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Autore: Akarai92    01/02/2007    9 recensioni
Titolo La storia di una ragazza, che si ritroverà invischiata nei cambiamenti e nelle avventure che la porteranno ad essere la compagna del nuovo Cavaliere dei Draghi...
CAPITOLO 4 [E Rae urlò come non aveva mai urlato in vita sua. Un urlo straziante, che venne udito a molti metri di distanza, da Roran e Garrow che lavoravano nei campi. Un urlo terribile che Eragon non avrebbe dimenticato mai.]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brom, Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio, Roran
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Magic Summer Night  Magic Summer Night





Una Rae praticamente mezza nuda si aggirava per la sua stanza, tentando con una mano di legare i lacci che le tenevano la tunica, e con l’altra di convincere i pantaloni ad allacciarsi, mentre tra i denti teneva il suo fermaglio per i capelli, completamente in legno, marrone con delle intagliature dorate. Finalmente riuscì a sistemare i pantaloni, ma i lacci non ne volevano proprio sapere. Dopo centinaia di tentativi e di nodi diversi, oltre che d’imprecazioni non dette, la ragazza si arrese. Facendo ricadere le braccia indolenzite lungo il corpo, sbuffò: “Ma tutto stasera mi doveva capitare! Sono pure in ritardo! Che bella giornata!” Chiuse gli occhi per calmarsi, con il fermaglio in mano, quando all’improvviso sobbalzò: un paio di mani calde le avevano afferrato i lacci della tunica e avevano cominciato a legarli. Rae si voltò trattenendo il respiro, ma non appena vide l’uomo dietro di lei si tranquillizzò immediatamente. Un uomo alto e muscoloso, con barba e capelli neri e dolci occhi nocciola, le sorrideva affidabile. Indossava una tunica completamente nera, leggermente aperta sul davanti, e una mantella bianca. Un tatuaggio rosso spiccava sul dorso della sua mano come una macchia di sangue nella cenere, sulla sua pelle leggermente scura, e una grande collana pendeva dal suo collo, un cristallo color avorio, retto da una cordicella. Quell’uomo si chiamava Norvadia ed era un indovino e un mago, il più famoso d’Alagaesia, dopo il re. Quell’uomo era suo padre.
L’ultimo laccio venne sistemato e finalmente la ragazza fu a posto, a parte i capelli. “Sbaglio o diventi ogni giorno più bella?!” le disse suo padre facendola voltare. Rae ridacchiò: “Il classico complimento di un padre alla figlia, sei monotono, Norvadia!” Norvadia. Lei non lo aveva mai chiamato padre, semplicemente perché lui non lo aveva mai richiesto, semplicemente si accontentava che lei lo chiamasse per nome, e questo ormai era normale per entrambi e per tutti, anche se ancora al villaggio qualcuno li guardava in maniera strana, quando passavano per le strade ridendo oppure semplicemente chiacchierando, come fossero fratello e sorella. “Ragazzina, portami rispetto! Ringrazia che non ti abbia obbligato a fare gli allenamenti stasera!” La giovane rise: “Ma di solito sono io che mi offro volontaria per allenarmi, o sbaglio? Sto anche diventando più brava di te!” In realtà non erano veri e propri allenamenti, erano più propriamente lezioni. Infatti Norvadia, quando aveva del tempo libero, insegnava a sua figlia come combattere con diverse armi: il bastone, la spada, il pugnale e l’arco. In più la istruiva sull’arte della magia, e Rae era già abbastanza esperta in materia, sapeva già usare qualcuna delle magie elementali di base.  Comunque il mago all’affermazione della figlia era scoppiato in una sonora risata. “Ti ci vorrà ancora molto per superarmi, ragazzina!” Detto questo le scompigliò i capelli e se andò. Rae sospirò, poi sorrise e cominciò a sistemarsi i capelli.
Dopo neanche due minuti, era seduta sul suo letto, con i capelli raccolti in una crocchia, e si stava mettendo gli adorati stivali di pelle che le aveva regalato suo padre. Poi per precauzione, infilò nella fodera anche un piccolo pugnale: “Non si sa mai!” pensò prima di uscire, coprendosi le spalle esili con un mantello nero. Attraversò l’intera casa e giunse davanti alla porta d’ingresso, confinante con lo studio gigantesco di suo padre, sempre pieno di libri enormi e di scartoffie. Norvadia era chino sulla scrivania, a quanto pareva stava scrivendo qualcosa, così decise di lasciarlo da solo. Aprì la porta e uscì dalla casa, respirando a pieni polmoni l’aria dolce del paese. A giudicare dal terreno bagnato e dall’odore d’umido che aleggiava nell’aria, doveva aver piovuto, ma fortunatamente il cielo era sereno. “Bene, le stelle si vedranno meglio!!” esclamò prima di avviarsi verso il sentiero che portava alla fattoria di Garrow.

