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Autore: D_Dya    18/07/2012    1 recensioni
Questa storia parla di me, dei miei sentimenti, del mio cuore, del mio dolore..... di tutto quello che provo tutti i giorni.
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Un amore talmente forte e immenso da lacerare il cuore.
Un lui e una lei.
Simili e diversi.
Cit dal 1° Capitolo
"Quando ti ho conosciuto eri indebolito, impaurito dei sentimenti che poteva provare il tuo cuore, eri diffidente con le persone che ti si cercavano di avvicinare.
Il tuo petto era pieno di dolore e rabbia.
Nei tuoi occhi vedevo riflessa la mia immagine, cosi debole e fragile. Questo mi faceva paura, ma il mio cuore voleva guarire il tuo. Anche se io stessa ero profondamente ferita."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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4 capitolo

Lo splendido sconosciuto”

 

Non ho fatto nemmeno intenzione durante il percorso verso il mio nuovo appartamento o casa non ho sentito, anzi non ho ascoltato le ciarlate di mia madre.

La solita tonta.

Come diamine facevo se dovevo uscire ?

Raggiungemmo un quartiere tranquillo caratterizzato da piccole villette di due piani, pero notai anche dei edifici costituiti da più piani.

Mentre scendevo dal taxi cercai di osservare la struttura della casa. Non era niente male, poi era una piccola villetta con giardino, già mi cominciava a piacere qual strano posto. La casa era a due piani, di un colore un po’ diciamolo non in mio stile, era un verde bottiglia sbiadito.

Devo ammettere che quella casa mi ispirava anche se il colore faceva schifo. Mentre mia madre apriva il cancello sulla via apparve una macchina nera lucente. Sembrava appena comprata. Urca! Era una Mercedes.

Si fermo vicino alla casa a destra della nostra.

Rimasi paralizzata. Dalla macchina usciva il ragazzo del aeroporto. Non riuscivo a captare la fortuna che mi capitava.

Mentre rimanevo di nuovo bloccata dalla sua occhiata mi squillò il telefono.

Chi diamine mi rompeva?

Pronto!” cercai di parlare in maniera più brusca e sprezzante.

To‘.. Ancora incazzata per ieri, guarda che era un bacetto innocente”

Non credevo alle mie orecchie. Quel disgraziato mi rovinava la panoramica. Stavo per tirare il telefono contro il muro.

Il “dio greco” continuava a fissarmi, sembrava divertito, mi faceva piacere che avevo fatto una figura del cacchio un’altra volta.

Posso sapere che ti piglia?” la mia voce diviene velenosa.

Offesa, mi fa piacere..” me no male che non riuscì a finire la frase. Senti solamente un rumore che mi ricordava uno scappellotto. In un altro caso mi sarei trasformata in Supergirl e sarei volata a tirare un cazzotto sul naso a quel demente.

Didi?”

Kristy”

Wei… come va li a Milano?” tropo contenta, quando faceva cosi cercava di mascherare la sua tristezza. Mi dispiaceva sentirla cosi, il mio cuore stava cedendo, non volevo provocare la sofferenza a qualcuno come aveva fatto mio padre.

Bene, almeno fin ora”

É successo qualcosa di interessante?”

Ero indecisa se raccontare la storia del “dio greco” per il momento preferì evitare, chi sa cosa avrebbe pensato, niente di buono sicuramente. Non volevo dimostrarmi insensibile nei confronti della mia migliore amica e che pensasse che mi ero dimenticata già di lei.

Se le davo la sensazione che mi stavo già dimenticando di lei sicuramente mi avrebbe odiato.

No”. Una risposta semplice bastava per il momento. Le avrei raccontato tutto in un altro momento. Non era giusto nei confronti di Kristy, non volevo perdere la nostra amicizia, sorellanza.

Intanto che entravo in casa e facevo conoscenza con l’ambiente descrivevo tutto alla mia amica al telefono e lei ascoltava, alcune volte interveniva.

Le stanze erano ampie, il salotto era veramente gigantesco, al piano terra, c’era solamente la cucina, il salotto, e la cantina dove mia madre aveva piazzato la lavatrice. Dicono che io sono strana.

