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Autore: Shodaime    18/07/2012    8 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Don Yamabbondio, quella sera, si sentiva particolarmente allegro.

Non che di solito, sebbene anche lontanamente indispettito, il suo comportamento arrivasse mai a scostarsi troppo da quello di un cane a cui lancino un bastone ricoperto di pancetta, ma c’erano giorni in cui la sua gioia ingiustificata si spingeva ben oltre l’umana comprensione e sopportazione.

Per fortuna, almeno quel giorno non aveva dovuto celebrare alcun funerale, così che quantomeno la perpetua non aveva dovuto fiondarsi a casa del morto a scusarsi con i parenti per come il parroco aveva terminato la funzione con un bel “Andiamo e gioiamo insieme di questa magnifica giornata!” come aveva fatto l’ultima volta che era morta la signorina Yuni.

Ragazza strana, quella Yuni, che ogni due per tre prendeva, salutava il gentile pubblico della sua ditta produttrice di copricapi, cuscini, e copricapi a forma di cuscini, si esibiva in un pianto strappalacrime e dipartiva per i motivi più disparati, salvo resuscitare nel giro di qualche pag…ehm, settimana per ragioni ancora più dubbie. Un vizio di famiglia, quello di morire, che aveva creato non pochi problemi allo stesso curato, il quale ogni volta si ritrovava a dover dare spiegazioni ai bambini del catechismo su quello che ai loro occhi appariva come un palese caso di plagio.

Che poi alcuni tirassero in causa i testi sacri e altri invece South Park, era un’altra faccenda.

Comunque fosse, quella sera Yuni aveva deciso di rimanere tra noi, e Yamabbondio stava seguendo comodamente seduto sul divano della canonica la finale del campionato di baseball tra il Namimori, che a fine primo tempo segnava ben sei punti, e l’Ikebukuro, che segnava tre macchinette scagliate a bordo campo e otto punti di sutura in faccia all’arbitro.
Gokudera, da canto suo, se ne stava nella pace più assoluta della chiesa deserta a spolverare la statua di San Primo, fumando la sua proverbiale sigaretta sotto lo sguardo comprensivo e benevolo del santo.
Ma, se le risate che provenivano dalla canonica lasciavano intendere che Yamabbondio rimaneva in modalità vitello pasciuto e satollo anche durante lo spot pubblicitario di un tosaerba, la perpetua sentiva che tutta quella calma lasciava presagire una tempesta imminente.
Si decise quindi a rimanere bene all’erta: erano passate quasi due settimane dalla brutta faccenda del matrimonio mancato, e sebbene Don Yamabbondio stesse ormai aspettando l’imminente giorno della consegna per riabbracciare la sua adorata mazza, convinto come tutti i paesani che i due innamorati avrebbero ben presto preso un dannato aereo per Las Vegas, qualcosa continuava a turbare il pio e immacolato cuore di Gokudera.
Neanche a dirlo, un urlo all’improvviso squassò il placido silenzio della parrocchia.
“Oh porca…” Gokudera trattenne all’ultimo una sonora imprecazione dalla sua sempre pia e sempre immacolata bocca, e già stava correndo verso la canonica dopo aver lasciato la sigaretta tra le dita benedicenti del patrono.
Aveva già progettato ipotetici piani difensivi in caso di incursioni da parte di ladri, assassini, suonatori di clavicembalo, dotti medici e sapienti. Ma non aveva la minima sicurezza che quello che aveva preparato contro i tentativi di matrimoni d’assalto mentre potava le peonie sarebbe stato in grado di funzionare.
Tanto più che lo sposo in questione era particolarmente testardo, la suocera particolarmente sadica, e il fratello della sposa particolarmente….Tendente ad inalberarsi.
Ma della parentela tra Tsunia e Xanxigo, oltre a lui, pochi ne erano a conoscenza.
E d’altronde, al momento, nessuno aveva intenzione di pensarci.
 
La porta era stata sfondata da una spallata ben assestata di Mukurenzo. Accanto a lui, trascinata come un vero e proprio sacco di patate in abito bianco, Tsunia si era fatta gli ultimi seicento metri sulle ginocchia, ancora senza aver capito perché diavolo avessero dovuto arrivare di corsa quando per strada non c’era un cane.

Ma, a detta di Mukurenzo, il manuale del giovane criminale diceva di fare così, e se già aveva rinunciato a farsi la colonna sonora da solo, almeno l’entrata ad effetto doveva essere compiuta con tutti i crismi.

A terminare il manipolo di assalto che aveva appena invaso il salotto della canonica, Reborn in un tailleur di Armani e due perfetti sconosciuti che avevano raccattato strada facendo per fare da testimoni, pagati con la promessa di un autografo di Mukurenzo l’uno e un osso con cui giocare l’altro, un certo Ken, che tutti in paese davano per zoofilo.

