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Autore: HeavenIsInYourEyes    19/07/2012    11 recensioni
Così la strinse piano, trattenendola un po’ di più a sé, sussurrandole a fior di labbra un debole –Resti qui?- che era un po’ come dirle "Ho bisogno di te".
-Quanto vuoi.- la sentì bisbigliare dopo quella che gli parve un’eternità.
E si fece bastare quel "Quanto vuoi", che era un periodo di tempo ragionevolmente lungo visto che spettava a lui decidere quando mandarla via.
Già.
Peccato che in un momento di completo blackout mentale, si disse che nemmeno tutto il tempo del mondo gli sarebbe bastato.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T.O.P.
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Last Friday night

 

And the way she looked was way beyond compare. 
So how could I dance with another 
And I saw her standing there.”

The Beatles – I saw her standing there 

 


 

La sala era semi vuota, fatta eccezione per lo staff del locale che si muoveva veloce per preparare i tavoli e sistemare. Lindsay si soffermò a guardare due ballerine dimenarsi sui tavoli, probabilmente in procinto di esibirsi quando la stanza si fosse riempita; lasciò perdere, tanto il suo mondo sarebbe stato dietro il bancone a servire un gruppo di bambocci che le avrebb detto –Un Kamikaze e il tuo numero, grazie!-. Nh, magari i coreani erano più educati dei Newyorkesi. Strinse le mani intorno al laccio della borsa a tracolla, si alzò sulla punta dei piedi cercando di scorgere qualche addetto al locale; una gnoma minuta e dai vistosi capelli rosso fuoco che si muoveva veloce fra i tavoli rotondi e quadrati con la divisa del Tribeca catturò la sua attenzione. Strinse il bigliettino nella mano ingioiellata e, dopo aver preso un profondo respiro, zampettò fino a lei, ora impegnata a prendere alcuni vassoi da sotto il bancone.

Le puntellò due dita smaltate di blu elettrico sulla spalla. Quando la vide voltarsi, due enormi occhi azzurri palesemente finti la incenerirono -Che c’è? Non vedi che ho da fare?!- alzò un poco il viso, fissandola bieca –Chi ti ha fatto entrare? Il locale non è ancora aperto al pubblico.-

Lindsay si grattò il naso lentigginoso, ignorò l’acidume della tappetta e aprì il bigliettino stropicciato -Scusa, starei cercando il signor Yoon.- le rivolse un’occhiata incerta, conscia che con il proprio, stentato coreano non sarebbe riuscita a farsi comprendere facilmente. La cameriera aveva però inclinato la testa e dopo averle scoccato un’occhiata esasperata, sventolò una mano.

-Non ha tempo questa stasera! Abbiamo degli ospiti moooolto importanti da servire!- le diede le spalle e Lin fu tentata di darle un calcio con le converse, magari facendola capitombolare a terra. Si dondolò sui piedi, cercando di trattenersi; la guardò da oltre la spalla –Sei ancora qui? Cosa vuoi ancora?!-

-Lavorare, forse?- la vide corrugare la fronte mentre stringeva i vassoi contro il petto, inclinando il capo in attesa di spiegazioni. Lieta di aver avuto la sua attenzione, Lin tornò a guardare il fogliettino –Devo cominciare stasera.  Mi manda qui mio padre, il signor--

Un piccolo urletto fuoriuscì dalle labbra pitturate di rosso scuro della cameriera che ora aveva sgranato gli occhi a dismisura –Ma allora sei tu! Eccoti finalmente!- la guardò con cipiglio severo –Sei in ritardo di venti minuti!-

Lindsay arcuò un sopracciglio fino –Perdonami se le vostre vie sono tutte uguali tra loro- biascicò sarcastica, gettando un’occhiata all’orologio da polso –E poi sono in perfetto orario.- mormorò a sé stessa, chiedendosi se quella squinternata non fosse ubriaca o fatta. Continuava a fissarla con occhi enormi, come se avesse davanti a sé una specie di mostro a tre teste, ma dopo aver sbattuto i vassoi sul tavolo sembrò ridestarsi dallo stato di trance in cui si era infilata.

-Oh, fa niente, l’importante è che tu sia qui! Lo spettacolo non può cominciare senza di te!-

Spettacolo?! –E cosa dovrei fare? La giocoliera con i bicchieri?-

-Non te lo hanno detto quando ti hanno assunta?- domandò stizzita dalla sua ironia -Il Tribeca apre sempre la serata con uno spettacolo!- batté le mani sorridendole gioiosa, come se avesse riacquistato il buonumore. Lindsay si stropicciò il viso pallido; quella non aveva capito nulla del suo discorso –Ora muoviamoci, ti porto nei camerini. Andremo dopo dal signor Yoon, ora non c’è tempo!-

-Camerini?-

-Sì, dobbiamo cambiare quei vestiti. Non puoi ballare con le scarpe da ginnastica! E cosa sono quegli orribili pantaloni alla turca?!- Ballare? Orribili pantaloni alla turca?! -Vieni, di là abbiamo i vestiti e i trucchi. Cacchio, hai delle occhiaie spaventose!- Vestiti e trucchi? Orribili pantaloni alla turca?! –Coraggio non startene impalata, non abbiamo molto tempo!- BALLARE?!