Mia madre allora, dedicare un intera camera alla lavatrice.

I mobili erano tutti coperti con dei lenzuoli bianchi. Pero mi immaginavo già che razza di mostri potevo trovare sotto. Sicuramente mobili antichi, probabilmente del epoca vittoriana. In quel momento pregavo solamente dio non che io sia religiosa, ma volevo evitare di avere una camera di una principessa delle favole, non ero mica una bambina che aveva il bisogno di essere viziata.

Risalivo le scale che portavano al piano superiore, mentre mia madre toglievo le lenzuola dai pezzi dell’arredamento.

Ricordai le scemenze che io e Kristy facevamo alcuni anni fa, andavamo in giro per il quartiere e esploravamo le case in costruzione o pure appena costruite. Era divertente, poi io mi divertivo un sacco, ogni volta facevo prendere un colpo alla mia amica che strillava come una matta, mi sorprende che è rimasta mia amica per cosi tanto tempo.

Non dovevo farmi prendere dalla nostalgia, dovevo essere forte. Resistere come aveva fotto per tutti questi anni.

Raggiunsi la stanza in fondo al corridoio e apri la porta, rimasi senza parole, sembrava la stanza fatta a posta per me.

Le pareti erano bianche, l’armadio era una piccola stanzetta nascosta nel muro e si chiudeva con una porta, di fronte c’era il letto proprio come piaceva a me, basso in stile giapponese. Era raro trovarne uno in giro per di più di colore nero. Di fronte al letto, acanto alla porta d’ingresso nel mio piccolo paradiso personale c’era posto un comodino, sopra il quale notai una TV. Bene mi sollevava che mia madre avesse messa una in camera mia. Visto che non guardavo i suoi stessi programmi. Di fronte alla porta c’era una finestra vicino alla quale una piccola scrivania. Il muro sinistro era quasi tutto occupato da una gigantesca libreria, si scorgeva solamente la porta del guardaroba.

Era semplice, ma mi piaceva quel mondo che apparteneva solamente a me. La cosa migliore era il mio bagno personale, non grande, pero la vasca era favolosa con le zampe da leone.

Dall'altro capo del telefono senti la mia amica salutarmi perché doveva uscire con la madre.

Dal piano di sotto senti la voce di mia madre salutare qualcuno. Già qualcuno veniva a rompere, non abbiamo ancora sistemato niente in casa, in giro c’erano almeno cinque centimetri di polvere, ma sapendo come era fata mi madre entro il pomeriggio tutta la casa avrebbe brillato come cristallo.

La voce sconosciuta che percepivo era qualcosa di unico, sembrava una melodia pero le mie orecchie riuscirono a percepire una nota insolita.

Era la stessa che pronunciavo io quando evitavo di parlare della mia vita e della mia storia.

Quel suono mi sembro infinitamente cupo e pieno di una rabbia inespressa.

Scesi le scale e di fronte a me trovai lo splendido dio greco.

Davanti ai miei occhi vidi delle macchie nere. La testa mi girava. Mi sentivo debole e sulla mia pelle percepivo mille brividi.

Senti mancare l’equilibrio, non riuscì a tenere gli occhi aperti.

Improvvisamente vidi tutto nero.

Mi svegliai. Pero preferì non aprire gli occhi. Perché dovevo essere io a collezionare brute figure?

Adesso come spiegavo a quel ragazzo perché lo fissavo al aeroporto?

Accidenti a me, ma dovevo procurarmi un casino di guai già dal mio primo giorno in Italia. Dovevo saperlo era una cosa inevitabile.

Procuravo casini a tutti quelli che conoscevano.

Percepì sulla mia fronte una leggera pressione.

Un fazzoletto bagnato.

Le fiamme che avvolgevano il mio viso prima di svenire ora erano spente, pero dentro il mio cuore pulsava ancora una vena piena si sangue incandescente come la lava del vulcano in eruzione. Cosi mi sentivo in quel momento, come un vulcano pronto ad eruttare.

Le notte di Iris dei Goo goo dolls riempirono la stanza. Possibile che esisteva qualcuno su questo mondo che apprezzava ancora la loro musica, nella mia città ero unica che comprava i loro dischi.

