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Autore: blackwizard    23/07/2012    0 recensioni
"...un calore pervase prepotentemente il suo corpo. Una delicata felicità, screziata leggermente da una fiammeggiante sensazione di onnipotenza, si impadronì di lei. Mille scintille rosse sprizzarono dalla bacchetta, ricaddero lentamente, come una pioggia, sulla ragazzina, l’avvolsero, quasi volessero stringerla in un abbraccio; poi danzarono un poco a mezz’aria e svanirono."
Bellatrix Lestrange ha un rapporto speciale con la sua bacchetta.
La disperazione provocata dalla caduta del Signore Oscuro arriva quasi a distruggere la sua vita.
Solo il ferreo rapporto che aveva instaurato con la bacchetta di noce le permette di superare il momento e di mettersi sulle tracce dell'ormai sconfitto Lord Voldemort.
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Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Noce, 12 pollici e ¾, corda di cuore di drago, rigida.

Era una notte estremamente buia e gelida.
Le grigie e imponenti pareti di pietra massiccia avrebbero facilmente riscaldato e illuminato soffusamente la sfarzosa stanza da letto, se, nel camino, incastonato nel muro di fronte all’enorme letto a baldacchino, fosse stato acceso un bel fuoco scoppiettante.
Bellatrix Lestrange non pensava a nulla di tutto ciò, quando, vestita di una sola leggera vestaglia bianca, appoggiata la schiena allo stipite della robusta finestra spalancata, faceva assaporare alla sua tenera pelle il freddo pungente. Teneva gli occhi chiusi; un’espressione di gioia le comparve sul volto, languida. Dischiuse le labbra e sul suo viso si dipinse un’inconfondibile sorriso, leggero. Non si può dire che fosse abbozzato, tanta perfezione stilistica si riversava in quel sorriso; non era il solito ghigno deforme, che troppo spesso compariva su quel volto e che, nel migliore dei casi, precedeva un omicidio rapido e indolore; era il dolce sorriso dell’innamorato, che, sospirando un poco, sogna l’oggetto del proprio amore.
Da giorni la donna non faceva che stare nella sua stanza a piangere e urlare di dolore, fino a rimanere stremata, senza lacrime e con la gola dolorante.

Rodulphus era spaventato. Ascoltava, in timoroso silenzio, i deliri della moglie; non osava avvicinarsi alla grande porta della camera da letto, per evitare di scatenare l’implacabile e spietata ira della donna distrutta. Per i primi giorni, l’uomo, pur essendo forte e robusto, fu così spaventato dallo stato emotivo della consorte da rimanere immobile, seduto rigidamente sul divano nero di pelle, al piano di sotto, in salotto; saldamente stringeva (stritolava quasi) la sua bacchetta, che a tratti sbuffava nervosa; fissava con occhi terribilmente spalancati la scala, da cui, immaginava, sarebbe potuta scendere Bellatrix da un momento all’altro, per riversare rabbia e tristezza su di lui, servendosi di una serie
infinita di oscure maledizioni, ignote a qualsiasi mago ordinario.

Ormai non scendeva dal giorno in cui Lui era scomparso. Il Signore Oscuro, in circostanze misteriose, era caduto. Era stato sconfitto. Era morto, forse.
Rodulphus aveva provato una sensazione di rabbia mista a sollievo. La caduta del più grande mago oscuro di tutti i tempi costituiva per Rodulphus la fine di ogni sogno di gloria, ma contemporaneamente il rischio di venire torturato o ucciso, anche per il più piccolo degli errori, era svanito. Poteva confrontarsi con i suoi pari; nessuno aveva più il diritto di dargli ordini. Era libero.
Bellatrix reagì in modo terribile. I mangiamorte, che quella sera erano con lei, abbattuti dalla notizia sconvolgente, dovettero controllare con la magia la terribile reazione della donna. Lucius Malfoy dovette scagliare rapidamente un potente incantesimo di difesa, per non essere assalito dalla furia cieca che si era impadronita della strega. Era una bestia ferita, un corpo vuoto eccetto che per quell’enorme quantità di rabbia che la infiammava tutta, che la colmava, non lasciando spazio ad altro, in lei. Il gruppo riuscì a stento a confinarla nella sua stanza; e lì ella si costrinse ad un severo esilio, fino a quel momento. Alla finestra qualcosa, in lei, mutò improvvisamente.

