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Autore: yu_gin    20/07/2012    4 recensioni
La vita di Kurt e Finn è molto diversa da come siamo abituati a vederla. Le difficoltà economiche e l'impossibilità di trovare un lavoro migliore spingono Kurt ad accettare un lavoro che fino a pochi anni prima non avrebbe mai pensato di poter accettare.
Ma se sotto le luci dello Scandals incontrasse un ragazzo che potrebbe cambiargli la vita? Un ragazzo che viene dall'altra parte di Lima, quella economicamente agiata, quella dabbene, quella da cui Blaine vuole fuggire? Se riuscissero a trovarsi, nonostante tutto?
Dal primo capitolo: Ogni suo pensiero venne interrotto dall'entrata in scena dei protagonisti della scena.
Ogni pensiero su Finn o su qualsiasi altro ragazzo, ogni pensiero in generale venne semplicemente spazzato via dalla sua testa nel momento stesso in cui vide calcare la pista quello che poteva tranquillamente definire:
Il più bel culo che abbia mai visto.
[...]
«Perché? Perché noi non possiamo essere felici?»
Santana lo strinse forte e gli accarezzò la testa.
«La vita è ingiusta, Kurt, per chi è nato dalla parte sbagliata di Lima.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Lima Side Story



Capitolo 23: this is our night, this is our life



Blaine sapeva che le cose non sarebbero state facili e non si sbagliò.

Il mese che seguì fu forse il più duro della sua vita: fra la riabilitazione, gli ultimi esami a scuola, il silenzio dei suoi genitori, la paura del futuro che si faceva ogni giorno più pressante, Blaine faticava a dormire sereno la notte.

Passava sempre la sua sera di libertà con Kurt e poi andava a dormire a casa di suo fratello, dove aveva ormai trasferito gran parte delle sue cose.

L'unico suo rammarico era stato quello di lasciare Rachel sola con i loro genitori, ma sapeva che, non appena avesse potuto, se le cose non si fossero messe meglio, li avrebbe raggiunti.

Il suo corpo era guarito quasi del tutto anche se la cicatrice dell'intervento al torace era ancora visibile. Aveva recuperato le lezioni perse e ormai riusciva a cantare senza che il petto gli dolesse ogni volta che doveva prendere un respiro particolarmente profondo.

Anche Kurt si era ripreso. Certo, aveva ancora delle fasciature al braccio, ma almeno aveva tolto il gesso ed ora riusciva di nuovo a lavorare. Aveva perso il lavoro da GAP – il datore di lavoro non aspettava che una scusa per buttarlo fuori – ma era riuscito a trovare un posto come cameriere nel locale di Virgilio e quel posto gli piaceva decisamente di più.

Rachel era riuscita a convincere i suoi genitori a farle come minimo finire l'anno al McKinley. Si era ripromessa di riuscire a farsi iscrivere lì anche l'anno successivo. Non avrebbe mai lasciato quel Glee club.

Finn continuava a studiare per il diploma, sempre più intensamente e allo stesso tempo le prove del Glee per le nazionali si facevano più faticose e devastanti.

Nonostante tutti gli ostacoli che si trovava ogni giorno ad affrontare, Blaine era sereno.

Finché una telefonata non arrivò a movimentare le acque.

Era a casa di Cooper e stavano guardando un film d'azione mangiando patatine quando il telefono squillò. Rispose il maggiore che biascicò un: “pronto?”

Blaine si voltò verso il fratello e lo vide strabuzzare gli occhi per la sorpresa.

«Va bene. Sì, te lo passo» disse, allontanando il telefono dall'orecchio. «E' per te, Blaine. È la mamma.»

Blaine prese il telefono con mani tremanti e lo portò all'orecchio. «Mamma?»

«Ciao, tesoro. Ho chiamato per sapere come stavi.»

«Bene. Ora sto bene e... e sono felice.»

La donna sospirò: «Tuo padre non ha ancora accettato la cosa.»

«La cosa, mamma? Intendi la mia omosessualità?»

«Lo sai com'è fatto. Ha paura di quello che penseranno i suoi colleghi al lavoro e i suoi amici. Ha paura, tutto qui.»

«Anch'io avevo paura. Avevo paura di voi e ho vissuto male per anni per questo motivo. Sono stanco di avere paura.»

«Devi solo dargli tempo. Un giorno forse...»

«Un giorno. Forse. Beh, suppongo di dovermi accontentare. Forse un giorno mio padre tornerà ad amarmi come figlio.»

