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Autore: Adsartha Illyria    24/07/2012    3 recensioni
Anni dopo la fine della scuola, Harry e Ginny si ritrovano ad affrontare il problema della convivenza e del matrimonio: l'impacciato Harry non sembra cavarsela molto bene...
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Ginny
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Era ormai notte inoltrata quando con un sonoro crack due figure si Materializzarono alla fine di Sunnydale Street nel quartiere di Victoria, Londra. Una risata femminile riempì il viale silenzioso mentre in lontananza le campane del Big Ben eccheggiarono il loro infallibile rintocco sulle acque del Tamigi.
“Credi che qualcuno ci abbia visti?” domandò Ginny, aggrappandosi al braccio di Harry senza riuscire a cancellare il sorriso dal viso luminoso. Harry rise a sua volta e scosse il capo.
“No, abbiamo avuto fortuna” rispose sereno “anche se avremmo dovuto fare più attenzione…”
Ginny sorrise spensierata, facendo risuonare senza preoccupazioni il suono secco dei tacchi. Si sistemò lo scialle elegante intorno alle spalle e alzò gli occhi sulle stelle pallide di Londra.
“E’ stata proprio una bella cerimonia” disse, appoggiando la testa sulla spalla di Harry, che si voltò appena per baciare i capelli color del fuoco.
“Vero, mi sono divertito molto!” annuì, sorridendo ancora al ricordo di Ron che incespicava nell’abito di Hermione.
“Si, ho notato come ti sei esibito nel ballo con Katie Bell” lo rimbeccò Ginny divertita.
“Beh, potrei dire lo stesso di te e Lee” replicò Harry con una punta di risentimento; non aveva mai dimenticato che una volta Lee Jordan si era mostrato alquanto interessato a Ginny. Lei sorrise ma non disse nulla; era chiaro che la gelosia di Harry la lusingava.
“Credo che Luna sarà davvero felice” disse improvvisamente, intrecciando le dita con quelle di lui “hai notato che vestito ha scelto?”
“Come no” rispose pronto Harry, lieto del cambio d’argomento “quella spirale di cappelli di gnomi non è certo passata inosservata”
Ginny rise.
“Dice che le avrebbero dato maggiore saggezza e che avrebbero anche allontanato i Nargilli... io e Hermione non siamo proprio riusciti a dissuaderla”
Harry sorrise aprendo uno dei tanti cancelletti di Sunnydale Street e salendo insieme a Ginny per gli scalini all’ingresso. Ginny rivolse alla casetta uno sguardo di disappunto, stringendo il labbro inferiore.
“Sai” disse con tono vago “ora che Luna si è sposata si trasferirà a Godric’s Hollow…”
Harry, che stava trafficando con le chiavi, si voltò, stupito. Non sapeva che una delle sue migliori amiche si sarebbe trasferita nel suo villaggio natale, ma d’altra parte non avrebbe dovuto stupirsi; molti dei suoi conoscenti si erano trasferiti nella cittadina, per la notorietà acquisita da questa o perché ormai più abitata da Maghi che da Babbani era impossibile dirlo.
“Non lo sapevo” ammise, girando la chiave nella toppa.
Ginny sospirò.
“Dovresti imparare a startene meno per i fatti tuoi con Ron e ascoltare un po’ di più quello che succede intorno” lo rimproverò, entrando in casa. Harry la guardò indignato.