Presa da un nuovo vigore, aprì l’immenso armadio nero, che si stagliava di fronte alla grande finestra, e ne estrasse una meravigliosa veste verde smeraldo; lo fece con la medesima delicatezza attenta, che una madre ripone in una carezza destinata al proprio figlio: adorava quell’abito splendido, e riservava quel morbido tessuto, con i suoi precisi ricami argento, unicamente al Signore Oscuro. La clausola era chiara: sarebbe stato indossato solo in presenza del Signore Oscuro, ma stabilì che quella notte era necessario ricoprirsi di quel capo, di quel simbolo di devozione assoluta. Dunque si vestì.
Il suo corpo fu attraversato da un fremito quando, completamente vestita e pronta per uscire dalla stanza, la notò: la sua bacchetta era lì, adagiata sul comò, con aspetto solenne. Sembrava attenderla; la strega non la prese subito, in un primo momento si limitò a contemplarla. Constatò che era l’oggetto che più amava al mondo: era un’estensione estremamente potente del suo corpo e sembrava capirla; spesso ebbe l’impressione di apprendere da lei, quasi come se l’oggetto la stimolasse a conoscere di più, a dare di più. Il rapporto simbiotico, poi, si completava alla perfezione quando la bacchetta mostrava un potere straordinario. Non l’aveva mai dominata come uno strumento; lei era sempre stata entusiasta di eseguire gli ordini, come serva fedele, esaltata, fiera di accompagnare le azioni di una donna tanto talentuosa.
La carezzevole fermezza con cui ebbe la cura di prendere con sé la bacchetta, superò persino la dolcezza con cui poco prima aveva estratto il vestito verde e argento dall’armadio. Scese rapidamente le scale.
Tre uomini discutevano con voce sommessa in salotto; sobbalzarono quando Bellatrix si presentò nella stanza: il suo volto visibilmente rilassato, si era fatto più serio. Cancellò freddamente l’infantile espressione di estrema felicità, che, soltanto poco prima, aveva voluto condividere esclusivamente con se stessa e con la sua bacchetta.
Rodulphus, stanco di restare solo e ansioso per il comportamento della moglie, aveva contattato il fratello Rabastan, il quale, accorrendo, si era trascinato dietro un giovane, dai capelli color paglia e dall’espressione a tratti maniacalmente esaltata.
Un silenzio particolare era calato sui quattro. Qualcosa era cambiato, si capiva. I tre uomini, tesi, attendevano che la donna iniziasse a parlare. Probabilmente Bellatrix considerò che nessun discorso solenne e forbito, nessuna chiara e semplice spiegazione fosse più esauriente del secco ‘seguitemi’ che si sforzò di pronunciare.

Uscirono. Regnava il silenzio più profondo. La donna, in prima linea, seguita dai due ospiti, nonostante, con passo rapido, si fosse già allontanata abbastanza dalla porta d’ingresso, sentì Rodulphus mormorare sommessamente ‘colloportus’.
Ad un tratto, un vento gelido sferzò il viso di tutti i componenti dell’oscuro quartetto, che si muoveva isolato, al centro di una larga strada male illuminata. Tutti furono scossi da brividi, tutti tranne Bellatrix. Ad ogni passo, cresceva dentro di lei una malvagia euforia, che si dimostrò particolarmente adatta a riscaldare il suo corpo. Un calore insolito proveniva anche dalla bacchetta, che impugnava con forza; era come se quel sottile e irregolare cilindro di legno provasse i suoi stessi sentimenti. Le attraversò la mente, allora, come un lampo, il ricordo della prima volta che aveva impugnato la sua bacchetta; la prima volta che aveva sentito quella straordinaria complicità pervadere la sua mente…