«Non dire così. Lo farò ragionare, vedrai, le cose andranno meglio. Io sono stata cieca: per anni non mi sono accorta di questo peso enorme che avevi dentro, mentre tuo fratello sembra averlo sempre saputo e tua sorella non ha fatto che supportarti. Ho cresciuto tre figli, Blaine, e vi amo tutti e tre allo stesso modo, nonostante i vostri difetti. Forse un giorno anche tuo padre lo capirà.»

Blaine non riuscì a sorridere. Non riuscì a pensare a come un genitore potesse non amare il proprio figlio. Si ripromise che, se mai avesse avuto la fortuna di avere dei figli, non avrebbe mai smesso di farli sentire amati. Neppure per un istante.

«Grazie, mamma.»

«Grazie a te, Blaine, per avermi aperto gli occhi.»

Sì, le cose sarebbero andate decisamente meglio.


Il motore del pulmino era già acceso e il rombo che produceva copriva le loro parole.

«In bocca al lupo» disse Blaine alla sorella, abbracciandola.

Kurt fece lo stesso col fratello, aggrappandosi al suo collo e sussurrandogli: «E questa volta vedete di portare a casa il trofeo delle nazionali.»

«Farò del mio meglio» rispose Finn, sorridendo. Sciolsero l'abbraccio e Blaine recuperò il proprio posto al fianco di Kurt. «Sei sicuro di non voler venire? Anche solo come accompagnatore o come supporto.»

«Non devi preoccuparti, Finn, me la caverò in questi tre giorni» disse Kurt. «E poi non credo che mi mancherà la compagnia» disse, facendo un cenno con la testa al suo ragazzo.

Finn colse il le parole non dette e annuì, capendo che per nulla al mondo Kurt li avrebbe seguiti, perdendo l'occasione di avere la casa libera per tre giorni di fila.

«Divertitevi!» gridarono, quando ormai tutti erano saliti sul pulmino e questo si stava mettendo in moto.

Kurt e Blaine sospirarono guardando i loro fratelli e i loro amici andare a New York a vincere le Nazionali, mentre a loro rimaneva Lima. Lima, il cui luogo di punta era il Lima Bean, il cui sport cittadino sembrava essere granitare gli sfigati o imbrattare i muri con insulti ai gay. Lima, che alla fin fine era la loro casa.

Blaine si voltò verso di lui: «E così abbiamo tre giorni tutti per noi.»

«Signor Anderson, le ricordo che deve studiare.»

«Al diavolo i libri! La mia media è quasi più alta di quella di Sebastian e lui passa praticamente ogni sera allo Scandals. E non esattamente a studiare Storia europea» disse, sfiorandogli il collo con il naso. «Questi tre giorni sono solo per noi.»

«In quanto ragazzo responsabile dovrei resistere all'idea, ma che vuoi farci: ho anch'io le mie debolezze.»

«Kurt Hummel ha dei difetti?»

«Sotto molti chili di lacca per capelli, però!» rispose ridendo. «Che dici, andiamo a farci un giro?»

«Ho giusto voglia di un gelato.»

Passarono il pomeriggio a gironzolare per la città senza una meta particolare. Blaine fu trascinato dentro una quantità esorbitante di negozi di vestiti e alla fine uscirono con solo una maglietta per Kurt e un papillon per Blaine. Presero il gelato e si sedettero al parco. Guardavano le coppie di adolescenti che, come loro, avevano sentito il richiamo del sole e non avevano atteso ulteriormente per stendere una coperta e stendersi all'ombra degli alberi del parco.

C'erano anche dei genitori con i figli e Blaine, guardandoli giocare felici, si chiese se anche lui avrebbe potuto, un giorno, formare una famiglia. Forse non lì a Lima, ma in una città più grande, più aperta mentalmente o in cui – più semplicemente – alla gente non importasse nulla del vicino, etero o gay che fosse. Si chiese se in quel futuro ci sarebbe stato Kurt, se al suo fianco ogni notte nel suo letto ci sarebbe stato lui, se a disinfettare il ginocchio sbucciato di suo figlio sarebbe stato lui, se ogni giorno della sua vita l'avrebbe condiviso con lui.

Stavano insieme da tre mesi e non avevano neppure vent'anni. Ma quando ti innamori non pensi a quando tutto finirà. Pensi che sarà per sempre e che non amerai mai nessuno a quel modo e che non sarai mai più felice di così.

E' quello il bello dell'amore: l'ignoranza.


L'arrivo all'aeroporto fu epico. Alcuni di loro non avevano mai messo piede fuori dall'Ohio, né avevano mai preso l'aereo. Certo, la maggior parte di loro era già stata alle Nazionali negli anno scorsi ma rimaneva lo stesso una grande emozione. Perché quell'anno, con Rachel e Finn, sapevano di poter vincere.