-Ballare?- sgranò gli occhi nocciola, scuotendo la folta chioma corvina –No, no, no, ci deve essere un errore! Io sono qui per fare la barista!- agitò le mani, come se stesse scekerando degli alcolici.

La ragazzina posò le mani sulle sue spalle -Ti prego, non fare quel passo di danza quando sarai sul bancone.- no, decisamente non aveva compreso nulla delle sue parole. La trascinò per un lungo e tetro corridoio prima di gettarla come un panno sporco nel presunto camerino –Coraggio, non abbiamo tempo! Tra poco comincerà lo spettacolo, non possiamo permetterci che sia tutto fuori posto!- Lindsay si massaggiò il polso, guardò la porta chiusa a chiave e la mosca che trafficava con trucchi e spazzole; quando la vide brandire un rossetto rosso, comprese che le cose sarebbe degenerate.

 

Dieci tentativi di fuga più tardi, Lindsay uscì dal camerino con indosso un vestitino succinto da poliziotta, stivali oscenamente alti e il viso cosparso di robaccia. Gettò un’occhiata allo specchio del camerino, una smorfia disgustata a intaccarle il volto –Sembro una prostituta!-

-E’ il tema della serata, Po—

-I’m a free bitch baby?- domandò ironica, sistemandosi meglio le spalline che continuavano a caderle sulle spalle. Quel top le comprimeva talmente tanto il seno da farla sembrare una maggiorata.

-No, Police Department. Ma dovremmo proporre anche il tuo! Ricordami di dirlo al signor Yoon quando andremo da lui!- Lin roteò gli occhi, si avvicinò allo specchio ma quando provò a togliere un po’ di ombretto con i guanti, la cameriera le diede una vassoiata sul sedere –Ci ho messo più di venti minuti per metterti le ciglia finte, non mandare in fumo il mio duro lavoro!-

Lindsay arricciò le labbra rosse mentre quella miniatura ora le stava sistemando i lunghi capelli mossi legati in una pseudo acconciatura alla moicana. Scostò le mani e la guardò esausta –Senti, ti ringrazio per tutto il tuo lavoro, ma io sono qui per—

La nana guardò l’orologio appeso al muro e sventolò una mano –Non c’è tempo! Di qua!- la prese per il polso rischiando di farla incespicare nei tacchi troppo alti e la strattonò per tutto il lungo corridoio buio e vuoto da cui si poteva udire la musica ovattata proveniente dalla discoteca –A proposito, bei tatuaggi!- le indicò le braccia nude –Non ti ha fatto male?-

-Non quanto il motivo per cui li fai- bisbigliò a sé stessa, limitandosi a scuotere la nuca quando la vide attendere una risposta –Senti, tu—

-Ginko! Ma tutti mi chiamano Kamikaze!-

Perché c’è la speranza che tu un giorno esploda?, pensò con cattiveria mentre sentiva i piedi stringersi all’interno degli stivali sicuramente di un numero più piccolo -Lindsay Moore, come ti pare, senti, io non devo ballare! Io sono qui per fare la barista!- provò a piantare i piedi a terra ma rischiò di slogarsi la caviglia, così la seguì veloce fino a che non giunsero nella sala da ballo principale. La pista si era riempita, alcuni tavoli erano già stati occupati mentre su altri vi era ancora il cartellino con sopra scritto Riservato. Alcuni buttafuori osservavano la pista gremita dall’alto dell’angolo VIP, recintato da basse pareti di vetro colorato. Gettò un’occhiata all’insegna del Tribeca che svettava lampeggiante sopra l’entrata del locale, tornando ad osservare scettica due coreane che si dimenavano sui tavoli circondate da ragazzi esaltati –Sicura che non sia la serata Coyote Ugly?- esalò indicandole.

Ginko si limitò ad annuire, tornando ad aggiustarle i capelli –Non sei di qui, vero? Il tuo coreano è pessimo!-

-Perspicace- si limitò a dirle scacciando per l’ennesima volta le sue mani, avvertendo la sua risatina leggera nonostante il frastuono proveniente dalla casse –Vengo da New York. Oh, magari provo a dirtelo in inglese così lo capisci: non sono qui per bal—

