CAPITOLO
I
27
settembre 2011, 7.30
Annapolis, Maryland
Appena lo scuolabus si fermò Drake tolse la sua cartella dal
sedile accanto con un gesto stanco. Era uno dei tanti gesti meccanici che
faceva per abitudine, mentre ancora assonnato rimuginava sui pensieri mattutini
che in un modo o nell’altro lo aiutavano a uscire dal letargo. Trovava assurdi
i suoi momenti di riflessione, arrivavano sempre nelle situazioni più strane:
la mattina, per esempio, erano quelli che lo occupavano almeno fino all’inizio
delle lezioni. Quando aveva gente a cena, più o meno alla seconda portata, si
ritrovava a fissare il vuoto filosofeggiando su argomenti improbabili; mentre
sceglieva i vestiti da mettere la sera si fermava davanti allo specchio e
guardava la sua immagine riflessa, a volte per minuti interi, per poi
riprendersi con un lieve sobbalzo ritornando confuso nella vita reale. Era
strano, sua madre lo chiamava il “filosofo dei poveri”, tanto per prenderlo in
giro...
D’un tratto Drake si accorse che il silenzio lo invadeva. Si
riscosse non appena notò che la canzone era finita, cercò l’i-pod che era
caduto da qualche parte tra i due sedili, appeso per le cuffie ancorate alle
orecchie. Fu in quel momento che si accorse che lo scuolabus era partito e il
posto accanto al suo era vuoto. “Quel fottuto idiota, l’ha perso di nuovo!”
pensò ridendo, mentre appoggiava di nuovo la cartella sul sedile abbandonato e
pensava ad un’altra canzone da scegliere prima di arrivare a scuola.
“Merda, è tardi! Non posso perderlo anche oggi!”. Nick cercava
affannato il libro di matematica tra i boxer e i calzini, in quel cassetto che
ormai non sapeva più cosa contenesse. “Devo decidermi a riordinare questa
stanza, vacca boia! Che palle, non posso perderlo anche oggi! Si insospettirà!”
diceva, mentre con una mano tastava sotto il letto, tra una palla e lo
skateboard rotto, non trovando il beneamato volume di aritmetica. “Continuerà a
fare domande, e poi si incazza sempre quando perdo lo scuolabus.. Mi ammazzerà
un giorno o l’altro!”. Trovato, sotto al piatto con il sandwich mezzo masticato
del giorno prima, proprio sotto il tovagliolo. Il tempo di mettere il libro
nello zaino e uscire di casa correndo mentre con una mano tentava di chiudere la
cartella, per ritrovarsi in fondo al viale e vedere lo scuolabus che ripartiva.
“Cazzo, anche oggi! Sono morto! ... devo smetterla di dire parolacce!”, e fu
questo il pensiero che tormentò Nick, prima di tornare in casa scoraggiato.
“Bé, questa volta ci vuole una scusa valida!”. Via le scarpe, la maglietta e i
jeans, rapido controllo per non incontrare la domestica, via anche l’intimo.
Appoggiato tutto il vestiario nella tracolla, Nick uscì dal retro, dirigendosi
verso il parco che circondava casa sua.
Jack, il vecchio bidello della Senior High School, era tutto
intento a svuotare i secchi appena usati per l’ultima passata ai pavimenti
della scuola, fuori dall’uscita di servizio che da sul campo da baseball.
“Proprio una bella giornata, e che sole per essere a settembre. Peccato che per
il week-end diano pioggia, e addirittura tempora...” fu in quel millesimo di
secondo che vide qualcosa correre fino a dietro un cespuglio, appena fuori dal
recinto della scuola, nella foresta. Sembrava una figura scura, un po’ più alta
di un umano, e più grossa. Avrebbe detto un animale feroce, ma gli sembrava
strano, così vicini alla città. Si avvicinò per controllare, ma vide che niente
si muoveva dietro agli arbusti. “Eh, povero vecchio, ora anche le
allucinazioni... Serve una pensione qui!” pensò Jack ritornando verso
l’istituto, pronto per l’inizio della giornata. Se si fosse girato, prima di
entrare a scuola, avrebbe scorto la figura di Nick uscire dalla foresta, con i
vestiti un po’ disordinati, e qualche foglia tra i capelli. Si riordinò alla
meglio e guardò l’orologio dirigendosi verso la strada: “Ho ancora un paio di
minuti, vediamo quale balla non gli ho ancora raccontato...”
