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Autore: Ashes Eye    21/07/2012    2 recensioni
Ogni notte, quando si svegliava di soprassalto a causa degli incubi, andava al cimitero a parlare con la lapide nera e scura, sotto la quale giaceva Holmes.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John rimase immobile qualche minuto sull’erba cercando di chiarirsi le idee, ma ogni volta che davanti agli occhi ritornava l’immagine di Sherlock disteso sul marciapiede il suo stomaco si rivoltava e il cuore pulsava sempre più forte. Aveva passato tutto questo tempo a cercare di dimenticare che ormai ricordare diventava sempre più doloroso. Quando, regolando il respiro, riuscì a calmarsi, alzò lo sguardo e davanti a sé c’era ancora Sherlock. Questa volta stava camminando mentre con la mano sinistra si massaggiava la guancia, e con la destra teneva il cappello che faceva sbattere contro il suo ginocchio al ritmo dei passi. Quando si accorse di essere osservato si voltò verso John e con incertezza gli domandò: «Vuoi una mano? Ad alzarti?» e come risposta ottenne un secco «No. Sto bene.» Era una bugia bella e grossa, ma John si alzò ugualmente e con voce strozzata riuscì a dire: «Capisci che mi hai obbligato a seppellirti?» Sherlock, che ancora camminava, si bloccò e senza voltarsi rispose con voce bassa: «Lo so, John, io…» Ma il dottore lo interruppe di nuovo continuando: «Ho dovuto seppellire molti amici durante la guerra. E ora tu mi hai costretto a rifarlo! Hai idea di quanto stia soffrendo Sherlock?» Holmes lo guardò dritto negli occhi e senza rispondere alla domanda disse: «Per come lo stai dicendo sembra che io l’abbia voluto. Se non l’avessi fatto sarei stato io a dover seppellire te! »

A quelle parole seguì un gesto che prese John di sprovvista. Sherlock balzò in avanti e afferrò l’amico per le spalle e senza distogliere lo sguardo sibilò con rabbia e frustrazione: «L’ho fato per proteggervi John! Tu, la Signora Hudson e Lestrade! I suoi uomini erano lì, pronti ad uccidervi! A meno che non fossi morto io per primo! Non dovresti odiarmi, ma ringraziarmi!» Terminò lasciandolo andare e sistemandogli la giacca. «Ringraziarti?» Tuonò John colpendo Sherlock sulle braccia che ancora sistemavano la sua giacca. «Ringraziarti per avermi fatto impazzire? Per avermi costretto a riempirmi di antidepressivi? Bhè, grazie brutto grande stronzo!» Sherlock scosse la testa e respirò profondamente. Poi disse: «No John. Grazie per averti fatto rimanere vivo!» Un’amara risata uscì dalla bocca di John che subito si fece serio e replicò: «Avrei preferito morire che passare tre mesi credendoti morto!»

Entrambi passarono qualche minuto in silenzio a guardarsi di sottecchi mentre pensavano a cosa dire. Sherlock sapeva bene cosa avrebbe dovuto dire, ma per la prima volta in tutta la sua vita, si tratteneva dal farlo. Non avrebbe voluto provocare un’altra reazione di rabbia da parte di John, ma la cosa era troppo importante, e non avrebbe aspettato oltre: «Irene me l’aveva detto» disse senza guardare Watson che invece era rimasto a bocca aperta «Sì John, Irene è viva. Nascosta in Croazia, proprio come ho fatto io tutto questo tempo. Il punto John, è che lei mi ha detto che tu provavi per me un sentimento più forte della comune amicizia…» Sherlock si interruppe guardando lentamente l’amico che, con faccia confusa disse: «E…e questo cosa c’entra?» Come Holmes si aspettava non ci fu smentita quindi aggiunse: «Allora è vero. Mi dispiace John, davvero, ma dovrò spezzarti il cuore un’altra volta. Irene…ecco…lei è incinta.»

John, convinto che fosse uno scherzo, disse ridendo: «Se stai cercando di farmi calmare Sherlock, ti assicuro che ci sei quasi! Dai, non è possibile! Tu non provi quel genere di sentimenti!» e Holmes rispose: «No, hai ragione. Non provo amore, ma attrazione sessuale sì. E’ stato un errore. Lei dice di amarmi John! Ma io, io non so cosa significhi! Io non provo niente! Nulla!» E scandendo le ultime parole si passò una mano tra i capelli, facendola poi scorrere su tutto il viso e fermandola sulla bocca. Aveva gli occhi chiusi e stava appoggiato ad un albero come per sostenersi, l’altra mano teneva ancora il cappello beige ed era immobile. John allora gli si avvicinò e, come se niente fosse successo prima di allora, gli mise una mano sulla spalla e sussurrò: «Non preoccuparti. E’ davvero una brutta situazione, ma puoi contare su di me.» Non era da John mentire, ma per Sherlock provava davvero qualcosa di molto forte, e non l’avrebbe lasciato andare di nuovo. Piuttosto sarebbe morto, fisicamente. Perché in quel momento la sua anima era frantumata in migliaia di pezzi.
   
 
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