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Autore: Kim WinterNight    19/07/2012    3 recensioni
Allora, premetto che ero titubante all'idea di pubblicare questa mia bacata produzione, ma mi sono detta che si può sempre provare, c'è sempre qualcuno che potrebbe apprezzare.
Detto questo, vi anticipo subito che i protagonisti saranno componenti di diverse band che amo, che si raggruppano in un'unica formazione chiamata 'Faithless' e che, tendenzialmente, non c'entrano niente gli uni con gli altri. In più, fanno parte del gruppo anche un artista italiano che proprio ci sta a fare come i cavoli a merenda, per intenderci, e una comune ragazza con un passato difficile.
Be', spero di avervi incuriosito.
Allora, leggete e ditemi cosa ne pensate, perché mi piacerebbe capire se sono completamente pazza oppure no, a scrivere certe cose!!!!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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23

 

 

Non ebbi il coraggio di accendere il cellulare prima di andare alle prove, due giorni dopo essere uscita con Matt. Semplicemente, uscii dalla camera, misi qualcosa sotto i denti e dissi a Joey che sarei uscita con lui per andare in saletta.

Il chitarrista mi osservò con aria comprensiva e allo stesso tempo sbalordita.

“Joey, ricordati che tra meno di un mese ci sarà il primo concerto dei Faithless. Credi che sia il caso di provare o dovremmo girarci i pollici?” dissi, fingendo indifferenza.

“Liz, non fingere con me. So che è successo qualcosa tra te e Matt.”

“Non sono affari tuoi e in ogni caso non è questo il momento di pensarci!” sbottai. “Dobbiamo pensare a dare il meglio quando suoneremo davanti ai Metallica.”

Joey mi ignorò. “Mick è venuto almeno dieci volte nel giro di due giorni a chiedere come stavi, perché non gli rispondevi…”

Scossi il capo. “La smetti?”

“No.”

“Joey, non costringermi a…”

“A fare cosa?” domandò, avvicinandosi a me e piantandomi gli occhi in viso. Era almeno dieci centimetri più basso di me ma quello sguardo mi intimorì al punto che fui costretta a liberarmene. Fissai un punto indefinito della cucina, finché non notai che al frigo era appiccicato un post-it arancione.

Mi avvicinai con il chitarrista al seguito.

“L’ha lasciato lui” spiegò, mentre io fissavo il foglietto quadrato.

 

Liz,

non so perché tu mi stia evitando, ma sappi che aspetto che tu ti faccia viva.

Mi manchi.

Tuo,

Capa

 

Sgranai gli occhi e scoppiai a piangere.

“Oh, Liz” mormorò Joey, abbracciandomi.

Rimasi immobile a sentirmi morire per il male che sapevo di aver inflitto a Matt, il male che avrei inflitto a Michele e il male che tutto ciò avrebbe portato ai Faithless.

Ero un mostro, non riuscivo a sentirmi diversamente. Cosa dovevo fare? Perché improvvisamente Matt era diventato parte dei miei pensieri e desideri? Non capivo il motivo di tanta confusione.

“L’ho tradito” mi lasciai sfuggire, tra i singhiozzi.

Joey si scostò da me e mi guardò negli occhi. “Cioè?”

“L’ho baciato.”

Il mio amico sospirò. “Perché, Liz?”

Mi presi la testa tra le mani. “Non lo so” piagnucolai.

“Vieni.” Joey mi spinse verso il divano. Vi prendemmo posto.

“Ho sbagliato tutto.”

“Sì, ma non è detto che tutto sia perduto. Innanzitutto devi capire cosa vuoi” consigliò il mio amico.

“E’ proprio questo il problema” dissi, asciugandomi le lacrime. Dovevo calmarmi, riordinare le idee e soprattutto capire come affrontare Michele e Matt in saletta.

“Ora andiamo, altrimenti si fa tardi” mi incitò Joey, adocchiando l’orologio. “Sono certo che vederli ti aiuterà a schiarirti un po’ le idee.” Prese le chiavi e si avviò alla porta. Poi si voltò. “Sciacquati il viso” disse, sorridendo e facendomi l’occhiolino.

Mi lavai la faccia nel lavabo della cucina e lo raggiunsi, sistemandomi i capelli con una manata. Non mi importava di essere presentabile , volevo soltanto che il tempo trascorresse il più velocemente possibile e le prove si svolgessero in maniera indolore.

In macchina Joey mise su un album dei Manowar e io mi rilassai sulle note di ‘Worriors of the World United’.

Poi giungemmo in saletta.

Prima di scendere mi bloccai e rimasi inchiodata al sedile. “Non ce la faccio.” Sospirai.

Joey mi lanciò un’occhiataccia. “Non fare la bambina, sei forte e determinata, dimostralo a te stessa e a tutti noi. Forza!”

“Grazie” mormorai e scesi.

Il chitarrista chiuse a chiave e mi fece cenno di seguirlo.

Gli rimasi dietro con il cuore che batteva troppo forte nel petto. Avevo paura. Non volevo vedere Michele. Non volevo vedere Matt. Non volevo vedere nessuno. Volevo tornare a casa e accucciarmi sotto le coperte per il resto dei miei giorni, finché la morte non mi avesse strappato a quel mondo in cui non riuscivo a crearmi un posto, in cui non riuscivo a vivere, in cui non facevo altro che far soffrire chiunque mi stesse accanto – o almeno ci provasse.

Ormai però era troppo tardi.

