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Autore: whateverhappened    17/07/2012    2 recensioni
Se c'era una cosa di cui Sebastian non aveva decisamente sentito la mancanza, quella era l'aeroporto di San Antonio. O, per meglio dire, qualsiasi cosa avesse a che fare con San Antonio. O con il Texas. O con suo nonno. Non aveva mai creduto nel karma o in tutte quelle idiozie per cui ti capita quello che ti meriti in base al tuo comportamento, ma evidentemente le maledizioni che aveva ricevuto pressoché da chiunque negli ultimi anni stavano avendo il loro effetto: Sebastian stava vivendo un incubo.
Per il compleanno di Robs (:
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate due settimane da quando Sebastian era arrivato al ranch di suo nonno. Era riuscito ad abituarsi al gallo sotto alla sua finestra che, ogni mattina, lo svegliava con ben poca delicatezza. Aveva imparato a convivere coi modi rudi di Carl e aveva ormai preso un buon ritmo con il lavoro. Persino Zeus si era abituato alla sua presenza e gli concedeva l'onore di cavalcarlo, tranne quando era di malumore, in quei casi continuava a disarcionarlo come il primo giorno. In quelle due settimane si era adattato alla vita texana, per quanto gli sembrasse ancora assurdo. Ma ancora Sebastian sentiva di non avere capito tutto di quel luogo: ancora non era riuscito a decifrare Thad.

Da quel primo giorno di lavoro in cui Thad aveva in qualche modo preso le sue difese, i due ragazzi erano stati praticamente sempre insieme. Carl aveva apprezzato che il nipote avesse lavorato e soddisfatto le sue richieste, quindi aveva stabilito che da lì a quando sarebbe partito per l'Ohio Sebastian avrebbe lavorato esclusivamente con Thad. Sebastian non aveva mosso alcuna obiezione, in parte perché l'idea di trascorrere le sue giornate con quel ragazzo misterioso lo stuzzicava, in parte perché avrebbe rischiato di finire a dar da mangiare a dei maiali in compagnia di qualche uomo di Neanderthal, meglio non rischiare. Aveva sperato di riuscire a scoprire per quale motivo Thad non avesse parlato con Carl, ma lui non si era sbottonato e, dopo due settimane, a Sebastian sembrava di non conoscerlo più del primo giorno.

Quel pomeriggio non avevano molto lavoro da fare: le pecore dovevano essere tosate e a quello pensava altra gente, con somma gioia di Sebastian. Si erano così ritrovati a stendersi al sole nella zona più tranquilla del ranch, dove un tempo c'era l'altalena che ricordava Sebastian. Ricordava come lui e sua sorella si nascondessero dietro quegli alti alberi sotto cui adesso era stato sistemato un tavolo da picnic.

«Mangiate spesso qui?» Si ritrovò a chiedere Sebastian. Thad, sdraiato accanto a lui, sollevò il cappello che gli copriva il viso e lo guardò incuriosito.

«No, mai. Carl lo ha fatto mettere per le visite della famiglia, quindi lo usa solamente quando tuo zio Frank viene con sua moglie».

«Ah» rispose semplicemente Sebastian, abbassando il viso ad osservare il terreno. Non ricordava l'ultima volta che aveva mangiato con tutta la famiglia, era probabile che ci fosse ancora sua nonna, mancata sette anni prima. Non vedeva suo zio da allora.

«Non so se dovrei dirtelo, ma penso che tuo nonno sia molto dispiaciuto del fatto che voi non veniate mai. Quando parla di voi...» Thad si interruppe, cercando lo sguardo di Sebastian. «Quando parla di tua madre o di quando tu e tua sorella eravate piccoli ha un'espressione particolare. Nostalgica, direi».

Sebastian scrollò le spalle. «Non è certo colpa mia».

«Non l'ho mai detto».

Sebastian alzò un sopracciglio. «No, ma lo fai capire molto bene. Tu e mio nonno. Come se fosse colpa mia se da un giorno all'altro ci siamo trasferiti a Parigi!»

Thad sorrise, cercando di calmare l'irritazione di Sebastian. «È stata colpa tua, però, l'essere diventato un fighetto di città».

«Magari mi sono stancato» ghignò Sebastian, osservando Thad. «Magari non voglio più avere a che fare con gente dell'alta società, forse mi sono stufato dei miei giocattolini altolocati».

