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Autore: smilefromhell    23/07/2012    5 recensioni
Jacqueline, una ragazza che aveva soltanto bisogno di essere salvata dai suoi ricordi, una ragazza che aveva bisogno di dimenticare tutto. Una ragazza che trovò una persona che riuscì a fare questo e altro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO.

Arrossii, ma stavolta era un rosso di rabbia.
Il fatto che lui si fosse fatto sfuggire un dettaglio così rilevante mi dava parecchio sui nervi, ma provai comunque a non sembrare sorpresa mostrando il migliore dei sorrisi che potessi fare in cenno di saluto.
I due si avviarono verso una macchina nera che partì e scomparve dalla mia vista in una manciata di secondi.
Sorrisi anche a mia madre per fingere che andasse tutto bene, poi entrai in casa e andai dritta verso camera mia.
Provavo confusione. Tanta, tanta confusione.
La prima cosa che mi venne in mente fu prendere il mio diario Josh sperando di riuscire a sfogarmi almeno con lui.
Scrivere mi faceva sentire meglio, soprattutto perché nessuno giudicava i miei pensieri o spifferava i miei segreti. D’altronde un diario segreto non avrebbe mai potuto fare queste cose a meno che non fosse capitato in mani sbagliate.
Sciolsi il fiocco rosso che teneva chiuso l’oggetto e poi lo aprii portandolo vicino al mio viso cosicchè potessi assaporare l’odore di pagine vecchie e consumate dal tempo.
Presi una penna a caso dalla tazza delle penne che si trovava sulla mia scrivania e cominciai a scrivere.

-Sembrava andasse tutto bene, caro Josh. Oggi un ragazzo mi ha finalmente rivolto la parola, e indovina cosa vengo a scoprire appena tornata da scuola? Che è il figlio di Maurice.
Si chiama Justin, ed è straordinariamente bello.
Ho paura, però.
Ho paura che per continuare a vederlo debba farmi piacere a forza quell’uomo.
Ho perso il conto di quanti compagni si sia trovata mamma negli ultimi anni, ma sono sicura che lui sia come tutti gli altri.
Lei mi ha promesso che se avesse trovato l’uomo della sua vita ci saremmo trasferite stabilmente senza dover più traslocare ogni otto mesi a causa del suo lavoro.
Mi immaginavo già tutto: un matrimonio perfetto con il padre dei sogni. Un uomo bello, gentile, intelligente, generoso ma soprattutto degno di portare il nome con cui avrei dovuto chiamarlo da lì in poi.
Finora non l’ha mai trovato, ma sembrerebbe che abbia intenzione di prolungare la storia con Maurice.
Per ora escono solo assieme, ma mi fa stare malissimo il fatto che la mia presenza o la mia assenza non gli cambi più di tanto la vita.
Per lui è indifferente, non mi rivolge mai la parola e non mi degna mai di uno sguardo, non chiede mai a mamma di me e si vede, altrimenti cenerebbero a casa con me anziché andare a sperperare soldi nei ristoranti più costosi della zona.
Potrei benissimo cercare di allontanarlo, ma non voglio farlo.
Non voglio, perché si allontanerebbe automaticamente pure Justin.
Il mio primo amico in tutti questi anni pieni di traslochi e problemi non può andarsene via per colpa di capricci personali… a parte il fatto che non sono nemmeno sicura che lui mi veda come un’amica considerando il fatto che le uniche volte che siamo stati assieme abbiamo passato interi minuti a fissarci.
Però mi sorrideva, e questo mi rende felice.
Ha un sorriso bellissimo, sai Josh? Non ne ho mai visti di più belli.
Ha i denti perfetti, le labbra perfette, il suo sorriso non potrebbe ch’essere perfetto, o sbaglio?
Potrei dire la stessa cosa dei suoi occhi, i suoi magnifici occhi castano chiaro che quando vengono illuminati dal sole sembra quasi che brillino.
Oh, e i suoi capelli, i suoi lucenti capelli all’insù che lo fanno sembrare un ragazzino un po’ troppo cresciuto.
Chissà che gel usa. A mio parere usa quello di Maurice, con la differenza che lui se lo sa mettere.
Vorrei vedere una volta come se lo mette, come si passa le mani fra quei capelli sbarazzini.
…-


“Piccola mia, vieni giù che è pronta la cena. Hai passato tutto il pomeriggio in camera tua a fare non so che cosa, stasera passa un po’ di tempo con me” mia madre irruppe per l’ennesima volta in camera mia, era davvero una cattiva abitudine.
“Cinque minuti che metto un po’ di ordine e arrivo” risposi frettolosamente.
Diedi un’ultima occhiata a ciò che avevo scritto e mi resi conto che avevo praticamente occupato una pagina per parlare di Justin.
Il motivo mi sfuggiva, ma quello non era il momento per pensarci.
Richiusi il mio diario con il fiocco rosso e lo riposi ordinatamente sotto il cuscino, poi corsi in cucina al piano di sotto.
“Polpettone?” dissi con tono irritato.
“Pensavo ti piacesse” provò a giustificarsi mia madre.
“Non mi è mai piaciuto, ogni volta ti dimentichi e lo compri, e io ogni volta continuo a ripeterti che mi fa schifo. So benissimo che c’è gente che muore di fame, non cominciare con le tue ramanzine, ma non forzo il mio stomaco a mangiare una cosa che digerisce a malapena. Penso che piacerà di più al gatto dei vicini” mantenni un tono calmo per evitare di far sentire troppo in colpa mia madre, dopotutto prepara i suoi piatti sempre con tanta cura.
Lei mi guardò con aria dispiaciuta, un’aria con cui si guardano le povere ragazzine che cominciano ad avere le crisi adolescenziali e smettono di mangiare da un giorno all’altro per assomigliare alle modelle delle riviste.
Io assolutamente non sono una di quelle, ma levare quell’idea dalla testa di mia madre sarebbe stata un’ardua impresa considerando che io sono magra da sempre anche se mangio pure fuori dai pasti normali.
“Tesoro, se vuoi c’è della pasta avanzata in frigo. Scaldala nel microonde”
La premura di mia madre era una delle cose più belle di lei, ma io non la apprezzavo appieno solamente perché ci ero abituata dopo anni e anni che si comportava così.
Le sorrisi e presi la pasta mettendola poi nel microonde.
La serata fu tranquilla, guardammo un po’ di tv e poi me ne andai a letto.
Mi addormentai velocemente, ero veramente stanca.

“Svegliati Jay” era una voce familiare.
“Mmmmh”
“Jay andiamo, non farti pregare”
“Uff…”
“Per favore”
“JUSTIN CHE DIAVOLO CI FAI SEDUTO SUL MIO LETTO?” gli urlai.
“Sono venuto a svegliarti perché dobbiamo andare a scuola” la sua voce soave mi fece dimenticare la stanchezza del mattino.
Mi alzai, dopodiché lui mi prese la mano e andammo entrambi al piano di sotto.
“Jay, devi sapere una cosa”


“I walk a lonely road
the only one that I have ever known,
don’t know where it goes
but it’s home to me and I walk alone”

Spensi la sveglia tastando dappertutto per trovare il telefono e mi alzai confusa, molto molto confusa.
  
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