“Ehi!” disse, seguendola all’ingresso e chiudendosi la porta alle spalle “chi è il Capo del Dipartimento Auror qui? Non c’è nessuno che si guardi intorno più di me!”
Ginny sbuffò mentre si toglieva con un gemito di sollievo le scarpe e lo scialle. Harry rivolse alle prime uno sguardo di rimprovero, esattamente come Ginny aveva fatto con la casa poco prima.
“Il punto è” riprese imperterrita “che stavo pensando di acquistare la vecchia casa dei Lovegood, dato che il vecchio Xeno non c’è più…”
Harry si sentì a disagio nel sentire nominare il padre di Luna; era probabile che senza di lui non sarebbero riusciti a fare molto contro Voldemort anni addietro e dalla sua morte, mirabilmente elogiata sulla Gazzetta del Profeta oltre che sul Cavillo, la casetta a forma di tuba era diventata incredibilmente più triste.
“Si, credo che faresti bene” approvò infine con un gran sorriso. Ginny non faceva che lamentarsi del suo appartamento ad Hammersmith, troppo lontano da lui, dalla Tana, troppo piccolo per lei e comodo soltanto per gli allenamenti costanti delle Holyhead Harpies che la tenevano occupata quasi tutti i giorni, cosa che Harry aveva imparato a detestare.
Ginny però non sembrò affatto contenta della sua approvazione; si rabbuiò ed evitò il suo sguardo mentre depositava la borsetta sul mobile accanto all’attaccapanni.
“Tutto bene?” domandò Harry, preoccupato dal repentino cambio d’umore. Ginny annuì sorridendogli appena e lui la trasse a sé, abbracciandola.
“Cosa c’è? Non sei convinta?” chiese. Ginny sospirò e alzò lo sguardo, intrappolandolo; Harry seppe di non aver scampo, ogni volta che lei lo trafiggeva con lo sguardo le gambe si paralizzavano e il cervello sembrava andargli in cortocircuito, proprio come la prima volta che si erano baciati, come se il tempo non fosse affatto passato.
“E’ solo che… non ne parliamo mai e la cosa comincia a pesarmi” confessò lei, tormentando il colletto della camicia di Harry come se stesse cercando le parole giuste.
“Parlare di cosa?” domandò Harry stupito, cercando di reprimere il senso di angoscia che lo aveva subito assalito.
“Harry… ormai stiamo insieme da anni… tutti i nostri amici si sono sposati o convivono, e noi siamo ancora… be’, hai capito…” Ginny s’interruppe imbarazzata, abbassando lo sguardo e liberando Harry, che non potè fare a meno di sentirsi comunque braccato. La guardò, agitato a sua volta; non avevano mai affrontato l’argomento della convivenza, figurarsi quello del matrimonio…
“Tu vorresti…”
“Non sto chiedendo proposte o cerimonie, io parlo del semplice vivere insieme” lo interruppe Ginny, indovinando immancabilmente i suoi imbarazzati pensieri. A Harry non parve che la cosa facesse differenza.
“Io… Ginny… questo è un argomento pesante… io dovrei… noi dovremmo…” tentò, riuscendo solo ad emettere parole scollegate senza logica. Ginny sembrò ferita; Harry si dispiacque nel sentire che le sue braccia ricadevano lungo i fianchi senza più cingerlo.
“Ho capito, non fa nulla” disse lei con voce neutrale “fa’ come se non avessi mai detto niente…”
Abbassò la testa, allontanandosi da lui e salendo le scale per il piano di sopra. Harry si maledì in silenzio e la seguì.

