Capitolo 5:
È un buon segno, davvero
Dopo cena, e dopo qualche
shot di whiskey per me, Sherlock
accontenta le mie richieste e si spoglia, indossando solo la sua
vestaglia, e
si sdraia sul suo letto. L’ho fatto apposta; il letto di
Sherlock non viene mai
rifatto, ma per l’occasione l’ho rifatto io stesso.
Angoli da ospedale e tutto.
Esaminare il tuo coinquilino nudo sul suo letto dopo aver bevuto
qualche drink
sarebbe visto poco professionale in ogni caso.
Abbiamo già
misurato altezza e peso in bagno; ho annotato i
risultati sul modulo che Mycroft mi ha inviato via fax questo
pomeriggio,
insieme alle sezioni precompilate che indicavano il tipo di sangue di
Sherlock
(0 negativo, sorprendentemente: l’avevo catalogato come AB) e
le sue malattie
sessualmente trasmissibili (nessuna). Non ha allergie. Ho agitato il
termometro
e guardato l’orologio.
“Ti prego, dimmi
che lo devo tenere in bocca,” dice
Sherlock, le braccia incrociate al petto e le caviglie incrociate. Non
posso
fare a meno di ridere.
“Ma
certo!” lo appoggio sulle sue labbra fino a quando non
apre la bocca, la lingua alzata. Ce lo spingo dentro e lui chiude la
bocca. “Eccellente.”
Controllo
l’orologio ancora; aspetto sessanta secondi. Probabilmente
non avrei dovuto bere quell’ultimo shot di whiskey. Sherlock
sembra un
dodicenne con un lecca-lecca in bocca. L’immagine mi fa
ridere.
Dopo un minuto controllo
il termometro e appunto la sua
temperatura. Poco più alta del normale, ma potrebbe essere
colpa dei due shot
di whiskey che ha bevuto. La annoto come normale. Lo faccio sedere.
La sua pressione
sanguigna, sorprendentemente, è totalmente
regolare. Esamino orecchie, naso, gola: normali. Le sue labbra sono un
po’
screpolate, ma ancora, così sono le mie. Un veloce esame
delle sue giunture
dimostra che non ci sono problemi. Ascolto i suoi polmoni, lo sento
respirare
profondamente; c’è un qualcosa di musicale in
tutto questo, il suono del
respiro di Sherlock. Lo faccio sdraiare ancora una volta e poggio il
mio
stetoscopio sul suo petto, sull’addome. Passo due minuti
buoni ad auscultare il
suo cuore. È perfetto, e il suo suono mi piace.
“Ok
amico.” questo è un po’ imbarazzante.
“Tirati su.”
“Questa
è la parte in cui tu mi chiedi di girare la testa e
tossire?” sembra più divertito che angosciato.
“Temo di
sì.”
Si alza in piedi e slaccia
la vestaglia, e porta le mani
dietro la schiena. Mentre sono accanto a lui, pesando i suoi testicoli
nella
mia mano realizzo che ho fatto l’intero esame senza guanti.
“Gira la testa e
tossisci.” dico. Lo fa. Non ha un’ernia. Comunque,
ha un’erezione, che entrambi facciamo fatica ad ignorare. Per
un momento penso
di dare uno sguardo al suo pene e prepuzio mentre è in
queste condizioni, e ammetto
che la curiosità ha avuto la sua parte nella mia decisione
di andare avanti e
fare così.
“Vuoi un
momento?” chiedo. Sembra solo beneducato.
Probabilmente avrei dovuto aspettare di chiedere prima di avere una
presa sul
suo pene. Il whiskey potrebbe avermi dato alla testa un po’
più in fretta di
quanto io abbia immaginato.
“Sto
bene,” dice Sherlock. È un po’ confuso.
“È
inusuale questo, per te?”
“Sì,”
dice Sherlock. Poi vedo qualcosa che pensavo non avrei
mai visto: è arrossito, dal petto fino al viso. Non credevo
fosse possibile. Do
uno sguardo veloce, esamino il suo prepuzio, e poi lo lascio andare, e
annoto
sul file. Normale.
