Una nuvola di capelli biondi quasi bianchi.
Sotto una faccina che spunta, un nasino all'insù, due occhietti azzurri quasi grigi - pezzi di cielo sotto le nuvole. Due guanciotte sporche di colore, la bocca corrucciata in un'espressione buffissima. Le manine si protendono verso di me, me le mostra, mi fa vedere quanto sono colorate, anche quelle. Poi sorride, gli occhi che brillano, lei che brilla in un arcobaleno di colori.
"La pittura va sul foglio, non sulla tua faccia, Taylor.", le dico.
Lei ride una risata sdentata.
Poi riprende a 'dipingere'. Passa le dita sui tubetti di tempera, sceglie il bianco, ha i pennelli proprio lì vicino ma li scarta subito. E' più divertente usare direttamente le mani, certo.
Ha già riempito fogli su fogli di manate colorate, bianco verde giallo rosso blu, gli stessi colori che ha sulle mani.
Ora una nuova impresa: pretende di colorare un foglio bianco con la tempera bianca.
Bianco su bianco. Come può pretendere.
Passa le dita sul foglio, è tutta concentrata, la testolina piegata, e chissà cosa sta disegnando.
Dopo qualche minuto ha finito, mi porta a vedere il suo capolavoro e mi guarda tutta soddisfatta.
Un foglio bianco.
"Cos'è, Taylor?"
"Una pecora invisibile!"
"Bravissima."
"...bravissima, canti proprio bene!"
Sì ferma un attimo, lì nella sua tutina rosa, poi riprende a girare. E a cantare. E' una canzone di cui non conosce bene le parole, ma lei va avanti, è tutta presa, si diverte, con la sua vocettina e la testa che le gira, e ormai non ce la fa più, si butta sulla poltrona di pelle con quel suo corpicino, e ride.
Quella è stata la prima volta in cui mi ricordo di aver pensato: Potrebbe fare la cantante, da grande.
L'avevo visto lì, insieme a tutti gli altri futuri che avrebbe potuto avere. Non so dire se avessi già visto tutto questo, tutto quello che poi è stato, forse solo una piccola scintilla.
Ma sapevo che qualsiasi cosa sarebbe diventata, lei sarebbe rimasta bella com'era in quel momento, con quella luce e quello sguardo intelligente. Sarebbe diventata qualcosa di davvero, davvero bello. Non importa cosa.
"Guarda in che condizioni ti sei ridotta, signorina. Hai finito di fare la trottola? Vieni, andiamo a dare un senso a questi capelli."
"...cos'hai nei capelli?"
"Ragni."
"Ahahah... non sono ragni, cosa sono quelli?"
"Codini."
"Sì, codini! Sei bellissima oggi, signorina Taylor."
"Grazie."
"Prego."
"Grazie, grazie..."
"Prego, tesoro."
"Cosa fai, mamma?"
"Prego, tesoro."
"E cosa dici a Dio?"
"Gli dico grazie."
"Perché?"
"Per te."
"Per te."
Guarda in su verso di me, mi porge un fiore giallo mentre sfodera uno dei suoi sorrisoni.
Non posso fare a meno di ridere.
"Oh, ma grazie, è una primula!"
Non so dove abbia trovato un fiore, in questo terreno duro e quest'aria fredda che la primavera ancora non l'ha vista.
"Vieni qui, dammi un bacio. Eh? Me lo dai anche un bacio?"
Inizia a ridere e correre, un pulcino dentro un giaccone imbottito, spuntano solo le gambette secche e qualche ciuffo di capelli.
Va anche veloce, corricchia sui suoi piccoli piedini, ma i suoi mille passetti equivalgono ad un passo mio. Per questo riesco a raggiungerla dopo poco, le acciuffo quel pon pon che ha sul cappellino e lei fa finta di non riuscire più ad andare avanti. Si dimena, ma non scappa.
Poi si arrende del tutto, ha perso, ma non era che un gioco, e alla fine arriva quel suo piccolo bacetto sulla mia guancia, me lo sono guadagnato.
"Grazie."
"Nieeeeente!"
"Dài, che dici, torniamo a casa?"
"Mhm-mhm."
La prendo per mano, ma lei rimane un po' indietro sui suoi passetti stanchi, mi abbraccia una gamba.
La prendo in braccio, poco dopo si addormenta; e arriviamo a casa così, passo dopo passo, mentre il cielo si fa dorato di tramonto.