Eragon sedeva solo su una pietra all’esterno della sua casa, e ogni tanto si passava la mano tra i capelli. Era leggermente teso. Rae sarebbe arrivata a momenti. Ma non era il suo arrivo che lo agitava, bensì la sua reazione davanti a… Roran. Che proprio in quel momento era uscito dalla fattoria. Si avvicinò e si sedette vicino a lui. “Credi… che sia arrabbiata?” sembrava preoccupato. “Forse… più amareggiata che arrabbiata…” Roran sospirò. “Speriamo solo che mi voglia almeno ascoltare.” Dopo un silenzio che sembrò durare un’ora, il ragazzo si alzò e, come suo cugino pochi minuti prima, si passò una mano tra i capelli. Eragon si alzò a sua volta e gli si avvicinò. “Fratello…” non era raro che Roran lo chiamasse così, in fondo erano praticamente fratelli. Fece una pausa poi ricominciò: “… quando io… beh… hai capito… te ne prenderai cura tu vero? Le resterai vicino?” I suoi occhi erano tristi e si aspettavano una risposta affermativa. “Ma certo!” il ragazzo più giovane sorrise, provocando il riso anche dell’altro. Roran gli posò una mano sulla spalla. “Grazie, fratello”.

Finalmente Rae sbucò dalla boscaglia vicino alla fattoria, ritrovandosi in una situazione simile a quella della mattina. Mentre si avvicinava alla costruzione, vide due figure nel cortile, illuminate dalla lanterna della casa. Eragon e Roran. “ERAGON!!!!! RORAN!!!!!!! Urlò a squarciagola, cominciando a correre verso di loro. I suddetti si voltarono appena in tempo verso di lei, prima che il tornado a forma di ragazza gettasse loro letteralmente le braccia al collo. Ridendo, stampò un bacio sulla guancia prima all’uno poi all’altro. Eragon se la scollò dal collo e ne approfittò per abbracciarla e dirle nell’orecchio, non visto da Roran: “Guarda che ti deve dire una cosa… ascoltalo…”. La ragazza lo guardò per un momento negli occhi, poi si voltò verso Roran, squadrandolo: “Allora, cosa devi dirmi?!” disse sorridendo. Eragon si portò una mano a coprire gli occhi. Delicatezza: zero. Il ragazzo gli inviò un’occhiata estremamente omicida, con la chiara intenzione di fargliela pagare prima o poi. “Ehm… ecco… ti ricordi… cosa mi aveva detto Katrina… mi aveva chiesto di scegliere…” Rae annuì. Eccome se lo ricordava. “Beh… io ci ho pensato molto oggi e…” La ragazza chiuse gli occhi, pronta a sentirsi dire di stargli lontana. Ma improvvisamente si sentì circondare da un paio di braccia e qualcuno che le sussurrava nell’orecchio, come aveva fatto Eragon poco prima: “Le ho detto che amo solo e soltanto lei, ma che tu sei troppo importante per me per cancellarti dalla mia vita. Sarebbe come dimenticare una sorella. Siete entrambe le mie donne!” Aprì di scatto gli occhi. Roran la stava guardando, tenendola tra le braccia. D’un tratto le lacrime cominciarono a farsi strada nei suoi occhi. Lo abbracciò, stringendolo a sé: “Roran non sai quanto mi hai fatto felice!!! Grazie! Grazie!” “Piano, piano che così mi uccidi! Non è volermi bene questo!” Lo lasciò frettolosamente e si asciugò gli occhi con il dorso della mano. Prese un gran respiro ed esclamò: “Allora, cosa aspettiamo?!! Le stelle non durano per sempre! Forza!!!” e detto questo si avviò di corsa verso la loro collina, il posto dove tutti gli anni se ne stavano, sdraiati sull’erba con gli occhi al cielo per guardare le stelle, cadenti o meno. Ma venne subito fermata da qualcosa o meglio qualcuno, che la abbrancò all’altezza della vita. “Io non mi merito nemmeno mezzo abbraccio?” Con fare annoiato Rae si voltò: ovviamente era Eragon. “No, tu non te lo meriti.” Due occhioni da cucciolo la guardarono sofferenti. Accidenti a lui! “Perché, cosa ho fatto?” La ragazza sospirò. “Perché non sei un cavaliere, dovrebbe essere l’uomo ad abbracciare la donna, non il contrario. Ma ti devo insegnare proprio tutto! Impara da Roran, lui sì che è un gentiluomo!” Roran mise su un’aria compiaciuta, guardandosi attorno pomposo e facendo imbestialire Eragon. “Parlando di buone maniere, dovresti imparare anche tu! Ma una signorina non dovrebbe essere gentile, dabbene, esprimendosi in maniera carina e non vestendosi con una tunica, degli stivali e un mantello? Tu mi sembri tutto il contrario!” “Ma che peccato che tu mi consideri una cattiva ragazza, avevo quasi intenzione di abbracciarti… Ma se mi lasci andare, forse…” aggiunse davanti all’espressione affranta del ragazzo. Sospirando, Eragon la lasciò andare. Questo fu un errore. Infatti non appena libera, Rae cominciò a correre verso la collina: “Prendimi se ci riesci!!” “La devo prendere come una sfida?!” le gridò di rimando. La ragazza annuì, ridendo. “Povera te…” detto questo cominciò a correre verso di lei. Ma i due correvano alla stessa velocità, così erano nella stessa posizione quando arrivarono alla collina. Un semplice sollevamento del terreno, con un gigantesco salice piangente in cima. Fu proprio accanto al salice che lei decise di rallentare, sfinita dalla corsa. Si voltò indietro e vide solo lui correrle dietro. Dovevano aver lasciato Roran molto indietro. Finalmente, Eragon la raggiunse, praticamente travolgendola e insieme caddero a terra. Rae cercava di divincolarsi, ridendo allo stesso tempo, mentre lui la teneva stretta a sé. Rotolarono così fino ai piedi del salice, dove, senza fiato, si fermarono, ridacchiando e cercando di respirare. Solo dopo qualche secondo si accorsero che la situazione era alquanto spinosa: rotolando, Eragon era finito a cavalcioni di Rae, bloccandole le braccia, così la ragazza si trovava inchiodata a terra dal peso del ragazzo. Smisero entrambi di ridere. Senza volerlo, finirono per incatenare ognuno lo sguardo in quello dell’altra. Verde e azzurro. I prati e il cielo. Complementari.

