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Autore: Aishwarya_F    19/07/2012    1 recensioni
La realtà disegna a volte mostri ben peggiori e quando succede non si può strappare il disegno perché tutto finisca.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero immobile di fronte a una  panchina. La luce del lampione era sufficiente a illuminarla. Per il resto, un nero fittissimo avvolgeva tutto. Folate di vento mi accarezzavano i capelli facendomi rabbrividire. Paura, terrore contrastavano con un inspiegabile sensazione di casa. Qualcosa in me mi suggeriva di correre, lontano, oltre quel pesante nero.
Un rumore tonfo squartò il vento. La panchina iniziò a svanire sotto la luce sempre più fioca del lampione.
Poi solo nero.
{Francy}
Prima come una foschia poi sempre più spesso, il bianco prese il sopravvento. Iniziai a provare fastidio …
{Francy}
Dolore.
{Francesca}
Mi alzai di fretta dalla sedia e corsi sulle scale. Mia madre, davanti al portone d’ingresso, ancora con le buste della spesa in mano, mi guardò in modo interrogativo.
{Ma che stavi facendo?} chiese mettendosi quasi sulla difensiva.
{Niente,tranquilla}  mi affrettai a rispondere, tranquillizzandola. {stavo scarabocchiando e non ti ho sentita}.
Subito mi pentii di averglielo detto. Mi scrutò per qualche secondo per poi posare le chiavi sul mobiletto all’ingresso, e andare in cucina.
{mi viene ad aiutare?} la sentii urlare. Anche se posta come una domanda, sapevo benissimo di non avere scelta. Avrei dovuto subirmi, per l’ennesima volta, l’ennesimo interrogatorio.
{ok! Scendo subito}  le risposi, rassegnata,  tornando in camera.
Mi avvicinai alla scrivania e presi la matita tra le mani. La punta era consumata del tutto. Negli ultimi sei mesi ne avevo cambiate già tre. La riposi vicino alla gomma, completamente bianca, e toccai il foglio. Nonostante fosse stata una semplice carezza, le passate continue e forzate della matita mi sporcarono la mano. In contrasto con quella regolare macchia grigia, era ben visibile, al centro esatto del foglio, il disegno di una panchina. Non sapevo cosa significava. ormai non provavo più a capire i miei disegni. Se così potevano essere definiti. Iniziati come semplici tratti, questi schizzi si erano fatti sempre più frequenti e dettagliati, arrivando a raccontare una storia sconosciuta ai miei occhi con un’anima propria. Anche se non l’avevo mai detto, dovevo ammettere che non ne ero del tutto indifferente, e che iniziavano anche a spaventarmi in alcuni casi.
{che hai disegnato questa volta?} mia madre mi aspettava seduta al bancone della cucina, con i suoi occhiali da lettura appoggiati delicatamente sul naso, una ciocca dei suoi folti capelli neri che le ricopriva la fronte, e quell’immancabile quaderno verde. Aveva preso l’abitudine, come le aveva consigliato il mio ultimo analista, di annotare su un quaderno ciò che di anomalo mi accadeva durante le giornate. Come cavia da laboratorio utilizzata per qualche esperimento, dopo ogni sogno, si partiva con una sfilza di domande che, a quanto pare, non avevano servito e non servivano per risolvere il mio problema, considerato il fatto che gli ultimi due strizzacervelli non erano riusciti a ricavarne una giusta diagnosi. In un anno ne avevo cambiati quattro, diventando probabilmente lo zimbello della comunità psichiatrica.
-cosa hai sognato?-cosa hai disegnato?-hai provato dolore, tormento,gioia,benessere?-sai quanto è durato?-eri sola?-ti ricorda qualcosa?-qualche luogo già visitato?-…
Mia madre continuava,imperterrita, a pormi le domande e io ormai annoiata da tutto, le raccontavo non curante mentre mangiavo un gelato.
