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Autore: Kim WinterNight    21/07/2012    2 recensioni
Allora, premetto che ero titubante all'idea di pubblicare questa mia bacata produzione, ma mi sono detta che si può sempre provare, c'è sempre qualcuno che potrebbe apprezzare.
Detto questo, vi anticipo subito che i protagonisti saranno componenti di diverse band che amo, che si raggruppano in un'unica formazione chiamata 'Faithless' e che, tendenzialmente, non c'entrano niente gli uni con gli altri. In più, fanno parte del gruppo anche un artista italiano che proprio ci sta a fare come i cavoli a merenda, per intenderci, e una comune ragazza con un passato difficile.
Be', spero di avervi incuriosito.
Allora, leggete e ditemi cosa ne pensate, perché mi piacerebbe capire se sono completamente pazza oppure no, a scrivere certe cose!!!!
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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24

 

 

“Ma che…” cominciò a dire Michele.

Gli lanciai un’occhiata e lui si zittì.

“Ragazzi, vi dispiace se vado a parlargli?” chiesi, cercando di non lasciar trapelare emozioni.

Joey e Serj mi osservarono, annuendo comprensivi, mentre il resto della band non fece obiezioni.

Mi diressi verso l’uscita ma mi sentii afferrare per il polso.

“Liz” disse Michele.

Mi ritrassi dalla sua presa e mi voltai a guardarlo. “Sì?”

Non disse nulla.

Continuai a fissarlo interrogativa, chiedendomi cosa avesse in mente di dirmi. Tuttavia non gli chiesi ulteriori spiegazioni e ripresi a camminare, lasciandolo dov’era.

Non appena misi piede fuori dalla saletta, sospirai. Matt non poteva essersene andato, doveva per forza trovarsi sulla terrazza. La raggiunsi di corsa e mi bloccai sulla soglia.

Lui era là, accasciato sul pavimento, mentre quell’espressione triste che gli avevo visto poco prima non voleva saperne di abbandonare il suo viso, invaso dalle ombre che il sole gli proiettava addosso. Teneva le gambe incrociate, la schiena premuta contro il parapetto di cemento, i palmi delle mani premuti a terra e i capelli mossi dal vento.

Mi sentii quasi male mentre mi rendevo conto di quanto fosse bello.

E di quanto soffrisse.

E di quanto lo desiderassi.

E di quanto stessi sbagliando.

Scossi impercettibilmente il capo e mi avvicinai a passo lento alla sua figura.

Rimase immobile nonostante si fosse accorto della mia presenza, poiché mi aveva lanciato una breve occhiata, come per accertarsi che fossi sola o che fossi io e nessun altro.

Mi fermai davanti a lui e rimasi in piedi con lo sguardo puntato a terra.

Matt mi afferrò la mano che tenevo abbandonata lungo il fianco e quel gesto mi riscosse, procurandomi un profondo brivido lungo la schiena.

“Scusa” mormorò.

Presi a fissare le sue dita che stringevano le mie, mentre con il pollice mi accarezzava delicatamente la pelle del dorso.

Mi abbandonai in ginocchio di fronte a lui e sentii che non ero più in grado di fingere, non con lui.

Matt finalmente mi guardò negli occhi.

E io mi sentii morire.

Non volevo sopportare tutto il dolore che dai suoi occhi mi trapassava l’anima, eppure rimasi incantata a fissare le sue iridi di ghiaccio, ghiaccio liquido, ghiaccio freddo, ghiaccio spento.

Che mi raggelò il sangue nelle vene.

“Oh, Matt, non…” Fui incapace di aggiungere altro.

Era strano come i suoi occhi fossero capaci di esprimere così tante emozioni, di inondarmi di tutta la sofferenza che provava lui, di farmi sentire come se anche io dovessi subire quello che stava subendo lui a causa mia.

“Va’ da Mick” ordinò, con tono piatto.

“N-no” balbettai, stringendogli forte la mano.

“E’ giusto che sia così.”

“Ma non è quello che voglio” dichiarai, per poi afferrargli anche l’altra mano e avvicinarmela alla guancia. Me la posai sulle labbra. “Matt.”

“Liz, noi non possiamo stare insieme, lo hai detto anche tu.”

“Mi sbagliavo!” sbottai.

“No, non è così. Hai idea di cosa manderesti a monte scegliendomi?” domandò, serio.

Lasciai andare le sue mani e mi misi a sedere accanto a lui. “Non m’importa.”

“Non dire stronzate” mi rimproverò, rimanendo immobile a fissare il punto in cui mi trovavo poco prima.