 Entrambi avevano il respiro fermo in gola, ma stavolta non per la corsa. Rae, esattamente come Eragon, sentiva qualcosa nello stomaco, qualcosa di molto simile ad uno sciame di farfalle impazzite, ed era sicura di essere diventata color pomodoro maturo. Ma fu quello che accadde dopo a farle mancare più di un battito al cuore: il ragazzo si era lentamente chinato verso di lei, con gli occhi socchiusi. E quello che non la fece più raccapezzare fu che lei si stava ancora più lentamente protendendo verso di lui. In fondo la prospettiva di baciarlo non le dispiaceva. Proprio quando le loro labbra furono ad un millimetro di distanza, sentirono un leggerissimo colpo di tosse. Più veloce della luce, Rae spinse via Eragon, facendolo cadere a terra, e si alzò precipitosamente. Roran si trovava ai piedi della collinetta, e li guardava sospettoso: “Ho interrotto qualcosa?!” chiese, quasi ironicamente. Sembrava abbastanza corrucciato. “Ma no!! Ci stavamo chiedendo quando ti saresti deciso ad arrivare!! Lumacone!” esclamò ridendo la ragazza, decisa in tutto e per tutto a dimenticare quello che era appena successo.  “Ahi!! Certo che sei lento, Roran!” esclamò Eragon, rialzandosi. Roran per un secondo lo guardò imbronciato, poi gli sorrise. “Sai, io sono un po’ troppo grande per questi giochi da bambini!” disse con fare altezzoso, da adulto. Rae rise sonoramente, esattamente un secondo prima di spingerlo a terra, e di cominciare a fargli il solletico, aiutata da Eragon, che sembrava avere le sue stesse esatte intenzioni riguardo all’episodio di poco prima. “Va bene! Va bene! Avete vinto, non sarò mai abbastanza grande! Ma ora smettetela, vi prego!! Devo respirare!” Senza fiato per le risate, Eragon e Rae caddero pesantemente sull’erba, sdraiandosi supini, guardando il cielo. Nessuna nuvola lo oscurava e ogni stella brillava come un diamante, ognuna posata nella magnifica rete del firmamento. I tre ragazzi rimasero incantati dalla bellezza di quella magica notte d’estate, mentre cercavano frenetici la minima traccia di una stella cadente, simbolo d’augurio e speranza per tutto l’anno. Ottima occasione anche per esprimere i propri desideri, affidandoli al cielo e sperando che qualcuno, dell’alto delle nuvole, se ne prenda cura e li esaudisca.

