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Autore: ladyblack89    19/07/2012    1 recensioni
In the Jail è una ff molto vecchia, forse tra le prime che scrissi. E' molto leggera e spero che vi piaccia. Non vi fate ingannare dai primi capitoli, che possono sembrare troppo fluff e vuoti, il bello arriverà. :) Buona lettura.
Genere: Avventura, Azione, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10 – La fuga

 
 


Correvano.

Correvano a perdifiato tra corridoi infiniti.

Gee era qualche metro avanti a loro.

I loro cuori pompavano sangue all’impazzata. Le mani sudavano e i piedi, ormai stanchi, non ce la facevano più.

-Forza, ragazzi! - li incitò nella corsa - Manca poco alla libertà. -

“Alla libertà? - pensò ironico Bill - E lei che ne sa?”

Senza rifletterci troppo su, svoltò con gli altri due per un altro buio corridoio. Erano le ventidue di sera e loro stavano scappando da quell’enorme topaia.

Con il respiro affannato, si diressero verso un ennesimo corridoio. Girato l’angolo, si ritrovarono davanti a degli strani individui in uniforme che non erano guardie, bensì addetti alle pulizie.
-Rick, fratellone. Che bello rivederti! - esultò Gee, correndo ad abbracciare uno di quegli omoni - Questi sono i due amici di cui ti parlavo: Bill e Tom. – terminò svelta indicando i fuggitivi dietro.

-Salve, ragazzi. Dobbiamo sbrigarci! - disse l’uomo, agitando la mano - Entrate nei cesti. -

Affianco ai due finti addetti erano sistemati due carrelli per i panni sporchi. Gli oggetti erano muniti di ruote e di un’enorme sacca beige abbastanza grande da contenere una o due persone.

-E noi dovremmo entrare là? - chiese schifato il moro, meritandosi delle occhiatacce da parte di tutti.

-Sì, Bill! Entrerai per primo. -

Detto ciò, Gee, con la forza di un elefante, prese i due ragazzi e li spinse dentro una delle ceste. I due fuggitivi si ritrovarono a condividere insieme un angusto spazio. Si fissarono per un attimo, spaventati, senza saper che dire. I loro respiri erano talmente vicini che parevano essere uno solo.

Non contenta del suo lavoro, prese dei lenzuoli e li pose sopra i due di modo che non fossero visibili. Sorrise felice e imitò gli amici sistemandosi nell’altro carrello, fece cenno al fratello di uscire da lì. Con i respiri coperti da candide coperte, i tre viaggiarono per alcuni corridoi per poi sbucare all’esterno dell’edificio.

Rick e il suo socio si avvicinarono tranquilli al loro furgone e, con l’aiuto di una piccola pedana, misero nel retro le due ceste. Per precauzione il portellone fu chiuso a chiave e poi, con il cuore sempre a mille, i ragazzi - da dentro - uscirono dai loro nascondigli e si sedettero nell’abitacolo.

-Scusate se non ho pensato a un furgone più grande. - proruppe poco dopo Rick.

-Non ti preoccupare. L’importante è che tra poco saremo fuori di qui. - squittì Gee come una bambina con in mano la sua caramella.

Il furgone cominciò a ruggire, carburando rumorosamente. Si mise in moto e partì verso uscita.

-Fa che non ci siano controlli. - pregò il rasta, giungendo le mani e buttando gli occhi al soffitto.

Più loro si avvicinavano alle porte, più i loro battiti si facevano irregolari. Bill deglutì forte e chiuse meccanicamente gli occhi, come per difendersi.

Poi il furgone si fermò.

Con l’ansia a mille e la pressione che saliva visibilmente, i tre fuggitivi si nascosero prontamente dietro alcuni materassi lasciati lì e si accucciarono senza fiatare.

-Salve, agente. - lo salutò Rick dall’abitacolo anteriore, mostrandogli un cartellino plastificato rubato poco prima – Oh, cosa sto facendo? Porto via i panni sporchi! Sa, quei carcerati sono proprio delle bestie. - ghignò divertito mentre i giovani sentivano tutto.

L’agente lo scrutò per qualche minuto buono, controllando rapido il mezzo e poi lo lasciò andar via.

Non appena furono abbastanza lontani dalla pesante porta del carcere, Tom, Bill e Gee tirarono un sospiro di sollievo liberatorio. Gioirono felici e si sistemarono meglio nel piccolo spazio concesso loro. Quando ormai la vettura fu fuori la portata della prigione e l’adrenalina nei loro tre corpi fu diminuita, poterono - finalmente - riposare un po’. Ognuno si stese come capitò e tutti e tre si addormentarono come sassi.

Infondo il loro, sarebbe stato un viaggio lungo, molto lungo.

Solo qualche ora dopo, nell’affollata prigione, la mano rugosa di un vecchio, premette il bottone d’allarme…
 
Fine
 
 
Ore 13:46

Scappare non si era rivelato poi un gran piano.

“Soprattutto se lasci fare a uno che si chiama Tom Kaulitz!” pensò sconsolato.

