fino alla porta del dormitorio, quando Luna si girò di scatto per posare le labbra sulle sue.
Il bacio che seguì fu veloce e dolce, eppure piuttosto intenso – almeno dal momento in cui Theo realizzò cosa davvero stesse accadendo.
Quando si separarono, guardò Luna alla ricerca di una spiegazione, ma lei per tutta risposta tornò a tirarlo per la Sala Comune tra gli sguardi attoniti dei compagni.
«Si annidano vicino ai camini, sai? Soprattutto verso sera!» Continuò a esclamare, guardandolo di tanto in tanto con un grosso sorriso allegro e senza traccia d’imbarazzo.
Theo pensò che, la prossima volta, avrebbe dovuto inventarsi qualche strano animale rifugiato in una parte silenziosa e, soprattutto, deserta del Castello; così avrebbe potuto approfondire con maggiore dovizia quel complesso di follia che era la sua Lunatica Lovegood. 
   
 
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