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Autore: The Cactus Incident    18/07/2012    0 recensioni
Che razza di vampiro poteva uccidere la propria madre, vampira anch’essa? Uno comune, in effetti.
Quarto ed ultimo file. Il cuore di Gates perse un battito.
“Layla Lightblue. Unica delle quattro figlie ancora in vita. Ha dei grossi problemi di salute, ma c’è chi dice che sia tremenda. Gates, è stata lei ad uccidere Valary e si pensa che l’abbia fatto perché Michelle ha ucciso sua sorella”
[…]
Se avesse saputo prima che era stata Layla ad uccidere Valary, molto probabilmente, avrebbe mirato alla testa invece che alla gamba.
il più grande flop mai commesso da Cactus!
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Synyster Gates
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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vamp chapter 1

“Duecento…” “Duecentouno…” “Duecentodue…” “Duecentotre…” “Duecentoquattro…” “Duecentocinque…”
“Brian! Mike! È pronta la colazione!” Annunciò Michelle dalla cucina.
“Si mamma, arriviamo!” Urlò il più giovane dei due e saltarono giù da quell’asta di metallo che attraversava la stanza da parete a parete e a cui i due Haner erano appesi a testa in giù (un po’ a mo di pipistrello) e facevano addominali.
“Bravo figliolo, stai migliorando” disse il più vecchio, battendo una pacca sulla spalla del sedicenne.
“Grazie pà” disse lui sorridendo.
Micheal Alan Haner era la copia sputata di suo padre che, dimostrando a stento venticinque anni pur avendone più di quaranta, sembrava il fratello. Alla madre non somigliava per niente, la copia di Michelle era Bree Marie Haner, la più piccola, di dodici anni e esattamente identica alla madre, ma con il naso e lo sguardo da stronza del padre (che aveva anche l’altro figlio).
Entrarono in cucina e trovarono le due già sedute a tavola che mangiavano.
Gates andò a sedersi a capotavola e osservò per un secondo la sua famiglia.
Cazzo, se gli faceva strano. Eppure era sposato da diciassette anni e aveva due figli semplicemente spettacolari che avrebbero portato avanti il “mestiere di famiglia”.
Beh, tutto sommato aveva fatto qualcosa di buono nella sua vita oltre a salvare la città dalla distruzione una decina di volte e il mondo un paio (insieme agli altri, sia chiaro).
“Allora pà, che devi fare oggi?” chiese Bree scostandosi i lunghi capelli biondo scuro.
“Che devo fare oggi?” chiese lui a sua volta alla moglie che ci rifletté un attimo prima di rispondere.
“Devi passare alla scuola a fare il tuo corso”
“Oh si… me ne ero dimenticato” eh si, perché ogni tanto il nostro stupefacente eroe mezzosangue si dedicava ai nuovi mezzosangue desiderosi d’imparare.
Praticamente passava il pomeriggio nella palestra della scuola a terrorizzare i ragazzini che non facevano quello che diceva lui.
In queste occasioni, Micheal si divertiva come un matto anche se Syn lo faceva lavorare più degli altri. Era divertente vedersi davanti quel soggetto con il pantalone della tuta, una canotta e un fischietto appeso al collo.
“Ok, io vado. Ciao, gente” disse Mike alzandosi e dando un bacio sulla testa della madre e scompigliando i capelli della sorella che sbuffò irritata.

“Forza! Liz che non dobbiamo passarci la nottata, su! Uno-due-tre-vai!”  per completare soffiò abbondantemente nel fischietto di metallo e spostò lo sguardo dalla ragazza impegnata a tirare cazzotti al sacco da boxe, insieme ad un’altra decina di giovincelli, per andare a controllare quelli che facevano gli addominali, appesi per le gambe al quadro svedese, a testa in giù.
“A quanto stiamo?!” urlò dopo aver dato un colpo di fischietto.
“Quarantanove!” Gridò quello che portava il conto.
“Farrell si chiamano addominali perché devi usare l’addome! Se non muovi quella panza che non hai ti tiro un calcio in culo e ti spedisco in bocca ad un vampiro!” Lo minacciò.
“Si prof” Disse il malcapitato.
C’è da dire che Gates si divertiva come un bambino lì. Era dannatamente sadico a vedere quella massa di ragazzi che sgobbavano e facevano tutto quello che lui diceva. Forse avrebbe dovuto prendere seriamente la carriera d’insegnamento… magari fra qualche decennio, quando si sarebbe stancato delle missioni e degli ordini di Shad.
“Haner, dai! Che corri come tua madre!” urlò al figlio, impegnato nei giri di pista dell’enorme palestra della scuola. Mike era il primo di tutti quelli impegnati in quel momento, ma Syn voleva che s’impegnasse al massimo, tenendo alto il nome della famiglia.