«Uptown girl! She's been living in her uptown world, I bet she's never had a backstreet guy, I bet her mama never told her why...» Thad iniziò a cantare, riconoscendo in parte le parole pronunciate da Sebastian. Con sua grande sorpresa l'altro ragazzo sorrise, seguendolo.

«I'm gonna try for an uptown girl! She's been living in a white bread world, as long as anyone with hot blood can...»

«And now she's looking for a downtown man, that's what I am!»

Sebastian notò che Thad cantava con un gran sorriso in volto. Lo aveva già visto felice, naturalmente, ma mai come in quel momento: sembrava quasi che vivesse per quel momento. Il sorriso non abbandonava mai le sue labbra, né i suoi occhi: Sebastian doveva ammettere che non era mai stato tanto affascinante come in quel momento.

«And when she knows what she wants from her time, and when she wakes up and makes up her mind...»

Sebastian amava cantare. A Parigi aveva persino seguito un corso di canto con grande dedizione, salvo non presentarsi al saggio finale della scuola. Non che avesse avuto paura del palcoscenico, anzi, era piuttosto certo che avrebbe buttato giù la sala a suon di applausi, semplicemente non aveva voluto. Il canto era quel mondo in cui andava a rifugiarsi quando aveva bisogno di staccare la spina, il suo antistress, un luogo dove solo Sebastian Smythe poteva entrare. Il fatto che in quel momento stesse cantando senza alcuna remora insieme a Thad aveva quasi dell'assurdo, ma in qualche modo non lo sorprendeva. Voleva solo continuare la canzone, lasciarsi trasportare dal gran sorriso di Thad e dimenticare Parigi, sua madre e tutto il resto.

Quando la canzone, inevitabilmente, finì i due rimasero in silenzio per qualche minuto. Thad iniziò a giocherellare con il cappello, mentre Sebastian non riusciva a distogliere lo sguardo dal tavolo da picnic poco lontano.

«Non sapevo sapessi cantare» fu Thad a rompere il silenzio. Sebastian si voltò verso di lui, un sorriso ironico a increspargli le labbra.

«Nemmeno io, se per questo. Non fai così schifo».

Thad scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Lo so! Non faccio affatto schifo. Sappi che non riuscirai a farmi credere il contrario, Jeff ci prova da una vita e ancora non ha avuto successo».

Sebastian sussultò, sorprendendosi appena un'istante dopo di quella reazione così insolita. «...Jeff?»

Thad annuì, sorridendo. Sebastian strinse i pugni, per poi mordersi la lingua per l'assurdità dei suoi stessi comportamenti. Aveva visto Thad sorridere per le cose più svariate, non ultima una canzone, non vedeva per quale motivo quella volta dovesse essere diverso.

«Jeff, sì. È il mio migliore amico, facciamo entrambi parte del Glee Club della nostra scuola».

Sebastian ignorò la conclusione di Thad, concentrandosi esclusivamente sulle prime parole, mentre si sentiva all'improvviso più rilassato. Quand'era che aveva artigliato il bordo della sua maglia?

«Il tuo migliore amico?»

Thad annuì. «Da anni. È un completo idiota! Dovresti conoscerlo, scommetto che riuscirebbe a toglierti quel sorrisetto da schiaffi e a farti fare una vera risata!»

«Sembra un tipo interessante» il tono era abbastanza piatto, ma Thad lo ignorò. Non aveva smesso un attimo di sorridere da quando questo fantomatico Jeff era entrato nella loro conversazione.

«Decisamente! È una forza della natura. Adesso che c'è Nick, poi, è impossibile fermarlo... Oh, scusa. Nick è il suo ragazzo» spiegò, notando l'espressione confusa di Sebastian. «È arrivato a scuola l'anno scorso e ha subito legato con Jeff. Parola mia, non ho mai visto due persone avvicinarsi così in fretta come loro. Il giorno prima non sapevano nemmeno dell'esistenza l'uno dell'altro, quello dopo erano inseparabili».

Sebastian lo guardò confuso. «Quindi, aspetta... Questo Jeff è il tuo migliore amico, quindi facevate tutto insieme, giusto? Poi è arrivato questo Nick e ha iniziato a stare lui con Jeff?»

«Non è proprio così, ma ecco...»