-New York? Mi avevano detto che eri Brasiliana!- la interruppe e l’americana si grattò la nuca; no, decisamente non era una brasiliana e la sua terza scarsa di reggiseno, il sedere non proprio sodo o alto e la pelle pallida non avrebbero potuto trarre nessuno in inganno. Vide un gruppo di ragazzi con i capelli rasati alzare i bicchieri verso di lei e urlarle qualcosa prima di scoppiare a ridere. Lindsay annuì con le labbra contratte in una smorfia, si sistemò il top che rischiava di lasciarla nuda e tornò a fissare la cameriera che, incurante di lei, sembrava cercare qualcuno nella folla. Aveva allentato la presa e Lin si era divincolata docilmente, mordendosi le labbra mentre si preparava a fuggire verso la liberta. O alla ricerca di signor Yoon, era lo stesso. Quello spiacevole malinteso andava troncato subito o si sarebbe ritrovata a sculettare sopra un cubo invece che servire Alexander ai clienti sbavanti. Guardò la porta d’ingresso, faceva ancora in tempo ad andarsene… Fece per voltarsi, ma venne spintonata da due coreani con capelli rossi tinti seguiti da due ragazze vestite scollacciate, cose che nemmeno nei peggiori bar di New York aveva avuto il piacere di vedere –In confronto, io sono una santa.- soffiò guardando la propria gonnellina a pieghe nero traslucido che le arrivava a nemmeno metà coscia. La musica di Pitbull le rimbombava nelle orecchie, la gente gridava e si dimenava.

E prima che potesse rendersene conto o anche solo tentare di fuggire, si era ritrovata immersa nell’euforia generale.

-OhMammaMiaSonoArrivati!- Lindsay guardò stralunata la nana che aveva cominciato ad andare in iperventilazione. Solo dopo qualche istante si rese conto che no, la folla –e Ginko- non gridava il proprio amore a Pitbull che usciva dalle casse, ma ad un gruppetto di cinque ragazzi appena approdati al Tribeca che venivano accompagnati all’angolo VIP proprio dirimpetto a lei. Li osservò con sorpresa, stupita dalla reazione esagerata della gente.

-Chi sono?- chiese incuriosita, inclinando il capo mentre li vedeva salutare lo stuolo di ragazzine adoranti. Ginko conficcò le unghie nel suo esile polso, agitandolo.

-I Big Bang!- trillò, trattenendosi dal saltare sul posto.

Lin aprì le braccia –Appunto. Chi sono?-

-Come fai a non sapere chi sono?! Ma lì in America che musica ascoltate?- sinceramente scioccata di fronte alla sua sparata, la cameriera si avvicinò al suo orecchio per farsi sentire –Sono i Big Bang! Uno dei gruppi coreani più famosi! E belli, ma dico, li hai visti?!- arcuò un sopracciglio mentre si voltava a fissarli meccanicamente: due sembravano usciti da un concerto rock con quelle giacche di pelle nera e con capelli improponibili –azzurri il primo e con i capelli rasati da un lato e più lunghi su quello opposto con ciocche fucsia il secondo - mentre gli altri tre si sarebbero salvati se non fosse stato per l’abbigliamento strambo. No, decisamente lei e Ginko avevano due concezioni diverse di bello.

Lin si grattò il naso –Scusa, ma io sono cresciuta a pane e Metallica- assottigliò gli occhi per guardarli meglio. Da quella distanza non riusciva a distinguere le fattezze dei volti, le sembravano un po’ tutti uguali. Di sicuro li avrebbe notati anche al buio tanto erano colorati; qualcuno di loro aveva già cominciato ad ondeggiarsi sulle note di Rain over me, giusto per far venire una coccolone alle fanciulle presenti -E le uniche boy band che conosco sono i Backstreet Boys e gli Nsync.- storse il naso al ricordo della propria cotta per Nick Carter. Dio, Nick Carter! Che adolescenza triste…

-Che infanzia difficile- mormorò l’altra seriamente dispiaciuta, come se avesse colto il flusso dei suoi pensieri. Lin rimase a fissarli ancora un po’, chiedendosi se fosse normale non provare eccitazione per un gruppo coreano apparentemente famoso che era lì, a pochi metri da lei… No, decisamente doveva cominciare ad aggiornarsi sulla cultura coreana. Ginko la strattonò e prima che potesse obiettare per la centesima volta, proprio mentre uno della boy band –fucsia boy- aveva cominciato ad introdurre la serata, eccola catapultata di fianco al bancone su cui altre ballerine erano già pronte ad esibirsi –Bene, ora sali e stendili!-

-Chi devo ammazzare?!- non aveva compreso molto delle sue parole, ma dal pugnetto che le aveva rifilato sulla spalla doveva trattarsi di un incoraggiamento. Sospirò pesantemente e a quel punto posò le mani sulle sue spalle, scuotendola un poco, distogliendola dalla sua contemplazione dei Biga Bang –Senti, per l’ultima volta, io non sono qui per ballare!-

-Andiamo, sei solo agitata perché ci sono i Big Bang. Vedrai che andr—

-Ma chi se ne frega dei Big Mac!- esalò inviperita, venendo guardata in cagnesco da un gruppetto di ragazzine sbavanti.

Anche Ginko la guardò male –B.I.G. B.A.N.G!-

-E io sono la nuova BA.RIS.TA!-

La faccia di Ginko si contrasse in una smorfia di terrore, divenne pallida come un cencio e balbettò qualcosa di sconnesso prima di mormora nervosa –Stai scherzando, vero?- Lindsay alzò le spalle e un ghigno fiorì sulle labbra carnose –Sono morta, oddio sono morta! Perché non me lo hai detto prima?!-

-L’ho detto!- Con un coreano improvvisato, ma l’ho detto!, pensò esasperata. E poi non era colpa sua se durante la fase di make-up quella specie di anguilla aveva continuato a ciarlare senza sosta.

