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Autore: EvgeniaPsyche Rox    18/07/2012    9 recensioni
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.
-
[Questa storia ho iniziato a scriverla quando avevo tredici anni e, contando che adesso ne ho quasi diciassette, è normale che io abbia cambiato modo di scrivere, anche perché mi sto dedicando a generi differenti. Da un lato preferirei eliminarla perché i capitoli, soprattutto i primi, non sono scritti esattamente bene (Almeno, per quanto riguarda la punteggiatura e la grammatica). Ma ragazzi, le recensioni sono tante; questa è la prima long che ho pubblicato e mi sono affezionata.]
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Tutor And Boyfriend.

 

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18. Memories 

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Sospirò e cambiò pagina, stringendosi maggiormente contro lo schienale del letto, riprendendo poi a leggere silenziosamente; Axel, nel frattempo, seduto comodamente nella parte opposta del materasso, continuò a scrutarlo con estrema attenzione. «Per quanto tempo hai intenzione di andare avanti?», domandò così con un pizzico di fastidio.
Il quindicenne arricciò le labbra in una smorfia. «Non lo so.», si limitò a farfugliare in risposta, cercando di mantenere la concentrazione.
«E' da quaranta minuti che ripassi, contando il fatto che hai già studiato ieri per tipo due ore. O almeno, così mi hai detto.»
Roxas non rispose, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla linea del tempo.
«Vuoi chiudere o no quel maledetto libro di storia?», chiese nuovamente il fulvo, incrociando le braccia. «Studiare troppo fa male, non lo sapevi?»
Il primino serrò le labbra per evitare di rispondere con un insulto o qualcosa del genere; alzò semplicemente il libro per coprirsi la visuale, tentando di memorizzare le numerose date.
Axel ridusse gli occhi a due fessure, estremamente scocciato; si mise così in ginocchio sul letto, avvicinandosi silenziosamente al giovane prima di allungare il braccio e afferrargli il libro da sotto il naso, lanciandolo in malo modo dall'altra parte della stanza. «Ecco fatto.», disse poi con un allegro sorriso dipinto sul volto. «Ti ho salvato la vita, dovresti ringraziarmi. Ti assicuro che studiare per più di venti minuti ti rincoglionisce totalmente. Pensa che una vol-»
«Sei un coglione.», lo interruppe bruscamente il biondo, sbattendo un pugno sul letto; sibilò qualche altro insulto a denti stretti, cercando di scendere dal materasso per riprendere il libro, quando si sentì strattonare con forza per la spalla sinistra.
«Roxas, è inutile che riprendi a studiare. Non andrai sicuramente meglio rincoglionendoti con inutili date e guerre del diavolo; è un problema di testa, caro mio.», spiegò il più grande, picchiettando con l'indice la nuca dell'altro che storse il naso, mugugnando qualcosa di incomprensibile in segno di disaccordo. «E' l'ansia che ti blocca, non il poco studio. Devi mantenere la calma, hai capito? Se domani ti chiameranno per l'interrogazione, dovrai prendere un respiro profondo e poi inizierai parlare tranquillamente. Le cose le sai; le hai ripetute così tante che quasi quasi le ho imparate anch'io!», e accennò una risata divertita, scuotendo la folta chioma fiammeggiante sotto lo sguardo perplesso del biondo che riprese finalmente la parola: «Non è così facile. Vedi, io...»
«Roxas», lo fermò il diciottenne con un sorriso gentile dipinto sulle labbra, «andrà bene, te lo assicuro.»
Il compagno sussultò un poco, sentendosi inspiegabilmente avvampare; voltò istintivamente lo sguardo altrove e sbuffò con il naso. «Lo spero.», borbottò poi, imbronciando le labbra in un'espressione adorabile, secondo il pensiero del tutor. «Sarebbe fantastico se riuscissi davvero a non farmi prendere dall'ansia.»
«Io sono sicuro che ci riuscirai.», affermò con estrema certezza il rosso, sdraiandosi con le braccia dietro la nuca. «In fondo i professori non ti mangiano mica.», a quell'osservazione il giovane dalle iridi blu gli lanciò un'occhiataccia e, prima di poter replicare in qualsiasi modo, Axel proseguì: «Anche se devi essere buono. Molto buono.»
Roxas si voltò di scatto con fare allarmato, incrociando le iridi splendenti del fulvo che non smetteva di fissarlo. «Ma piantala», lo incalzò poi con acidità. «non sono mica un dolce da mangiare.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti scoppiò in una grassa risata e si mise nuovamente a sedere con le gambe incrociate; scosse la testa con aria saccente e si avvicinò improvvisamente al volto del compagno fino a sfiorare il suo naso con il proprio. «Non ho detto che sei un dolce, primino. Ho detto che sei sicuramente molto buono.»
Il giovane si ritrasse, estremamente imbarazzato; si guardò attorno, quasi fosse alla ricerca di qualcosa e si alzò di scatto, avviandosi verso la porta. «Vado... Vado a lavarmi i denti.»
Axel rise ancora. «Ma non ci eri già andato prima?»
«Ho la fissa di lavarmeli due volte.», si affrettò a spiegare il biondo, sperando vivamente di essere convincente.
«Ah, se lo dici tu.», mormorò con aria divertita il più grande, nascondendo un sorriso sghembo.
Roxas si affrettò a raggiungere il bagno, chiudendo velocemente la porta dietro di sé; appoggiò entrambe le mani sul lavandino e si guardò allo specchio, notando così con orrore di avere le guance nuovamente in fiamme.