Finito con le sue lezioni, andò al quartier generale. Mentre provava a ricordare cosa diamine dovesse fare, sentì un accento dannatamente finlandese urlare il suo nome.
“Gates!” si voltò e per poco non gli cadde la sigaretta ancora spenta fra le labbra. Un sorriso affiorò sulle sue labbra mentre guardava il biondo che puntava diritto nella sua direzione.
“Alexi! Brutto stronzo, che ci fai qua!” disse mentre lo stringeva in un abbraccio fraterno.
“Sono venuto a controllarti! Mai che ti facessi sentire, eh?” disse l’altro, sciogliendo l’abbraccio e battendo un paio di pacche ben assestate sulla spalla del soldato.
Alexi Lahio era un mezzosangue finlandese, amico di vecchia data di Gates e gli altri.
“Credo tu sappia quanto sono impegnato…” provò a giustificarsi il bruno e il tono scherzoso della conversazione si abbassò di parecchio.
“Si, ho saputo. Siete messi davvero male, per questo siamo qua”
“Ci siete tutti?” chiese Syn stupito, sorridendo ancora di più.
“Certo!” fece l’altro ovvio, spostandosi la lunga chioma bionda.
“Che mica hai da accendere?” Alexi alzò gli occhi al cielo e tirò fuori l’accendino a benzina, facendo accendere la sigaretta al povero americano in crisi d’astinenza da nicotina.
“Oh grazie… era da ieri sera che non fumavo... porca miseria questi impegni mi stanno distruggendo” Bofonchiò mentre si tirava su i pantaloni che avevano cominciato ad andargli larghi. Che fosse dimagrito per via dello stress?
“Sei stressato, yankee?” chiese Alexi quasi a prenderlo per il culo, ma davvero preoccupato per l’amico.
“Certo euro boy, non so più dove sbattere prima la testa” il biondo fece una faccia disinvolta, tranquillizzandosi.
“Ah, quindi tutto come al solito” il bruno scrollò le spalle e tirò una grossa boccata.
“Si, direi di si. Andiamo a farci un giro?” propose.
“Con immenso piacere”

Stavano passeggiando distrattamente fra i grossi mezzi d’assalto, quando Alexi riprese una conversazione quasi normale.
“Allora…. suoni ancora?” chiese curioso e il bruno scosse la testa.
“No, e chi ne ha il tempo!” fece ovvio.
“Peccato, eri bravo” scrollò le spalle.
“E tu?”
“Certo che si, mi è impossibile stoppare per più di una settimana, divento isterico ed essere un caposquadra isterico non è un bene” Gates sorrise divertito.
“Spiegalo a Shad, questo concetto non gli è molto chiaro” disse ridendo. Il suo caposquadra si che era stressato. Aveva sempre i nervi a fior di pelle ed era perennemente scontroso. Era raro trovarlo di buon umore.
“Ancora che urla?!” Alexi sembrava seriamente sorpreso.
“Certo che si! E’ nella sua natura urlare e sclerarci addosso. Se non lo fa non è felice”
“Ahahah! Sarebbe stato un cantante eccezionale” E Gates scoppiò a ridere.
“Ma chi? Shad? Ma se è stonato come una campana! Sembra un vecchio tedesco all’october fest completamente ubriaco”
“Beh, una buona capacità polmonare però è utile” Fece Alexi convinto e Gates scosse la testa, scettico.
“Se vabbè, Shad che canta. Che assurdità….. piuttosto, dove sono gli altri?”
“Ah non saprei….. i tuoi?”
“In giro a farsi gli affari loro. Ti hanno parlato di stasera?” Chiese Gates portando il discorso su questioni più importanti.
“Si, ci sarete anche voi?” Alexi già sapeva tutto per quanto riguardava i programmi della serata dedicata a tutt’altro che attività ludiche.
 “Obbligatoriamente. Saremo noi due e anche un'altra squadra, adesso non ricordo”
“Uhm, bene. Ci sarà da divertirsi!” disse eccitato il biondo e Gates sorrise, battendogli un paio di pacche su una spalla.

Erano in quindici. Tre squadre, tutti sparpagliati in gruppi ancora minori. Gates e Rev erano capitati insieme e seguendo una pista erano arrivati sotto ad un palazzo fatiscente.
La comunicazione era saltata, probabilmente qualche guasto o pareti isolate, comunque erano tagliati fuori e pronti a far fuoco.
“Forza Rev, da questa parte” il più alto annuì e seguì il segugio. La traccia era dannatamente chiara. Ne sentiva l’odore, riusciva quasi a  vederla. Era come una traccia di pulviscolo molto più visibile che però vagava pochissimo nell’aria e rimaneva sempre abbastanza compatta.