La vide boccheggiare mentre guardava verso il gruppo di ragazzi, ora affiancati da un energumeno vestito di rosso che aveva appena recuperato il microfono; fu solo al la parola coreografia che Ginko scattò -Sali sul bancone, ora! Non abbiamo tempo per cambiare tutto!- Kamikaze saltellò e Lindsay, sopracciglia fini aggrottate e tacchi ben piantati al suolo appiccicoso, la guardò seccata –Il signor Yoon è qui! Se qualcosa va storto, mi taglierà la testa!- per poco non scoppiò a ridere di fronte a quel melodramma, ma quando vide il presunto proprietario del locale, un po’ la compatì. Era un uomo esile vestito in giacca e cravatta e fissava severo il personale con quei suoi occhietti assottigliati. Le ricordava una vipera. O uno della Yakuza, non c’era molta differenza.

-Non è un problema mio- si aggiustò le autoreggenti che non volevano saperne di stare su, poi guardò le ragazze sul bancone che le facevano segno di raggiungerle;  l’aura di depressione che aveva circondato quel siluro di Ginko le entrò fino alle ossa. Sbuffo, conscia che si sarebbe pentita di quella decisione -Non so la coreografia.-

Kamikaze sorrise a trentadue denti, la fece voltare e la spinse verso la superficie di legno e marmo -Ma quale coreografia? Devi ballare, improvvisa! È il tuo lavoro!-

-No, io devo solo far ubriacare la gente!- si sedette al bancone e si issò in piedi, imprecando a mezza voce con malagrazia americana prima di alzare una mano in segno di saluto ai presenti, incerta. Si ammutolì quando la musica cessò, le luci sfumarono su tonalità di blu opaco e la sala si immerse nel silenzio. L’uomo vestito col completo rosso fuoco stava per concludere il discorso, lo capì dal suo tono di voce che andava via via sfumando. Portò le mani sui fianchi e nell’attesa picchietto la punta dello stivale destro sul tavolo, spazientita. La prima serata lavorativa era iniziata male e, sfigata com’era, si sarebbe certamente conclusa anche peggio.

Di sottecchi scorse le altre ragazze mettersi in posizione e impulsivamente lanciò un’occhiata alla cameriera quasi stesse implorando silenziosamente il suo aiuto, ma di lei nessuna traccia. C’erano solo lei, le tre poliziotte coreane, un nuvolo di ragazzi scalpitanti ed eccitati, i Big Bang che le fissavano con sorrisi stampati sul volto e la voce gongolante del vocalist. Si lisciò i capelli laterali tutti tirati all’indietro, piegandosi leggermente mentre imitava le altre colleghe –Odio la Corea. E odio Pitbull.- bisbigliò a sé stessa.

Ci fu un istante di incertezza, scandito dalle luci che cominciarono a muoversi verso loro quattro, dalla folla che applaudì per incitarle e dai battiti accelerati del cuore. Ma fu un breve istante, di quelli che la sfioravano e poi se ne andavano, lasciandole addosso solo tanta adrenalina. Una base elettronica uscì dalle casse, spiazzandola un attimo. Quello non era certamente Pitbull, a meno che non si fosse messo a duettare con un coreano o avesse deciso lui stesso di abbandonare lo spagnolo per le lingue orientali. Si maledì per non aver aperto il dizionario compratole da Chyoko e, guardando le altre, cominciò a muoversi piano, cercando di andare a ritmo. Nessuna coreografia, eh?, puntualizzò stizzita trattenendosi dallo scendere dal bancone; quelle tre erano perfettamente sincronizzate tra loro mentre lei sembrava un ippopotamo ubriaco! I capelli rosso fuoco di Ginko avrebbero fatto una brutta fine…

Wow, Fantastic baby

Dance, I wanna dan dan dan dan Dance

Fantastic baby

Dance, I wanna dan dan dan dan Dance

Wow, Fantastic baby

 

Guardò la folla, sospirò e chiuse gli occh. Si lasciò trasportare, cercò di svuotare la mente e per un attimo riuscì a dimenticarsi della madre che l’aveva rimproverata al telefono per non essere stata avvisata del suo arrivo in Corea, del padre che le criticava i tatuaggi o i vestiti poco femminili, di Minji che continuava a sbirciare nella sua valigia… Di tutti i problemi che sperava aver abbandonato in America. Ogni nota cominciò a pervaderle il corpo, facendola muovere come se fosse ipnotizzata, come se esistesse solo lei in quella caotica e rumorosa sala da ballo. La musica procedeva e lei non capiva più nulla. Fu come se dell’elettricità l’avesse attraversata, come prendere il volo e librarsi in aria. C’era solo lei e quella musica che rimbombava nelle orecchie facendola smarrire, il vociare ovattato della gente e la pelle d’oca.