Eragon, Rae e Roran non seppero mai dire quanto rimasero distesi sotto le stelle, con l’erba come letto e cuscino. Seppero solo che passarono tutta la sera appoggiati l’uno all’altro: Eragon, sdraiato sull’erba, aveva la testa di Rae appoggiata al petto, mentre Roran appoggiava la sua sullo stomaco di Rae. Finalmente dopo una lunga attesa, Eragon esclamò: “Guardate, una stella!” “Forza, esprimiamo un desiderio!” Tutti e tre chiusero gli occhi, pensando al proprio desiderio. Alla fine li riaprirono. “Voi cosa avete desiderato?” chiese curiosa Rae. “Ma non lo sai che non si possono raccontare i desideri affidati alla stella? Non si avvereranno!” disse Eragon concitato, come fosse un bambino. “Io credo che se alla stella importa del desiderio, non si curerà se lo abbiamo detto a qualcuno! Avanti ditemelo!” Ma i due rimanevano zitti. “Va bene! Allora lo dico io per prima!” Sembravano proprio dei bambini, eccitati per aver visto la stella e aver espresso il loro desiderio. “Ho desiderato… di rimanere per sempre con voi due… per sempre” lo disse con voce estremamente seria, molto diversa da quella infantile di poco prima. “Io… ho desiderato… di non essere mai separato da voi due… per nessun motivo” Anche Eragon era tornato serio. Detto questo, si mise a giocare con una ciocca dei capelli color del legno di Rae, per nascondere l’imbarazzo. “Io… ho chiesto alla stella di tenerci legati per tutta la vita, nonostante tutto quello che ci capiterà” Roran l’aveva detto ad occhi chiusi, forse per non guardare in faccia gli altri due. “Credo proprio che la stella si curerà di tre desideri uguali, anche se sono stati detti!” disse la ragazza, sorridendo. Ora erano allegri tutti e tre, dimentichi del mondo e di tutto ciò che li circondava. Ma come al solito, quando si è nel proprio mondo personale, c’è sempre qualcuno che ha il compito di riportare alla realtà. Spesso quel compito è affidato agli adulti. “Ragazzi, credo che sia ora che torniate a casa! Ormai è notte fonda!” Lo zio di Eragon e Roran, Garrow, era ai piedi della collina. I tre si alzarono come una sola entità, e s’incamminarono verso l’uomo. “Buonasera, signor Garrow, scusi se prima non la ho nemmeno salutata.” Disse Rae, sorridendo all’uomo che in pratica le era zio. “Non importa, Rae, non preoccuparti. Mi dispiace interrompervi, ma credo che i miei ragazzi debbano tornare, soprattutto tu, Eragon! Stanotte sei a caccia, ricordatelo!” “Cosa? La caccia è stasera? Perché non me l’hai detto?” esclamò la ragazza, guardandolo imbronciata. “Mi sono scordato, tutto qui! Davvero!” aggiunse vedendola ancora arrabbiata. “Forza, allora, tutti dentro! Ah! Rae ovviamente tu sei compresa! Non ho la minima intenzione di lasciarti andare in giro da sola a quest’ora della notte, devi anche attraversare una boscaglia! Meglio che tu dorma qua.” “Grazie mille, signor Garrow!” disse la giovane, sorridendo. “Come sai, abbiamo solo i nostri letti, e visto che abbiamo disponibili solo i letti dei ragazzi, dovrai scegliere uno dei due. Anche se credo propenderai per il nostro giovanotto, qui!” esclamò l’uomo, scompigliando i capelli ad Eragon. “Già, non vorrei scatenare reazioni