«Stupido Axel. Sì, è tutta colpa sua.», si disse aprendo l'acqua per potersi rinfrescare il volto arrossato; successivamente prese un profondo respiro e socchiuse gli occhi, cercando di controllare il proprio battito cardiaco divenuto improvvisamente irregolare.
«Accidenti a lui.», brontolò infine, chiudendo il rubinetto prima di voltarsi verso la porta e uscire, sospirando rumorosamente; raggiunse nuovamente la stanza di Axel dove trovò quest'ultimo sdraiato sul letto, per l'esattezza sotto le coperte leggere.
«Hai intenzione di dormire così?», chiese apaticamente il quindicenne, indicando il petto nudo dell'altro che ridacchiò, annuendo. «Sì, perché? Ho molto caldo, te l'ho già detto.», poi rimase in silenzio per qualche secondo, sbattendo ripetutamente le palpebre. «Allora, vieni o no?»
«Eh?», fece di rimando il biondo, assai perplesso.
Axel sbuffò, spazientito. «Dai, vieni. Tanto questo letto è praticamente ad una piazza e mezzo.»
Roxas si sentì avvampare all'istante le gote; fece un mezzo passo indietro ed indicò la soglia della porta, balbettando: «Ma io... Io veramente pensavo di... Di...»
«Di cosa?», lo incitò a continuare il fulvo, sollevando istintivamente un soppraciglio.
«Di dormire sul divano in soggiorno.», proseguì così il quindicenne con timidezza, abbassando un poco lo sguardo; il diavolo dai capelli fiammeggianti soffocò una mezza risata. «Assolutamente no: il divano è molto scomodo per dormire, ti sveglieresti con il mal di schiena. Avanti, niente storie e vieni qui.»
Ma perché situazioni così imbarazzanti capitavano soltanto a lui?
Il primino sospirò con aria sconsolata, avvicinandosi impacciatamente al morbido materasso prima di sedersi su di esso, coricandosi lentamente; rimase così ad osservare timidamente il soffitto, troppo imbarazzato per voltare lo sguardo verso il suo vicino, il quale nel frattempo stava ridacchiando appena. «Sono molto contento che tu abbia accettato il mio invito di restare a dormire qui.», interruppe improvvisamente il silenzio, accennando un sorriso.
«Mi hai praticamente obbligato, non avevo altra scelta.», osservò con acidità il giovane, stringendosi le spalle; trasalì quando sentì la mano dell'altro sfiorargli la guancia destra.
Si voltò di scatto e si tuffò nello smeraldo degli occhi di lui, illuminati dalla fioca luce dell'abat-jour.
«Roxas, tu non immagini quanto...», il tutor smise improvvisamente di parlare, appoggiando la mano sulla morbida guancia dell'altro, disegnandone i lineamenti con aria persa.
«Quanto... Quanto cosa?», domandò bisbigliando il biondo, sentendo nuovamente il cuore salirgli in gola con un balzo; rimase perfettamente immobile, non riuscendo più a staccare lo sguardo dagli occhi del diciottenne, come fosse attirato da un incantesimo.
Un magnifico incantesimo, si ritrovò a pensare.
«Niente.», disse quasi con improvvisa durezza il rosso, mantenendo però un'espressione vaga e ambigua, facendo risalire l'indice tra i capelli dorati del giovane. «Ora non è importante, Roxas. Non ora.»
«Come non è importante? Io... Io non capisco.», il giovane corrugò la fronte, perdendosi tra le parole galleggianti di Axel che si limitò a sorridere teneramente, quasi avesse improvvisamente raggiunto una serenità interiore, una dolce consapevolezza; afferrò gentilmente il mento del quindicenne e si avvicinò a lui fino a sentire il suo respiro accanto al proprio.
«Roxas», lo chiamò sussurrando Axel, come se stesse per rivelargli un importante segreto, tuffandosi nel profondo oceano di quegli occhi confusi e spaesati all'impatto di quelle strane emozioni che lo stavano divorando lentamente. «devo assaggiarti per vedere se sei veramente buono.», e, dopo aver detto ciò, si fiondò su quelle sottili labbra rosee senza permettere al biondo di replicare, limitandosi a stringergli con più forza il mento.
Tastò lentamente quelle morbide labbra, toturandole di tanto in tanto con la lingua e con i denti; aveva sempre fatto fatica a controllare i propri impulsi, ma mai aveva provato il bisogno così intenso di baciare una persona.
Si allontanò dopo qualche secondo, curioso di vedere la reazione del giovane che aveva le iridi sgranate e il corpo tremante; Axel rise appena e lo travolse ancora, lo baciò nuovamente, con maggiore passione e desiderio, trasferendo nel frattempo le carezze sul suo collo.
«Axel, aspetta...», il quindicenne dagli occhi blu spostò improvvisamente le labbra, terribilmente imbarazzato; cercò di riprendere fiato e tornò a guardare i lineamenti del volto di Axel, il quale aveva assunto un'espressione indecifrabile. «Non preoccuparti, Roxas. E' una cosa nostra, solamente nostra.», bisbigliò poi avvicinandosi all'orecchio del quindicenne prima di lasciarvi una lunga scia di baci soffici e vellutati che fecero sospirare immediatamente Roxas. «Ma... Ma perché?»
«Perché è giusto.», rispose brevemente il più grande, spostando le labbra fino a raggiungere quelle del biondo, riprendendo così a baciarle e a riempirle di attenzioni.
E Roxas si odiò a morte per non essere riuscito a respingerlo in alcun modo; si odiò per essersi lasciato andare, per essersi lasciato baciare sospirando e gemendo, abbandonandosi a quelle sensazioni così forti ed travolgenti.
Se era quello l'amore di cui tanto la gente parlava, pensò prima di addormentarsi tra le braccia di Axel, era davvero qualcosa di stupefacente e meraviglioso.