Erano almeno più di dieci, e non erano solo vampiri, forse anche qualche mezzosangue.
Beh, perché starsene chiusi nei sotterranei di un palazzo abbandonato nella vecchia parte della città se non si ha niente da nascondere?
Continuarono per quei corridoi bui e umidi, fino a trovarsi davanti ad una grossa botola di metallo.
“Devono essere per forza qui” Fece Gates.
“Si, ragnatele ovunque, tranne che in questo punto. Pure un bambino lo capirebbe” commentò Rev, grattandosi la testa distrattamente e alzandosi gli occhiali protettivi dalla faccia per guardare meglio, i sensi sempre vigili e pronti al minimo rumore.
Con un colpo, Rev fece saltare la serratura e un calcio bastò ad aprirla.
Quando saltarono dentro,(almeno tre metri) la botola si richiuse sulle loro teste.
“Oh cazzo” fece Rev sorpreso e leggermente divertito. Oh, avevano provato a fargliela.
“Merda ci hanno fottuto” disse divertito Gates, preparando il secondo fucile che era rimasto sulla schiena, inutilizzato.
“Non sono così stupidi come credevamo. Pronto Rev?”
“Come sempre, dolcezza!” Un paio di proiettili al plasma, il portellone saltò per aria e loro saltarono fuori.
Il vuoto.
“Allora? continuiamo?” Uhhh, una traccia ben distinta.
Vampiro, donna bianca, presumibilmente capelli neri.
“Si Rev, andiamo” mentre il più alto proseguiva, avendo già capito le intenzioni del compagno, il segugio, seguì la traccia silenziosamente, arrivando a fronteggiare la vampira in  questione, attaccata ad una grata sul soffitto. Syn le sparò ad una gamba e lei perse la presa, cadendo al suolo.
“Oh oh! Trovata!” disse divertito. Gli piaceva sempre fare il gioco del gatto col topo.
Alle sue spalle arrivò il compagno che puntò la grossa torcia su di lei, dando colore alla scena completamente buia. Non che non ci vedessero, anzi, ma un po’ di luce fa sempre comodo.
“Forza, dove sono gli altri” disse Gates, quasi scocciato. Finita la caccia, finito il divertimento.
“Uccidimi” sospirò lei, troppo orgogliosa per dire dove si trovavano i suoi compagni. La gamba le faceva troppo male, non ce l’avrebbe fatta ad arrivare fino al nascondiglio con due mezzosangue armati alle calcagna. Meglio farla finita subito.
“Troppo comodo. Prima mi dici dove si nascondono gli altri assassini e poi ti uccido”
Aveva senso quella frase? Colui che minaccia di ucciderti, chiama assassini altre creature?
“E ti reputi tanto migliore di loro?” disse lei, disgustata, guardandolo negli occhi.
Gates quasi vacillò e sentì un paio di brividi percorrergli la spina dorsale, sotto il suo sguardo di ghiaccio. Era una distesa di odio, umiliazione e dolore, tutto colorato dalle sfumature dell’Antartide contornate di nero.
“Dimmi dove si trovano e sarai la prima a morire” insistette, evitando la domanda.
“Facciamo che non ti dico niente. Tanto mi uccidi lo stesso! E se non mi uccidi tu, morirò ugualmente dissanguata. Mi conviene aprire la bocca?”
“Mi rallenti solo il lavoro. Tanto in breve tempo li troverò”
La ragazza sorrise beffarda “Certo, credici”
“Sono sopra la nostra testa, vero?” disse indicando  col fucile la grata da cui era caduta.
Lei sorrise beffarda e incrociò le braccia al petto, guardando di nuovo il mezzosangue con gli occhi scuri. Certo che quelle mascherine quasi da aviatore erano davvero ridicole.
“Secondo te ero così cretina da scappare direttamente al rifugio? Una volta vi addestravano meglio” si sistemò meglio a sedere, la schiena contro la parete gelida e umida. Se proprio doveva morire, che almeno lo facesse in una posa decente.
Il bruno rimasto in disparte per tutto il tempo, sbuffò sonoramente e l’altro, quello che le aveva sparato, si chinò vicino a lei.
Si spostò gli occhialetti sulla testa e la guardò negli occhi.
“Sta a te decidere. Se mi dici adesso, dove si trovano, ti uccido subito: rapido e indolore. Se non sarà così ti trascinerò con me fino a che non trovo il posto e una volta qui li ucciderò uno per uno davanti ai tuoi occhi e poi se non sarai morta dissanguata ti farò passare le pene dell’inferno e ucciderò te, per ultima”
“Gates, smettila” Lo richiamò l’altro.
Il bruno si girò e incontrò gli occhi dell’amico, che l’aveva richiamato.
”Qual è il problema?” Chiese Gates stranito dall’ammonimento.