omicide in Katrina, ci tengo alla pelle!” e detto questo i tre entrarono in casa, augurando la buonanotte, prima a Garrow, poi a Roran. Finalmente, i due entrarono in camera. Per Rae era assolutamente normale dormire in camera con Eragon, era come dormire con suo fratello. Stiracchiandosi, la ragazza si guardò in giro, in cerca di qualcosa. “E adesso dove l’hai messa?” “Ah, devo averla messa… qui! Trovata!” riemergendo da una cassapanca, il ragazzo le lanciò una piccola camicia da notte, che le arrivava pressappoco al ginocchio, completamente bianca, la solita che indossava quando dormiva da loro. “E come mai era in fondo a quel baule?!” chiese lei, fingendosi contrariata. “Perché l’abbiamo lavata!” Rae, accontentatasi della risposta, fece spallucce e cominciò a slegarsi i lacci della tunica. Eragon si voltò di scatto verso il muro. “RAE!! Lo sai che non lo sopporto quando lo fai! Mi metti in imbarazzo!” “Non fare lo stupido, Eragon! Mi hai visto nuda un sacco di volte! Abbiamo pure fatto il bagno assieme da piccoli!” Intanto era arrivata ai pantaloni, e si era già tolta gli stivali e sciolta i capelli. “Sì, appunto eravamo piccoli… non eri così… così…” “Così?” “Così… beh… bella…” lo disse sottovoce, ma Rae sentì benissimo. Finalmente si era infilata la camicia da notte e si era avvicinata a lui. “Grazie, Eragon!” Lui si voltò di scatto, coprendosi gli occhi: “Ti sei vestita?” “Sì, stupido, sono vestita!” Il ragazzo fece cadere le mani dagli occhi. “Bene… …. Senti… per prima… sulla collina… io… mi dispiace…” Sembrava molto imbarazzato “Non devi scusarti!” Lui sgranò gli occhi “E’ normale che tu mi voglia baciare, bella come sono!” disse questo, sorpassandolo, con fare da donna vissuta. “Ehi! Adesso non montarti la testa!” esclamò Eragon, acchiappandola e facendole il solletico. Cominciarono a ridere, ma… “RAE!! ERAGON!!! FATE SILENZIO!!!” i due si guardarono un attimo disorientati, poi si misero a ridacchiare: Roran aveva sentito tutto dalla stanza accanto, la sua. Ancora ridacchiando, i due si misero sotto le coperte, abbracciati per scaldarsi, poiché, nonostante fosse estate, di notte faceva abbastanza freddo.
Stettero così per un po’, ma nessuno dei due riusciva a prendere sonno. “Rae…” “Mhhhh?” “Sei sveglia?” “Ora sì!” “Bugiarda, non dormivi.” “Può essere… che vuoi?!” Eragon rimase zitto per un minuto, poi disse: “Non ti manca mai tua madre?” Quella domanda svegliò per bene Rae. La ragazza sospirò, poi disse: “A volte… ma vivo bene con mio padre… e poi ho due fratelli meravigliosi!” sembrava allegra, ma nella sua voce c’era una nota triste. Infatti sua madre era morta pochi anni prima, per la precisione cinque, quando Rae aveva solo dodici anni. Da quel giorno lei era sempre vissuta con suo padre, cercando di alleviare il dolore di entrambi. “E a te? A te manca tua madre?” Anche Eragon sospirò, poi rispose: “A volte… in fondo lei mi ha abbandonato… ma poi penso che ho una sorella e un fratello meravigliosi, e allora mi tiro su!” Sorrise, e lei sorrise a sua volta. “Grazie,… fratello! E buonanotte.” “Dovere, e buonanotte… sorella!” E detto questo si addormentarono, l’una tra le braccia dell’altro.