Finito l’interrogatorio, chiuse il quaderno e, togliendosi gli occhiali, iniziò a scrutarmi. Incapace di sostenere il suo sguardo, continuai a giocare con il gelato ormai squagliato. Molte volte diceva che solo una madre può capire ciò che realmente una figlia ha, eppure insisteva sul fatto che dovevo andare regolarmente in seduta.  Amavo quella donna bizzarra, il quale aspetto da bambina celava la personalità più forte che avessi mai conosciuto. Dopo un divorzio si era fatta carico, senza mai chiedere aiuto o lamentarsi, di una figlia sperduta, priva di un passato  e costretta a riconoscere il mondo, come un bambino in procinto di crescere. Avrei voluto aiutarla, sostenerla in qualche modo, ma, qualunque cosa facessi, la sentivo ogni notte singhiozzare sotto le coperte,straziandomi il cuore. Aveva anche avuto altri uomini dopo mio padre, ma la clausola figlia pazza sul proprio curriculum, non era promettente. Alcuni di loro mi piacevano veramente, e quando finalmente la vedevo felice, ogni speranza scemava a causa di qualche imprevisto. L’ultimo era andato a spifferare in giro la mia situazione, i miei disegni. E quando le chiacchiere si fecero più insistenti, e gli occhi più indiscreti, mia madre scoprì tutto, cacciò quell’uomo di casa e ci trasferimmo.
{Oggi hai un appuntamento dalla dott.ssa Bruni?}  affermò più che domandò.
{Si ma non credo di andarci}la informai avvicinandomi alla porta.
{Francesca}  mi fermò. {hai già saltato quattro incontri. Dovresti andarci} sentenziò.
{No. Non credo. È sempre la solita storia. Tanto non serve a nulla preferisco restare a casa.}
{come non serve a nulla?} cercando di imitare la mia voce. {se non sbaglio stai facendo progressi.}
{no mamma!. Non sto facendo progressi. La situazione è sempre la stessa} le dissi. {sinceramente, sono stanca.} ammisi frustata. A causa di tutto, la mia posizione sociale da quasi sette anni , era se non pari a zero, gli si avvicinava moltissimo. Difficilmente facevo amicizia e quando ci riuscivo, la maggior parte scappavano dopo che mi immobilizzavo in loro presenza per qualche minuto con gli occhi semi aperti, disegnando figure incomprensibili. Avevo solo un’amica. La prima che, di sua spontanea volontà o costretta, mi rivolse la parola quando venni in Italia e l’unica a non avermi preso in giro quando la storia dei disegni venne fuori. Costretta a trasferirmi, ci incontriamo quasi ogni mese escluse le volte in cui grazie a internet, restiamo in contatto.
{Lo so, piccina!} cercò di consolarmi prendendomi il viso tra le mani. {ma non puoi scappare.}.
{lo so che non posso scappare, ma è inutile continuare ad andare dallo strizza cervelli} insistetti. {vado in camera}. Le scoccai un bacio sulla guancia e iniziai a salire le scale. Ignara che la potessi sentire, mia madre corse al telefono e chiamò la dottoressa informandola che non sarei andata e organizzandosi su quando si dovessero incontrare. Da quando avevo iniziato a saltare gli incontri, era lei a fare la seduta al posto mio. Dopo ogni chiamata, la vedevo prendere il quaderno e salire in macchina. Sapendo la risposta, non le ho mai chiesto dove andasse e lei in risposta non mi ha mai messo al corrente di niente.
Accesi il computer e mi avvicinai alla finestra. Osservai mia madre al volante, uscire dal vialetto e sparire dietro il vicolo. Fine aprile, la giornata non era fredda e a tratti il sole riusciva a penetrare le nuvole grigie.
Guardandomi intorno l’occhio mi cadde sulla casa di fronte la nostra. Ci viveva una vecchia emigrante russa che mi fissava dalla porta-finestra. Al mio cenno di saluto sparì dentro casa. Rassegnata tornai al computer. Sulla scrivania c’era ancora il disegno. Lo presi e lo posai nel comodino dove li tenevo raccolti. Un mucchio che col tempo si faceva sempre più grande. Presi il computer e andai a sedermi sulla sedia vicino la finestra. Una vecchia sedia di quando ero piccola, che mia madre si ostinò a metterla in camera nel vano tentativo che mi portasse alla memoria qualche ricordo.
Inviai un mail a Federica sperando mi rispondesse. Cosa che non avvenne e dopo quasi  quindici minuti decisi di abbandonare le speranze.