Dopo aver lasciato le borse in albergo, decisero di concedersi un tour per la città. Visitarono i posti più importanti e famosi, pranzarono con un panino preso per strada e acquistarono stupidi souvenir per i genitori a casa e scattarono rullini interi di fotografia scentrate e sfocate.

Capirono a pieno cosa intendessero le persone per “la magia di New York”: l'entusiasmo li aveva catturati e nessuno di loro sembrava intenzionato a tornare in albergo per dormire. Il professor Schuester si era raccomandato di tornare presto e di andare a dormire, dal momento che di lì a due giorni avrebbero dovuto esibirsi, ma era stato tutto inutile e alla fine aveva desistito.

Ad una certa ora i ragazzi si erano divisi e ognuno di loro aveva proseguito il tour per la città come aveva preferito.

Tina e Mike erano andati a Central Park e poi a cenare thailandese, Artie e Puck avevano cercato il museo della tortura e avevano fatto due giri, divertendosi a spaventare i clienti, Sam e Mercedes si erano divertiti al luna park mentre Brittany era rimasta tutta la sera in albergo su skype a parlare con Santana e a raccontarle del viaggio.

Rachel aveva trascinato Finn in tutti i negozi che aveva sempre sognato di vedere e l'aveva caricato di borse e sacchetti. Poi erano andati a cenare in un ristorante italiano dove un musicista aveva improvvisato una esecuzione di “Bella notte”.

Stavano tornando verso l'albergo quando una spiacevole vista sbarrò loro la strada.

«Ma guarda chi si vede. Siete insieme da quanto – un mese? - e già vi chiamano tutti i “Finchel”. “Dite che i Finchel porteranno le New Direction alle nazionali?” “Dite che li faranno vincere?”»

«Jesse» mormorò Finn. «Spunti sempre nei momento meno opportuni.»

«Sempre così scortese. Volevo solo complimentarmi con te per essere arrivato fin qui. Immagino che questa volta sparirai il giorno dell'esibizione. Magari un minuto prima di salire sul palco. Non male come uscita di scena, eh? Ti ho dato una bella idea.»

«Sparisci!»

«Siamo su una strada pubblica, posso stare qui, davanti a voi, quanto mi pare e piace» insistette.

«Cos'è, una nuova tecnica dei Vocal Adrenaline per distruggere gli avversari? Prenderli per sfinimento? Deriderli, cercare i loro punti deboli e poi girare il dito nella piaga?»

«Non è per niente nuova. La usiamo da anni e fino ad ora ha sempre dato buoni frutti» rispose, sorridendo soddisfatti.

Finn lo spinse da parte e proseguì con Rachel ancora sotto braccio.

«Se te ne vai non è divertente!» protestò. Jesse sbuffò e poi aggiunse: «E' stato un piacere rivederti, Rachel. Se mai dovessi deciderti a fare un salto di qualità, i Vocal Adrenaline saranno lieti di accoglierti. E così anch'io.»

Rachel stava per declinare gentilmente l'offerta, ma Finn si voltò e lanciò a Jesse uno sguardo che spaventò l'altro. «Cosa intendevi dire con “e così anch'io”?» chiese minaccioso.

Jesse sorrise, alzando le spalle: «Non avrai mica pensato male? Intendevo dire da un punto di vista prettamente professionale.» Si stava divertendo a stuzzicarlo e a mettere zizzania nel gruppo. Prima di perdere tempo con loro due, aveva importunato quasi tutti i membri del Glee club, cogliendoli a due a due e infastidendoli con battutine e insulti, nel tentativo di devastarli psicologicamente.

Era molto probabile che Jesse St James avesse letto il libro di Sue Sylvester su come annientare il tuo nemico senza sfiorarlo con un dito – e dunque senza finire in prigione – e lo avesse assimilato in ogni sua parte perché gli atteggiamenti di quel ragazzo erano in tutto simili a quelli della malefica coach.

«Bye bye perdenti, ci vediamo domani» disse, salutandoli allegramente.

Rachel dovette aggrapparsi al braccio di Finn per trattenerlo dall'aggredire il ragazzo e dunque farsi squalificare dalla competizione.

«Non capisci, Finn? Così faresti solo il suo gioco. Funziona così nel mondo dello spettacolo: devi sopportare le frecciatine e aspettare il momento giusto per rispondere. E credimi, la migliore vendetta sarà salire sul palco domani e fargli mangiare la polvere.»

Finn annuì: «Sa che con me questi trucchi funzionano sempre e si diverte a stuzzicarmi. Ma sì, picchiarlo non servirebbe a niente, se non a procurarmi un'enorme soddisfazione. Avremo la nostra vendetta domani, insieme al trofeo.»

