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Autore: phoenix_esmeralda    17/07/2012    10 recensioni
Fic malinconica, che racconta ciò che accade all'anima quando si perde un amico prezioso.
PRIMA CLASSIFICATA parimerito, al contest "Come la pioggia e la neve" di dubhe_28
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa al contest "Come la pioggia e la neve" di dubhe_28. Mi è stato chiesto di scrivere una one-shot che si ambientasse sotto la pioggia, la neve o il vento e di inserire nel testo una frase tratta dalla canzone "Call me Maybe", ambientando la storia vicino a un pozzo.
Così ho approfittato di questa occasione per mettere nero su bianco sentimenti che mi frullavano dentro ormai da un paio d'anni e che non ho mai esternato, relativamente al rapporto con una persona per me importantissima, ora uscita dalla mia vita.
Mi rendo conto che la one-shot può risultare un po' oscura per chi, dall'esterno, la legge senza conoscere i fatti. Tuttavia mi è uscita così e non ho avuto cuore di cambiarla.
Se questo scritto vi suscita qualcosa, vi prego, lasciate una recensione. Grazie a tutti,

phoenix_esmeralda





Dentro al secchio



Ho appena espresso un desiderio gettando una monetina nell'acqua, un desiderio di quelli che si realizzano solo con la magia.
Per questo me ne sto seduta sul bordo di questo pozzo, in equilibrio fra la realtà e la favola, a fare finta che il mondo stia per cambiare.
Il vento è forte, mi investe in folate improvvise portandomi il profumo dell’estate: terra, foglie e sì, acqua. Acquerugiola mescolata all’aria, che sembra sospingermi millimetro dopo millimetro verso il vuoto alle mie spalle.
Ho gli occhi chiusi.
Un’ondata di vento contro di me. Ora spruzzi d’acqua. Poi vento solitario. E di nuovo intriso di pioggia. In folate discontinue che mi raccontano e mi ricordano che la vita prima è in un modo e poi in tutt’altro.
Nella vita di prima, tu c’eri. Un fratello, un amico, una presenza scontata della mia quotidianità. Un pacchetto omaggio vinto quasi per caso, intrufolatosi nei miei giorni con naturalezza, diventando uno dei colori della mia vita.
Tiro la carrucola del pozzo e pesco a caso dal secchio. Ci sono risate e parole in codice, un feeling intramontabile lungo quanto una catena fra me e te. Affondo la mano e trovo affetto, affetto vero, che non si dice, ma che si vede. L’affetto che tocchi, che ti riempie e che sai per certo che dipingerà le pareti di un legame in eterno. Trovo il rispetto, trovo la gioia di vivere insieme i momenti più piccoli.
Trovo te il giorno del mio matrimonio, a farmi da autista: due anime impanicate che si lanciano ansia addosso l’un con l’altra.
Trovo me ad ascoltarti nelle notti dei tuoi primi amori, a spargere consigli come balsamo sulle ferite.
La prima vita adulta mi ha dato in regalo il fratello minore che non avevo mai avuto.

Il vento soffia facendo mulinare immagini, voci e ricordi. Mi danza intorno come la memoria che ti aggredisce nei momenti più impensati... lo stralcio di una conversazione, una battuta, una risata.
Poi l’acqua m’investe un’altra volta, il secchio scivola in fondo al pozzo con un tonfo che sa di morte.
La vita è intervallata di inizi e di fini e la fine quando arriva ha un suono secco, uno schiocco impietoso come la linea diritta che separa il passato dal presente.
Riprendo la carrucola e tiro il secchio fino a me. La pioggia fine ne punteggia il contenuto, piange su sentimenti amari come bile.
C’è l’odio che galleggia in superficie, intriso di sospetto e diffidenza. Appena sotto, la fredda formalità di un saluto veloce, la triste inquietudine di una bugia malcelata.
Ci sono violenza e disprezzo in latenza, spietatezza e irrazionalità.
C’è la follia.
La follia che confonde, che annebbia e distorce. Ci sono i tuoi occhi che guardano attraverso uno specchio deforme un legame che era puro come la luce del giorno.
Rimescolo il contenuto del secchio, confondo le emozioni l’un con l’altra.
L’incomprensione di fronte al cambiamento, lo shock davanti a ciò che non capisco, la rabbia nata da parole ingiustificate, la paura quando scorgo l’insensato.
Non c’è sollievo nel sapere che ciò che è accaduto ha il nome di una malattia.
Non c’è conforto in una malattia mentale. È un mostro che ti intrappola i pensieri e raffredda i sentimenti. Manipola la realtà. Ha trasformato ciò che avevi di più caro in nemici.
Ha convertito me nella tua avversaria più temuta.

La lontananza da te è acuminata come questa pioggia sottile.
Non ci sei, eppure ci sei... ci sei sempre e non ci sarai mai più. Non ho armi per combattere una nemica senza volto, non ho altre parole per spiegarti quello che non riesci più a sentire.
Quindi ho espresso un desiderio gettando una monetina nell’acqua. Mentre vento e acqua infuriano attorno ai miei movimenti, metto dentro al secchio malinconia e affetto, una grossa fetta di perdono e due manciate di speranza. Mando il secchio in fondo al pozzo.
Se un giorno vorrai sederti sopra alla mia impronta, potrai tirare la catenella e tirarlo su. Questo è ciò che troverai.
  
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