Drake scese dallo scuolabus sistemandosi la giacca e notò subito
la figura di Nick che si avvicinava al marciapiede guardando in basso. Indossò
il falso viso arrabbiato e giudicatore e si incamminò deciso verso il migliore
amico, con i soliti passi lenti e decisi, mentre l’altro sembrava attendere con
impazienza l’ora del giudizio. Non appena si trovarono abbastanza vicini Drake
aprì la bocca per iniziare a sparare qualche parolaccia all’amico ritardatario,
ma subito lo investì un odore, uno strano aroma che lo mandò per pochi attimi
in visibilio e gli fece dimenticare che in quel momento doveva strigliare Nick.
“E’ strano, ha sempre questo odore quando perde lo scuolabus e me lo ritrovo a
scuola.” fu il pensiero che lo riportò al mondo reale, ma ormai l’amico aveva
già iniziato a chiedergli scusa per l’ennesimo ritardo, raccontando qualcosa
sul fatto che la sorellina Violet non trovasse il peluche e che per questo
continuava a piangere. Aveva addirittura pensato a una scusa abbastanza
credibile, Drake non poteva che perdonarlo. «Sì, sì, non preoccuparti! Non fa
niente, almeno sono stato più comodo io brutto idiota!». Nick rise, con
un’espressione finalmente serena, e insieme si incamminarono verso il cancello
della Senior High School. «Che poi, come cacchio fai ad arrivare sempre prima
dello scuolabus?» chiese Drake, la domanda che si poneva da sempre, senza mai
ottenere una risposta; «Mmh... I miei, mio padre mi ha portato prima di andare
al lavoro... sai che lui corre in auto!». La solita risposta, falsa. Drake
sapeva che il padre di Nick andava al lavoro molto prima delle 7.30, ma ormai
non faceva più caso alla stessa bugia che il migliore amico gli raccontava. Non
voleva forzarlo, sarebbe stato stupido, quando Nick sarebbe stato pronto gli
avrebbe detto la verità. Non voleva pretendere troppo, e tantomeno osare
troppo, specialmente dopo quell’estate, e ciò che era successo quell’estate;
Drake sapeva che era cambiato qualcosa, l’aveva capito, e ormai l’aveva
metabolizzato, ma non poteva correre troppi rischi. Doveva dare a Nick il tempo
di capire, non sapeva quanto dovesse aspettare, l’amico sapeva essere molto
imprevedibile quando si trattava di tempi. A volte era così rapido a
comprendere le situazioni che Drake si spaventava; un sesto senso incredibile
che lo portava a capire quello che gli si chiedeva ancora prima che gli si
fosse posta la domanda, ed era abbastanza comodo quando il troppo timido Drake
aveva paura, o vergogna a chiedergli qualcosa. Poi invece c’erano momenti in
cui sembrava non accorgersi di niente, il buio più totale su quello che stava
succedendo, e in quel periodo Nick sembrava proprio vivere nell’ignoranza
assoluta di tutto ciò che gli stava accadendo attorno.
«Allora Drake, ci sei oggi?» quella voce melodiosa, la conosceva
bene! Veronique, cara amica, nonché capo cheerleader. «Ti ricordo che dobbiamo
provare la nuova coreografia, ci servi caro maschietto!» disse la ragazza
sorridendogli. «Come potrei mancare, Veh? Mi uccideresti dopotutto.» «Infatti,
quindi vedi di non tardare! Buona giornata tesoro! Ciao Nick.»