C’era solo lei, la sua voglia di ballare e quella voce profonda che rappava in sottofondo, facendole scorrere i brividi lungo la schiena…

*********

-Spiegami ancora cosa ci facciamo qui- mormorò Taeyang a Daesung mentre si guardava attorno, salutando le proprie fan con un sorriso aperto –Abbiamo lavorato ininterrottamente per 13 ore, sono stanco!-

-Dobbiamo promuovere il nostro nuovo album e festeggiare il nostro ritorno sulle scene!- cantilenò l’amico che, invece, era estasiato al pensiero di essere nuovamente circondato dalle ammiratrici.

GD diede una gomitata a Tae dopo aver esposto il suo brillante discorso di benvenuto a sé stesso e si fiondò verso le poltrone, buttandocisi sopra con un gesto fluido –Andiamo, dovresti rilassarti. E poi è da un sacco di tempo che non usciamo tutti assieme!- batté le mani come un bambino al parco giochi, facendogli scuotere la nuca divertito –Abbiamo i drink, le patatine, la frutta, la folla esaltata e… Le ballerine vestite da poliziotte, ma è stupendo!- sclamò saltando sui divanetti, venendo raggiunto dagli amici che scoppiarono a ridere.

Top si lasciò cadere pesantemente sul divano mentre allentava il colletto della camicia troppo stretto -A te non piacevano le infermiere?-

GD inclinò la testa all’indietro, guardandola con un ghigno -Le poliziotte hanno le manette.- si inumidì le labbra mentre faceva l’occhiolino a un Seung Ri borbottante.

-Poi dicono che sono io quello maniaco e pervertito- Daesung gli diede una pacca sulla spalla prima di concentrarsi sull’omaccione con il vestito rosso che aveva cominciato a presentare la serata del Tribeca –E poi, insomma, mi sarei aspettato una coreografia più futuristica!- aprì le braccia rischiando di far scivolare il bicchiere di Daesung sulla camicia nera con stampe dorate.

-Cos’hai contro le poliziotte?- domandò il leader addolorato, imbronciandosi.

-Ma non ho niente contro le poliziotte!-

-E allora non lamentarti!-

-Dico solo che è una coreografia banale- si imbronciò per la poca considerazione che GD gli stava prestando, troppo esaltato per quel nuvolo di ragazze eccitate per la loro presenza –E comunque, non sono tutte poliziotte!- puntò il dito verso la quarta da destra che era appena salita sul tavolo e, con indifferenza, aveva salutato la folla mentre veniva squadrata dalle altre tre colleghe.

-Non è possibile, è più tatuata di GD!- scherzò Daesung scompigliandosi la chioma bionda.

Le labbra del diretto interessato si aprirono in una fragorosa risata mentre il ragazzino si appiattiva sulla comoda poltrona bianca –Sicuri che non sia la serata Police Department & Galeotte evase?- domandò serio serio, ricevendo dei sospiri esasperati da parte degli amici.

-Non puoi goderti la serata invece di fare tutti questi commenti?- domandò Ji Yong lanciandogli contro un acino d’uva. Seung Ri storse il naso e si mise buono buono a guardare le quattro squinzie, mugugnando fra sé mentre sorseggiava il suo drink.

Top sorrise, scuotendo la nuca mentre recuperava il proprio bicchiere dal tavolo. Come al solito i quattro si erano lanciati nella fase commentiamo la scenografia e il corpo di ballo da cui lui, solitamente, si tagliava elegantemente fuori. Insomma, non che gli dispiacesse vedere qualche bella ragazza muovere il bacino con sensualità, ma dopo i primi passi la noia si impossessava di lui. E, lo sapeva, le ragazze del Tribeca non avrebbero fatto differenze alcuna. Avrebbero fatto qualche foto assieme, si sarebbero scambiati qualche moina –GD avrebbe scambiato anche il numero di cellulare- e poi sarebbe finito tutto lì. Una sequenza di momenti che, ormai, non gli facevano più scorrere l’adrenalina in corpo.

-Sembra una mappa stradale.- commentò Taeyang facendoli scoppiare a ridere.

Alzò la nuca, deciso per una volta a condividere i propri pensieri con gli amici… Fu solo allora che si accorse dell’oggetto della loro discussione: una specie di teppista vestita da poliziotta che non si amalgamava con il resto del gruppo di ballerine. Le tre continuavano a mettersi in posa sotto i flash dei clienti, lanciavano loro occhiate divertite e sghignazzavano. La quarta –era straniera, lo riconobbe dal taglio degli occhi- sembrava essere capitata lì per caso, indifferente al resto della platea che sembrava richiamare la sua attenzione svagata. Il suo viso era rivolto alla porta d’entrata, non verso loro, come se non li conoscesse e nemmeno fosse interessata ad essere notata. Gli diede l’impressione di voler scomparire, una ragazza appariscente che voleva a tutti i costi diventare invisibile. Da quella posizione privilegiata poté scorgere il suo profilo delicato, il naso leggermente all’insù e la linea delle labbra chi si andava dischiudendo, come se stesse parlottando fra sé. Fissava il pubblico con noia,  il corpo eretto mentre portava le mani sui fianchi e tamburellava uno stivale sul bancone, quasi fosse stata costretta a salire lì sopra vestita in maniera provocante.