«A me sembra abbastanza semplice: ti ha rubato il tuo migliore amico. Dovresti riprendertelo» Thad scoppiò a ridere e Sebastian lo guardò sinceramente dubbioso. Il suo ragionamento aveva senso, eccome se ne aveva.

«Non funziona così, Sebastian. Non è una cosa alla “prenderò ciò che è mio con il fuoco e con il sangue”».

«Certo che no, tu non sei un Targaryen. Dovresti ossigenarti i capelli prima di poter anche solo pensare di esserlo».

«Non ti facevo fan di Game of Thrones, sai? Se si guardano i capelli, poi, è Jeff il Targaryen».

«Biondo?»

Thad annuì. «Comunque non mi dà fastidio che trascorra il suo tempo con Nick. Forse all'inizio ero un po' geloso, ma nulla di importante. Jeff se lo merita, è un bravo ragazzo. Inoltre Nick lo rende felice».

Sebastian fece una smorfia. «Che discorso buonista».

«Non è vero...» Sebastian non riusciva a decifrare l'espressione di Thad, sembrava quasi preoccupato. «Non è questione di essere buonisti, davvero. Voglio dire: quando tieni a una persona, quando ci tieni davvero, l'unica cosa che vuoi è che sia felice. Un po' come fanno le madri, no?»

«Non credo sia una verità universale» rispose secco, tornando a rivolgere lo sguardo al tavolo da picnic poco lontano.

«Dovrebbe. E tu dovresti parlare di tua madre, visto che ti turba così tanto».

Sebastian gli rivolse un'occhiata carica di rabbia, Thad poteva quasi tastare l'astio. «Non mi turba affatto e, ad ogni modo, non sono affari tuoi».

«No, certo! Non hai nessun problema con lei, non diventi il re del silenzio non appena Carl o qualcun altro la nomina! Non vorresti staccarmi la testa solo per aver tirato fuori il discorso. No, certo».

«Non ti staccherei mai la testa: quando stai fermo e zitto, sai essere un bel vedere» ghignò, ma Thad poteva ancora vedere la rabbia nel suo sguardo nonostante l'ironia. «Ora, se hai finito di fare lo strizzacervelli e vuoi renderti utile in altro modo, bene, altrimenti torna a tosare pecore».

Thad lo osservò alzarsi ed allontanarsi. Camminava tranquillo, all'apparenza, ma poteva vedere come stringesse i pugni con forza. Si sorprese di come fosse arrivato a notare quei dettagli in una persona che conosceva da così poco tempo, eppure non aveva avuto difficoltà a capire il linguaggio corporeo di Sebastian: intuiva quando era arrabbiato, quando era stanco, quando era turbato, ma ancora non aveva trovato un modo per interagire con lui. Si morse il labbro, irritato: odiava la frustrazione che provava per non essere capace di legare con il ragazzo, non avrebbe mai dovuto essere così. Non avrebbe mai dovuto preoccuparsi.

 

Thad arrivò in cucina quasi correndo, sapendo come Carl detestasse i ritardi per la cena. Era un uomo molto preciso e detestava perdere del tempo prezioso per colpa di altri. Aveva imparato a sue spese che ritardare ad un pasto con l'uomo voleva dire mangiare da soli: Carl Hill non aspettava nessuno. Si sorprese, quindi, quando trovò la tavola ancora sparecchiata. Carl era seduto al suo solito posto e si massaggiava le tempie.

«Carl?» Domandò, dubbioso. L'uomo gli rivolse un'occhiata veloce.

«Ah, Thad. Siamo in ritardo per la cena. Mio nipote non dà segno di vita e Mary Anne è preoccupata. Pensavo che fosse cambiato, che avesse imparato qualcosa, invece è lo stesso ragazzino viziato di prima...»

Thad sussultò: Sebastian non era ancora tornato? Erano passate ore da quando l'aveva visto l'ultima volta. Doveva essere davvero arrabbiato per non rientrare a casa, sapendo che suo nonno avrebbe potuto reagire male. Si morse il labbro, decidendo rapidamente.

«Che idiota che sono!» Si passò una mano sulla nuca, come sempre quando era a disagio. A Carl non sfuggì il gesto.

«Che hai fatto?»

«Avrei dovuto riferire a Mary Anne che io e Sebastian non mangiamo qui stasera, ma me ne sono dimenticato. Ero venuto appunto a prendere dei sandwich...»