Un lungo momento di silenzio pervase i due dopo che la ragazza se
ne andò. Non era un silenzio imbarazzante, più che altro era preparatorio:
Drake sapeva cosa avrebbe detto Nick, e Nick sapeva che quello che avrebbe
detto avrebbe dato fastidio a Drake; ora, tutto stava nel cominciare la solita
discussione.
«Non dirlo. È inutile, e lo sai.» decise di iniziare Drake «Non mi
farai cambiare idea. Qualunque cosa tu dica.»
«Comunque non ho detto niente.» Ribatté l’altro.
«L’hai pensato, l’ho visto dagli occhi. Non sono scemo.»
«Senti... sai come la penso, non apriamo la solita discussione...»
«So che cosa pensi, è proprio per questo che non puoi pretendere
che faccia finta di niente!»
«Drake, cosa ci posso fare se secondo me un ragazzo che fa il
cheerleader è una cosa... strana? Non puoi dire che non lo sia, quanti ragazzi
conosci che fanno quello sport?»
«Tutte le scuole hanno almeno un cheerleader maschio, lo sai! E
poi non capisco che problemi ci siano, dopotutto devo tenere delle ragazze in
aria! Che male c’è?»
«Non è visto come uno sport molto...»
Tentennava, voleva usare il termine più giusto, o meno sbagliato
«... mascolino?!»
Drake rispose secco «Non mi interessa. Deve piacere a me, e a me
piace. Cosa mi può interessare di quello che dicono gli altri?» e qui la
conversazione sarebbe finita, qualche minuto di silenzio e poi si sarebbe
aperto qualche altro discorso. O almeno, così accadeva di solito. Ma Nick
voleva uscire dagli schemi quella mattina, e non lasciare l’ultima parola al
migliore amico.
«E invece dovrebbe interessarti. Insomma, come fai a vivere in una
città e fregartene se tutti ti prendono in giro per lo sport che fai? Non
riesco a capire perché la cosa non ti turbi!»
«Perché se dovessi fare le mie scelte in base all’opinione
pubblica quelle scelte non sarebbero più mie, Nick! Insomma, come fai a non
capire? Si tratta di uno sport, non deve condizionare tutta la mia vita per
forza! E poi parli come se fossi un passivo che i bulli perseguitano ogni
giorno!» Drake era deciso a terminare quella discussione, ed uscirne vincitore.
Per quanto volesse bene a Nick doveva fargli capire che la sua vita era
gestibile solo da se stesso.
«Il fatto che non sei “soggetto a violenze” non vuol dire che gli
altri non sparlino di te» Nick, eterno paranoico, non voleva di certo limitare
le libertà dell’amico, era solo sinceramente preoccupato per lui.
«E tu lasciali parlare, prima o poi si stuferanno e troveranno
qualcosa di più divertente. Tu dai troppa importanza ai pettegolezzi.»
« Io non do troppa importanza ai pettegolezzi, semplicemente non
li sottovaluto come fai tu!»
«Ma ti prego, ogni volta che fai qualcosa ti chiedi cosa ne
penserebbe l’intera scuola di te, basi le tue scelte su quello che gli altri
potrebbero dire!»
«Io baso le mie scelte sul mio stile di vita, è che tento anche di
conformarmi il più possibile alla società.»
«Sì, come no!»
«Non ci credi? Senti caro, a me basterebbe essere convinto di una
cosa e volerla, a questo punto me ne fregherei dell’opinione pubblica.»
«Qualunque cosa?» Drake sembrava, era veramente colpito.
«Qualunque cosa!» Nick era sicuro, non poteva di certo passare per
la pecora che segue il gregge. Non lo era, e doveva dimostrarlo.
Drake iniziò a sudare freddo, i suoi pensieri diventavano pesanti
e non riusciva più a trattenersi «Quindi per esempio...» Non credeva davvero
che lo stesse per dire. Non poteva dirlo, troppo azzardato. Non doveva dirlo,
troppo sbagliato! Ma ormai la frase stava prendendo forma sulle sue labbra, e
Nick era troppo attento per non capirla, anche se Drake si fosse zittito
all’improvviso. «... per te non ci sarebbe alcun problema a...»