Eppure la mattina successiva non riuscì neanche a guardarlo in faccia.
Quando aveva aperto svogliatamente le palpebre, infastidito dal suono della sveglia, si era accorto di essere rimasto tutta la notte accoccolato al petto nudo del più grande e aveva soffocato così un urlo, limitandosi ad alzarsi con un balzo, andando poi a sbattere clamorosamente contro il muro sotto lo sguardo assonnato e perplesso di Axel.
Era poi corso a nascondersi in bagno, chiudendo rumorosamente la porta dietro di sé con le gote arrossate; a colazione si era limitato a borbottare che non aveva fame, aspettando così i due fratelli sulla soglia della porta a testa bassa, cercando di pensare a tutto tranne a quello che aveva passato prima di addormentarsi.
Quando aveva visto Reno avviarsi verso l'automobile, aveva cercato in ogni modo di convincerlo per portarli a scuola.
«Mi piace un sacco la tua macchina», aveva iniziato automaticamente a mentire spudoratamente, sperando di essere il più convincente possibile, «non ho mai visto qualcosa di così bello, per questo vorrei che tu ci accompagnassi in auto. Mi faresti un enorme favore, sul serio.»
A quel punto il maggiore aveva sollevato un soppraciglio, iniziando, molto probabilmente, a dubitare sulla sanità mentale del biondo; si era poi scrollato le spalle, entrando in macchina prima di sbattere rumorosamente la portiera, ignorando l'aria sconsolata del giovane e il fratello che si reggeva a fatica in piedi, ancora mezzo addormentato.
«Significa che dovremo andare in moto.», aveva concluso dopo il diavolo dai capelli fiammeggianti, stringendo la cartella tra le mani mentre raggiungeva il mezzo di trasporto, facendo cenno all'altro di seguirlo.
E così Roxas si era ritrovato per l'ennesima volta incollato alla schiena di Axel.
«Ehi, Roxas, ma sei per caso arrabbiato con me?», all'improvvisa domanda del fulvo, nel cortile della scuola, aveva sussultato, cercando di spostare lo sguardo altrove. «No, figurati.»
Axel aveva allora sorriso radiosamente, come se il sole fosse tornato a splendere in una giornata nuvolosa; e così, al suono della campanella, dopo essersi accertato che non c'era nessuno sguardo indiscreto su di loro, aveva sorpreso il primino con un fugace bacio sulle labbra dopo avergli augurato buona fortuna per l'interrogazione.
E aveva riso di cuore alla vista dell'aria spaesata e imbarazzata di Roxas mentre si avviava in classe, andando ripetutamente a sbattere contro gli altri studenti.
«Roxaaaas!», sobbalzò di scatto, interrompendo il corso dei propri pensieri; successivamente sospirò con aria spossata, massaggiandosi le tempie. «Che cosa c'è?»
Il fatto è che stava provando delle sensazioni così strane, così forti e incredibili, che per un momento si era quasi dimenticato di possedere un fratello. Un fratello molto tonto, per giunta.
Sora afferrò il tessuto della sua maglia, iniziando a scuoterlo ripetutamente. «Ieri Riku è stato cattivo e non mi ha aiutato con i compiti di matematica!», frignò infantilmente con gli occhi lucidi.
Roxas grugnì qualcosa a denti stretti, spostando le mani del fratello da sé con aria scocciata. «Non mi interessa, Sora. Tanto non copierai più niente da me.»
«Ma perché?! Sei veramente crudele, Roxas!», continuò a lamentarsi il castano, aggrappandosi all'altro come un koala. «Non puoi trattarmi così, altrimenti lo dirò alla mamma!»
Il biondo roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'aula, appoggiando un gomito sul banco. «E che cosa le dirai? Che sono cattivo perché non ti faccio copiare i compiti di matematica?»
Sora scosse la testa. «No, le dirò quello che hai fatto ieri.»
Il minore assunse un'espressione perplessa e inclinò il volto su un lato. «Eh? Ieri?»
L'altro annuì con aria sapiente, mentre il fratello tirò fuori una bottiglia d'acqua dal proprio zaino, sospirando ripetutamente. «Sì, Riku ha detto che è sicuro al cento per cento che tu sei andato a casa di Axel e che avete...», si fermò improvvisamente, appoggiando l'indice sul labbro inferiore con fare pensieroso. «Ah, sì! Ha detto che avete sicuramente pomiciato.»
Roxas sputò immediatamente l'acqua che aveva in bocca, iniziando poi a tossire violentemente sotto lo sguardo ingenuo del castano che continuava a sorridere innocentemente. «Che cazzo ha detto Riku?!»
«Ha detto che avete pomi-»
«No, no, non ripeterlo! Ho capito, cazzo, ho capito.», lo interruppe bruscamente il biondo, ringhiando qualche altro insulto a denti stretti contro il ragazzo dai capelli argentati.
Successivamente soffocò la faccia sul banco con aria sconsolata: possibile che avesse perso la testa per un egocentrico ragazzo di quinta sbucato fuori da chissà dove? Per non parlare del fatto che non faceva altro che arrossire come una ragazzina in piena crisi ormonale.
E lui non era una ragazzina, tanto meno non aveva una cotta o roba del genere.
Insomma, era stato sicuramente il sonno ad avergli fatto fare cose strane. Anzi, lui non aveva fatto niente. Era tutta colpa di Axel; ma certo, era sempre colpa sua!
Annuì, convinto, quando la voce del fratello tornò a farsi sentire. «Roxas, che cos'è questo?», si voltò, notando che Sora aveva tirato fuori dal suo zaino l'orsacchiotto che gli aveva regalato il rosso, facendolo vedere tranquillamente al resto della classe come se fosse un fenomeno da baraccone.
«Lascia immediatamente quel pupazzo, sottospecie di ameba nata male!», e, dopo aver ordinato ciò con aria minacciosa, allungò il braccio, afferrandogli dalle mani l'orsacchiotto.



