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Autore: kiara_star    18/07/2012    3 recensioni
"Quel posto era inquietante, come solo una chiesa poteva essere.
Il suono dei passi risuonava macabro fra le alte mura. Incontabili ceri accesi in ogni dove e un nauseante odore d’incenso che gli invadeva prepotente le narici. Quel dannato sopracciglio non poteva scegliere posto peggiore dove nascondersi.
[...]
- Ti sei fidanzato, Zoro? –
- Non sono il tipo.... Tu invece ti sei addirittura sposato... con un uomo –"
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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la fede degli uomini [AVVISO: in questa storia verranno usati riferimenti religiosi non offensivi e in linea con il regolamento, chiunque fosse comunque sensibile al tema è pregato di non leggere. Grazie]










La fede degli uomini

Fissò per alcuni intensi minuti le bianche scalinate rese quasi scivolose dal numero di passi che sicuramente si erano succeduti nei decenni addietro. Dopo un viaggio di un paio d’ore finalmente era arrivato a destinazione, eppure Zoro si chiese quale malsana idea gli era passata per la mente per farlo giungere fin lì.
Scese dalla sua Kawasaki poggiando accuratamente il casco sul sedile. Diede un’ ultima occhiata all’enorme portone di legno e infilandosi le mani in tasca iniziò a salire stancamente uno ad uno i gradini.
Sembrava una marcia silenziosa di un condannato a morte.
Buttò più volte lo sguardo attorno constatando che non c’era nessuno nei paraggi. D’altronde erano le due del pomeriggio. Appena la breve salita terminò si prese ancora qualche minuto prima di varcare la soglia, forse quasi sentendosi obbligato a farsi un esame di coscienza, benché fosse lontano dall’essere un fervente credente. Non ci impiegò poi molto, se avesse voluto redimersi da tutti i suoi peccati avrebbe potuto mettere le radici su quella scalinata. Altri due passi ed entrò.
Quel posto era inquietante, come solo una chiesa poteva essere.
Il suono dei passi risuonava macabro fra le alte mura. Incontabili ceri accesi in ogni dove e un nauseante odore d’incenso che gli invadeva prepotente le narici. Tossì più volte senza nascondere una smorfia infastidita. Quel dannato sopracciglio non poteva scegliere posto peggiore dove nascondersi.
Passandosi stancamente le dita fra le ciocche verdi si sedette su una panca di legno allargando le braccia e fissando l’enorme crocifisso dinanzi a sé. Scrutando l’espressione sofferente dell’uomo che vi giaceva. Al mondo in fondo, si ritrovò a pensare, si è crocifissi ogni giorno in un modo, o nell’altro.
Il suo cellulare suonò nel silenziò del santo luogo e Zoro si portò una mano in tasca.
- Sono già qui.. datti una mossa – rispose al suo interlucore per poi riporre l’oggetto e tornare alla sua “meditazione metafisica".
Gli vennero alla memoria i giorni della sua infanzia. Quelli che trascorreva in strada con Rufy e con quell’altro demente. Intere giornate passate a creare danni, a scrivere sui muri, a cercare di fregare qualche birra dal supermarket e le intense corse quando, quasi sempre, venivano beccati.  
Tutto era passato come un soffio.
Udì dei passi in lontananza e quasi avrebbe ringraziato Dio per aver messo fine alla sua attesa, ma non lo fece. In fondo di certo Dio aveva di meglio da fare che prestare ascolto alle preghiere che gli venivano rivolte.
- Ti sembra questo il modo consono di stare seduti in un luogo sacro? – neanche aveva fatto in tempo a vedere la sua testa bionda sbucare da dietro la tenda rossa che dava di certo in sacrestia, che Zoro si sentì rivolgere quel richiamo.
- Neanche fumare è molto consono – ribeccò enfatizzando l’ultima parola. Lo vide sistemare il calice sull’altare tenendo stretta fra i denti la sua sigaretta. Fissò la sua schiena quando si fece il segno della croce. Magro come sempre, con le lunghe gambe avvolte nei pantaloni neri. Quando si voltò i suoi occhi furono calamitati dal collarino bianco che spezzava l’atono nero. Segno di purezza... Mai simbolo si sarebbe potuto trovare su un corpo più sbagliato.
- Togli quelle braccia e chiudi le gambe, dannato marimo – ghignò a quell’ordine senza però sottrarsi ad esso.
- Un prete che impreca... perché la cosa non mi sorprende? –sospirò scuotendo il capo. Lo vide sedersi accanto a lui tenendo stretta fra i denti la sua immancabile sigaretta.
- Siamo tutti peccatori...- le mani del biondo si accinsero a ripetere il gesto espresso poco prima davanti all’altare, questa volta lasciando una certa amarezza negli occhi di Zoro.
Peccare e pentirsi, e poi peccare ancora. Se quella era fede, aveva di certo qualcosa di paradossale.
- Gli uomini sono destinati a perdersi... l’importante è che poi si ritrovino... o in qualche modo, che ci provino – fissò le sue labbra e il lieve fumo che si espandeva nell’aria miscelandosi con il già speziato incenso.
- Avanti prete, non sono qui per subirmi un sermone – abbaiò allargando nuovamente le braccia lungo lo schienale senza badare troppo alla smorfia dell’altro.