Poco prima di arrivare, mi venne in mente Débora. E se ci fosse stata anche lei in saletta? Max aveva assicurato che lei non sarebbe più stata presente, ma da quando avevo visto Janne rivolgerle attenzioni tutt’altro che amichevoli, entrare e trovarmela seduta sulle ginocchia del nostro tastierista non mi avrebbe assolutamente sorpreso.

Joey mi spinse dentro la stanza e io rimasi impalata sulla soglia, mentre lui si avviava verso la sua postazione, salutava tutti con un cenno e si metteva a preparare la chitarra per le prove.

“Liz!” mi salutò Janne con un sorrisone, venendo verso di me. Mi baciò sulle guance e tornò da dov’era venuto.

“Ehi, ragazzi” feci, incerta.

Contemporaneamente, Michele e Matt mi fissarono, il primo con un enorme sorriso stampato il viso, il secondo con lo sguardo più triste che avessi mai visto in tutta la mia vita. L’espressione di Matt mi mandò il cuore in frantumi. Non potevo concepire di avergli fatto tanto male soltanto ricambiando il suo gesto d’amore.

Ancora una volta mi sentii un mostro e fui costretta a distogliere lo sguardo per non scoppiare a piangere. Ricacciai le lacrime e mi diressi a passo spedito alla batteria, per poi sistemarmici dietro.

“Ragazzi” prese la parola Serj. “Oggi che ci siamo tutti, è bene che decidiamo che pezzi portare al concerto.”

Annuii.

“Sì, hai ragione” disse Joey, sedendosi sul divano.

“Io direi di portare soltanto una cover” propose il cantante armeno.

“E quale?” domandò Janne, che da poco si era sistemato per terra con la schiena contro la parete insonorizzata e le gambe incrociate.

“Pensavo di portare qualcosa di uno dei nostri gruppi” intervenne Max, rimanendo in piedi in un angolo della saletta.

“Eh?” fece Michele, avvicinandosi a me.

Oh, no, no! Perché non era rimasto dov’era? Non ero pronta ad un contatto con…

La sua mano mi si posò sulla spalla e l’unica emozione che provai fu il rimorso. Non potevo far altro che sentirmi in colpa, specialmente nei suoi confronti. Lui non sapeva niente e mai l’avrebbe saputo. Certo era che se fosse venuto a conoscenza del mio tradimento avrebbe evitato accuratamente di toccarmi come aveva sempre fatto.

Tuttavia, non riuscii a sopportare la sua vicinanza, non ancora. Dovevo prima elaborare il tutto e imparare a convivere con il fatto che Michele era il mio ragazzo e Matt soltanto un amico. Amico che però scatenava in me emozioni e desideri mai provati.

Scacciai ancora una volta il suo pensiero e mi alzai, raggiungendo Serj al centro della stanza.

Lui mi guardò, accennando un sorriso.

“Max ha ragione” concordai, guardando il cantante brasiliano. Fui lieta del fatto che sua sorella non fosse presente.

“Sì, ma… la scelta è difficile” puntualizzò Michele, con un tono che mi costrinse a posargli gli occhi addosso. Sembrava irritato e anche il suo viso esprimeva un certo risentimento.

Perfetto. Ero riuscita a ferire anche lui, respingendolo e allontanandomi. Ero un disastro. Più il tempo passava, più diveniva difficile fingere e la voglia di fuggire via aumentava.

“Tuck, tu cosa ne pensi?” chiese Serj, voltandosi a guardare Matt.

Solo allora mi resi conto che lui non aveva ancora aperto bocca. Osservandolo, notai che se ne stava appoggiato alla parete con le braccia incrociate sul petto e lo sguardo – tremendamente triste – perso nel vuoto.

Mi si strinse lo stomaco e mi venne voglia di correre ad abbracciarlo.

Tuttavia, rimasi immobile dov’ero.

“Fate come volete, per me è uguale” dichiarò l’ex Bullet, senza degnare il resto del gruppo di un’occhiata.

Serj rimase a fissarlo, poi disse: “Capisco.” E tornò a rivolgersi agli altri.

Lui capiva sempre tutto. Era stato in grado di afferrare le sensazioni emanate da Matt ed ero certa che avesse compreso che la sua tristezza dipendeva da qualcosa che era successa tra me e lui.

Gli fui grata del fatto che non avesse insistito con il chitarrista. L’ultima cosa di cui Matt aveva bisogno era qualcuno che gli facesse pressioni in un momento del genere.

Sapevo che lui si trovava là esclusivamente per evitare che nascessero problemi con la band, perché non riusciva e non poteva essere egoista, nonostante desiderasse trovarsi da tutt’altra parte, proprio come me.

Dopo averlo osservato per qualche altro istante, tornai a concentrarmi sulla conversazione dei miei colleghi.

“Dovremmo portarne una dei Bullet” esclamai di slancio.

Nella saletta calò il silenzio più totale.

Gli sguardi di tutti erano puntati su di me e questo mi mise in imbarazzo.

Sapevo di aver sganciato una bomba a orologeria, ma ero sicura che ci fosse una canzone di quel gruppo che sarebbe stata perfetta da realizzare live usufruendo di voci particolari come quella di Serj e Max.

Janne chiese: “Perché?”

Spiazzata, cominciai a spiegare: “Secondo me, sarebbe perfetto fare ‘Just Another Star’ aggiungendo le vostre voci.” Accennai ai cantanti.

“No!”

Tutti ci voltammo a fissare Matt.

“Non faremo una canzone del mio gruppo.”

A bocca aperta, rimasi a guardarlo, finché non lo vidi staccarsi dalla parete e uscire dalla saletta.

Perché Matt aveva avuto quella reazione?

  
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