«Allora? Che cosa ti avevo detto?», sorrise allegramente, sistemandosi meglio sul morbido cuscino.
Sentì il ragazzo mugugnare qualcosa di incomprensibile dall'altro capo del telefono prima di riprendere finalmente a parlare in maniera decente. «Adesso non fare il veggente, Axel.»
Quest'ultimo scoppiò in una grassa risata e si infilò automaticamente una mano tra i capelli dalle punte scarlatte. «Non è mica colpa mia se sono anche in grado di prevedere il futuro. Sono davvero perfetto.»
Roxas sbuffò. «Scemo.», disse poi, rimanendo così in silenzio per qualche secondo; successivamente sospirò un poco e si decise finalmente a parlare. «Comunque... Io... Io volevo ringraziarti.»
Il fulvo sussultò un poco, piacevolmente sorpreso. «Ringraziarmi? E per cosa?»
«Credo sia merito tuo se oggi sono andato bene nell'interrogazione.», ammise in un timido sussurrio il giovane dai capelli dorati, stringendo nervosamente il telefono tra le mani. «Grazie ancora.»
Axel si lasciò sfuggire un allegro sorriso, sentendosi improvvisamente ed inspiegabilmente euforico. «Di niente, piccoletto. Lo sai che mi fa piacere aiutarti.»
Il biondo annuì timidamente. «Adesso devo andare a cenare. Ci vediamo domani.»
«A domani, Roxas.», salutò con una punta di malinconia nella voce il fulvo, dato che avrebbe preferito chiacchierare ancora un po'.
Rimase per qualche secondo ad ascoltare il beep-beep del telefono con aria pensierosa prima di illuminarsi improvvisamente, sedendosi a gambe incrociate sul materasso; piegò così il busto e allungò il braccio sotto il letto, afferrando un oggetto in particolare.
«Finalmente, cazzo.», borbottò elegantemente, scrutando con gli occhi luccicanti il diario. «E' tutto il giorno che non vedevo l'ora di leggerlo.», a quel punto imitò con la voce le classiche canzoni dei momenti di gloria nei film; poi scosse la testa, tirandosi una manata sulla fronte, rimproverandosi del fatto che passava troppo tempo con quel tonto di Demyx.
Prese un profondo respiro e finalmente aprì il diario, accorgendosi di avere seriamente il cuore in gola per l'emozione; spostò lo sguardo alla sua sinistra, notando che sulla prima pagina vi era scritta una citazione:
''Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?''
«Filosofico il ragazzo.», commentò tra sé e sé, voltando poi le iridi verso la pagina a destra: sgranò gli occhi, stupito dal vedere che la data risaliva a parecchi anni prima.

''Caro Diario,
ciao. Non avevo mai pensato a scrivere su un diario perché l'ho sempre trovata una cosa stupida. Anzi, in realtà erano i miei amici a trovarla stupida, secondo me potrebbe essere anche bello. Però non lo so, non ne sono sicuro.
Non so neanche come si inizia un diario. Forse dovrei presentarmi, nel caso tu non sapessi chi sono.
Mi chiamo Roxas Key, ho dieci anni e ho un fratello di nome Sora. Mi piace molto giocare insieme a lui e al suo migliore amico Riku, però qualche volta è antipatico. Fa tanto il capo soltanto perché è più grande di noi. A Sora non infastidisce questa cosa, a me invece sì, tanto. Ieri abbiamo anche litigato e ovviamente mio fratello era dalla sua parte.
Però non importa. Tanto anch'io ho i miei migliori amici: Pence, Olette e Hayner. Hayner è fantastico, è il migliore amico del mondo. Ci conosciamo dalla prima elementare e inizieremo le medie insieme.
Oggi è l'ultimo giorno di vacanze e sono agitato per domani. Ma neanche tanto, visto che con me ci sarà Hayner. Ha detto che saremo vicini di banco e che se il professore vorrà dividerci, lui lo manderà a quel paese.
Io ho riso e ho detto di sì, che l'avrei fatto anch'io.
Ma non ne sono sicuro. Non credo che è una buona idea mandare a quel paese un professore. Potrebbe mandarmi dalla preside, e io non voglio. I presidi fanno sempre paura. Forse perché comandano, e le persone che comandano non mi piacciono. Ecco perché Riku qualche volta non mi piace. Fortunatamente viene qui solo per le vacanze e poi torna nella sua città.
Adesso è ora di pranzo. Mia madre ci ha preparato la pasta al pomodoro e ha detto che quando avrà tempo mi insegnerà a farla. Poi andrò a giocare a pallone con Hayner e Pence, mentre Olette farà il tifo.
Ciao.''