- Che diavolo hai da dire? Parla in fretta che ho da fare –
- Non imprecare in chiesa, maledetto idiota – il biondo gli afferrò il colletto della giacca avvicinando pericolosamente il viso a quello di Zoro e rischiando quasi di bruciargli una guancia con la brace della sigaretta.
- Andiamo fuori allora – si scostò da quella presa senza troppi complimenti.
- Non mi va di essere ripreso ogni secondo da un coglione come te –
il prete si alzò per primo e si incamminò verso l’uscita. Il chiarore che proveniva dalla porta aperta pareva più rasserenante del luogo stesso.
Zoro lo seguì silente finché non furono nuovamente davanti alle bianche scalinate.
- Hai sentito Rufy ultimamente? – si sentì chiedere. Lo guardò sospirando.
- Mi hai fatto venire fin qui per chiedermi questo? – erano anni che non si vedevano né sentivano e forse iniziare un discorso parlando dell’unica cosa che li accomunava non era poi così folle come idea, però Zoro mentre si piegava in velocità ad ogni curva aveva pensato volesse parlare d’altro. Magari, l’aveva solo scioccamente sperato.
- Si è arruolato... è in missione all’estero adesso – gli occhi azzurri di lui erano sempre stati apatici. Mai una sola volta avevano trasmesso un’ emozione, fosse anche solo rabbia. Sapeva arrabbiarsi, come no, anzi si incazzava come poche altre persone al mondo, ma anche nelle liti più furibonde, anche quando si erano presi a pugni, neanche in quelle occasioni i suoi occhi erano stati vivi. Forse la sua scelta di farsi prete era dovuta alla continua ricerca di quella vita che mai una sola volta lo aveva sfiorato.
Zoro scosse la testa con fare annoiato.
- E’ sempre stato un idiota... non credevo però fosse finito a fare il cane del governo – il Rufy che ricordava era un ragazzo vivace con un eterno sorriso sul volto. Era uno che a otto anni aveva scritto in un compito che da grande sarebbe diventato una rockstar. Era strano ora credere che si era accontentato di un lavoro ordinario e subordinato come quello. Ma erano anni che non si vedevano, erano anni che le loro vite non si erano più incrociate.
- Sta solo servendo il suo paese – rise a quell’affermazione. Neanche lui ci credeva, lo si leggeva sul suo viso nonostante il fumo che lo copriva.
- Andiamo prete,  queste sono minchiate da politici. La verità... – si prese una pausa fissando il profilo dell’altro. La linea perfetta del suo naso, i capelli biondi che gli schiaffeggiavano la fronte.
- La verità è che anche Rufy si è venduto – lo sospirò appena incrociando il suo sguardo. Lo vide annuire e gettare a terra la sigaretta.
- Siamo solo uomini -  che ne era stato di quei tre bambini? Dove erano finiti i loro sogni? Come poteva la vita averli cambiati tanto? Eppure l’aveva fatto, erano diventati tre perfetti estranei  che non avevano nulla in comune. Erano passati anni dall’ultima volta che si erano visti.
Lavorava ancora in quella squallida pizzeria la sera in cui quell’idiota gli aveva detto che sarebbe diventato prete. Aveva riso così forte sperando che il fragore di quella risata cancellasse quel folle proposito.
Poi era sparito.
Rufy l’aveva perso di vista poco dopo, quando ancora era fidanzato con quella rossa. Anni, interi anni eppure dentro di sé aveva sperato non fossero così tanti.
- Ti sei fidanzato, Zoro? – lo guardò con un lieve sorriso.
- Non sono il tipo – ghignò più forte. Lui non era cambiato troppo a differenza loro, ma magari lo credeva soltanto.
- Tu invece ti sei addirittura sposato... con un uomo – lo vide ridacchiare voltandosi verso la porta.
Quella notte in pizzeria quando lui se n’era andato dopo avergli lanciato quella bomba, aveva rotto un intera fila di piatti. Si era fratturato le dita contro il muro a furia di colpirlo ed era stato licenziato. Quella notte non avrebbe creduto che incontrarlo dopo così tanto tempo sarebbe stato tanto inconcludente.
- Se vieni in sacrestia ti offro un caffè – conosceva fin troppo bene quell’espressione e nonostante la voglia di togliergli quel collarino con i denti ruggisse forte dentro di lui, si limitò a sospirare un debole no.
- Farei tardi... grazie comunque - Scese piano le gradinate e si avvicinò alla sua moto.
- Ohi marimo... – si voltò verso di lui che se ne stava stagliato sul bianco della parete come fosse un graffito vivente. Il sorriso sulle sue labbra era quasi più buio del suo sguardo.
- Stammi bene – si infilò il casco salendo sulla verde Kawasaki
- Anche tu, prete – quando mise in moto lasciando sull’asfalto il segno nero della gomma, si chiese quale fosse l’espressione che invece aveva lasciato sul suo volto.
Spenta e apatica come sempre, si rispose da solo alla prima curva.



















______________
Note
Non chiedetemi come è uscita fuori perché non lo so neanche io. Avevo quest’immagine nella mia mente di Sanji vestito da prete che mi ossessionava da un po', così c’ho scritto questa storia amara e inconcludente, come il loro incontro.

Era da tanto che non scrivevo una ZoSan ed ecco il risultato.
Spero solo sia piaciuta.

kiss kiss Chiara
  
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