Rachel sorrise: «Così mi piaci!»

Tornarono in albergo piuttosto tardi. Brittany era già a letto, mentre Mercedes e Tina stavano bevendo un cocktail analcolico al bar dell'hotel. Mike, Sam, Artie e Puck erano in camera a fare scherzi telefonici con il telefono dell'albergo mentre altri dovevano ancora tornare. Il professor Schue e la signorina Pillsbury, come da programma, dormivano già da qualche ora.

«Dici che è troppo tardi per chiamare a casa?» disse Rachel.

«Dubito che tuo fratello stia già dormendo» commentò Finn che aveva come la sensazione di sapere dove si trovasse Blaine in quel momento e – soprattutto – con chi.

«Allora lo chiamo, così gli racconto come è andata oggi e lo faccio morire d'invidia» disse ridacchiando.

«Non credo sia una buona idea» tentò di fermarla Finn.

«E perché?» chiese. «Se tutto va bene starà guardando qualche programma idiota alla tv. Dopo, se vuoi, possiamo chiamare anche Kurt: sarà entusiasta di sapere le novità!»

Finn tentò di fermarla, ma conosceva la sua ragazza abbastanza bene per sapere che neppure un uragano in rotta di collisione con il loro hotel avrebbe potuto farla desistere dai suoi intenti.


Era sera e Kurt e Blaine erano appena usciti dal cinema, dopo aver visto l'ultima commedia romantica di Woody Allen. Ridevano perché Blaine aveva un pezzetto di popcorn sopra il labbro e non se n'erano accorti finché non erano passati davanti al grande specchio in uscita. Kurt glielo aveva tolto con il pollice e, nello sfiorare le sue labbra, la tentazione di baciarlo fu irrefrenabile, ma si trattenne perché non volevano guai e la macchina era abbastanza vicina. Potevano aspettare.

Non appena ebbero chiuso le portiere dell'auto, le loro labbra si incontrarono e presto le loro mani raggiunsero il corpo dell'altro, cercandolo, accarezzandolo con l'urgenza degli innamorati.

Dopo svariati minuti il bacio si affievolì e si allontanarono, sorridendosi vicendevolmente.

«E' ancora presto» disse Kurt «e oggi non sei al dormitorio quindi mi chiedevo se ti andasse di... di venire a casa mia. Magari possiamo mangiare qualcosa- sai, qualcosa di più sano dei popcorn, e...» balbettò, sentendo che le parole gli mancavano.

«Sarebbe perfetto.»

Kurt sorrise e guidò fino a casa. Fece un bel respiro: il momento era arrivato. Blaine avrebbe visto per la prima volta casa sua e sapeva che non sarebbe stato così stupido da aspettarsi una villa, ma aveva paura di trovarlo... schifato. Aveva pulito con tale perizia che la Pillsbury avrebbe avuto il coraggio di leccare il pavimento. E se non era pulizia quella...

Però rimanevano i mobili di pessimo gusto, la mancanza di quadri che non fossero i suoi disegni di bambino, la cucina quasi spoglia e gli aloni sul muro dovuti all'umidità. Non era una bella casa, ma era casa e voleva condividere anche quello con il suo ragazzo.

Aprì la porta con le chiavi e accennò ad un debole: “ta-dan!” indicando l'entrata.

La prima impressione che ebbe Blaine appena entrato fu di una casa accogliente. Certo, riconosceva la scarsa qualità dei mobili e tutto il resto, ma sentiva anche il buon odore di pulito e, ancora più importante, sentiva l'odore di Kurt che aveva impregnato ogni centimetro cubo d'aria di quella casa. E questo per lui valeva più di ogni spray per l'ambiente.

«Allora, cosa vuoi mangiare?»

«Non saprei. Sei tu il salutista, cosa proponi?»

«Devo avere della minestra di broccoli da scaldare in microonde» disse, tamburellando l'indice sul labbro. Alla reazione di Blaine, Kurt rise: «Scherzavo, Blaine. Ti va della pasta? Me la cavo bene con il cibo italiano.»

«Qualsiasi cosa piuttosto della minestra di broccoli!» esclamò, raggiungendolo in cucina. Apparecchiarono la tavola solo per loro due e Kurt rise quando Blaine gli chiese dove fossero le candele.

«Ehi, se dobbiamo fare le cose per bene ci vogliono le candele» protestò il ragazzo, quando Kurt aprì il cassetto per passargliele.