Guardai l’orologio. Era mezzogiorno. Decisi così di inviare un mail a James un ragazzo inglese conosciuto per caso in chat. Molto simpatico parlavamo ormai quasi tutti i giorni di un paio di anni e dopo Federica, era l’unico a cui avevo confidato tutto. Nonostante non lo conoscessi personalmente, si era rivelato un buon amico, pronto ad ascoltarmi e grazie alla corrispondenza, eravamo sempre in contatto.
-Ciao!  Mia madre è appena andato dalla dottoressa e ho pensato di disturbarti un po’. Come va? Ti stai preparando per il provino? Spero di si. Ciao!-
Inviai l’e-mail e andai a prendere la macchina fotografica nel salone al pianterreno. Dopo neanche due minuti sentii il segnale del computer e a due a due corse per le rampe di scale scaraventandomi in camera.
-ciao!! Ti sei fatta viva finalmente. Qui tutto bene, anche ho un mal di gola assurdo e ho dovuto interrompere le prove per il provino. Comunque ho cambiato canzone. Ora sono indeciso tra due poi ti faccio sapere quale scelgo. Anyway, tua madre è andata da quella?. Hai avuto un altro sogno?cosa hai sognato questa volta?-
Stranamente con James non mi facevo problemi nel raccontargli i miei disegni. Meglio di una seduta gli raccontai cosa avevo sognato.
-dai non parliamo più di questo. Tua madre ti avrà già riempito la testa di domande, non hai bisogno di altre. Cambiamo argomento. Ho bisogno di te e della tua passione per il cinema. Ho invitato una ragazza a casa questo pomeriggio. Che film le faccio vedere? Qualcosa di romantico ma non sdolcinato. Dai aiutami!.
-toy story? No scherzo?... qualche giorno fa ho visto “never let me go” con Andrew Garfield. Prova con questo. Io l’ho trovato molto bello!-
-ok! Grazie. Mi fido dei tuoi gusti. E comunque. Toy story è un bellissimo cartone, con sani principi e una giusta morale.!-
-ma non lo metto in dubbio, dico solo che non è adatta ad un appuntamento. Anche se un cartone della Disney ad un mio appuntamento, lo vedrei tranquillamente!-
-bene! Allora quando verrai in Inghilterra ti porterò a vedere un cartone.
-perfetto! Dai parlami di questa ragazza. dove l’hai conosciuta? Descrivimela. Dai su!-
-beh si chiama Meredith ed è la sorella di Ban.-
-James stai scherzando? –
-No è la sorella di Ban-
-James stai attento. Non metto in dubbio che questa ragazza voglia uscire con te però è sempre la sorella di Ban quindi…-
-tranquilla. C’ho pensato ancheio , ma mi piace davvero questa ragazza. È da un po’ che usciamo insieme e vorrei provarci.-
-in bocca al lupo allora. E fammi sapere com’è andata!-
Il rumore degli pneumatici sulla gaia mi riportò alla realtà. Guardai l’orologio. Erano quasi le due.
-si certo! Se ce la fai prova a connetterti verso le 11 stasera. No aspetta! tu stai in Italia, quindi verso mezzanotte, e ti racconto tutto.-
-ok! Ora vado è tornata mia madre. Cura quel mal di gola e torna e prepararti. Poi voglio sapere che canzone scegli. Ciao!-
-Assolutamente, non posso non passare anche questo provino. A presto. Ciao!-
Fuori una pioggerellina infastidì la lucertola che beata, godeva dei pochi raggi del sole su un masso pochi secondi prima.
 
 
Ciaoo!! Questa è la mia prima FF. spero vi piaccia.
Eccetto alcuni protagonisti, il resto dei personaggi e le situazioni sono tutte completamente inventate.
Fatemi sapere cosa ne pensate, critiche, suggerimenti, accetto di tutto!
A presto ciao!
PS. Se vi va seguitemi su twitter @msfrancybosco  e su instagram @boscofrancesca  dove ci sono anche i miei disegni. Fatemelo sapere così ricambio!
Per chi ama disegnare ed è iscritto a Deviantart ditemelo così possiamo scambiarci opinioni sul disegno!
Okk basta!bye bye. 

  
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