“Brian, sono persone” a differenza di Gates, Rev aveva ancora un cuore, da qualche parte e quelle scenate dell’amico erano quanto di più detestabile ci fosse.
“Sono assassini” sentenziò il segugio, convinto.
“E noi cosa siamo?”
“Protettori” fece ovvio inarcando un sopracciglio. La ragazza seduta per terra schioccò la lingua.
“Bel modo che avete di definirvi… Molto sarcastico” disse la vampira, disgustata. Gates la guardò, stizzito.
“Tu, devi morire. Quindi lascia parlare i grandi” Le gesticolò contro distrattamente usando il fucile che imbracciava.
Dopo uno scambio di occhiate con l’amico, si voltò a guardare ancora la tipa che si guardava intorno, lo stesso sguardo carico di odio e vergogna, ma l’orgoglio le lasciava ancora una posa rigida e autoritaria, quasi regale.
“Allora, non vuoi parlare, vieni con noi”
“Non ci penso nemmeno!”
“Oh, ma non sta a te decidere” La imbavagliarono e legarono e Rev se la caricò su una spalla, come un sacco di patate mentre Gates continuava a cercare una nuova scia.
Finalmente la trovò e continuarono a scendere nei sotterranei del palazzo.
La vampira ne era più che consapevole, sarebbero morti tutti. Quei due erano troppo armati e di tipo CH negativo, loro non avevano niente con cui difendersi, nemmeno i propri denti.
Forse qualcuno sarebbe riuscito a scappare, ma fuori da lì oltre agli altri “Protettori”, come spesso venivano chiamati  gli agenti/ soldati della  IVAUS c’erano gli altri vampiri, da cui loro stessi fuggivano.
Era la loro fine e questo faceva riempire gli occhi di lei di lacrime di rabbia che non sarebbero mai colate dai suoi occhi.
Arrivarono fino al bunker dov’erano nascosti gli altri e in pochi secondi il bruno esaltato, quel Gates, fece saltare in aria l’enorme porta di metallo blindato.
La prigioniera provò a liberarsi e a combattere, ma era inutile. La roba con cui l’avevano legata e imbavagliata era un’altro di quegli assurdi marchingegni che non avrebbe mai potuto distruggere e in più il bisogno di sangue era altissimo. Ne aveva perso troppo, non avrebbe resistito ancora…..
Il tipo che le aveva “dato un passaggio” la mollò per terra ed entrarono.
La scena che si trovò Gates davanti fu spaventosa.
Credeva di trovare corpi mutilati, vampiri frementi e pericolosi, armati fino ai denti e invece…..
La prima cosa che si trovò a fronteggiare fu una enorme stock da industria di sangue sintetico. Ce n’era tantissimo, come se avessero svaligiato un camion che doveva rifornire qualche negozio.
Bottiglie di sangue imballate sulle pedane di legno, scatole di compresse di emoglobina sintetica che si trovavano comunemente in commercio e nemmeno un’anima.
Erano di certo andati a nascondersi, ma in quella sorta di sala comune c’era un po’ di tutto. Dei giocattoli, molti libri, qualche disegno appeso alle pareti, dei libri scolastici lasciati aperti sul grande tavolo centrale, un angolo cucina ben assortito e in un angolo c’era anche una chitarra, abbandonata di fretta e furia.
In una stanzetta adiacente c’era una sorta di infermeria ben attrezzata con qualche macchinario e parecchi medicinali.
“Gates ma….” chiese Rev mentre prendeva in mano un orsacchiotto di peluche.
“Questi…..” aveva cominciato a parlare, ma sentirono uno strano rumore alle loro spalle. Scattarono, ma poi si resero conto che era la vampira che zoppicando, aggrappata ad una sedia era arrivata fino a loro.
“C’è una piccolissima cosa che non avete capito, stronzi. Noi non siamo quei ribelli che cercate voi”
Gates inarcò un sopracciglio, sorpreso.
“Che intendi dire?”
“Che noi siamo i ribelli dei ribelli, quindi i giusti che però scappano dai ribelli perché li abbiamo traditi” la ragazza calò la testa, esausta e prese un respiro profondo.
“Ragazzi! Venite fuori, sono io!” pian piano, da qualche angolo e da dentro a degli armadi saltarono fuori persone. Buona parte di loro erano adulti o adolescenti vampiri e mezzosangue, ma c’era anche una piccola percentuale di bambini mezzosangue.
Gates e Rev abbassarono i fucili e si scoprirono il volto, dal pezzo di stoffa antiproiettile che gli copriva il naso e la bocca. Poggiarono gli occhiali sulla testa e si guardarono attorno, sconvolti.
