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Non ebbi il coraggio di
accendere il cellulare prima di andare alle prove, due giorni dopo essere
uscita con Matt. Semplicemente, uscii dalla camera, misi qualcosa sotto i denti
e dissi a Joey che sarei uscita con lui per andare in saletta.
Il chitarrista mi osservò con
aria comprensiva e allo stesso tempo sbalordita.
“Joey, ricordati che tra meno
di un mese ci sarà il primo concerto dei Faithless. Credi che sia il caso di
provare o dovremmo girarci i pollici?” dissi, fingendo indifferenza.
“Liz, non fingere con me. So
che è successo qualcosa tra te e Matt.”
“Non sono affari tuoi e in
ogni caso non è questo il momento di pensarci!” sbottai. “Dobbiamo pensare a
dare il meglio quando suoneremo davanti ai Metallica.”
Joey mi ignorò. “Mick è
venuto almeno dieci volte nel giro di due giorni a chiedere come stavi, perché
non gli rispondevi…”
Scossi il capo. “La smetti?”
“No.”
“Joey, non costringermi a…”
“A fare cosa?” domandò,
avvicinandosi a me e piantandomi gli occhi in viso. Era almeno dieci centimetri
più basso di me ma quello sguardo mi intimorì al punto che fui costretta a
liberarmene. Fissai un punto indefinito della cucina, finché non notai che al
frigo era appiccicato un post-it arancione.
Mi avvicinai con il
chitarrista al seguito.
“L’ha lasciato lui” spiegò,
mentre io fissavo il foglietto quadrato.
Liz,
non so perché tu mi stia evitando, ma sappi che
aspetto che tu ti faccia viva.
Mi manchi.
Tuo,
Capa
Sgranai gli occhi e scoppiai
a piangere.
“Oh, Liz” mormorò Joey,
abbracciandomi.
Rimasi immobile a sentirmi
morire per il male che sapevo di aver inflitto a Matt, il male che avrei
inflitto a Michele e il male che tutto ciò avrebbe portato ai Faithless.
Ero un mostro, non riuscivo a
sentirmi diversamente. Cosa dovevo fare? Perché improvvisamente Matt era
diventato parte dei miei pensieri e desideri? Non capivo il motivo di tanta
confusione.
“L’ho tradito” mi lasciai
sfuggire, tra i singhiozzi.
Joey si scostò da me e mi
guardò negli occhi. “Cioè?”
“L’ho baciato.”
Il mio amico sospirò. “Perché,
Liz?”
Mi presi la testa tra le
mani. “Non lo so” piagnucolai.
“Vieni.” Joey mi spinse verso
il divano. Vi prendemmo posto.
“Ho sbagliato tutto.”
“Sì, ma non è detto che tutto
sia perduto. Innanzitutto devi capire cosa vuoi” consigliò il mio amico.
“E’ proprio questo il
problema” dissi, asciugandomi le lacrime. Dovevo calmarmi, riordinare le idee e
soprattutto capire come affrontare Michele e Matt in saletta.
“Ora andiamo, altrimenti si
fa tardi” mi incitò Joey, adocchiando l’orologio. “Sono certo che vederli ti
aiuterà a schiarirti un po’ le idee.” Prese le chiavi e si avviò alla porta.
Poi si voltò. “Sciacquati il viso” disse, sorridendo e facendomi l’occhiolino.
Mi lavai la faccia nel lavabo
della cucina e lo raggiunsi, sistemandomi i capelli con una manata. Non mi
importava di essere presentabile , volevo soltanto che il tempo trascorresse il
più velocemente possibile e le prove si svolgessero in maniera indolore.
In macchina Joey mise su un
album dei Manowar e io mi rilassai sulle note di ‘Worriors of the World
United’.
Poi giungemmo in saletta.
Prima di scendere mi bloccai
e rimasi inchiodata al sedile. “Non ce la faccio.” Sospirai.
Joey mi lanciò
un’occhiataccia. “Non fare la bambina, sei forte e determinata, dimostralo a te
stessa e a tutti noi. Forza!”
“Grazie” mormorai e scesi.
Il chitarrista chiuse a
chiave e mi fece cenno di seguirlo.
Gli rimasi dietro con il
cuore che batteva troppo forte nel petto. Avevo paura. Non volevo vedere
Michele. Non volevo vedere Matt. Non volevo vedere nessuno. Volevo tornare a
casa e accucciarmi sotto le coperte per il resto dei miei giorni, finché la
morte non mi avesse strappato a quel mondo in cui non riuscivo a crearmi un
posto, in cui non riuscivo a vivere, in cui non facevo altro che far soffrire
chiunque mi stesse accanto – o almeno ci provasse.
Ormai però era troppo tardi.
Poco prima di arrivare, mi
venne in mente Débora. E se ci fosse stata anche lei in saletta? Max aveva
assicurato che lei non sarebbe più stata presente, ma da quando avevo visto
Janne rivolgerle attenzioni tutt’altro che amichevoli, entrare e trovarmela
seduta sulle ginocchia del nostro tastierista non mi avrebbe assolutamente
sorpreso.
Joey mi spinse dentro la
stanza e io rimasi impalata sulla soglia, mentre lui si avviava verso la sua
postazione, salutava tutti con un cenno e si metteva a preparare la chitarra
per le prove.