«Come ho fatto ad innamorarmi di uno più romantico di me?» borbottò Kurt, accendendo il fornello. «Pensavo sarei finito con uno stronzo che si sarebbe dimenticato il mio compleanno e mi avrebbe fatto soffrire. E invece ho trovato te» disse. Blaine lo abbracciò da dietro, circondandogli il petto con le braccia e stringendolo a sé.

«E io pensavo avrei finito per sposare una ragazza scelta dai miei e sbavare dietro gli attori della televisione. E invece eccomi qui, ad apparecchiare la tavola per me e il mio ragazzo come un perfetto casalingo.»

«Ah, quindi saresti tu quello che sta a casa a badare ai figli» commentò Kurt, voltandosi e sollevando un sopracciglio.

«Ovviamente. Mentre il mio splendido e impegnatissimo marito andrebbe a presentare la sua ultima collezione autunno-inverno, io starei a casa e insegnerei ai nostri figli a giocare a football e a ballare la disco.»

«Ti sei giocato la possibilità di crescerli. Tu non influirai minimamente nei loro gusti musicali, mi hai capito, Blaine Anderson?»

«Allora vorrà dire che farò mettere a tutti loro il papillon. E alle bambine un fiocco di raso. O il papillon anche a loro, devo ancora decidere.»

«Però lasceresti a me il compito di fare le trecce, vero?»

«No! Non puoi prenderti la parte più bella!»

«Va bene, una treccia a testa. E poi potremmo cantare dei duetti per farli addormentare così non dovremmo litigare. Sai, una ninna nanna a canone.»

«Rigorosamente a cappella. Potrei chiamare tutti i Warblers e...»

«Blaine! Non possiamo far entrare venti ragazzi in divisa nella camera dei bambini ogni notte. E poi dove li metteremmo a dormire?»

«Hai ragione. Sarà una ninna nanna a due voci.»

«Due splendide voci.»

Kurt servì in tavola e si sedettero. Senza neppure rendersene conto si stavano già comportando come una coppia sposata. Una favolosa coppia sposata. Veniva loro così naturale comportarsi in quel modo che nessuno di loro aveva puntualizzato che avevano solo diciotto anni e che stavano insieme solo da tre mesi e che, tra l'altro, il matrimonio gay non era legale in Ohio.

Non importava finché erano solo loro due.

Mangiarono chiacchierando e ridendo, continuando a fantasticare sulla loro possibile vita insieme come se fosse l'unica vita possibile.

E poi, dopo che ebbero sparecchiato e messo i piatti nel lavello, Kurt disse ciò che Blaine aspettava da tutta la sera:

«Vuoi... vuoi vedere la mia camera?»

Ovviamente lo voleva. Per Blaine era come se Kurt avesse deciso di mettersi a nudo davanti a lui. Dovette scacciare dalla mente quell'ultimo pensiero per non trovarsi un imbarazzante problema nei pantaloni.

Seguì Kurt lungo il corridoio. Vide la prontezza con cui il ragazzo chiuse la porta di una camera.

«La camera di Finn» si giustificò. La quale ovviamente era un macello completo. «Questa è la mia» disse, indicando una porta alla quale era appeso un poster di Mulin Rouge.

Certo, pensò Blaine, questa non può che essere la sua stanza.

Dentro era esattamente come se l'era immaginata: semplice e ordinata, piena di poster di musical e con tutti i vestiti rigorosamente piegati o appesi a degli attaccapanni nell'armadio. Sul comodino notò alcune foto. Una con la sua famiglia, una con il Glee club e... e poi notò una foto più piccola delle altre senza cornice e appesa al muro. Era una foto di loro due scattata da Santana a tradimento una sera allo Scandals. La foto era male inquadrata e loro si stavano voltando in quel momento quindi i loro volti erano di tre quarti e leggermente mossi. I colori poi erano sfalsati dalle luci colorate del locale, di cui si vedevano in sottofondo due clienti intenti a pomiciare. Però c'erano loro e le loro mani si sfioravano da sopra il tavolino.

Kurt notò quella foto e arrossì: «Cavolo, me l'ero dimenticata» borbottò imbarazzato.

«E' bellissima.»

«Ma se sono orribile? Guarda che razza di capelli!»

«Sei bellissimo. Sei sempre bellissimo» disse, senza neppure pensarci. Gli uscì naturale e Kurt arrossì, se possibile, ancora di più.

Si avvicinò a lui e lo baciò, accarezzando le sue labbra con le proprie e poi insinuando lentamente la lingua. Con la mano gli accarezzò la guancia. Poi le mani lentamente cominciarono a scendere sul suo corpo e Kurt non lo fermò, anzi, lo avvolse con le proprie braccia, avvicinandolo ancora di più, premendo i loro corpi come fossero uno solo.