-Uh, aprono con la nostra canzone!- mormorò Daesung contento, rivolgendo un enorme sorriso alle danzatrici.

-Godiamoci lo spettacolo!- mormorò il leader beandosi delle movenze sensuali del corpo di ballo, portando le braccia dietro la nuca mentre canticchiava la parte introduttiva di Fantastic Baby.

-Perché la Galeotta va a caso e le altre seguono una coreografia?- domandò Seung Ri arricciando le labbra e assottigliando gli occhi scuri.

-Improvvisazione?- replicò Tae massaggiandosi il collo.

-Balla quasi peggio di Top- mormorò Ji Yong con un ghigno, girandosi verso l’amico per cogliere ogni sfumatura del suo fastidio a quelle parole. Ma sembrarono non scalfirlo, non quella volta. Top se ne rimaneva immobile con la cannuccia fra le dita senza fiatare, udendo la voce di Tae farsi sempre più distante nonostante fosse a pochi centimetri da lui. La tatuata aveva un non sapeva che di ipnotico, qualcosa di assolutamente magnetico, una sensualità che non scaturiva dall’abito troppo corto o dal trucco vistoso, niente di tutto quello. Era il suo movimento fluido a rapire la sua stanca attenzione, il suo sembrare da sola nonostante fosse circondata da gente… Per quanto si sforzasse, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso –E’ quella coi codini o la poliziotta che ha appena tirato fuori le manette?- il sussurro malizioso di Ji Yong lo fece sussultare. Quel maledetto riusciva sempre a captare ogni suo pensiero quasi avesse l’accesso personale alla sua mente.

-Il barista con la cresta.- si limitò a rispondere tornando a prendere possesso delle proprie facoltà. L’amico ghignò, circondandogli le spalle con il braccio prima di tornare a guardare le poliziotte che, terminata la canzone, avevano fatto un breve inchino alla platea adorante; la straniera aveva invece regalato un bel dito medio a uno che aveva provato a sollevarle la gonna a pieghe. Storse il naso; no, decisamente la bellezza fluida dei suoi movimenti veniva spazzata via dalla sua poca femminilità.

-Se vuoi possiamo invitarle a bere qui, con noi- propose GD aprendo le braccia e posandole sul divano, lanciando poi un’occhiata divertita a Ri –A meno che tu non abbia da ridire anche su questo.-

-Tanto lo sappiamo che tu punti ai camerini.- tossì Tae facendo scoppiare a ridere gli altri, in particolar modo Ri che aveva visto compiersi una piccola vendetta nei confronti del leader che, quella sera, lo aveva preso di mira.

GD imprecò a mezza voce prima di lasciarsi trasportare dagli schiamazzi degli amici e Top fu grato a Tae per aver repentinamente cambiato discorso. Odiava essere l’oggetto di scherno di Ji Yong; per quella notte, avrebbe lasciato l’onore al piccolo Seung Ri. Dopo la canzone di apertura della serata, le ballerine si sparpagliarono continuando a ballare il repertorio che il Tribeca proponeva. Puntò lo sguardo sulla frutta, cercando qualcosa di più interessante di quella grezza ragazza che adesso danzava proprio sul tavolo a pochi metri da loro. Alcune fan si avvicinarono a loro per fare delle foto e per i loro autografi, così poté distrarsi e scacciare via quella sgradevole sensazione di disagio che aveva provato nel vedere quella ipnotica ballerina.

Ma, a quanto pareva, quella sembrava sempre attirare la sua attenzione seppur indirettamente. Fu infatti dopo qualche canzone cui non prestò attenzione che la musica venne fatta sfumare, fino a diventare appena udibile, e l’uomo vestito di rosso al microfono aveva esalato un infastidito -Lindsay Moore è  pregata di scendere dal tavolo- i cinque si fissarono; probabilmente era una loro fan che, desiderosa di stringersi a loro, aveva provato a scavalcare la balaustra facendosi largo fra i tavoli –E raggiungere l’ufficio del signor Yoon.-  o forse no…

Videro la ballerina straniera grattarsi la chioma alla moicana prima di scendere dal tavolo dopo essersi alzata le autoreggenti. La musica riprese a riempire la sala e la gente, dimentica di quel breve siparietto, tornò a farsi i fatti propri. La voce sorniona di Seung Ri spezzò il silenzio –L’ho detto io che era una galeotta.-

-Magari è terminata la sua ora d’aria.- constatò il leader prima di tornare a guardare l’obiettivo della macchina fotografica di una ragazza che gridava il suo nome. Top avvertì il braccio di GD stringersi intorno al collo per trascinarlo verso di lui e fare una foto assieme, ma il suo sguardo restava puntato alla platea.