Axel si sentì percosso da un brivido improvviso lungo la schiena; era strano immergersi nei ricordi di quel ragazzino, nel mondo dove prima viveva, nella sua infanzia.
Era una sensazione davvero magica.
Cambiò pagina e riprese la lettura.


''Caro Diario,
ti saluto dal parco vicino a casa mia. Mio papà è a lavoro, mia mamma sta cucinando e Sora sta giocando ai videogiochi. E' un po' triste, credo sia perché gli manca già molto Riku. Mi dispiace per lui, non è bello sentirsi soli. Comunque sono sicuro che gli passerà presto, come ogni anno.
La scuola è iniziata da sette giorni. Però qui è tutto strano. Forse mi piacevano di più le elementari. Nella mia classe conosco otto ragazzi perché facevano la mia stessa scuola alle elementari, però sono tutti diversi. Non so perché. E' come se durante l'estate qualcuno li avesse fatto una magia che li ha cambiati.
Mio papà dice che è l'adolescenza e che presto o tardi cambierò anch'io. E anche Hayner cambierà.
Sono triste. Molto triste. Io non voglio cambiare. Io voglio restare così. Anche Hayner è perfetto così.
Non è giusto.
Stupida adolescenza.
Mi viene da piangere.
Sono stanco di scrivere, quindi ti saluto.''



Voltò gli occhi a destra e riprese la lettura, come se fosse la cosa più importante da fare in quel momento.
E, in effetti, lo era davvero.


''Caro Diario,
domani è Halloween. Ho già il vestito pronto: sarò un fantasma. Però Hayner dice che vestirsi è una cosa per bambini e che dovrei imparare a crescere. Mio padre aveva ragione, sta cambiando anche lui.
Mi sento molto solo. Ieri ho pianto un sacco, il problema è che spesso non so perché lo faccio.
E' da stupidi, lo so. Non lo voglio dire a qualcuno, perché altrimenti tutti inizierebbero a prendermi in giro.
Forse è sempre questa cosa dell'adolescenza. Forse sto cambiando anch'io, non lo so.
Sto iniziando ad apprezzare sempre di più mio fratello. Non capisce ciò che provo, però mi fa sempre sentire meglio con le scemenze che fa. Lui non è cambiato, e secondo me non cambierà.
Meno male che c'è Sora.
Lui verrà con me domani ad Halloween. Ha detto che ci divertiremo un mondo e io ho annuito.
Secondo te ci divertiremo?
Aspetto una tua risposta.''



''Caro Diario,
è notte fonda, ma ho bisogno di scriverti. Oggi è stato un disastro, ha fatto tutto schifo. Vorrei tanto morire, detesto tutto e tutti. Ho visto Hayner per strada e non so perché ha iniziato a prendermi in giro insieme a quelli più grandi.
Mi ha detto delle cose orribili e ho risposto tirandogli un pugno. Lui ha risposto al pugno e abbiamo iniziato a picchiarci; poi mi ha guardato ed è scappato via.
Mi sono dovuto asciugare il sangue dal naso da solo perché se mia madre avesse scoperto tutto si sarebbe arrabbiata tanto. Ho fatto promettere a Sora di non dirle niente.
Hayner è solo un coglione. Un maledetto coglione, ecco.
Spero tanto che muoia, lo odio.
Adesso devo salutarti, che è difficile scrivere con la luce del cellulare. Mi fanno già male gli occhi.
Ciao.''



Axel interruppe per qualche secondo la lettura, guardandosi improvvisamente attorno, quasi timoroso di trovarsi davvero nell'infanzia del biondo, di sentirlo raccontare ciò che aveva vissuto.
Poi si riscosse e pensò che, se un giorno lo avesse conosciuto, avrebbe sicuramente spezzato le ossa a questo Hayner.
Riprese la lettura con un velo di malinconia negli occhi.


''Caro Diario,
oggi è il ventisette Dicembre. Fortunatamente non ho passato un Natale così brutto come temevo. Però è una gran bella rottura di palle vedere tutti i parenti che si ammassano a casa, che ti chiedono come stai e ti dicono che sei cresciuto e bla, bla, bla.
Ogni anno la stessa storia.
Sora ha ricevuto tantissimi regali; erano soprattutto giochi per la play station. Io invece ho avuto soprattutto soldi perché nessuno sapeva cosa comprarmi. Ogni volta che i miei mi chiedevano che cosa volevo come regalo, io rispondevo con una scrollata di spalle. Non mi interessa molto dei regali, sinceramente.
Mia zia mi ha fatto un regalo strano. Un libro. Inizialmente ero scocciato; tutti sanno che i ragazzi odiano ricevere libri e cose del genere, ma poi ieri, in un momento di noia, l'ho aperto e ho iniziato a leggere.
Caro diario, è stato fantastico. E' incredibile... Non ho mai provato niente del genere! E' un fantasy che parla di draghi e cavalieri. E' incredibile, pazzesco, emozionante! E' stato come essere lì, in quel mondo magico, e io ero il coraggioso protagonista che doveva trovare l'oggetto perduto.
Ha quasi quattrocento pagine e io ho già superato la metà. Ho paura di finirlo in fretta, però userò i soldi che mi hanno regalato per comprare tanti altri libri. Li nasconderò, così nessuno mi prenderà in giro per il fatto che mi piace leggere.
Ho provato a parlare con Sora del libro, però lui sembrava annoiato.
Vorrei trovare qualcuno con cui parlare dei libri.
Con Hayner non ci parlo più, e non posso neanche avvicinarmi a Pence e ad Olette perché sono sempre insieme a lui.
Qui sono tutti dei mostri. Anzi, sono dei draghi crudeli, come quelli del mio libro.
Peccato che io non ho una spada come il protagonista. Così li sconfiggerei tutti.
E' ora di cena, ma non ho molta fame. Preferirei leggere.
Ti saluto.''



