L'estate era arrivata, come tutti gli anni, a lacerare l'erba dei prati e a far avvizzire i fiori del piccolo giardino recintato. L'asfalto della strada esalava calore a ondate torride, facendo avere un'impressione di soffocamento ai passanti frettolosi, che nel caldo primo pomeriggio erano assai pochi. Il sole splendeva in un cielo chiazzato da bianche nuvolette che sembravano soffici ripiani di zucchero. L'aria era sonnacchiosa, ma due ragazzini vispi vispi erano ben svegli, seduti a terra, all'ombra.
Non potevano essere più diversi. L'uno, dai capelli ben pettinati, color oro, e grandi occhioni azzurri, velati di gioventù e curiosità. L'altro, dai spettinatissimi capelli corvini. Tra le ciocche color ebano si intravedevano due occhietti vispi, color bottiglia.
“Al, lo sai che nonno Xenophilius si è messo ad allevare pulcini? Sono cooosì carini, ne ho preso uno per fartelo vedere! Dovrebbe averlo mamma in mano.”
“Davvero Lorc? Allora andiamo, lo faremo giocare con noi!”
“Sì!”
Il pulcino, lasciato beatamente ai fatti suoi sul tavolino del salotto, continuava a guardarsi attorno in un turbinio di piumattole giallastre. Lo presero senza troppi complimenti e lo portarono fuori, sull'erba avvizzita di casa Potter.
Il giallo esserino sembrò molto turbato, ma Al, in un eccesso di amore per gli animali, gli diede un bacetto sulla testa. Lorcan aprì la bocca in una smorfia di disgusto che Albus non si fece scappare.
“Che c'è?”
“Hai baciato un pulcino!”
“E allora? E' così carino! L'hai detto anche tu.”
“Allora anche io sono carino.”
“Perché?”
“Lui è biondo come me. Però a me non mi baci!”
E Scamander, senza neanche pensarci, poggiò le labbra carnose su quelle sottili di Potter.
“Ecco. Era come un ti voglio bene.”
Al non dimenticò mai il sapore di quelle labbra. E ogni volta che ci pensa, ringrazia il pulcino.