“Ma…. siete tutti vegetariani?” chiese il segugio al gruppo davanti a lui, riferendosi ai vampiri e tutti annuirono. A quel punto si voltò verso la ragazza a cui aveva sparato.
“Allora perchè vi nascondete?”
“Non scappiamo solo da voi, idiota….” Gates avrebbe voluto chiederle altro, ma la ragazza sia accasciò al suolo, esausta e in fin di vita.
Un paio di adulti del gruppo si avvicinarono a lei e una ragazza (una mezzosangue) disse all’altro (vampiro) di portarla nell’infermeria.
Gates si sentì tirare per una manica e si voltò.
Una bambina mezzosangue che stringeva convulsamente un coniglietto di pezza, lo guardava dal basso, i grandi occhioni di un azzurro intenso sgranati, la bocca stretta di lato.
“Signore, siete voi quelli che vogliono ucciderci?” Gates si sentì morire.
Era davvero diventato un mostro così orribile? Tutti si aspettavano che li avrebbe uccisi uno ad uno a sangue freddo? Ne sarebbe stato davvero capace?
Preferì non darsi una risposta.
Tolse uno dei guanti e posò la mano sulla testa della bambina, piena di capelli liscissimi e castano chiaro. A quel contatto al bambina sobbalzò, come se avesse paura, ma poi capì che era una semplice carezza e alzò la testa per sorridergli.
Lui alzò un angolo della bocca in risposta e la scrutò attentamente.
“No, noi non vi faremo niente” e la bambina gli mostrò un sorrisone raggiante, prima di scappare via.
“Ehm….. perdonate la nostra irruzione. Ci era stato detto di un gruppo di ribelli che si nascondeva da queste parti, ma non potevamo immaginare…. tutto questo”
Provò a scusarsi Rev, con un sorriso colpevole. Un vampiro si staccò dal gruppo e si avvicinò ai due soldati, la fronte un tantino corrucciata.
Dimostrava più o meno vent’anni e aveva gli zigomi sporgenti, i capelli neri e, per assurdo, gli occhi scuri dannatamente simili a quelli di Brian. Aveva un tatuaggio sul lato del collo, ma Brian non riuscì a vedere di cosa si trattasse, vedeva solo delle linee nere o azzurre.
Anche se il suo corpo dimostrava una giovane età, sullo sguardo e sui modi di fare, c’era come l’evidente segno di una qualche forza antica e potente che l’aveva reso il braccio dentro della vampira già da molti secoli.
“Si, capiamo bene che c’è stato un equivoco, ma adesso come facciamo con la porta?” bofonchiò scocciato incrociando le braccia al petto.
“Sarebbe bastato bussare” commentò un vampiro bassino e bianchissimo, con gli occhi verdi e i capelli neri abbastanza lunghi, da dietro la spalla del tipo che aveva parlato poco prima.
Quell’insolito intervento fece ridere un po’ tutti.
“Frank, sei sempre il solito” disse un ragazzo più alto e con i capelli rosso fuoco che stava di fianco ad uno che gli somigliava parecchio, sempre un vampiro ma con i capelli biondi tagliati in modo insolito.
“Beh, credo che possiamo in qualche modo ripararla. Che dici Rev?” Fece Gates che ancora non si era ripreso dallo shock. Stava diventando un mostro, se non lo era già diventato.
“Si, questo affare sa anche saldare, vero?” disse scrutando il fucile come se non l’avesse mai visto.
“Si, basta cambiare le impostazioni, non ci vuole granché. Ripieghiamo le parti di metallo al loro posto e poi saldiamo”
“Vi serve una mano?” chiese il vampiro dagli insoliti occhi scuri. Era rarissimo trovarne, di solito avevano tutti gli occhi innaturalmente chiari.
“Grazie, sarebbe gentile. Ti chiami?” Chiese il segugio.
“Chiamatemi pure Tj” disse divertito. Il suo vero nome era quasi impronunciabile visto quanto era antico, meglio evitarlo.
“Grazie Tj” disse Gates, scrutando i suoi occhi. Ma com’era possibile? Bah.
Scacciò via quei pensieri e tornarono alla porta blindata che avevano distrutto, separata da quell’enorme sala comune da un’anticamera/dispensa di emoglobina.
Riuscirono a rimettere a posto la porta abbastanza bene e quando tornarono dentro, la vampira a cui Gates aveva sparato sembrava essersi ripresa. Era ancora di un pallido innaturale anche per un vampiro e aveva la faccia sofferente, ma era cosciente mentre beveva avidamente da una bottiglia di sangue sintetico.
Syn si aprì la giacca, esausto e Rev crollò su una sedia.
“Fanculo, io la pianto con queste stronzate e mi metto a dare il culo sull’autostrada” sbuffò il più alto con al guancia poggiata sul tavolo.