''Caro Diario,
tra poco finiranno le vacanze natalizie. Non ho proprio voglia di tornare a scuola e vedere quella faccia da culo di Hayner. Penso che chiederò al professore di spostarlo di banco, così non dovrò più preoccuparmi.
Ieri mi ha lasciato un messaggio in segreteria sul cellulare (Ne ho comprato uno nuovo: è bellissimo!), dicendomi che vuole assolutamente parlarmi. Io non gli ho risposto. Non voglio più avere niente a che fare con lui.
Questa mattina mi ha anche scritto un messaggio, pregandomi di non ignorarlo. Ma io non gli ho risposto ancora.
Fa molto freddo e la mia stufa si è rotta. L'unica che abbiamo ce l'ha quel tonto di Sora che non vuole prestarmela perché è raffreddato e ha bisogno di più calore. Non è giusto. Magari farò finta di ammalarmi anch'io, così potrò riscaldarmi un po'.
Tra poco uscirò a giocare con la neve. Ho comprato dei nuovi guanti di lana rossi, mi piacciono molto. Li ho indossati anche mentre dormivo e mi sono sentito bene.
Ho comprato un nuovo libro; pensavo fosse fantasy, invece è drammatico. Il fatto è che mentre sono entrato in libreria ho visto dalla vetrina un mio compagno e così, preso dalla fretta, ho comprato il libro sbagliato.
Leggerlo mi mette tantissima tristezza, però non riesco a staccare gli occhi dalle pagine.
Quando l'ho detto a Riku (E' venuto due giorni qui per le vacanze), lui ha risposto dicendomi che sono un masochista.
Non ho ancora capito che cosa vuol dire. Cercherò sul dizionario.
Scommetto che tu
invece sai cosa vuol dire, non è vero?
Ciao, Diario.''



Passò quasi quaranta minuti a leggere; galleggiò tra i ricordi di Roxas, tra i litigi con il fratello, le incomprensioni con i genitori, i sentimenti nuovi, le parole non dette, i suoi pensieri silenziosi, il suo amore per i libri.
Talvolta non scriveva per mesi, altre volte scriveva addirittura lo stesso giorno; qualche volta scriveva poche e semplici righe che contenevano le sue emozioni più forti, altre volte parlava di tutto ciò che aveva vissuto, punto per punto, virgola per virgola.
Cambiò per l'ennesima volta pagina e si immerse nel secondo anno di medie del biondo.


''Caro Diario,
ciao. Come stai? Io tutto bene, anche se un po' confuso. Sono partito ieri e adesso sono nella stanza degli ospiti di mio cugino Vanitas. Sora è in soggiorno a guardare i cartoni animati. Sento il profumo della pizza; non vedo l'ora di mangiare, sono così affamato!
Vanitas è strano, non mi è mai piaciuto. E' mio cugino di secondo grado e si è sempre comportato in maniera ambigua nei miei confronti. Mi dedica strane attenzioni che cerco sempre di rifiutare. Mi infastidiscono molto. Spero che la smetta presto, anche perché lui è fidanzato, credo.
Non che c'entri qualcosa con le sue attenzioni con me... Però... Non lo so.
Comunque non è per questo che sono confuso. Ho appena parlato a telefono con Hayner; dice che gli manco già e che ha bisogno di me per la verifica di matematica. Come al solito non ha studiato, quel testone!
Mi perderò il compleanno di Olette. Peccato, ci tenevo molto ad andarci. Comunque le comprerò qualche regalo da queste parti; ci sono parecchi negozi e troverò qualcosa che le piacerà.
Hai presente la nuova ragazza che è arrivata in classe, Xion? Ecco, è lei il motivo per cui sono confuso. E' molto silenziosa e timida, così ho iniziato a parlarle, perché mi faceva pena vederla da sola in un angolo. Sembrava molto spaventata.
Qualche volta ci vediamo anche fuori; lei è l'unica che capisce la mia passione per i libri. Legge moltissimo anche lei e spesso ci scambiamo i libri. E' fantastico, non trovi? Ha ben quaranta libri in camera sua; mi ha detto che ha iniziato a leggere dalla quarta elementare. La invidio un po'. E' tanto buona e gentile. Sono molto felice di aver fatto la sua conoscenza.
Però... Però non lo so. Alcune ochette della mia classe mi hanno detto che hanno visto Xion scrivere ripetutamente il mio nome sul suo quaderno, con dei cuoricini vicino. Dicono che io le piaccio. Da un lato spero di sì, perché è molto carina e mi sentirei lusingato, però dall'altra parte spero proprio di no, perché io le voglio molto bene, e il nostro rapporto andrebbe in frantumi.
Tu cosa dici? Vorrei tanto che mi rispondessi, qualche volta.
Ci sei solo tu. Mio padre lavora sempre, e mia madre non capisce mai un tubo.
Che cosa devo fare? E se Xion un giorno mi rivelasse i suoi sentimenti? Non voglio ferirla, è così fragile, poverina.
La pizza è pronta. Quando Vanitas e Sora urlano insieme provocano un terremoto che scuote l'intera villa.
Tanti saluti, caro Diario!''