Per la prima volta nella mia vita piangevo per qualcosa che amavo, questa volta la causa delle mie lacrime non erano bugie ma una melodia che ho sempre amato dal profondo del cuore. Lentamente mi alzai da divano. Mi girava ancora la testa e mi viene anche la nausea.

Splendido. Perfetto.

Ero unica a fare le figure del cacchio del genere. Proprio davanti al dio greco. Favoloso.

Non volevo alzare lo sguardo, non né avevo il coraggio. Misi la testa tra le ginocchia cercando di farmi passare la voglia di vomitare. Senti dei passi avvicinarsi. Ma non alzai lo sguardo. Cercai di tenere gli occhi ben chiusi.

Ti senti bene? “ sentire di nuovo quella voce era veramente confortante. Non sembrava avere intenzione di prendermi in giro piuttosto era preoccupato. Non osai alzare comunque gli occhi.

Fortuna che sono riuscito a prenderti in tempo, se no chi sa che fine facevi.” percepì del sarcasmo nella voce. È qualcosa d’altro, una risata. Cercava di trattenerla.

Mi faceva piacere che si divertiva delle mie goffe speranze di essere me stessa. Alzai lo sguardo e cercai di fulminarlo con una delle mie occhiatacce ma l’effetto che riuscì ad ottenere era contrario.

Quasi non riusciva a trattenersi più dalle risate e suoi occhi brillavano pieni di sarcasmo.

Brutto disgraziato! Si divertiva proprio. Altro che dio greco era il dio malefico. Come che si dice? Ah, si. Non giudicare mai dalle apparenze.

Il ragazzo mi lancio ancora uno sguardo divertito. Poi grido verso la cucina.

Si è ripresa.”

Udì dei passi. Nel salotto comparvero mia madre e altre due persone. Il volto della mia iperprotettiva mamma era più bianco del solito, si era presa un bel colpo.

Si lancio ad abbarcarmi. Mi stava strangolando.

Mamma, mi stai soffocando.”

Sorrise per scusarsi staccandosi da me.

Ci siamo presi un bel spavento. Soprattutto, tua madre.”

Un uomo di circa cinquant’anni mi scrutava preoccupato. Era di statura media, si vedeva che da giovane era molto attraente. Non era ridotto male per la sua età, anzi le rughe intorno agli occhi verdi gli donavano. Si capiva che era tornato da un viaggio, i suoi capelli castani con qualche ciocca bianca erano del tutto spettinati.

Si inginocchio acanto a me e mi osservava con occhio esperto come se cercasi di valutarmi.

Segui il mio dito per favore.”

Segui ogni suo movimento con gli occhi. È la preoccupazione di quel uomo svaniva dal viso.

Niente di grave. Mi sembra un calo di zuccheri.” mi disse con un sorriso. Mia madre mi strinse ancora a se.

Percepì uno sguardo su di me è lo segui. Era quello del dio greco. Mi stupì, era invidioso. Guardava la mano di mia madre intorno alle mie spalle e mi fissava con gelosia.

Era invidioso proprio di me. Io che nella vita non ero riuscita ad ottenere niente. Non sono mai stata brava in niente anche se cercavo di evidenziarmi un posto tutto mio. Ho provato a disegnare, me la cavavo bene ma c’era sempre qualcuno più bravo di me. Trascorrevo molte delle mie giornate a leggere in camera mia ma questo non mi ha reso un genio.

Ora invece mi trovavo davanti a una persona che era invidiosa di me e io non riuscivo a comprendere il motivo.

Quel emozione infiammava gli occhi di quel ragazzo da uno sguardo penetrante. Mi guardava veramente con invidia, non riuscivo proprio a capire. L’invidia si trasformo in fastidio, in gelosia, poi in rabbia. Forse sbagliavo ma nei suoi occhi vedevo una sfumatura di oddio.

Oddio?

Verso di me? Ma se mi aveva rivolto la parola solamente una volta. Come era possibile? Sicuramente confondevo quella sua reazione con qualcosa d‘altro. Cercai di distoglie lo sguardo ma i suoi occhi neri mi inchiodavano dove ero. In quel istante vedevo solamente il colore di quei occhi penetranti.