“Rev non essere scurrile, ci sono dei bambini” lo rimbeccò Gates.
“Quei bambini ne sanno più di noi, te lo dico io” e si tolse il pesante giaccone della tuta, appendendolo alla sedia.
Forse sarebbero dovuti tornare indietro, andare dagli altri per dirgli che stavano bene e che era tutto ok, ma in quel momento non ce la facevano a muovere nemmeno un passo. Syn crollò su una sedia vicino a quella di Rev e tolse anche il suo giaccone.
Tj gli arrivò davanti e posò sul tavolo davanti a loro due birre ghiacciate.
“Oh Tj, dovrebbero farti santo” disse Rev afferrando la birra e Syn ringraziò con un cenno della testa e un sorriso, prendendo la sua anche se continuava a osservare incuriosito il vampiro. La sua pelle era come in un bronzeo schiarito e i lineamenti spigolosi gli conferivano una bellezza leggermente androgina.
“Ah, ci voleva proprio” disse convinto Gates, mentre beveva.
“Si, sparare e saltare fra roba in fiamme mette sete” asserì Jim.
“Puoi dirlo forte”
La vampira, dall’altro lato del enorme tavolo, afferrò le stampelle poggiate lì di fianco e sia avvicinò ai due.
“Ok, grazie di avermi sparato, di avermi riportato a casa e di aver distrutto e poi rimontato la porta. Non vogliatemene, ma dovreste andarvene” disse secca e concisa, senza troppi giri di parole.
Tj la prese per le spalle e la fece sedere, gli piazzò in mano un’altra bottiglia di sangue.
“Sta calma e bevi. Sei ancora molto debole” La tipa sbruffò e afferrò la bottiglia.
“Io sono sempre molto debole…” borbottò aprendo la bottiglia.
“Motivo in più per stare tranquilla e calma”
Cominciò a bere avidamente e Gates ebbe modo di osservarla, finalmente.
Aveva dei lunghi capelli neri con i riflessi rossi, folti e leggermente mossi, tenuti insieme in una coda alta che lasciava due ciocche ai lati del viso, più corte, continuazione dell’enorme frangettone sulla fronte che ancora un po’ e avrebbe coperto i suoi spettacolari occhi di iceberg.
Era tipico della maggior parte dei vampiri avere gli occhi chiarissimi, chissà perché.
Il fisico perfetto, aveva una canotta nera che le fasciava il torace e lasciava le braccia scoperte, un largo pantalone grigio scuro, tenuto su da un grosso cinturone, di cui una gamba era stata tirata sopra per permettere che la medicassero. Un paio di anfibi scuri e parecchie collane.
Al collo portava una medaglietta di quelle militari, una strana pietra blu tenuta al collo da un laccetto di cuoio che faceva due giri attorno al collo, uno strano ciondolo di metallo a forma di muscolo cardiaco (non il cuore da fidanzatini, proprio dalla forma realistica) di un metallo scuro con delle insolite venature viola e quello che sembrava un proiettile bello grosso a cui era stato fatto un foro e fatta passare una catenina. Sulla schiena, al centro delle due scapole, c’era un a sorta di rosone gotico che a Syn era sembrato di aver già visto altre volte.
Era un simbolo rotondo, completamente blu, senza inchiostro nero come tutti i tatuaggi e da qui numerosi e intricati raggi che arrivavano fino alla circonferenza del cerchio più grande, senza fuoriuscirne.
Proprio come quei rosoni delle chiese gotiche.
A entrambi i polsi numerosi bracciali di metallo e di cuoio, parecchi piercing ad entrambe le orecchie e sulle braccia diverse cicatrici.
Sinceramente? Era davvero bella, come più meno tutti i vampiri e gli occhi chiari in contrasto con lo sguardo scuro la rendevano dannatamente sexy.
Dopo aver preso una grossa sorsata, voltò la testa verso i due.
“Allora…. come vi chiamate?” chiese distrattamente.
“Rev” “Gates” risposero i due automaticamente e lei sbuffò alzando gli occhi al cielo.
“Dico per davvero, quali sono i vostri nomi?” I due si guardarono e Jim sorrise e strizzò l’occhio all’amico, prima di rispondere alla donzella.
“Jimmy” “Brian”
“Oh, adesso si ragiona. Io solo Layla, ma meglio Lay” disse facendo una sorta di smorfia, mentre si sistemava meglio sulla sedia.
“Scusami se ti ho sparato e se ti ho detto quello cose, Lay” Disse Brian, imbarazzato.
La ragazza sospirò, era davvero stanca. Era stata una nottata molto lunga.
“Capisco che facevi il tuo lavoro, ma non ti perdono. Almeno non per adesso. Quando tornerò a camminare normalmente se ne può riparlare”
“Mi sembra giusto” disse lui, annuendo.