Axel trasalì, accorgendosi di aver involontariamente stroppicciato un po' la pagina tra le mani non appena aveva letto di Vanitas e di Xion; sospirò, cercando di mantenere in ogni modo la calma.
Si sentì quasi triste per non aver potuto vivere quei frammenti di vita di Roxas insieme a lui.


''Caro Diario,
oggi è il mio compleanno. Tanti auguri a me.
Regali e torta per me.''



''Caro Diario,
oggi è stato davvero imbarazzante. Ho fatto il gioco della bottiglia con i miei amici e... Indovina un po'? Dovevo baciare Riku! Non ce l'ho fatta; mi sono alzato e ho fatto finta di avere un impegno.
Spero che non se la sia presa, anche se non credo. Il fatto è che era troppo, troppo, troppo imbarazzante per me. Sarei arrossito come un pomodoro.
E a proposito di arrossire; Hayner si è preso una cotta per Xion.
Ho paura, mio caro Diario. Lei prova qualcosa per me, ora ne sono sicuro. Me l'ha detto una mia compagna che l'ha saputo da lei stessa. E ora che faccio?
E se Hayner si arrabbiasse con me?
Io però non ho fatto niente. Forse dovrei allontanarmi da Xion per mantenere l'amicizia con Hayner.
Però... Però così non avrei più nessuno con cui condividere la mia passione per i libri.
Sono uno sfigato, accidenti.
Ciao.''



Lesse ancora. Lesse e non sentì Reno che lo stava chiamando; non sentì il cellulare vibrare per l'arrivo del messaggio di Demyx; non sentì niente.
Lesse e basta.


''Caro Diario,
indovina? Sono appena tornato dall'esame orale di Hayner. Roba da morire dal ridere, te lo assicuro. Insomma, era fantastico il modo in cui si guardava attorno nella speranza di un suggerimento dal Cielo o qualcosa del genere. Mi sono venute le lacrime agli occhi da quanto cercavo di trattenere le risate. E' mitico, è il migliore, accidenti.
Ma comunque, tutto sommato, è andata bene. I suoi scritti sono tutti buoni e quindi supererà sicuramente l'esame. L'anno prossimo abbiamo deciso di fare anche le superiori insieme; saremo inseparabili. Roxas e Hayner. Hayner e Roxas.
Domani ci sarà l'esame orale di Xion e il mio; sono un po' agitato, ma ho studiato, quindi so che andrà bene.
Quando finiremo tutti gli orali, Hayner darà una festa a casa sua. Sarà fantastico, non vedo l'ora.
Ho finito di leggere tre libri in un mese. Uno più bello dell'altro.
Adesso vado a ripassare un po',

a presto.''



Passò poi all'estate di Roxas; la spiaggia, il mare, il sole, il divertimento, la sua felicità, i libri, le cotte e il suo sollievo nell'aver terminato le medie.
Spostò lo sguardo a destra e si immerse nei suoi quattordici anni.


''Caro Diario,
quest'anno di andare a scuola proprio non se ne parla. Qui sono tutti molto chiusi e silenziosi; meno male che c'è Hayner e siamo capitati di nuovo in classe insieme. La professoressa di scienze l'ha preso di mira e lui non ne può più. Dice che sarà un vero e proprio miracolo se riuscirà a superare l'anno senza avere un debito.
Sora... Sora è un caso perso, non lo so.
Olette l'abbiamo persa di vista; frequenta una scuola molto distante da qui, e riusciamo a vederci molto raramente. Xion è nella classe vicina alla mia e parliamo molto all'intervallo. Mi ha prestato due libri, dato che io per un po' non ne potrò più comprare. Ho finito i soldi e mia madre non si azzarda minimamente a darmene altri.
Che scocciatura.
Ho sentito i miei parlare di una cosa strana, caro Diario.
Ma credo di aver sentito male. Devo aver sentito male.
La nostra vicina di casa è morta.
Domani ci sarà il suo funerale, ma non potrò andarci perché sarò a scuola.
Forse è meglio così.
Alla prossima.''



''Caro Diario,
sono qui in lacrime e ho la mano che non smette di tremare. La disperazione si sta prendendo possesso di me, e non so dove sbattere la testa.
La cosa strana è vera. La cosa strana si sta rivelando, e non so che fare.
I miei vogliono trasferirsi. Qui non c'è abbastanza sicurezza per il lavoro di mio padre e lui ne ha trovato uno migliore in un'altra città.
Li ho sentiti parlare in soggiorno e mi sono piazzato davanti a loro con i pugni serrati, cercando in ogni modo di non singhiozzare.
Ho detto di tutto e ho anche gridato. Ho perso la pazienza e mia madre ha detto che mi sto comportando come un bambino.
Fanculo.
Che cazzo ne vuole capire lei? Io non voglio lasciare Hayner, non voglio lasciare la mia casa, non voglio lasciare Xion, non voglio.
Io non me ne andrò da qui.
Che se ne vadano loro, io resto qui a vivere da solo.
Almeno me ne starò in pace.
Sono arrabbiato, arrabbiatissimo.
E' la fine, questa.''