Bill si stese sul morbido materasso del vicino e chiuse gli occhi cercando di godersi quella pace che, da qualche giorno a quella parte, gli mancava tanto.

-Puff. -

Stare con Tom era ok. Era divertente e continuava a essere bizzarro.

Poi fingendo di riposare, socchiuse gli occhi e lo vide andare avanti e indietro per tutto il perimetro della cella.

 “E’ troppo divertente vederlo angosciarsi per questa cosa.”

 
***


Ore 15:00

Un veicolo di medie dimensioni viaggiava piano sulle stradine terrose del Nevada. La destinazione del camion era - come al solito - la prigione. Il furgone, con tanto di effige personalizzata ai lati, arrancava tra sassolini e la polvere.

La Ditta Mc Clean era stata designata, molti mesi prima, per essere la “squadra di pulizia e della lavanderia” del carcere. Di conseguenza, anche il Signor Smith e il suo socio, erano gli addetti al trasporto dei panni sporchi e puliti.

-Eh, che fatica.-  sbuffò stanco l’uomo brizzolato al volante.

-Dai, Taylor. Non ti lamentare che tra qualche giorno vai in pensione>.

-Già, hai ragione. - ammise il guidatore mentre cambiava marcia- Tra poco finirà tutto. -

Accelerò con una piccola pressione sul pedale e in meno di pochi metri i due si trovarono davanti a un posto di blocco.

-Uhm… strano, questa postazione l’altra volta non c’era. -
 

***


Ore 16:32

“Tra poco, sarà il momento della verità. Mancano poche ore.”

Tom si sfregò nervosamente le mani e si rialzò impaziente dal suo letto.

Stava pensando. Stava pensando troppo quel giorno e di certo tutto ciò non gli faceva bene.

-Solo un errore e siamo morti, Bill. Dobbiamo essere cauti. - sussurrò al suo - ormai fisso - ospite mentre cominciava ad agitarsi.

-Sta calmo, altrimenti non riusciremo nel nostro intento. - lo ammonì freddo l’altro senza staccare lo sguardo dallo specchio mentre si ravvivava velocemente i capelli lisci e setosi.

Tom si prese qualche minuto per osservarlo.

“Ma come fa a stare così calmo? Non è elettrizzato? Non ha paura?”
 

***


Ore 17:15

Posò gli occhiali spessi sulla branda comoda e fissò le sue scarpe.

“Tra poco saranno qui - realizzò, facendo dondolare come una bambina, le gambe avanti e dietro - Sarà meglio che mi prepari!”

La giovane si alzò controvoglia dal letto e si mise davanti allo specchio.

Il suo piano sarebbe andato bene. Se lo sentiva, lo percepiva a metri di distanza. L’unico problema poteva essere un’eventuale reazione sbagliata da parte di Tom, o peggio, del suo amico che lei non conosceva.

“Speriamo non ci dia delle grane.”
 

***
 

Il piccolo posto di blocco era formato da un gabbiotto bianco con vicino una specie di passaggio a livello. La grande asta orizzontale bianca e rossa era sormontata da un vecchio semaforo lampeggiante.

-Salve, dove state andando? - domandò loro un agente con la divisa beige.

-Ehm, siamo della ditta Mc Clean e dobbiamo andare alla prigione. -

La guardia li osservò un po’ e iniziò a girare intorno al furgoncino. Poco più distante un altro uomo, più giovane sulla trentina e in divisa, stava fermo e impassibile con aria da duro.

-Uhm, non so se credervi o no. Di ‘sti tempi. - decretò lento dopo aver finito di gironzolare attorno al vecchio trabiccolo - Scendete, per favore. -
 

***


Ore 18:00

“Che nervoso, uffa.”

Tom stava battendo i piedi sul pavimento. E questo non era un buon segno.

Da qualche ora, infatti, non faceva altro. Un’altra goccia di sudore gli scivolò lungo il volto. Si rigirò spasmodicamente le dita almeno altre trecento volte; solo infine, si alzò dalla sua brandina e chiese di uscire.

“Stare qua dentro mi farà impazzire.”

Quando la grata pesante della cella di Bill si aprì, il suo occupante non si degnò nemmeno di guardarlo. Tanto ormai ci aveva fatto l’abitudine. Aveva capito che, quando Tom era agitato, andava da lui e quindi, non si sorprese più di tanto a vederselo rispuntare nella sua cella.

-Bill - esordì ad alta voce - Dobbiamo parlare. -

Il moro alzò lo sguardo e notò lo di sbieco.

-E’ la quinta volta che me lo dici. - rispose stizzito, sistemandosi meglio sul suo letto.

-Sì, lo so… ma sono preoccupato. Gee non ha chiamato più ed io non so che fare - iniziò a raccontare tutto concitato -  Aiutami, Bill. -

Il prigioniero 708 si destò da quel poco di sonno che aveva conquistato e si sedette sul bordo del letto. Con i capelli ancora arruffati e un’espressione annoiata si sfregò il naso con le dita e si mise a fissare, impassibile, il suo interlocutore.