“Lay, se è possibile vorrei capire una cosa. Chi siete?” Chiese Jim, gentilmente.
Lay fece un sorriso amaro e poi cominciò a parlare.
“Voi vivete nel mondo sotterraneo, al sicuro da tutto e saltate fuori solo per sparare sui vampiri e riportare la tranquillità. E’ giusto?” I due annuirono, anche se non del tutto d’accordo.
“Ecco, voi siete dei soldati, non avete idea della gerarchia che si nasconde dietro al mondo dei vampiri e dei mezzosangue che vivono fuori dal mondo sotterraneo. Non è facile come sembra, non basta decidere ‘io bevo sangue sintetico’ e la gente ti lascia in pace, e il tuo clan ti lascia vivere una vita…. normale. Tutti i presenti, e dico tutti, sono scappati da una vita segnata dalla ‘famiglia’ all’insegna dell’assassinio e per quanto riguarda i mezzosangue…… beh, credo lo sappiate”
Per i mezzosangue, forse, era ancora più difficile inserirsi nel mondo ‘reale’ fuori dalle battaglie e dal campo delle scoperte di tipo bellico che gli permetteva di vivere nel mondo sotterraneo.
Non essendo né di una fazione, né dell’altra, spesso non venivano accettati da nessuno delle due e spesso vivevano in folti gruppi lontano dai giochi di potere a cui erano costretti nella frenetica vita cittadina che spesso e volentieri sfociava nella violenza più assoluta come in quel preciso periodo della storia del mondo.
In alcuni casi, bambini mezzosangue venivano abbandonati e per loro non era per niente semplice.
Brian si rese conto che lo sguardo di Lay, carezzava quella bambina che prima aveva tanto colpito il soldato con i suoi occhi e le sue parole.
“Lei, ad esempio, non ha nessuno al mondo” Brian rimase a guardarla, mentre giocava col suo coniglietto, insieme ad altri due bambini.
“C-come si chiama?” Chiese continuando a guardarla, mentre i ricordi gli riempivano la mente facendo dannatamente male.
“Evie. O almeno così abbiamo deciso noi. Siamo la sua unica famiglia”
La mente di Brian fu invasa da mille immagini che aveva fatto di tutto per rimuovere e sarebbe affogato fra di loro se la mano di Jim non si fosse posata sulla sua spalla, riportandolo alla realtà.
Lo ringraziò con uno sguardo e tornò a guardare la vampira davanti a lui.
“Resta il fatto che, tutti i mezzosangue presenti non avrebbero dove altro andare e i vampiri erano stanchi di vivere uccidendo e di fare razzia come delle belve”
“Perché non vi rivolgete allo stato? C’è un programma protezion….” cominciò Brian, ma fu interrotto dalla bruna.
“Il tuo programma protezione ha fatto sì che mia sorella e moltissime altre persone morissero. Ecco quanto protegge il tuo caro programma” disse amareggiata la vampira, e per un secondo a Brian sembrò di vedere gli occhi diventare leggermente più scuri. Lay prese un respiro profondo ad occhi chiusi e quando li riaprì erano di nuovo della stessa tonalità di prima.
Era stanco, forse l’aveva solo immaginato.
Si sciolse i lunghi capelli che ricaddero oltre la sedia, li ravvivò con entrambe le mani e poi li tornò a guardare.
“Dicevo. I mezzosangue non saprebbero dove andare e i vampiri, se venissero scoperti dai propri ‘clan’ o famiglie o come diamine vogliamo chiamarli, verrebbero uccisi all’istante”
“Non vi fidate dello stato e non potete farvi scoprire…. perché non scappate?”
“Certo, perché poi noi vampiri possiamo tranquillamente aggirarci per le città, senza sangue, senza soldi e senza un posto dove andare. Astuto Brian, complimenti” Disse sarcastica, poi voltò appena il viso verso l’altro soldato, Jim.
“Davvero vi fidate di lui come segugio? E ancora non siete morti tutti? E’ una fortuna!”
Si stiracchiò, facendo crocchiare la schiena e poi tornò a guardarli.
“Adesso, sapete cosa siamo, che non facciamo del male a nessuno e che stiamo qui, tranquilli per i fatti nostri. Sarebbe bello se vi faceste i cazzi vostri e ve ne tornaste al vostro mondo sotterraneo dimenticandovi di noi”
“Dai Lay, non essere scorbutica, forse potrebbero aiutarci...” provò a dirle Tj, sperando di calmarla almeno un po’, ma fallì miseramente.
“Aiutarci? E a fare cosa? La fine dei topi? Io ci terrei a campare ancora, grazie”
“Non si direbbe” disse Brian e venne fulminato dagli occhi di ghiaccio della tipa.