«Cosa vuol dire che tu e Sebastian non mangiate qui?» L'espressione di Carl, da tesa, si fece divertita. L'uomo si voltò verso di lui, sorridendo complice. Thad non capì immediatamente, ma quando realizzò arrossì di colpo.

«Cos- No! No, Carl, non è quello che pensi! No!»

Carl scoppiò a ridere, battendogli ripetutamente una mano sulla spalla. «Su, ragazzo, smettila di arrossire come una scolaretta! So bene che mio nipote è un bel ragazzo e, fra tutti quelli che potrebbe portarmi a casa, di te non mi lamenterei affatto».

«No, davvero! È una bella serata, si vedono bene le stelle...» Improvvisò Thad, tentando di ignorare il calore che sentiva crescere sulle guance.

«Romantico!»

«...Ha detto che doveva fare non so che ripasso di astronomia, così ho deciso di approfittarne anch'io. Manca poco alla scuola» lasciò cadere la battuta di Carl, ma l'uomo continuava a guardarlo divertito.

«Certo, certo. Come vuoi tu. Le regole le sai: non si fa niente dentro casa e quando rientri chiudi a chiave. Divertiti, ragazzo, e dì a mio nipote che approvo la sua scelta».

Se possibile, Thad arrossì ancora di più. Salutò rapidamente Carl e si precipitò fuori di casa, lontano dalle battute del suo datore di lavoro. Battute infondate, oltretutto, perché fra lui e Sebastian non c'era nulla di più di un pacifico rapporto di lavoro. Coesistevano, magari con qualche dialogo un po' spinto e un'ironia pungente, ma non c'era nulla di più di una semplice convivenza. Non poteva nemmeno definirlo suo amico, deciso com'era a non farsi conoscere da Thad. Bastava vedere come si era comportato quella sera: pur di non parlare era sparito nel nulla per ore e ore, costringendolo a mentire per lui. Si morse il labbro, doveva essere onesto, almeno con se stesso: Sebastian non gli aveva mai chiesto di coprirlo con suo nonno, quella era già la seconda volta che lo faceva di testa propria.

Sellò rapidamente Zeus, sperando che la cavalcata lo aiutasse a schiarirsi la mente e a dimenticare l'imbarazzante dialogo appena avuto con Carl. Gli fu subito chiaro che non sarebbe stato così: ad ogni passo gli tornavano in mente momenti in cui aveva preso le parti di Sebastian, in cui aveva scherzato, riso con lui. Si era giustificato dicendosi che era il nipote del suo capo, era praticamente obbligato a trovarlo simpatico, ma la preoccupazione che gli stava annodando lo stomaco non faceva parte del pacchetto. Non poteva più negarlo: Sebastian era sparito da ore e lui stava per dare di matto.

«Come hai fatto a trovarmi?»

La voce lo fece sussultare. Alzò lo sguardo dalle redini e notò che era arrivato al punto estremo della proprietà, la staccionata di confine era solo pochi metri più avanti. Era così impegnato a pensare che non si era neanche accorto che Zeus lo stava conducendo dritto alla sua meta. Sorrise: era naturale, Zeus era ormai il cavallo di Sebastian.

«Zeus» rispose infatti, scendendo dal cavallo e accarezzandogli il muso.

«È bello sapere che chi mi conosce meglio è un cavallo» ribatté Sebastian, alzando un sopracciglio, prima di tornare a sdraiarsi a terra.

«Non dire cazzate, ti avrei trovato comunque» Thad gli si sedette accanto, passandogli un sandwich e una bottiglietta d'acqua. «La prossima volta che vuoi fare escursioni avvisa, Mary Anne stava impazzendo».

Sebastian roteò gli occhi. «Certo, la cameriera».

«Governante. E anche tuo nonno, lui era... preoccupato».

«Sicuro, e gli asini volano. Probabilmente aveva già composto il numero di mia madre».

Thad si morse l'interno della guancia, deciso a non rivelare ciò che gli aveva detto Carl. «Pensi troppo male di lui».

«E cosa avrebbe detto?» Sebastian rise istericamente, fissando Thad come sfidandolo a rispondere.

«Di riferirti che hai buon gusto» disse dopo qualche istante, sorridendo. L'altro lo guardò confuso.

