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Autore: The queen of darkness    25/07/2012    1 recensioni
Un ragazzo con una voce straordinaria. Una ragazza che ne rimane affascinata. Un amore indissolubile. E la nascita di un mito inventata da me.
[questa è la mia prima Fanfiction e, vi prego, recensite! :)]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Carol, quella sera, chiese un permesso da Sak's, visto che i clienti erano pochi e perfettamente gestibili anche solo da Doris. Il padrone era stato ben contento di vederla libera almeno una serata, concedendole di uscire prima. Aveva in programma di andare da Kelly. Quando era tornata a casa, infatti, aveva in mente di spaccare qualcosa giusto per sgorgare la sua ira, però non poteva permettersi di rompere anche un solo piatto, per paura che i conti poi non tornassero. Si era messa quindi a lucidare furiosamente pavimenti, finestre e anche il mobilio spoglio, lavando a mano le lenzuola e la biancheria. Esausta si era recata al lavoro, ormai calma, continuando a rimuginare su ciò che era successo. Il suo cuore aveva subito un duro colpo, ancora una volta, e non avere il sostegno di Kelly non le permetteva di sentirsi bene del tutto. Aveva persino dimenticato di mettersi il numero consueto di forcine, segno invisibile del suo turbamento interiore. Il ragazzo, anche se inconsapevolmente, le aveva rubato anche l'unica confidente valida in quel momento. E lì le era venuta l'idea. Era Brian la causa di tutto, no? Allora, adesso che non era più nella sua vita, le cose si sarebbero di sicuro sistemate. Era volata fuori dal locale appena strappato il permesso, dirigendosi a razzo a casa di Kelly, sperando di non incontrare nessuno. Era buio pesto rischiarato a tratti da qualche lampione. La cittá era gelida e deserta. Sembrava che ognuno si fosse raggomitolato in casa, per i fatti propri. Ci mise un po' a trovare la porta giusta, nell'oscurità. Bussò un paio di volte, titubante. Il vento gelido fischiava ferocemente, come se fosse un cattivo presagio. Dopo qualche minuto interminabile, la porta si aprì. Carol si ritrovò davanti alla copia esatta di Kelly, se quest'ultima avesse avuto un'espressione gelida quasi quanto l'aria che c'era di fuori. Piccolissime rughe segnavano l'unica espressione di quel viso così aristocratico, ovvero di alterigia e arroganza. I capelli biondissimi erano perfettamente scolpiti in un caschetto regolare a contornare il viso. La donna la sovrastava grazie agli scalini che Carol non aveva trovato il coraggio di salire del tutto. -Buonasera, signora Forstin.   Deglutì. -Buonasera a te, Caroline. Hai idea di che ore sono?- L'espressione non era cambiata minimamente. -Sono le sei e mezzo, signora.- rispose la ragazza, decisa a non farsi intimorire. -Esattamente, Caroline. Ora di cena. E mia figlia è in lacrime.- questa volta emanò disprezzo. -Sono venuta per quest'ultima questione, e sono desolata di dover interferire con le altre. Comprendo l'immenso disturbo che le sto arrecando, tuttavia desidererei ardentemente riconciliarmi con Kelly, per farla sentire meglio.-/ Attese, non osando chiudere gli occhi per implorare gli Dei. Venne squadrata per un lungo momento, esaminata pezzetto per pezzetto. Poi: -D'accordo, allora. Entra.