“Tu mi hai sparato addosso, sta zitto. Non hai nemmeno rispetto per la vita altrui. Ti credi una divinità pronta a giustiziare i cattivi, ma in verità non sai un cazzo, sei solo un soldato stupido e ottuso che fa quello che gli viene detto senza fare domande”
“Lay non…”
“Tj prova a dire un sola parola e m’incazzo” poi si voltò verso il soldato dagli occhi scuri.
“Tu sei Synyster Gates, vero?” Era da quanto Jim l’aveva chiamato Gates la prima volta che gli era venuto il dubbio.
“Si” rispose lui, tranquillo. Era infastidito dalle parole della vampira, ma non lo avrebbe mai dato a vedere.
“Bene, credo che dobbiate andare via, adesso” disse ferma e irremovibile. I due presero le loro cose e stavano uscendo, quando Lay parlò di nuovo.
“Gates, salutami tanto Melissa e dille che con la Morte Blu non è di certo finita”
Melissa Gates era lo pseudonimo di Michelle.
Brian aggrottò le sopracciglia, ma non fece domande, sapendo che non avrebbe avuto nessuna risposta.
Salutarono Tj e gli altri con cui avevano scambiato qualche parola e uscirono, ripercorrendo al contrario la strada da cui erano arrivati.
Quando finalmente uscirono nella notte che si andava sempre di più rischiarando, la calma era tornata e non c’era più nessun rumore.
Tornarono al punto di ritrovo e lì c’erano ancora gli altri componenti della loro squadra.
“Ragazzi! Dove eravate finiti?” Esordì Vengeance, una sigaretta fra le labbra mentre stava pesantemente poggiato alla sua moto.
“Eravamo preoccupati. La comunicazione era saltata già da tempo, ma potevate avvisarci in qualche modo” disse Shad, come un padre che rimprovera il figlio che ha sforato il coprifuoco.
“Ehi, Gates, ma gli occhiali?” Il segugio si portò le mani sulla testa. Diamine, doveva averli lasciati al rifugio.
“Li ho dimenticati” disse istintivamente.
“Oh ma fanculo! L’importante è che adesso siano qui e che possiamo tornare tutti a casa” Christ non si perse in convenevoli o raccomandazioni, ma lanciò comunque un’occhiata allegra ad entrambi, felice di vederli sani e salvi.
“Si, infatti. Il nano ha ragione. Torniamo a casa?” disse Rev salendo tranquillo in groppa alla sua moto.
“Nano ci chiami tuo fratello, coglione. Sono il tiratore scelto migliore di tutta la contea”
“Seh vabbè, insisti ancora?” disse Zee, divertito, mentre anche lui saliva sul suo mezzo.
E così, fra i soliti battibecchi e battutine di sempre, gli A7 se ne tornarono alla base, per poi tornare ognuno alle loro vite.
I due soldati non avrebbero detto niente, c’era stato come un tacito accordo fra i due e se volevano evitare che quei ri-ribelli non morissero, avrebbero fatto bene a tenere tutto per se.
Quando Gates arrivò a casa, erano le sei e mezzo di mattina.
Mentre stava mangiando qualcosa dopo una bella doccia, suonò la sveglia di sua moglie, segno che erano le sette.
Andò nella loro camera e la trovò come sempre dal suo lato del letto. Faceva sempre così quando si addormentava e lui non c’era. Diceva che sentire il suo odore sul cuscino la rilassava.
Aspettare che il proprio uomo torni da missioni mortali non dev’essere il massimo per i propri nervi.
“Ti sei già svegliato? Non ti ho sentito rientrare, strano” la voce ancora impastata, mentre si stiracchiava.
“In verità non ho ancora dormito. Sono tornato mezz’ora fa” disse lui, distrutto, mentre si stendeva nel letto. Michelle si spostò per fargli spazio e aggrottò le sopracciglia.
“Porca miseria…. Beh, allora ti lascio dormire” le diede un tranquillo bacio sulle labbra e poi saltò in piedi, mentre lui sprofondava fra i cuscini, il sonno tormentato da due occhi di giacchio dallo sguardo scuro.
Non era finita lì, ne era più che certo.



E quindi eccoci qui col primo capitolo v.v
Adesso credo che l’anteprima cominci ad avere un minimo di senso….
Anche se in effetti è un grosso spoiler o.o
Vabbè, come non detto :D
Il mio amore Log/ Vee avrebbe potuto uccidermi, ma sfortuna vuole che Layla si chiami così da prima che conoscessi lei, quindi v.v
Beh, si ringrazia quell’anima buona di Dominil (di cui fra l’altro sono “fan”, ma vabbè v.v) per aver recensito e quelli che hanno preferizzato/seguito/ricordato la storia v.v
Al prossimo chap! :D
The Cactus Incident

  
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