Non che Don Yamabbondio fosse una persona particolarmente pavida, ma trovarsi Mukurenzo tra il tavolino dove teneva il macramè e il televisore, con lo sguardo furente e tenendo per mano una ragazzina che il parroco era sicuro di aver personalmente segnato all’anagrafe come maschietto, in abito da sposa e completamente terrorizzata, gli costò un attimo di indugio quantomeno perché i suoi neuroni si decidessero se quella scena fosse reale o se il povero curato avesse di nuovo inalato troppo incenso.

La visione di Reborn in gonnella, fedora e rossetto rosso con a sfondo l’immagine votiva della Vongola di San Primo, poi, diede un tocco di agghiaccio all’intera scenetta.

Fu quell’attimo di panico che diede a Mukurenzo il tempo di avanzare, brandire Tsunia contro Yamabbondio e cominciare a mettere finalmente in atto il loro matrimonio.

“Kf….Ehm” Il ragazzo si morse le  labbra, conscio che quelli dell’ Antagonista’s avevano occhi e orecchie anche tra le statuine del presepe. “Questa è mia moglie!” Urlò.

“Avanti Tsunia, tocca a te!” Reborn piantò praticamente la pochettes paliettata nei reni della figlia, spingendola verso il parroco.

Tsunia prese fiato. Il tempo parve scorrere infinitamente più lento. Alle sue spalle, un distributore di lattine viaggiava al rallenty verso l’inquadratura della partita. Nel castello di Don Xanxigo, un bicchiere di tequila volava lento verso la testa di uno dei buoni, mentre una farfalla sbatteva le ali prima di essere ingoiata da un camaleonte.

“Questo….E….Questo è mio…..” Tsunia stava per terminare la frase, separando per sempre Don Yamabbondio dalla sua mazza, quando la perpetua fece il suo provvidenziale ingresso in scena, e nello stupore generale saltò sul divano, turnicò in aria lanciando delle bombe e si parò davanti  a Mukurenzo, infilandogli una maglietta con stampato un enorme Hello Kitty mentre le bombe esplodevano lasciando scendere una cascata di brillantini e fiorellini di carta.

“Ma che ca…” Mukurenzo non ebbe il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si ritrovò vestito di rosa, completamente imbrillantinato e con un lecca-lecca gigante in mano.

Ma prima che potesse terminare di parlare, un flash accecò i suoi meravigliosi occhi bicolor.

Quando finalmente riacquistò il dono della vista, si trovò davanti Gokudera con una fotocamera in mano e lo sguardo particolarmente torvo.

La perpetua scagliò Yamabbondio oltre la porta della chiesa, facendolo finire steso di lungo sulla prima panca.

Yamabbondio si autodefinì un homerun controllando di avere ancora tutte le ossa.

A Reborn si scucì l’orlo della gonna.

Tsunia voleva soltanto andarsene a dormire.

Gokudera allora alzò tre dita davanti ad un Mukurenzo a dir poco impietrito.

“Hai tre secondi. La mia fotocamera è collegata ad internet, e se non esci subito da qui per non tornarci più la foto di te vestito in quel modo con tanto di zoom sui brillantini sul tuo stupido testone da ananasso arriverà sulla home dell’Antagonista’s. E non ti conviene cercare di non credermi.” Disse, con sguardo di sfida, mentre sul display del computer alle sue spalle la foto appariva già a schermo intero, rivelando quanto Mukurenzo fosse fotogenico vestito di rosa.

Una goccia di sudore imperlò la fronte del ragazzo mentre cercava di decidere cosa fare.

“Due” Contò Gokudera.

La scelta era tra combattere e rischiare di perdere definitivamente la dignità, o scappare a gambe levate e perderla solo temporaneamente.

“Uno.”

Tsunia si ritrovò a volare fuori dalla finestra ad una velocità sonica, insieme alla pochette di Reborn, diretta a Mukurenzo ma che colpì in pieno la sua testa, cominciando a farle vedere allucinazioni con immagini di strani scrittori italiani che si rivoltano nella tomba. Non ebbe il tempo di focalizzare la scena che venne nuovamente presa di peso, e il mondo ricominciò a correre.

“Do….Dove andiamo?” Rantolò, col velo impigliato ormai nelle caviglie.

“Lontano.” Rispose Mukurenzo, prima di lanciare la sua sposa a Reborn e sparire.

“Neanche in Beautiful una cosa del genere.” Commentò Reborn, prima di caricare Tsunia in macchina e allontanarsi parlando al telefono col suo sceneggiatore di fiducia.
   
 
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