- Pochi secondi dopo si trovava nell'atrio della casa principesca. Non si sarebbe mai abituata al raffinato lusso di quelle stanze, ai lampadari di cristallo e ai mobili, bianchi e blu. C'erano delle vetrate piene di minuscoli oggettini di cristallo ed eleganti bicchieri dello stesso materiale. Si sentiva inadatta a quel luogo, e l'aspetto impeccabile della signora, con tanto di vestito abbinato alla casa, non faceva che sottolineare il suo disagio. Con gesto intriso di superbia, la signora le indicò la strada da seguire, anche se Carol la conosceva benissimo. Ringraziò sentitamente la donna, probabilmente stupita del fatto che la ragazza conoscesse l'educazione. Trovare la camera di Kelly non fu difficile. C'era un peluche rosa attaccato alla porta come benvenuto, l'unica stanza non arredata in modo uguale alle altre. I muri di Kelly erano infatti arancioni, e quando la ragazza era assente, la signora si premurava che la porta rimanesse ben chiusa, per non mostrare quell'aspetto dell'abitazione. Bussò un paio di volte, come aveva fatto all'ingresso. Il contrasto caldo-freddo cominciava a farsi sentire. -Kelly?- chiamò discretamente. -Vattene via!-/ Carol prese un profondo respiro. -Kelly, devo parlarti.  -No!- urlò la ragazza oltre la porta, scoppiando in singhiozzi. -Non fare la bambina e stammi a sentire. Facciamo un patto, ok? Se non ti va di vedermi, allora avvicinati alla porta. Se proprio non vuoi sentire torneró a casa con il cuore ancora più freddo di questa notte invernale. Ci stai?- trattenne il respiro. Trattare con l'amica era sempre stato molto difficile, anche se ormai sapeva come attirare il suo interesse. Sentì dei passi strascicati provenire dall'interno. -Ci sto./ Carol sospirò di sollievo. Era già un passo avanti. -Oggi ho avuto un'amara sorpresa, quindi anche se me lo dovesse chiedere, non andrò mai al ballo con Brian- pronunciare il suo nome fu molto faticoso. -Quindi sono stata una stupida ad essere così testarda, in fondo la tua era una richiesta poco impegnativa./ Sentì l'amica tirare su col naso, appoggiata al legno con l'orecchio. -Perché non vuoi scioglierli?- il tono era quello di una bambina che aveva appena smesso di fare i capricci. Cedeva alla curiosità per affogare l'imbarazzo. Carol sorrise, sentendo un grosso nodo sciogliersi. -Per un motivo veramente stupido. -. Silenzio. -Come mai non vuoi più saperne di lui? - l'interrogatorio arrivò prima del previsto. -L'ho beccato con Amy.-. Quanto faceva male ricordarlo! -Ma é terribile!-/ Quello che più apprezzava elle confidenze con Kelly, era il fatto che la ragazza partecipasse al suo dolore. Quando le aveva accennato che il padre la picchiava, dal momento che i segni erano troppo evidenti, l'amica era scoppiata in lacrime. Era il "catalizzatore di sentimenti", se così si poteva dire. Le parole di Carol, diventavano le lacrime di Kelly, che l'altra non riusciva a versare. -Ma fai entrare? -, chiese, la fronte appoggiata alla porta. Rimase così qualche secondo. Poi la porta si aprì. -Piangerò per te, Carol. Vedrai che ti fará bene.- la abbracciò stretta e l'accompagnò ai piedi del letto, dove erano solite confidarsi. Si sedettero vicine. Kelly aveva tenuto le luci spente e si era raggomitolata in un nido di coperte. C'erano peluche sparsi alla rinfusa ovunque, segno della sua rabbia. -Per i capelli-, disse Carol, deglutendo sonoramente. Aveva deciso di celare solo la parte della fuga di suo padre, onde evitare stupide ricerche da parte della polizia e il suo trasferimento in una casa famiglia, e le scene più cruente, che avrebbero potuto spaventarla. -C'entra il fatto che mi picchia.-/ Kelly rimase in silenzio. -Adesso non ti picchia più?-/-No. Le tremò la voce. Le lacrime avevano iniziato a scorrere silenziose sulle candide guance della promessa sposa, facendo sentire Carol subito meglio, come se piangere fosse lei. Era una serata magica. E, mentre le due condividevano il loro dolore, fuori iniziò a nevicare.
  
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