-Se fai ancora così, giuro che ti lascio qui. -
 

***
 

Credere a qualcuno è facile.

Imbrogliarlo era ancora più semplice.

Era questa la vera filosofia del fratello maggiore della famiglia Fair. E questa era quella che aveva sempre adottato in tutta la sua scapestrata vita.

E ora era là: in un vecchio furgone a salvare la pelle della sorella e dei suoi due amici. Fermò la vettura e spense il motore. Poi, preso uno dei tanti cellulari rubati, digitò veloce un numero e chiamò.
Gee, dal bel mezzo del corridoio, afferrò per l’ennesima volta la cornetta del telefono comune e sorrise al vuoto. Dopo aver salutato il fratello, riagganciò. In un altro gesto meccanico riprese la cornetta e chiamò qualcuno nell’ala di Tom.

Il piano di fuga era appena iniziato.
 

***
 

Ore 19:23

Tom corse verso il bagno dell’ala della sua cella e, appena entrato, lasciò socchiusa la porta. Bill entrò poco dopo di lui.

-Forza, Bill. Sbrighiamoci. - proruppe il rasta prendendo dallo zainetto dei vestiti comodi ma, soprattutto, neri - Vai prima tu. - lo intimò, agitandogli davanti la mano. Il moro con un cenno d’assenso s’intrufolò nel piccolo scompartimento e chiuse la serratura dietro di lui. 

Con le mani che gli prudevano afferrò degli abiti scuri dalla sua borsa e cominciò a trafficare con la maglia. Con un gesto veloce si sfilò l’indumento, mostrando al nulla il suo esile corpo. Sbottonò rapido il pantalone che gli stringeva docilmente la vita e lo buttò nella borsa. Afferrò i suoi abiti puliti e l’indossò.

-Hai finto? - lo interpellò Tom da fuori con voce stizzita.

-Sì, sì, ho finito. Sto uscendo. -

Il moro riaprì la porta e lo sorpassò, affiancandosi al lavabo bianco. Tom si perse qualche secondo ad ammirare la sua snella figura racchiusa in un maglione e un pantalone nero.

“E’ davvero bello.”

Si destò dal suo assurdo pensiero e col volto arrossato si precipitò nel bagno appena liberatosi. L’altro lo fissò perplesso per poi sbottare in un “mah…”
 

***


“Speriamo non ci abbiano visto.”

Tom avanzò con circospezione verso l’ultimo corridoio dell’edificio.

Era lì, infatti, che avevano appuntamento con Gee.

-Speriamo che non ritardi. - sussurrò Bill, stringendosi nelle spalle.

Fuori la prigione, l’aria sembrava essere ghiacciata. Anche un elefante sarebbe congelato, ma loro no. O almeno non quella sera. Il loro piano di fuga stava andando bene. Stava andando…e già questa era una vittoria.

Dei passi felini giunsero alle orecchie del rasta che subito zittì Bill tappandogli la bocca con una mano. Il moro ne sentì l’odore  e ne inspirò il profumo. Era buono, sapeva di qualcosa di famigliare… ma non ancora indefinito.

“Sa di … Tom.” rimuginò, maledicendosi per lo stupido pensiero. Mugugnò qualcosa ma, come risultato, ottenne solo quello di procurare solletico al rasta che si voltò lanciandogli un’occhiataccia truce.
I passi si fecero più forti e quindi più vicini. I due smisero di respirare e pregarono che non fosse una guardia. Gocce di sudore imperlarono le loro fronti. Attesero qualche secondo con le orecchie dritte ma, poco dopo, il suono dei passi cessò. Tirarono entrambi un sospiro di sollievo e s’incamminarono di nuovo. Voltato l’angolo, però, qualcuno gli andò sbattendo contro, cadendo a terra.

-Ahia! - sibilò una voce femminile.

Tom riconobbe Gee e, con un sorriso stampato in faccia, aiutò l’amica a rialzarsi. Bill con sguardo furente, perché era caduto e omicida perché quei due si parlavano, li saettò con gli occhi mentre, nella penombra del corridoio e senza farsi vedere, s’interpose tra i due separandoli.

-Ciao - sussurrò, falsamente felice - io sono Bill. -

La giovane lo intravide alla luce fioca di una lampada a muro, mezza guasta, e gli sorrise.

-Ciao, io sono Gee,  quella che vi aiuterà a scappare da qui. -






NDA: Ed ecco qua la fine. Penso che abbiate capito la struttura del cap: si inizia dalla  fine e si conclude con l'inizio. Personalmente ho sempre amato questo modo di comporre le cose, e spero sia piaciuto anche a voi. ^^ Ci tengo a precisare che In the Jail è tutta frutto della mia fantasia e che i personaggi non sono davvero così. XD Altra cosa: se vi è piaciuta questa ff, aspettatevi una sorpresa domani. :D Ora potete dirmi tuttooo quello che ne pensate realmente. :) Ah, e ovviamente, grazie a tutti per averla seguita.

Ladyblack
   
 
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