La vide zampettare facendosi largo fra la calca, aggrapparsi alla balaustra per evitare una rovinosa caduta sulle scale e poi venire trascinata per un polso da una nana saltellante apparentemente isterica dietro la porta per il solo staff.  E veloce come i suoi passi sul bancone, si volatilizzò alla sua vista. Si ritrovò a grattarsi la nuca azzurra nel rendersi conto che era rimasto imbambolato a fissare una perfetta sconosciuta dalle sembianze di una prostituta.

-Top! Mi fai un autografo sulla pancia?!- si ritrovò a strozzarsi con il cocktail per quell’assurda richiesta da parte di una fan, cercando di trattenere le risate anche se quelle sguaiate dei compagni non aiutavano. Si avvicinò alla giovane prendendo fra le dita il pennarello nero che gli era stato porto. La serata stava decisamente diventando divertente anche senza la presenza di quella Lindsay Galeotta Moore.

*****

Spense la sveglia allungando una mano, imprecò contro il cuscino e si alzò, mettendo a fuoco la buia stanza da letto. Gettò un’occhiata alla sveglia: le 12.30 lampeggiavano rossastre; forse era tempo di andarsene in cucina, pensò controvoglia mentre zampettava a piedi nudi nel corridoio. Grugnì in risposta all’allegro saluto di Minji che stava giocando con le bambole nel salotto e represse un enorme sbadiglio quando vide la figura esile di Chyoko. Piombò in cucina con i capelli scompigliati, due profonde occhiaie,  il trucco colato a imbruttirle il viso pallido e una sgradevole sensazione di malumore che l’aveva accompagnata per tutto il tragitto dalla discoteca da cui era stata cacciata fino a casa. Anzi, ad essere precisi, dalla discoteca da cui era fuggita. La presenza di Chyoko le fece montare il nervoso; sapeva che avrebbe tentato di imbastire una conversazione, ma lei non ne voleva proprio sapere.

-Oh, buongiorno Lin! Sto preparando il ramen, hai fame?- le rivolse un’occhiata sconsolata quando le studiò il volto –Dovresti struccarti la sera prima di andare a letto. La tua pelle deve respirare!- c’era una nota di divertimento nella sua voce severa. Lin si grattò la nuca; Emily le avrebbe solo urlato che avrebbe rischiato di macchiare il cuscino –Allora, com’è andato il tuo primo giorno di lavoro?- Chyoko tornò a darle le spalle. La ragazza si stropicciò gli occhi e mugugnò qualche frase senza senso mentre attendeva che il cervello uscisse dalla fase connecting people.

Si sedette al bancone e appoggiò la fronte sulla superficie di marmo. Già, se avesse tirato le somme di quella nottata, cosa ne avrebbe ricavato? Ne avrebbe ricavato che il Tribeca era un posto di mentecatti che ospitava strani tizi dalle capigliature assurde ma che, a quanto pareva, erano piuttosto popolari e dove lavorava una mosca impazzita ed isterica che non lasciava finire di parlare. Decise di esalare solo un rauco –Uno schifo.- che fece ridacchiare la donna ora alle prese con le spezie da scegliere.

-Non dirlo a me.-

La nuca si alzò di scatto in direzione dell’arco che divideva la cucina dal salotto, scontrandosi con la figura austera del padre che aveva appena parlato e quella di un uomo anziano e smagrito vestito di tutto punto che la fissava con noia: era il signor Yoon, quello sguardo tagliente non lo avrebbe mai dimenticato. Strano come il sonno le fosse improvvisamente passato.

-Papà, signor Yoon- alzò una mano in segno di saluto ricevendo uno sguardo colmo di rassegnazione da parte di Mark; Chyoko si dileguò dalla cucina inventando una scusa, lasciandola alle prese con le proprie responsabilità –Come sono contenta di vederla qui sta—

-Risparmiamoci i convenevoli.- la zittì l’anziano imponendo il palmo davanti a sé. Quel maledetto di suo padre ghignò di fronte al suo disagio; perché non si volatilizzava anche lui come la sua bella donna coreana?!

-Il signor Yoon mi ha raccontato di ieri sera- Mark si accarezzò la barba –Devi dirmi qualcosa, Lindsay?-

La diretta interessata sbatté le palpebre, si grattò la punta del naso, tossicchiò, deglutì ma nulla uscì dalle sue labbra carnose. Le venivano in mente le parole di Katy Perry We danced on tabletops, ma dubitava che una canzone l’avrebbe tratta d’impiccio. Oltretutto Mark odiava Katy Perry, quindi… Inclinò il capo –Ma non ti ha già raccontato tutto lui?-

-Lindsay— lo vide stropicciarsi il volto prima di lasciar cadere le braccia lungo i fianchi.