“Stammi a sentire!”

Il chitarrista si voltò di scatto e i suoi occhi incontrarono i miei.

“Non so cosa sia successo. So soltanto che da quando ci siamo baciati non ho fatto altro che pensare a te. Cosa posso farci, eh?”

Scosse il capo. “Potrebbe essere semplicemente una sbandata, Liz.”

“U-una… ma che dici, io…”

“Sai che c’è?” Matt si alzò e mi osservò dall’alto in basso. “Sei soltanto un’egoista.”

Mi sentii sprofondare nel pavimento, come se qualcuno stesse scavando una voragine in cui rinchiudermi per sempre e impedirmi di riemergere.

Matt proseguì senza togliermi gli occhi di dosso: “Può essere che ora tu ti senta attratta da me. Ma cosa succederà quando capirai di aver sbagliato tutto? Cosa farai quando la tua parte razionale ti farà intendere che la tua vita dev’essere con Mick e non con me?”

Non dissi niente e abbassai lo sguardo sulle mie mani, vergognandomi terribilmente soltanto per il fatto di esistere.

“Pensaci bene prima di venire da me e illudermi ancora” lo sentii dire.

Poi udii i suoi passi. Se ne stava andando.

Balzai in piedi, come risvegliata da un lungo letargo, e lo raggiunsi, abbracciandolo da dietro. “Non te ne andare, ti prego!” lo supplicai, mentre avvertivo le lacrime pungermi gli occhi. Le ricacciai indietro e mi costrinsi ad essere forte. Non potevo piangere proprio ora, ora che Matt mi avrebbe abbandonato per sempre al mio destino e alla mia confusione.

Mi sentivo proprio un’adolescente in piena crisi. E forse non ero altro che questo. Durante il liceo ero stata troppo occupata a studiare e a sopportare di vivere con un padre che mi odiava, per preoccuparmi di vivere gli anni in cui si scoprono nuove emozioni, in cui si comincia ad avere le prime cotte, le prime delusioni. Così, ora mi ritrovavo a vivere le incertezze tipiche di quell’età, con la complicazione che avevo venticinque anni e avevo a che fare con persone adulte, persone che provavano sentimenti intensi e puri, persone che non stavo facendo altro che ferire a causa della mia immaturità.

Lasciai andare Matt e abbandonai le braccia lungo i fianchi.

Lui non aggiunse altro e se ne andò.

Affranta, mi andai a sedere dov’era stato lui precedentemente e mi raggomitolai con le ginocchia al petto e la testa affondata tra le mani. Ero sbagliata, per me non c’era posto in un mondo in cui tutti erano già cresciuti, in cui tutti sapevano cosa volevano dalla vita, sapevano chi amare.

Io non lo sapevo e non avevo idea di cosa significasse rendere felice qualcuno. Forse perché nessuno aveva mai reso felice me.

Un rumore proveniente dalla porta che dava sulla terrazza mi fece sollevare il viso rigato di lacrime.

Michele stava in piedi sulla soglia e mi sorrideva debolmente, finché non si accorse che piangevo e la sua espressione si fece preoccupata.

A passo veloce si diresse nella mia direzione. “Cosa ti ha fatto? Matt…” Fece per accarezzarmi i capelli ma mi ritrassi.

“Niente, non ha fatto niente! Smettila di prendertela con lui una buona volta!” gridai, trafiggendolo con gli occhi.

Lui indietreggiò, ritirando la mano. “Liz…”

“E’ tutta colpa mia ti dico! Quando siamo usciti, sabato, l’ho baciato! E sì, ho rovinato tutto, lo so! E sì, so anche di essere egoista e immatura, ma questa sono io Mick! Ti sei innamorato della persona sbagliata!”

Michele impallidì.

“Non ti azzardare a torcere un capello a Matt, lui non c’entra, ti ripeto! Se c’è qualcuno con cui prendersela”, mi alzai e piantai i miei occhi sui suoi, “quel qualcuno sono io!”

Il bassista continuava a rimanere immobile a fissarmi con sguardo inespressivo.

“Ho deciso che tornerò in Italia, lasciare i Faithless è la cosa più giusta che io possa fare. A Londra non c’è più posto per me e forse non c’è mai stato.”

Senza preoccuparmi di aspettare una sua reazione, lo superai e raggiunsi la soglia.

“Spero vorrai dirlo tu ai ragazzi” dissi e me ne andai di corsa.

Dovevo raggiungere casa Jordison prima che a qualcuno venisse in mente di seguirmi e levare le tende il più velocemente possibile.

  
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