 

*


Nei giorni successivi, Harry e Ginny non parlarono mai dell’imbarazzante episodio, stipulando una sorta di silenzioso patto per non tornare più sull’argomento “convivenza”. Harry sapeva benissimo che Ginny ne soffriva ma non riusciva a trovare il coraggio di affrontare la questione e risolvere il problema senza il disagio provato quella sera. Ginny e Luna si incontrarono parecchie volte per discutere del prezzo della casetta, ormai caduta in rovina, e alla fine parvero raggiungere un accordo che soddisfaceva in maniera equa entrambe le parti.
Harry sapeva che Ginny si era confidata con Hermione; non c’erano altri motivi infatti per spiegare gli sguardi di rimprovero che l’amica gli rivolgeva, irritandolo profondamente. Non capiva perché Hermione dovesse nascondersi dietro a occhiate di disapprovazione invece che affrontarlo apertamente.
“Avanti, parla!”
I documenti relativi alla cattività di due Fenici Indiane che Harry si era incaricato di trasferire personalmente al Dipartimento di Regolazione delle Creature Magiche caddero irrispettosamente sulla scrivania di Hermione, dove lei stava scrivendo alcune relazioni del C.R.E.P.A. Hermione lo guardò al di sopra degli occhialetti professionali (che causavano sempre a Ron una risata divertita).
“Prego?”
“Cosa mi devi dire?” chiese Harry, sedendosi su una delle poltrone davanti alla scrivania dell’amica. Hermione si allontanò dalle relazioni e sospirò pazientemente, come se avesse a che fare con un bambino di tre anni.
“Sei immaturo” disse senza trattenersi.
“Cominciamo bene”
“Perché sei spaventato all’idea di convivere con Ginny?” domandò Hermione senza preamboli. Harry si pentì subito di averla affrontata.
“Io non… non mi sono spaventato!” si schermì sulla difensiva. Hermione alzò un sopracciglio.
“Harry, ti sei messo a balbettare!”
“D’accordo…” ammise lui, maledicendo la solidarietà femminile “è che…. Insomma, è tutto perfetto così com’è… non voglio rovinarlo”
Il sopracciglio di Hermione non accennò a scendere.
“Davvero Hermione!” disse Harry, seccato “E se facessimo uno sbaglio? Io non voglio che finisca tutto per un errore…”
Hermione sospirò, appoggiandosi alla poltrona. Harry non potè che sentirsi incredibilmente stupido.
“Harry…” cominciò lei “se hai questi dubbi è chiaro che vuoi fare quel passo… altrimenti il problema non esisterebbe, non ci penseresti affatto, no?”
Harry la guardò, non del tutto convinto. Hermione si lasciò sfuggire un altro sospiro.
“Mi pare ovvio che tutti e due siate pronti per cominciare a fare sul serio, soprattutto Ginny, e io credo che sia ora per te di cominciare a offrirle qualcosa di più concreto di una semplice relazione”
Harry rimase in silenzio, profondamente colpito dal parere di Hermione, non tanto per l’opinione in sé, ma quanto per la consapevolezza che quelle parole gli diedero: si trovava perfettamente d’accordo con lei ma aveva paura ad ammetterlo.
“Si ma… se succedesse qualcosa e tutto andasse per il verso sbagliato?” domandò, agitandosi sulla poltrona. Hermione inclinò il capo con espressione esasperata.
“Harry… quei tempi sono ormai finiti. Non c’è nulla che possa separarci come all’epoca…” disse con delicatezza, accennando un sorriso. Harry rimase ancora in silenzio, lasciando che le parole di Hermione gli recassero un sollievo e un conforto indescrivibili. Annuì e si alzò, avviandosi lentamente alla porta.
“Harry”
Si voltò verso Hermione, il suo sorriso un po’ più ampio e gongolante sul volto.
“Cerca di ricordare quanto ti sia mancata quando eravamo braccati dai Mangiamorte… che cosa avresti voluto fare se avessi potuto…”
Con un ultimo sguardo convinto, Harry abbassò la maniglia ed uscì dall’ufficio di Hermione.

 