Quando Blaine sentì le mani di Kurt indugiare sulla sua camicia e cominciare a sbottonarla si staccò un secondo da lui e lo fissò negli occhi. Kurt si fermò, temendo di aver esagerato con la foga ma quando sentì le mani dell'altro fare lo stesso sul suo corpo proseguì. Gli sfilò la camicia e lasciò che Blaine facesse lo stesso con la sua maglietta. Poi, nella foga dei baci, caddero sul letto e fu allora che realizzarono davvero ciò che stava per accadere.

«Sta succedendo?» chiese Blaine.

Kurt annuì e poi aggiunse imbarazzato: «Nel cassetto ho tutto ciò che serve» Indicò il cassetto accanto al letto e Blaine si sporse per aprirlo. Dentro vi trovò del lubrificante e un pacchetto di preservativi. «S-stai tu sopra? Io con questo braccio non so se riuscirei, sai, insomma, a-»

Blaine annuì e sentì i la mani tremargli. Si morse le labbra imbarazzato: «Come ti ho già detto io non ho mai avuto un ragazzo e questa è la mia prima volta in tutti i sensi. Quindi se sbaglio qualcosa-»

«Beh, allora siamo in due» disse Kurt.

«Come?»

«Anche per me è la prima volta» ammise.

«Ma io pensavo che... insomma, Dave...»

«Siamo stati insieme qualche mese, ma non l'abbiamo mai fatto. Perché non lo amavo e non volevo semplicemente fare sesso. Volevo fare l'amore con la persona che amo. Come adesso.»

Blaine lo guardò, spalancando gli occhi e sentendo il respiro sparire. «Ti amo, Kurt. Ti amo da morire.»

«Ti amo anch'io» disse, accompagnando la sua testa fino alla sua per un altro bacio mentre con la mano libera gli sbottonava i pantaloni e glieli abbassava. Blaine si fermò per liberarsi dello scomodo indumento per dedicarsi ai jeans di Kurt: li afferrò insieme ai boxer e, facendogli alzare le gambe, li sfilò via, lasciando l'altro completamente nudo e scoperto.

Era bellissimo. L'aveva già visto seminudo agli spettacoli dello Scandals, ma questa volta era diverso. Questa volta non c'era una folla di vecchi intenti a sbavare alla vista di lui, né c'era la musica assordante o la puzza d'alcol. C'erano solo loro due e quel corpo, quella nudità completa e perfetta, era per lui e solo per lui.

Kurt distolse lo sguardo imbarazzato. Sulla sua pelle candida erano ancora visibili i segni delle percosse e il braccio ancora gli doleva se era costretto a sopportare del peso. Lo stesso valeva per Blaine, sul cui petto Kurt poteva ancora scorgere la cicatrice dell'intervento.

Kurt si sporse e baciò quel lembo di pelle, tremendamente vicino al suo cuore. Quando vi accostò le labbra poté sentire il suo battito accelerare e sorrise contro il suo petto. Con lui non si vergognava neppure degli ematomi sul suo corpo perché sapevano entrambi come se li erano procurati: per difendere se stessi, per difendere l'altro e per difendere ciò che avevano che era intoccabile ed inviolabile.

Scivolò con le mani lungo i fianchi di Blaine, abbassandogli i boxer.

Entrambi sapevano cosa fare. Entrambi avevano ricevuto un minimo di educazione teorica – e né Santana né Sebastian erano stati avari di particolari – ma nessuno di loro sapeva come comportarsi. Ogni gesto poteva essere quello sbagliato, poteva rovinare tutto e rompere la magia.

Blaine aprì il lubrificante e con le dita tremanti se ne versò un po' sulla mano e si avvicinò all'altro, accarezzando appena la sua apertura e facendovi scivolare il primo dito.

Sentì Kurt irrigidirsi e inarcare la schiena.

«Va tutto bene, io-»

«Calmati. Va- va tutto bene» lo rassicurò, baciandolo. «E' solo... strano. Ma strano in modo positivo. È tutto nuovo.»

Cominciò a muovere lentamente il dito finché non sentì l'altro rilassarsi e solo allora osò inserire il secondo. Questa volta la reazione fu più rumorosa e Kurt si lasciò sfuggire un gemito. La vista di quell'essere perfetto che si inarcava e gemeva per lui fece rabbrividire Blaine.

«Continua» lo esortò e l'altro proseguì allargando le dita dentro di lui ed inserendo il terzo e ultimo dito. Cercò di entrare in profondità fino a sfiorare quel punto intimo e profondo che fece gemere l'altro senza ritegno.