“Va tutto
bene,” lo rassicuro. “Succede sempre durante gli
esami.” Quello che non dico è che solitamente non
causa una reazione simile nel
dottore. “È un buon segno, davvero.”
“Va
bene,” dice Sherlock. Non esattamente miscredente, ma
sicuramente sarcastico.
“Non
c’è nulla di cui aver paura qui,” dico,
dando un’occhiata
ancora, poi chiedendomi cosa diavolo io stia facendo.
“Qualcosa di cui puoi
essere fiero, decisamente.”
Sorride il suo mezzo
sorriso sghembo. Mi chiedo: quando
Sherlock è diventato interessante a livello sessuale e/o
romantico, per me? È
stato durante i suoi vari test e procedure?
Vorrei che la risposta
fosse sì, in un certo senso, perché
sarebbe tutto più semplice; potrei considerare questo come
un desiderio di
confortarlo in un momento molto difficile. Abbiamo una relazione
strana, ma
molto vicina, dopotutto. Per me significa molto di più di
chiunque io abbia mai
incontrato. È facile confondere i tuoi sentimenti quando
stai davanti all’uomo
che metaforicamente (e qualche volta letteralmente) salva la tua vita,
ti fa
sentire intero, ti da uno scopo. Il corpo è veramente
semplice, davvero:
reagisce e tutti i tipi di stimoli, che siano o non siano sensati per
il tuo
cervello. È facilmente confuso. Pensavo che sarei disturbato
di più dall’elemento
omosessuale di tutto questo, ma stranamente non è
così. Penso che abbia a che
fare con la mia - relativa - maturità.
“Un’altra
cosa, solo un’altra,” dico. Gli tolgo la
vestaglia, proprio come ho tolto quella in ospedale. È in
piedi, di fronte a
me, completamente nudo. È una lunga striscia di bianco sotto
le luci delle
lampade, con una rete blu di vene tracciata sul suo corpo come vernice.
È come
un’opera d’arte. Le sue palpebre sembrano pesanti,
e mi chiedo se lui stia
pensando alla stessa cosa a cui io sto pensando. “Devo
controllare la tua
schiena per i nei. Puoi sdraiarti a pancia in
giù?” la mia voce è un po’
più
roca del previsto. Come ho detto: non sempre faccio esami nel mio
appartamento,
o su un letto, o sul letto del mio coinquilino. Lui si adatta.
Lo copro con una coperta;
comincia a fare un po’ freddo ora.
Faccio una rapida ispezione, sollevo la coperta quando ne ho bisogno, e
poi
sfrego le mie mani sulle sue spalle e sulla sua schiena. Spingo le dita
tra la
tensione dei suoi muscoli, li massaggio finché non si
rilassano, e li sento
sciogliersi sotto le mie dita. Spengo tutte le luci tranne una sul suo
comodino. Non c’è più bisogno di luce.
C’è qualcosa nel suo respiro, lo so e
basta.
Mi sdraio accanto a lui,
si gira, e prima che io possa
capire chi abbia cominciato, o chi si sia mosso verso chi, le mie
labbra sono
contro le sue e la mia lingua è contro la sua. Riesco a
sentire il suo sapore
di whiskey, il takeaway, the. È caldo contro di me,
disperato, tutto bisogno e dolore
e paura. Questa è la prima volta in cui ho sentito la paura
in lui; la paura
della chirurgia, del cancro o del trattamento, paura di morire, paura
di vivere
con la morte imponente sotto la forma di un cancro imprevedibile.
Perfino
questo: paura di non esprimere qualcosa, di lasciar andare qualcosa;
sembrava
che avessimo le nostre vite da sistemare in questa relazione
complicata, e che
ora le abbiamo distillate in una sola notte di pelle, mani, frizione,
baci, di
suoni incontrollato e meravigliosi dal profondo del suo petto. Prova a
prendere
fiato e sento che sta per scoppiare a piangere, ma non lo fa.
L’evidenza di
questa esperienza finisce sulla mia maglietta, sui miei jeans che, come
il
resto dei miei vestiti, non sono riuscito a levarmi. Finisce la serata
accoccolato in fianco a me, la sua mano tra i miei capelli, il suo
viso,
finalmente rilassato nel sonno, contro il mio petto.