“Liz!” mi salutò Janne con un
sorrisone, venendo verso di me. Mi baciò sulle guance e tornò da dov’era
venuto.
“Ehi, ragazzi” feci, incerta.
Contemporaneamente, Michele e
Matt mi fissarono, il primo con un enorme sorriso stampato il viso, il secondo
con lo sguardo più triste che avessi mai visto in tutta la mia vita.
L’espressione di Matt mi mandò il cuore in frantumi. Non potevo concepire di
avergli fatto tanto male soltanto ricambiando il suo gesto d’amore.
Ancora una volta mi sentii un
mostro e fui costretta a distogliere lo sguardo per non scoppiare a piangere.
Ricacciai le lacrime e mi diressi a passo spedito alla batteria, per poi
sistemarmici dietro.
“Ragazzi” prese la parola
Serj. “Oggi che ci siamo tutti, è bene che decidiamo che pezzi portare al
concerto.”
Annuii.
“Sì, hai ragione” disse Joey,
sedendosi sul divano.
“Io direi di portare soltanto
una cover” propose il cantante armeno.
“E quale?” domandò Janne, che
da poco si era sistemato per terra con la schiena contro la parete
insonorizzata e le gambe incrociate.
“Pensavo di portare qualcosa
di uno dei nostri gruppi” intervenne Max, rimanendo in piedi in un angolo della
saletta.
“Eh?” fece Michele,
avvicinandosi a me.
Oh, no, no! Perché non era
rimasto dov’era? Non ero pronta ad un contatto con…
La sua mano mi si posò sulla
spalla e l’unica emozione che provai fu il rimorso. Non potevo far altro che
sentirmi in colpa, specialmente nei suoi confronti. Lui non sapeva niente e mai
l’avrebbe saputo. Certo era che se fosse venuto a conoscenza del mio tradimento
avrebbe evitato accuratamente di toccarmi come aveva sempre fatto.
Tuttavia, non riuscii a
sopportare la sua vicinanza, non ancora. Dovevo prima elaborare il tutto e imparare
a convivere con il fatto che Michele era il mio ragazzo e Matt soltanto un
amico. Amico che però scatenava in me emozioni e desideri mai provati.
Scacciai ancora una volta il
suo pensiero e mi alzai, raggiungendo Serj al centro della stanza.
Lui mi guardò, accennando un
sorriso.
“Max ha ragione” concordai,
guardando il cantante brasiliano. Fui lieta del fatto che sua sorella non fosse
presente.
“Sì, ma… la scelta è
difficile” puntualizzò Michele, con un tono che mi costrinse a posargli gli
occhi addosso. Sembrava irritato e anche il suo viso esprimeva un certo
risentimento.
Perfetto. Ero riuscita a
ferire anche lui, respingendolo e allontanandomi. Ero un disastro. Più il tempo
passava, più diveniva difficile fingere e la voglia di fuggire via aumentava.
“Tuck, tu cosa ne pensi?”
chiese Serj, voltandosi a guardare Matt.
Solo allora mi resi conto che
lui non aveva ancora aperto bocca. Osservandolo, notai che se ne stava
appoggiato alla parete con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo –
tremendamente triste – perso nel vuoto.
Mi si strinse lo stomaco e mi
venne voglia di correre ad abbracciarlo.
Tuttavia, rimasi immobile
dov’ero.
“Fate come volete, per me è
uguale” dichiarò l’ex Bullet, senza degnare il resto del gruppo di un’occhiata.
Serj rimase a fissarlo, poi
disse: “Capisco.” E tornò a rivolgersi agli altri.
Lui capiva sempre tutto. Era
stato in grado di afferrare le sensazioni emanate da Matt ed ero certa che
avesse compreso che la sua tristezza dipendeva da qualcosa che era successa tra
me e lui.
Gli fui grata del fatto che
non avesse insistito con il chitarrista. L’ultima cosa di cui Matt aveva
bisogno era qualcuno che gli facesse pressioni in un momento del genere.
Sapevo che lui si trovava là
esclusivamente per evitare che nascessero problemi con la band, perché non
riusciva e non poteva essere egoista, nonostante desiderasse trovarsi da
tutt’altra parte, proprio come me.
Dopo averlo osservato per
qualche altro istante, tornai a concentrarmi sulla conversazione dei miei
colleghi.
“Dovremmo portarne una dei
Bullet” esclamai di slancio.
Nella saletta calò il
silenzio più totale.
Gli sguardi di tutti erano
puntati su di me e questo mi mise in imbarazzo.
Sapevo di aver sganciato una
bomba a orologeria, ma ero sicura che ci fosse una canzone di quel gruppo che
sarebbe stata perfetta da realizzare live usufruendo di voci particolari come
quella di Serj e Max.
Janne chiese: “Perché?”
Spiazzata, cominciai a
spiegare: “Secondo me, sarebbe perfetto fare ‘Just Another Star’ aggiungendo le
vostre voci.” Accennai ai cantanti.
“No!”
Tutti ci voltammo a fissare
Matt.
“Non faremo una canzone del
mio gruppo.”
A bocca aperta, rimasi a
guardarlo, finché non lo vidi staccarsi dalla parete e uscire dalla saletta.
Perché Matt aveva avuto
quella reazione?