A quel punto non riuscì più a trattenersi. Sfilò le dita e sussurrò all'altro:

«Sei pronto?»

L'altro annuì, sorridendo.

Blaine fece per aprire il preservativo, ma Kurt lo fermò: «E' la prima volta per entrambi. Possiamo... possiamo fare senza? Almeno la prima volta voglio... sentirti.»

Blaine annuì, gettando da parte la bustina e prendendo di nuovo il lubrificante. Se ne spalmò abbondantemente e poi si avvicinò tremante all'entrata dell'altro.

«Se fa male, tu fermami o dimmi-»

«Blaine!» esclamò. «Io mi fido di te, hai capito? So che non mi faresti mai male e so che con te sarà fantastico. Mi fido ciecamente di te come non mi sono mai fidato di nessun altro. Quindi, per favore, fidati di te stesso.»

Erano le parole che servivano a Blaine per perdere ogni timore.

Si spinse dentro e Kurt si aggrappò totalmente alla sua schiena, affondandovi le dita e gemendo per il dolore al braccio che non era ancora andato via. Blaine, dal canto suo, dovette trattenersi per non lamentarsi: anche le sue ferite non si erano ancora riparate del tutto.

Tutto andò come doveva andare, sebbene alcune ferite ancora dolessero e rendessero i loro movimenti più lenti e calibrati.

Blaine ripensò alle parole di Sebastian riguardo al sesso: era vero, non si trovavano in un letto a baldacchino, né c'erano candele d'atmosfera, più che di dolci sussurri l'aria era impregnata di gemiti e il tutto fu un tantino rude, soprattutto tenendo conto dell'inesperienza di entrambi. Ma fu indimenticabile.

Non erano solo i loro corpi ad essere vicini, erano loro stessi che per la prima volta mettevano completamente a nudo la loro anima uno davanti all'altro senza più timori né vergogna.

Blaine scivolò lentamente fuori dal corpo dell'altro e lo abbracciò stretto, quasi temesse che fuggisse.

Kurt gli baciò la fronte sudata, sorridendo contro la sua pelle.

«Ti amo» sussurrò.

Blaine affondò il viso nell'incavo del collo dell'altro, respirando a pieni polmoni la sua essenza: «Ti amo anch'io.»

Si accoccolarono sul letto e chiusero gli occhi, respirando piano. Non seppero dire quanto rimasero così a guardarsi ed accarezzarsi, senza fretta e senza timore. Erano quasi sul punto di addormentarsi, ancora stretti l'uno all'altro, quando il cellulare di Blaine squillò e loro – seppure a malincuore – si divisero.

Blaine sentì la voce di Rachel gridare dall'apparecchio: «Siamo a New York. NEW YORK BLAINE! Ci credi? E' fantastico, oh mio Dio, è tutto meraviglioso qui e...»

«Mi fa piacere sentire il tuo entusiasmo, Rachel, ma non potremmo riparlarne domani mattina? Magari ora vai a letto a farti una dormita, per dire. Sarai esausta per il viaggio e tutto il resto.»

«Sono euforica, altro che esausta! Tu, piuttosto, mi sembri uno che ha appena corso una maratona» gridò all'apparecchio. «Passami Cooper, devo chiedergli una cosa.»

«Cooper non c'è.»

«Come no? E' uscito lasciandoti da solo in casa? Ma per favore, scommetto che è lì sul divano e non ha voglia di alzarsi a rispondere. Dai, passamelo.»

«Rachel, non sono a casa di Cooper!»

«Scusa, sentivo silenzio, pensavo fossi già tornato a casa.» Blaine poté sentire chiaramente la voce di Finn dall'altra parte del telefono borbottare qualcosa alla sorella. Poi sentì Rachel mormorare un “oh”. «Okay, sei a casa di Finn e Kurt, vero?»

«Precisamente.»

«E ho chiamato in un momento poco opportuno.»

«Molto poco opportuno.»

«Oh. Oh. Oh mio Dio, voi avete- cioè tu hai-»

«Buona notte, Rachel, a domani.»

«Buona notte anche a te. E salutami anche Kurt.»

«Non preoccuparti, lo farò» chiuse la chiamata e si gettò di nuovo sul letto.

«Temo che la prima cosa che farà sarà chiamare Cooper per dirglielo» disse Blaine «il quale non aspetterà neppure un attimo per chiamare e farsi gli affari nostri.» Sbuffò, mettendo il broncio: «Scusa, ho dei fratelli imbarazzanti.»

Kurt ridacchiò: «Non sono imbarazzanti. Un po' invadenti, forse. Esuberanti, senza dubbio. Ma tengono molto a te, questo si può vedere.»