La testa mi girava. In quel momento volevo solamente sdraiarmi sul letto e dormire almeno per un paio di giorni.

Non riuscivo a comprendere come mai quel ragazzo appena incontrato mi facesse saltare la mia sfera emotiva da un minuto ad altro. In poco tempo ho percepito attrazione verso di lui, poi la sorpresa per aver letto nei suoi occhi la comprensione. Ora invece non sapevo cosa provare.

Mi sentivo svuotata.

Completamente.

Dopo tanto tempo la rabbia che ribolliva dentro di me giorno dopo giorno si era placata dopo tanto tempo. Mi sentivo stranamente calma come non mai.

Meno male che c’erano Marco ed Elena. Ti ricordi, ti avevo parlato di lei in aereo.” Cercai di ricordare delle ciance di mia madre durante il viaggio mentre osservavo la donna di fronte a me. Non era molto alta, era più bassa di mia madre almeno di una testa. I capelli castani le scendevano lungo le spalle fragili, proprio come il marito aveva una carnagione leggermente olivastra, e gli occhi di colore cioccolato mi guardavano in ansia.

Frugai nella mia mente i discorsi che mi fecce mia madre durante il viaggio. Mi parlo di suo nuovo lavoro di traduttrice. Ah, si. Elena è il suo capo. Quella donna si occupava di adozioni. Mi ricordai un altra parte del discorso di mia madre, era lei che le aveva proposto di comprare la casa che era in vendita vicino alla sua. In questo modo sperava che io non mi sentissi sola visto che aveva tre figli.

Elena cerco di sorridere, io non potei fare altro che ricambiare quel sorriso. Era impossibile non volere bene a quella donna. Il suo sorriso ere contagioso.

Tua madre mi ha parlato molto di te.” disse stringendomi la mano. La sua stretta era forte proprio come mi aspettavo. Infondo si occupava di bambini provenienti da vari parti del mondo con mille problemi.

Consideravo quella donna forte, riusciva ad aiutare molti ragazzi rimasti orfani oppure abbandonati dai genitori.

Comprendevo bene cosa voleva dire crescere senza genitori. Mio padre se ne era andato di casa quando ero piccola, mia madre lavorava tutti i giorni fino a tardi.

Ero cresciuta per strada come un gatto randagio, ho trovato dei valori in cui credere e per quali volevo combattere. Non avevo ancora trovato il modo per farlo.

Il marito di Elena era sgattaiolato a casa sua a prendere del acqua con limone per farmi passare il vomito.

Mentre Marco, avevo ricordato il suo nome dai discorsi di mia madre durante il viaggio, era andato a preparare la favolosa pozione che serviva per guarirmi.

Elena e mia madre ciarlavano, ma io avevo la testa dal altra parte guardavo il figlio di Elena. Era appoggiato al muro e mi guardava torvo. Ripensando al nostro incontro al aeroporto nella mia memoria e nella mia testa risuono il suo nome.

Luca. Uno classico nome italiano, usato da decenni.

Possibile che quello che avevo notato nei suoi occhi fosse veramente odio ?

Perché mai dovrebbe provare un sentimento di antipatia verso di me. Non mi conosceva neanche ?

Mi sembrava molto strano tutto ciò.

Mentre ero immersa nei miei pensieri. Marco torno con il bicchiere pieno di acqua con limone e me la fece bere tutta scrutandomi ogni volta che lo guardavo.

Ogni volta che protestavo Luca sogghignava sotto i baffi.

Disgraziato! Si divertiva.

Almeno lui trovava divertenti i miei difetti.

Chi sa che cosa penserebbe se scoprisse altri aspetti del mio carattere?

 

Eccomi di nuovo ad aggiornare questo mio lavoro. Gente ma perché non mi fatte sapere che ne pensate di questa storia? Fatemi sapere che ne pensate per favore, accetto anche critiche negative.

 

Un grazie speciale a per la sua costante presenza e il sostegno che mi dà Mitzune-chan, ti adoro!

 

Mi scuso nel caso in cui ci sono dei errori, se gli individuate comunicateli.

 

A presto

 

D_Dya 







 




 

   
 
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