IL TRONCO E LE RADICI
Ancora una volta mi ritrovo
qui. Ormai per questo posto provo un misto di odio e familiarità: il campo di
addestramento numero 8.
Quanto sudore ho versato in
questo posto? E quante lacrime a ridosso di quel tronco tagliato.
Scelgo sempre quello tutte le
volte che sono triste, tutte le volte che ho voglia di piangere, tutte le
volte….. che fallisco.
Questo tronco è come me:
spezzato.
Fu abbattuto da un fulmine
parecchi anni fa, e da allora è rimasto così: con solo le sue radici e la sua
base, nel bel mezzo del campo di addestramento numero 8.
Lui è come me. È ancora in piedi ma è morto dentro.
E così ogni volta che in
missione commetto errori che mettono in pericolo me e miei compagni, ogni volta
che la depressione mi assale, ogni volta che inizio a ripetermi che non ce la
farò mai, vengo qui…..
Mi siedo accanto a lui,
poggiando la schiena alla sua corteccia robusta, le gambe raccolte al petto e
la testa premuta sulle ginocchia e piango tutte le mie lacrime.
Maledicendo la mia impotenza,
maledicendomi per la mia inettitudine.
Piango e rivolgo a me stessa parole orribili dentro di me: “ben ti sta Hinata……
questo dolore te lo meriti, perché sei debole, perché
sei inutile. Non cambierai mai!!!”
Mi faccio male e piango fino
a consumarmi.
E poi…..
come sempre….. accade.
Anche oggi accade.
Sono poggiata al mio tronco
morto, raccolta su me stessa a piangere e accade, come sempre.
Sento dei passi avvicinarsi,
e ormai, anche se non alzo la testa e non mi muovo di un millimetro quasi li
aspetto quei passi.
Sento qualcuno che si siede
accanto a me poggiandosi al tronco.
Uno da un lato, uno
dall’altro. Uno con calma, quasi non facendo rumore; uno con un’irruenza tale
che quasi mi a sbilanciare.
Io non mi muovo e continuo a piangere ma so che sono loro….. loro due, le mie radici che
ancora mi tengono in piedi.
Sento il calore dei loro
corpi premuti contro i miei fianchi avvolgermi. Aspettano in silenzio che
finisca tutte le mie lacrime, di modo che possa sentirmi davvero meglio.
E poi, quando i mie singhiozzi cessano, sento la sua mano, il tocco
delicato di Shino che mi accarezza i capelli.
Alzo il viso. Sono lì. Come
sempre.
Uno a destra e uno a
sinistra.
Kiba che mi sorride tanto da mostrami tutti i denti che ha infondendomi allegria, e
Shino, che senza nessuna espressione sul volto, mi trasmette tutta la sua
serenità.
Kiba mi prende per mano e mi
fa alzare, come al solito tira così forte che quasi
gli cado addosso.
Shino mi prende l’altra mano
nella sua e inizia a camminare.
“avanti Hinata, andiamo a casa!”
mi dice Kiba sorridendo.
E anch’io sorrido, perché
loro sono la mia forza, le radici che per quanto le intemperie mi scuotano non
mi lasceranno mai cadere.
E mentre vado con loro, non
mi ricordo mai di guardare il mio tronco con occhi diversi da quelli afflitti
con cui lo guardo quando arrivo.
Peccato.
Chissà se mi accorgerò mai
che sulla sommità di quel albero troncato in due sta nascendo nuova vita, che
non è morto, che grazie alle sue radici sta lottando……
Peccato.
Se me ne accorgessi capirei che anche io con le mie radici posso nascere di nuovo.