Era notte fonda. Eragon lentamente si alzò dal letto, dove aveva lasciato Rae a dormire. Quella notte, infatti, doveva andare a caccia sulla grande dorsale, per trovare della carne e venderla al macellaio del villaggio. Uscì dalla stanza, dando un’ultima occhiata alla ragazza accoccolata tra le coperte, prese l’arco e uscì dalla porta, diretto alle montagne.

Un’elfa. A cavallo. Ha i capelli castani. Dietro di lei, due cavalieri. Sono elfi anche loro. Un’ombra tra gli alberi. Il sibilo di una freccia. Cosa succede? Il primo elfo cade, morto. Un altro sibilo. Il secondo cade da cavallo. E’ morto anche lui. L’elfa è spaventata. Un terzo sibilo. Il suo cavallo s’impenna. L’ha colpito una freccia. Lei cade da una scarpata. Urla. E degli ordini. Una voce velenosa e dei capelli rossi. Una pelle color della neve. Poi tutto cambia. Un ragazzo. E’ biondo. Ha un arco in mano. Eragon? Cosa ci fai lì? Ma l’elfa? Dov’è finita? Ma lui non ti sente. Sta puntando un cervo. L’arco tirato. E’ pronto a scoccare. Fuoco. Eragon! Ma non lo vedi più. L’elfa è tornata. Ha la spada in mano. Sta correndo a perdifiato. Tiene qualcosa, sulle spalle. Una sacca. Altro fuoco. La figura dai capelli rossi si avvicina. E’ uno spettro. Lei lo chiama Durza. Lui la chiama Arya. Lei gli dice di andare via. Lui le chiede l’uovo. L’uovo? Lei tira fuori qualcosa dalla sacca. Una pietra. E’ bellissima e blu. La tiene in alto. Dice qualcosa. L’antica lingua? La pietra brilla. Lo spettro sembra allarmato. La pietra scompare con un lampo. Non c’è più fuoco. Eragon è tornato. Sta ancora puntando il cervo. Stavolta è pronto. Tira la freccia. Ma c’è un lampo blu. Il cervo scappa. La freccia s’incendia. E lui non sa cosa fare. Si avvicina alla pietra. La accarezza. E tutto prende fuoco. Tra le fiamme, appare l’elfa. Sembra soffrire. Lo spettro la tortura. Ancora fiamme. Cosa le genera? Vedi tre sagome… tre draghi? Uno è blu, sembra più gentile degli altri due. Uno è rosso, sembra minaccioso. Ti sembra di conoscerlo. Uno è nero. E quello ti terrorizza. All’improvviso, tutti e tre sputano fuoco. Appare una donna. Ha i capelli neri. Gli occhi verdi. Ti somiglia. Ha le orecchie a punta. Un elfo? Accanto a lei arriva un uomo. Lo conosci. Ha i capelli grigi ma sembra ancora giovane. Ha gli occhi neri. Ma entrambi spariscono. Nel fuoco, ora, un ragazzo. E’ vestito di nero, il colore dei suoi capelli. Ti guarda. Lo vorresti raggiungere. Sparisce anche lui. Ora ci sei tu. Sei a terra, in ginocchio. Piangi. Chiami qualcuno. Ma sei proprio tu? Hai le orecchie a punta. No. Non sei tu. Tu sei un’umana. Poi ancora Eragon. E’ accanto ad un drago. Sembra ferito. Ti guarda. Ti chiama. Ti chiede aiuto. Poi sparisce. In un lampo. Una spada rossa. Un bagliore. Una cicatrice. Un bacio. No, due baci. Un biondo. Un moro. Sangue. Poi più niente. “ERAGON!!!!”



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Ed ecco il secondo capitolo!!!! Uao nn credevo di riscuotere questo successo! Avevo promesso che avrei svelato il mistrioso mistero dei miei capitoli... siete pronti?! Bene! I titoli dei miei capitoli in realtà sono...... titoli di canzoni!!! Siete delusi nn è vero?! Comunque, il primo e il secondo capitolo sono canzoni dei magici "Cascada" che fanno canzoni tanto idiote quanto divertenti. I prossimi chi lo sa! Ora voglio passare a ringraziare tutti i dolcissimi che mi hanno recensito:

@ kessachan: nn sai quanto mi hai gasato! Sei stata la prima a recensirmi! Grazie grazie grazie!!
@ Ludo91: Grazie millissime anche a te! Visto? Ho aggiornato! Ovviamente anche tu hai contribiuto al mio gasamento!!
@ Eleuthera: in effetti nn lo so nemmeno io... ma credo più al film, visto che il libro l'ho letto molto tempo fa e nn mi ricordo quasi niente. Cmq credo che in futuro farò un mix! ^^
@ Draghettina: in realtà su un sito internet avevo trovato "Angolo di Paradiso"... ma devo dir che "Mare del paradiso" mi piace molto di più. p.s. anch'io detesto Katrina, con Rae nn c'è confronto! XD
@ argentlam: grazie mille anche a te! Un bacio
@ carlottina: nn ci penso minimamente a nn continuare!!! Soprattutto adesso che sto male nn ho niente altro da fare, scriverò cm una pazza!
@ piccola: anche a me scocciava nn vedere eragon e roran comportarsi cm due ragazzi della loro età! Sn stra-contenta che ti sia piaciuta e spero che ti piacerà anche il nuovo chappy!!

Akarai
  
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