Camminava lentamente per Diagon Alley, con lo sguardo concentrato su di una lista, quando, undicenne, si apprestò a varcare la soglia del più famoso negozio di bacchette magiche, in Inghilterra. “Olivander: fabbrica di bacchette di qualità superiore dal 382 a.C.”, lesse l’insegna. Varcò la soglia, e il fabbricante di bacchette pose uno sguardo curioso sulla ragazzina. 
« Buongiorno » iniziò Olivander con fare gentile.
« Ho bisogno di una bacchetta magica » rispose lei con estrema risolutezza. L’uomo, leggermente scosso dalla brusca risposta, senza aggiungere altro, si mise a lavoro. Bellatrix non prestò attenzione a ciò che faceva: era rapita dagli immensi scaffali, sui quali erano riposte migliaia di lunghe scatolette rettangolari, in precario equilibrio. Presto iniziò a divenire impaziente. Sapeva cosa rappresentasse la bacchetta per una strega; la voleva perfetta, e la voleva subito.
« Bene, ho tutto ciò che mi serve, signorina… » cominciò, di nuovo, il fabbricante di bacchette.
« Lestrange » concluse con fermezza la bambina.
L’uomo le porse, dunque, la prima bacchetta, invitandola ad agitarla.
Lo sguardo leggermente smarrito, teso e diffidente della piccola strega spinse l’uomo ad aggiungere 
« E’ la bacchetta che sceglie il mago, signorina Lestrange. E sono quasi certamente convinto che questa prima bacchetta la sceglierà. » Sorridendo leggermente concluse « la provi, avanti. » 
Bellatrix indugiò ancora. Riuscì, infine, ad impugnarla. Non successe nulla.  

« La agiti, coraggio! »
Con molta delicatezza, l’agitò. Subito un calore pervase prepotentemente il suo corpo. Una delicata felicità, screziata leggermente da una fiammeggiante sensazione di onnipotenza, si impadronì di lei. Mille scintille rosse sprizzarono dalla bacchetta, ricaddero lentamente, come una pioggia, sulla ragazzina, l’avvolsero, quasi volessero stringerla in un abbraccio; poi danzarono un poco a mezz’aria e svanirono.
« Noce, 12 pollici e ¾, nucleo di corda di cuore di drago, rigida. Mi è capitato raramente di vedere una tale “dimostrazione d’affetto” da parte di una bacchetta, nei confronti del suo padrone, signorina Lestrange. » Il tono si fece leggermente spaventato, quando con voce sottile Olivander aggiunse «Vede…posso assicurarle che, per tutto il tempo in cui la terrà con sé, la fedeltà di questa bacchetta sarà incondizionata…impeccabile… ».

Amava la sua bacchetta da quando essa le aveva giurato fedeltà eterna; e l’oggetto sembrava ricambiare pienamente il suo amore.  Il soffio del vento, fattosi di colpo più intenso, la riscosse dai suoi pensieri: erano arrivati a destinazione. Davanti a loro, si presentò, ben tenuto, il verde giardino di una modesta villetta bianca.
Bellatrix si fermò. Ancora una volta, con sforzo immenso, si rivolse ai suoi tre compagni di viaggio, in modo lapidario: 
« Frank e Alice Paciock » disse lentamente. Il suo volto rimaneva impassibile, per nulla turbato, di pietra.
« Sono auror… » disse, ad un tratto Rabastan.
« Potremmo catturarli… » aggiunse Rodulphus.
« Estorcere loro informazioni… » disse Barty Crouch Jr., aggiungendo, poi, pieno di speranza « …informazioni sul Signore Oscuro! Sul luogo in cui si trova, in questo momento! Il Signore Oscuro ritornerà! » Gli altri due uomini rimproverarono l’imprudenza del giovane, che aveva quasi gridato, nel silenzio della notte.
Bellatrix non sembrò neppure farci caso. Non reagì alle esatte deduzioni dei suoi compagni, né all’esasperata fedeltà che il giovane dimostrava al Signore Oscuro. Semplicemente si incamminò lungo il vialetto.
Puntò la bacchetta davanti alla porta d’ingresso. L’agitò debolmente. Ne seguì un fragore tremendo: la porta era stata completamente distrutta; al suo posto vi era, ora, un grande e irregolare buco nel muro. Entrarono rapidamente. Frank si fece subito avanti, con l’aria sconvolta di chi viene risvegliato bruscamente nel cuore della notte.