Nh, per una serie di sfortunati eventi mi sono ritrovata a ballare mezza nuda su di un tavolo, pensò amareggiata, conscia che una confessione del genere avrebbe firmato la sua condanna a morte o un biglietto per solo andata in America… Propendeva per la prima, dato lo sguardo infuocato del padre. Alzò le spalle, optando per i monosillabi –Non è successo nulla di interessante.-

-Ballare sui tavoli invece di pulirli non è stato di suo gradimento?- domandò il signor Yoon inclinando il capo, assottigliando i minuscoli occhietti.

Pulirli… -Sono stata declassata a sguattera di corte?- si lasciò sfuggire con ironia, appoggiando la guancia sul palmo aperto. Vide il signor Yoon arcuare un sopracciglio alla sua sparata mentre Mark copriva il viso con una mano.

-Se continui di questo passo, finirai col fare la sguattera qui in casa.- sciorinò suo padre spazientito.

Si morse le labbra al pensiero che lei, per una volta, era davvero andata a lavoro senza intenzione di combinare guai. E avrebbe potuto dire loro tuuuutta la verità, passare come la martire della situazione e bearsi dei benefici che ciò avrebbe comportato. Ma le tornò alla mente quella saetta umana di Ginko e, per qualche strana ragione, non se la sentì di metterla nei casini. Sospirò –Senta, capisco se vuole licenziarmi- si ritrovò a grattarsi la chioma corvina –Anche se non ero nemmeno stata assunta.- aprì leggermente le braccia come a dire che non aveva molto da dire.

-Non sono venuto qui per licenziarti- mormorò l’anziano aggiustandosi la cravatta –Ero solo venuto a sentire la sua versione dei fatti visto che, ieri sera, si è dileguata dal locale senza passare per il mio ufficio- c’era una nota di disappunto nella sua voce burbera e la ragazza si grattò il naso lentigginoso, stiracchiando le labbra –Fujii Ginko mi ha spiegato il malinteso. L’ho invitata a lasciar parlare le persone prima di prendere iniziative- Lin si lasciò strappare un sorriso, lieta che alla ragazza non si fosse ritorto nulla contro -Farò finta che questo spiacevole episodio non sia mai accaduto nel mio locale- vide un sorriso appena accennato spuntargli da sotto i baffi e Lin, stranamente sollevata, puntò lo sguardo per terra pur di celare la propria gratitudine alla nana saltellante e al vecchio Yakuza –Comincerai la settimana prossima. Passa domani mattina a prendere la tua divisa, Fujii ti spiegherà tutto- le allungò un bigliettino da visita prima di congedarsi con un breve inchino mentre Mark la fissava divertito. Quel maledetto sapeva tutto, si era solo voluto prendere un po’ gioco di lei –A proposito, per quanto non abbia apprezzato la ballata sul tavolo, sappi che gli ospiti d’onore sono stati molto contenti della tua improvvisata.- alzò lo sguardo dal bigliettino di fine carta di riso con motivi azzurrognoli e rossi su cui svettava il nome del locale, incrociando lo sguardo placido dell’uomo. Lo vide alzare una mano prima di dileguarsi dalla cucina seguito dal padre mentre Chyoko faceva il proprio ingresso con finta confusione; come se Lindsay non lo avesse capito che lei, per tutto il tempo, si era acquattata dietro il muro ad origliare.

Le rivolse un sorriso gentile –E’ andata bene, non trovi?- domandò retorica, facendola annuire –A proposito, chi erano gli ospiti d’onore di cui parlava il signor Yoon? Hai conosciuto qualche star?-

Lin alzò le spalle continuando a studiare il bigliettino –Dei tizi strani. Com’è che si chiamano? Ah, sì- la guardò con un breve sorriso –I Big Mac.-

 

 

A Vip’s corner:

Ooooh, e anche il secondo capitolo è andato :D Lo so che sembra tutto molto veloce e soprattutto barboso, ma sono capitoli introduttivi che servono a dare il via alla storia :( Perdonatemi inoltre se è piuttosto lungo, ma quando hanno dato il dono della sintesi io ero a dormire, probabilmente -.-

Oook, che dire? Diciamo che i Big Bang e Lindsay non si sono incontrati/scontrati fisicamente, ma almeno si sono vicendevolmente notati xD E no, non facciamoci infinocchiare dai primi pensieri di Top su ipnotizzamenti e cose varie… Non mi piacciono le cose troppo facili e non credo nei colpi di fulmine, è meglio precisarlo xD Spero che sia stato comunque di vostro gradimento :)

Come concludere? Ah, sì, se voleste anche lasciare una traccia del vostro passaggio mi rendereste davvero felice; una minuscola minuscolissima recensione non vi porta via che un minuto del vostro tempo *.* … Fa tanto pubblicità per qualche referendum, lo so :3

Ringrazio di cuore Fran Hatake per aver recensito il primo capitolo e un grazie a lil_monkey, MonkeyCrys, Stupid_Liar e _AlexeTK per aver aggiunto Something about you fra le seguite ♥ Grazie mille di cuore *.* Se passaste ancora di qui mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate *.* Un grazie sentitissimo anche a chi legge ma resta in silence :)

Alla prossima! (si spera xD),

HeaveIsInYourEyes.

   
 
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