«E perché mai?»

«Ti ho coperto» spiegò. «Gli ho detto che mi ero dimenticato di riferire a Mary Anne che stasera avremmo mangiato fuori per vedere le stelle».

«Romantico» ghignò Sebastian. Thad sorrise nuovamente.

«Proprio quello che ha detto lui. A quanto pare è convinto che stiamo insieme o qualcosa del genere» rispose divertito, godendosi l'espressione stupita di Sebastian.

«A questo posso credere, dopo tutto so che vorresti dargli ragione... Chi non vorrebbe, visto che si tratta di me? Solo che mio nonno non direbbe mai che ho buon gusto».

Thad rise, alzando le mani in segno di sconfitta. «Okay, okay! Ha detto che “approva la tua scelta”».

«Questo mi torna già di più. Non pensavo che fosse diventato così... aperto».

Thad abbassò lo sguardo, lasciando che il silenzio calasse fra loro per qualche istante. La sua mente fu presa dai ricordi degli ultimi due anni, dagli eventi che erano successi. Sospirò, pensando che era giunto il momento: non sapeva se fosse giusto parlarne con Sebastian, visto che lui stesso era turbato da qualcosa, ma sapeva che aveva bisogno di parlare.

«Forse non lo era un tempo, non lo so, ma da quando sono qua io è sempre stato notevolmente aperto» Sebastian gli rivolse uno sguardo interrogativo, ma rimase in silenzio, come ad invitarlo a continuare. «Mio padre lavorava qui, anche se dubito che tu te ne possa ricordare. Aveva un ruolo importante, Carl si fidava di lui. Poi, due anni fa, è cambiato tutto. Ho fatto coming out a casa...»

«Cosa? Mi stai dicendo che sei veramente gay?» Sebastian si sedette di scatto, fissando Thad come se gli avesse appena detto che era un alieno proveniente da Marte. L'altro scoppiò a ridere.

«Sono bisessuale. Pensavo l'avessi capito».

«Il mio gaydar dev'essere fuori uso» constatò Sebastian, facendo sorridere Thad.

«Forse deve solo riadattarsi alla gente americana».

«Forse... Mi piace questo risvolto nella storia, Drover. Potrebbe risultare piacevole...»

Thad scoppiò a ridere. «Certo, señor. Mio padre non reagì così bene quando glielo dissi...» Abbassò nuovamente lo sguardo, mordendosi il labbro. «Urlò e si arrabbiò, dovette intervenire mia madre. Gli disse che ero suo figlio, che doveva accettarmi, e in risposta lui se ne andò. Uscì sbattendo la porta e non tornò più. Quando venni a chiedere a tuo nonno se sapeva qualcosa lui mi disse che mio padre era passato a dare le dimissioni, fu allora che capii che non sarebbe più tornato. Chiesi a tuo nonno di assumermi – a casa serviva uno stipendio – e da allora l'estate lavoro qui. Dopo qualche mese da quell'avvenimento Carl mi chiese cosa fosse successo, glielo dissi e ricordo che non fece una piega alla mia confessione. Mi disse solo: “con chiunque tu ti metta, in questa casa non si fa niente”» sorrise, Carl gli aveva ricordato quelle parole proprio quella sera.

«Potremmo farci beccare da mio nonno mentre ci rotoliamo fra le balle di fieno... Tecnicamente la stalla non fa parte della casa».

«Sebastian!»

Per la prima volta in quelle due settimane, Thad vide Sebastian ridere. Lo aveva visto sogghignare, sorridere, persino mordersi le labbra per non dargli la soddisfazione di ridere ad una sua battuta, ma mai lo aveva visto così. Stava ridendo apertamente, del tutto rilassato e a suo agio accanto a lui. Forse Carl aveva ragione, forse Sebastian era cambiato, o forse aveva solo ricominciato a essere se stesso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E anche il (un?) capitolo un po' più serio è andato...

Capitolo di citazioni! Che non specificherò perché voglio vedere chi le coglie, muahahhahaha! No, in realtà una è canon, una è già specificata e l'altra sono davvero curiosa di vedere se la prende qualcuno. Lo dirò nel prossimo capitolo, promesso XD

Parlando di prossimo capitolo... Sono un po' in blocco, quindi non so se arriverà presto, farò il possibile (:

   
 
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