Blaine sorrise di rimando, poi spense il cellulare e lo ripose sul comodino: «Così non potremo essere interrotti di nuovo.»

Kurt si stese affianco a lui, facendo sfiorare i loro baci: «Il mio l'ho già spento. Così Finn non può seccarci.»

«Eccellente» disse Blaine. «Vedo che ti sei svegliato per bene. Che ne dici di-»

«Secondo giro?»

«Questa volta invertendo le parti?»

«Ma il mio braccio-»

«In qualche modo faremo. Ti fidi di me, no?»

«L'ho già detto che ti amo?» chiese Kurt sollevandosi sulle ginocchia per poi mettersi a cavalcioni su di lui.

«Ripetilo ancora.»

«Ti amo.»

Per loro quella fu una lunga, lunghissima notte.




Ma fu solo una notte, cui ne seguirono tante altre.

Altrettanto belle, altrettanto romantiche, ma mai uguali a quella in cui per la prima volta si erano completamente lasciati andare – anima e corpo – l'uno con l'altro.

La sera successiva era stato tutto più facile e naturale: scivolare nello stesso letto, spogliarsi senza che le mani tremassero, percorrere con le labbra il corpo dell'altro senza pudore, sussurrarsi “ti amo” con la certezza di ricevere come risposta “ti amo anch'io”.

L'essere interrotti dallo squillo del telefono e dalla voce prorompente di Rachel che gridava “Abbiamo vinto! Abbiamo vinto le Nazionali!” non aveva impedito loro di recuperare in pochi minuti l'atmosfera infranta.

Le settimane successive erano state dure: Blaine aveva dato gli ultimi esami e Finn come lui non aveva smesso un secondo di studiare per riuscire a conquistare l'agognato diploma.

Kurt si era ormai ambientato nel nuovo lavoro e cominciava a pensare al futuro, a cosa fare della sua vita di lì a qualche anno. Aveva tanti sogni in testa e poche idee per realizzarli ma al come ci avrebbe pensato più in là, con l'aiuto dei suoi amici e del suo ragazzo.

Di lì ad un mese Blaine e Finn si diplomarono e, il giorno dopo della cerimonia, Finn cominciò a lavorare a tempo pieno nell'officina che un tempo era stata di loro padre, mentre Blaine cominciò a cercare la lista dei migliori college in Ohio.

Davanti a loro si apriva la prospettiva di un'estate fantastica perché l'avrebbero passata insieme.

Avrebbero mentito se avessero detto che l'idea di settembre non li spaventava.

Passarono l'estate intera a temere il giorno in cui Blaine sarebbe partito per il college.

Sarebbe stata dura, lo sapevano. Non avrebbero potuto vedersi tutti i giorni, ma avrebbero avuto tutti i weekend e le vacanze e le festività e talvolta Kurt avrebbe potuto andare a trovarlo e rimanere a dormire da lui o Blaine avrebbe potuto tornare per una sera o due e fermarsi.

Sarebbe stata dura anche per mille altri motivi, lo sapevano, ma erano tre anni di college e poi le cosa sarebbero potute cambiare. Kurt avrebbe potuto trasferirsi o Blaine avrebbe potuto fare il pendolare. C'erano mille opportunità, mille modi per farcela e loro erano decisi a tentarli tutti.

Avrebbero affrontato il futuro, qualsiasi cosa esso avesse comportato.

Avevano l'uno l'altro. E poi avevano i loro fratelli e Santana e i Warbler e le New Direction (e in fondo anche Dave e Sebastian, che avevano preso l'abitudine di trovarsi il venerdì sera allo Scandals a bere birra e lamentarsi di quanto esile e per nulla sexy fosse il nuovo sostituto di Kurt).

Quando Kurt si fermava a pensare a com'era cambiata la sua situazione da gennaio ad ora non poteva che sorridere.

Poteva affermare serenamente che quello, per Kurt Hummel, era stato un anno davvero niente male.

Forse il primo di una lunga serie.




A/N


E questo era l'ultimo capitolo.

Calma, calma, c'è anche l'epilogo. L'ho promesso e arriverà (martedì) e spero non vi deluderà.


Ho cercato di andarci “piano” con la scena della prima volta perché sono convinta che scrivere una smut seria su un momento romantico e intimo come appunto la prima volta sia... dissacrante. In testa ho centinaia di scene smut fra quei due e prima o poi le metterò su carta e poi su efp, ma la prima volta è... è solo loro, ecco.


Rimando i ringraziamenti e le conclusioni nostalgiche all'epilogo!

A martedì per l'ultimo aggiornamento * scappa via piangendo *


yu_gin



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Erano passati sette anni.

   
 
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