« Impedimenta! » urlarono all’unisono Rodulphus e Rabastan. L’uomo fu immobilizzato, all’istante.
« Frank! Frank! No, Frank! » le urla di Alice si mescolavano al pianto di un bambino. Il suono di quelle due voci avrebbe straziato il cuore di chiunque. Bellatrix Lestrange rimase indifferente. Scivolò, senza fretta, nella camera della donna. Rese vani senza la minima difficoltà i tentativi della madre di proteggere sé e il proprio bambino, e si fermò di fronte a quella, la bacchetta puntata contro di lei.
Alice ripose lentamente il figlio nella culla.

« Prendi me, ma non ti avvicinare a lui. Ti supplico… »implorò con voce rotta. Grosse lacrime le bagnavano il viso. La mangiamorte decise che l’uomo sarebbe stato il primo ad essere interrogato; con eccezionale rapidità, mirando al petto di Alice, la schiantò. L’incantesimo fu così potente da far svenire la giovane madre, che venne immobilizzata con delle funi. A passi lenti, ritornò nell’ingresso. Frank, stretto da un doppio strato di funi, era stato posto su una sedia. Bellatrix sentì l’eccitazione scorrere nelle vene. La bacchetta divenne tanto calda da sembrare incandescente, non appena la sua padrona si pose in piedi, di fronte al prigioniero. Bacchetta e strega si erano capite.
Erano pronte, in perfetta simbiosi: la bacchetta ardeva per l’impazienza di esaudire i desideri della propria padrona; la donna moriva dalla voglia di avere informazioni sul suo padrone. Bellatrix dischiuse le labbra e chiese con tono mellifluo, scandendo piano ogni parola: 
« Dove si trova il Signore Oscuro? ».
Frank Paciock farfugliò di non saperlo; azzardò la possibilità che fosse morto.
La donna alzò la bacchetta e la puntò con calma al petto dell’uomo. Mentre quello la supplicava pietosamente di non fare del male alla sua famiglia, ebbe una sensazione a dir poco meravigliosa: era sicura che la bacchetta di noce desiderava ciò che desiderava lei, era sicura che ancora una volta le avrebbe dimostrato la sua eterna fedeltà incondizionata. Finalmente il suo volto si deformò in un’espressione. Tutto l’odio e la malvagità necessari per scagliare una maledizione senza perdono, affiorarono improvvisamente sul suo volto. Era spaventosa, quando, con voce profonda e terribile, urlò 
« CRUCIO! »
.


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Ciao a tutti!
Che bella sensazione scrivere una fanfiction dopo così tanto tempo!
Non credo sia un capolavoro, ma sono contento di essere tornato a scrivere. Nonostante io adori i sette meravigliosi romanzi di Harry Potter, non avevo mai scritto nulla sull’argomento, così ho creduto che fosse a dir poco sacrilego e ho provveduto xD.
Sembra abbastanza strano che questa mia prima fanfiction abbia come protagonista un personaggio, come Bellatrix Lestrange, facilmente detestabile (anzi, decisamente odiabile) da chiunque abbia avuto il piacere e la fortuna di leggere i sette libri di J. K. Rowling.
Malvagia, esaltata, fiera, spietata, ambiziosa, non poteva, comunque, a mio parere, mancare di qualche affetto particolarmente forte. Ho immaginato che sia stata la bacchetta di noce a rappresentare il suo primo grande amore; essa è la compagna di vita, grazie alla quale può divenire potente e temibile. Il contesto riflette, poi, un momento critico della vita della mangiamorte, momento in cui probabilmente il rapporto tra strega e bacchetta, già molto stretto, si fa più saldo.
Recensite, se ne avete voglia, senza risparmiarvi in fatto di critiche.
Grazie mille in anticipo :)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Blackwizard.          




  
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