*


Casa Lovegood si stagliava decadente sul fianco della collinetta. Le spighe di grano selvaggio nascondevano la vista delle cicale canterine sul far della sera mentre il sole cominciava la sua lenta discesa e Ginny osservava la casa con rimpianto. Aveva declinato l’ultima offerta di Luna, non perché fosse troppo costosa, ma perché aveva capito che per un semplice capriccio rischiava di incrinare la relazione con Harry, di rendere ancora più scomodi gli allenamenti delle Holyhead Harpies e di allontanarsi dalla sua famiglia, per quanto desiderasse quell’emancipazione che sembrava avesse assunto la forma di tuba davanti a lei.
“Luna mi ha detto che ci hai ripensato”
La voce di Harry sovrastò il canto delle cicale e la fece voltare. Lei sorrise alla sua vista, cercando di non pensare alla notte in cui lui aveva rifiutato l’idea della convivenza.
“Già… mi sono chiesta se ne valeva davvero la pena” disse con tono piatto.
Harry pareva impassibile.
“L’ho comprata io”
Ginny lo guardò stupefatta, senza credere alle proprie orecchie.
“Come scusa?”
Harry l’affiancò e guardò la casa in rovina.
“So che hai sempre desiderato una casa in mezzo ai campi e vicino ad un bosco. Credo che quando avremmo finito di sistemarla andrà benissimo”
Ginny continuava a fissarlo senza essere certa di capire.
“Ma tu… e la casa a Victoria?” domandò, incredula
“Credi che non abbia mai visto le occhiate che le rivolgi?” chiese Harry sorridendo “non ne sono particolarmente legato e credo che questa sia perfetta… per entrambi”
Ginny spalancò gli occhi; sentiva l’eccitazione salirle in petto, ma non osava credere alle sue parole.
“Questo vuol dire che..?”
Harry abbandonò il sorriso e si voltò su di lei, facendosi serio in volto.
“Ginny” cominciò “io… ci ho riflettuto a lungo, mi dispiace di essermi comportato come ho fatto. Ti ho ferita e mi rendo conto solo ora di avere la risposta a ciò che tu mi hai chiesto”
Ginny lo guardò, incapace di distogliere lo sguardo; il cuore le si era gonfiato come se qualcuno lo avesse riempito d’elio e ora le viaggiava leggero verso la gola nell’insopportabile attesa della sentenza finale.
La voce di Harry divenne un mormorìo.
“Mi dispiace Ginny, la mia risposta non è quella che tu vorresti”
Sembrò che il grano avesse assunto una strana tonalità grigiastra e il sole fosse diventato improvvisamente nero. Il vento calò, privando d’aria tutto l’aere intorno a loro e la terra sembrava aprirsi sotto i piedi di Ginny. Tentò di sorridere, nascondere quella delusione umiliante con una semplice piega di labbra, distogliendo infine lo sguardo da lui.
“Non… te l’ho detto, non fa niente…”
Non era sicura che Harry l’avesse udita, ma si sentì incredibilmente stupida; era ovvio che non era pronto, perché si era fatta illusioni? Le aveva già fatto costosi regali in passato, una casetta diroccata che differenza avrebbe avuto? Ma allora cosa significavano le parole di poco prima?
Harry sembrava di nuovo impassibile di fronte alla sua malcelata delusione, ma Ginny non riuscì a guardarlo; ebbe un’improvvisa voglia di rifugiarsi nel suo appartamentino ad Hammersmith dopo averlo schiaffeggiato, ma suo malgrado dovette ammettere che non poteva accusarlo di nulla.
Il tocco delicato della mano di Harry la costrinse istintivamente a voltarsi su di lui e di nuovo la sua espressione si fece di un’indescrivibile incredulità. Harry si era inginocchiato davanti a lei e le aveva preso la mano fra le sue. Il cervello di Ginny smise di funzionare.
“Non è la convivenza che voglio” mormorò Harry “credo di averlo sempre saputo dentro di me… mi capita spesso di ripensare ai vecchi tempi, quando tutto è cominciato...” sorrise, alzando gli occhi verdi su di lei, accarezzando con lo sguardo i capelli dello stesso colore del sole calante “mi ricordo come ballavi al matrimonio di Bill e Fleur… il tuo vestito era d’oro e tu non facevi che sorridere come se non ti avessi mai ferito…”
Il cuore di Ginny cominciò a palpitare troppo veloce perché lei potesse contarne i battiti. Cercava di capire cosa stesse dicendo Harry, ma al contempo tentava di darsi una qualsiasi altra spiegazione del perché lui si fosse messo in ginocchio, del perché le parlava con quel tono dolce e al contempo nostalgico.
“E poi l’altra sera… è come essere tornati di nuovo indietro nel tempo, tu danzavi e tutto sembrava essersi fermato mentre sorridevi… E poi ho rovinato tutto per una stupida paura…”
Harry si fermò un momento per guardare le labbra di Ginny, contratte in un espressione di infinito stupore.
“Un’occasione che avrei dovuto sfruttare per dirti quanto sia fortunato a vederti sorridere ogni giorno, ad averti al mio fianco ogni minuto che passa. Voglio che questa fortuna duri fino alla fine, voglio vivere con te in questa casa, voglio vederti sorridere ogni singolo giorno”
Il canto delle cicale parve acquietarsi appena, come se anche loro premessero per sentire ciò che sarebbe venuto dopo.
“Ginny Weasley” mormorò Harry, senza mai battere ciglio, senza mai abbandonare gli occhi di lei “io voglio vederti camminare verso di me vestita di bianco, qui, su questa collina”
Harry estrasse un piccolo anellino d’argento senza particolari rifinimenti, semplice e al contempo perfetto come era sempre stato il loro rapporto.
“Vuoi sposarmi?”
Ginny cercò di aprire bocca per parlare, ma il cervello era ancora bloccato. Gli occhi non riuscivano a staccarsi dal cerchietto d’argento che Harry aveva posato sulla punta del suo anulare e le parole venivano rubate dal suo brillìo giocoso. Ma non le servivano parole in quel momento, né tantomeno la voce.
Spinse senza alcun turbamento l’anulare dentro l’anello e sorrise con la stessa forza con cui aveva sorriso la sera del loro primo bacio, quando tutto aveva avuto inizio. Annuì in silenzio, gli occhi che luccicavano.
Harry sorrise e si alzò, abbracciandola con tanta forza da sollevarla. Risero entrambi, ruotando sul posto che presto sarebbe diventato il loro giardino, il sole di fine estate che tramontava tranquillo oltre la collina.

  
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