Axel notò poi che vi erano della pagine vuote o comunque scarabocchiate; vide parole storte e illegibili, come se le avesse scritte una mano in preda alle convulsioni; vide fogli strappati e altre linee storte che riempivano il bianco.
Poi, finalmente, una pagina scritta.
 

''Non so neanche perché ho riaperto questo coso.
Ah, giusto, Caro Diario.
Va beh, ormai me ne sono scordato, quindi chissenefrega.
Dicevo: non so perché diamine sono qui. Qui, in questo posto di merda.
Sora non fa alto che saltellare come una ballerina per la felicità, dato che potrà vedere Riku ogni fottuto giorno.
Io sto pensando seriamente la suicidio. Tu che dici? Stavo cercando una corda che possa tenere il mio peso. L'impiccagione non dev'essere così male. Tagliarsi le vene spargerebbe troppo sangue, quindi no.
Spararsi in testa, dici? E dove la trovo la pistola?
Mi chiamo Roxas Key, ho quindici anni compiuti da poco e vivo in questa città di merda, con una famiglia di merda, un fratello del cazzo e... E odio la mia vita. La mia attuale vita.
Nel trasferimento ho perso anche qualche libro. Fanculo.
Non ho più voglia di scrivere.
Ciao.''



''Mio fratello è ogni giorno più tonto, Riku sta rompendo le palle in una maniera esasperante, Hayner è sempre arrabbiato con me per il fatto che l'ho abbandonato e oggi ho conosciuto un pagliaccio.
No, non sto scherzando.
E' un tizio di quinta, mi sembra. E' venuto a cercarmi e se n'è uscito con la storia che dev'essere il mio tutor.
Il tutor di che? Solo perché non vado bene nell'orale? Io credo che siano solamente affari miei, mah.
Tutor.
Che assurdità.
Vado a leggere.
Ciao.''



Un sorriso malinconico si dipinse sulle labbra di Axel; era strano leggere del loro incontro, molto strano. Ma ciò che lo amareggiava era vedere trasparire in maniera così evidente i sentimenti di Roxas; rabbia e dolore mescolati insieme.
Si sentiva triste per lui. Ebbe voglia di correre a casa sua solamente per abbracciarlo e sussurrargli che non doveva sentirsi solo, che c'era lui a fargli compagnia.
Cambiò pagina, ignaro di ciò che lo aspettava.


''Caro Diario,
ormai è deciso. Io voglio scappare. Prenderò il treno e tornerò a casa mia, la mia vera casa. Tornerò da Hayner e Xion. Non me ne frega niente dei miei o di Sora, voglio solo stare bene.
Qui mi sembra di soffocare. Ho un'ansia terribile a scuola e ho iniziato addirittura a vomitare. Ti rendi conto? E' assurdo, cavolo!
Però per scappare ho bisogno di soldi.
E indovina? Ho già iniziato a lavorare ieri sera. Lavoro il Martedì, il Mercoledì e il Venerdì. La sera tardi, dalle dieci fino a mezzanotte, poi dipende. Sono riuscito ad uscire senza farmi vedere; dico a mia madre che sono stanco, chiudo a chiave la stanza, spengo le luci, apro la finestra e mi calo giù con una scala pronta. Poi torno, utilizzando lo stesso metodo.
Sono il barista di un locale che fa praticamente da discoteca. Lì è tremendo; sono tutti ubriachi e c'è una puzza di fumo (E forse anche di qualcos'altro) terribile.
Quindi, effettivamente, non è così fantastico.
Qualche volta la gente allunga le mani e questo mi fa salire un'ansia terrificante. Si avvicinano sempre e mi toccano anche; mi fa paura e mi infastidisce molto. Mi disgusta il loro contatto, però non posso farci niente. Il capo si arrabbia se tratto male i clienti e rischierei il posto.
Lascio correre e penso a quando tornerò a casa.
Tanti saluti.''



Axel strappò la pagina con forza.
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*Note di Ev'*
. . .
Prima di tutto, qui devo ringraziare la mia cara e vecchia Wendy che ha avuto la pazienza di starsene zitta zitta ad ascoltare la musica, lasciandomi scrivere in santa pace.
Ero ispirata per questo capitolo. Non ho fatto per nulla fatica. Ho iniziato ieri sera e ho appena terminato. E' il più lungo fino ad ora e... No, cioè, ne sono fiera. Forse anche perché nelle pagine di diario di Roxas ho vomitato una parte di me stessa. Della vecchia me stessa. Lo ammetto, ho preso un po' spunto dai miei diari delle medie, dai miei cambiamenti, da ciò che ho passato, in un certo senso.
All'inizio del capitolo vediamo i nostri due cari che si scambiano coccole e bacini -Awwh, che teneri :3-. E alla fine... Sì, finalmente Axel legge il passato di Roxas con la tragica scoperta finale del lavoro del biondo e della sua fuga futura òwò.
Non ho molto da dire... Mah, sarà che con la storia di ''Insidie interiori'', poi mi ha fatto piacere scrivere questo capitolo; questa è la storia più leggera che sto scrivendo, mi rilassa in un certo senso, anche se questo capitolo è stato piuttosto angosciante.
Ringrazio innanzittutto tutti coloro che hanno commentato; siete tanto carini :'3 Spero che recensiate anche questo capitolo, dato che siamo in un sito dove ci si deve confrontare, e non vi costa nulla lasciare un fottuto commento. <3
Alla prossima, people!
E.P.R.


Ps. Comunque la frase filosofica all'inizio del Diario di Roxas è di William Shakespeare

 

   
 
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