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Autore: The queen of darkness    25/07/2012    2 recensioni
Un ragazzo con una voce straordinaria. Una ragazza che ne rimane affascinata. Un amore indissolubile. E la nascita di un mito inventata da me.
[questa è la mia prima Fanfiction e, vi prego, recensite! :)]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Jeordie lo stava osservando incuriosito. Avevano trovato un posticino tranquillo nel locale semi-affollato, e lui aveva subito scostato tutti i capelli dalla parte della spalla verso la finestra, mentre copriva la parte esposta del viso con una mano appoggiata alla mascella, come se si stesse annoiatamente sostenendo la testa. -Hey amico, ma che fai?-, gli aveva domandato il bassista. Brian aveva spiegato a grandi linee celando molte cose, soprattutto riguardo ai suoi sentimenti e al progetto di invitare Carol al ballo, ma credeva che l'amico avrebbe capito comunque. -Quindi-, concluse, - quando arriva fammi un segnale./Un segnale?- chiese l'altro, senza capire. -Ma sì! Un segnale, un cenno./ -Ma che tipo di cenno?- ribadì Jeordie. -E io che ne so? Inventati qualcosa! Detto questo cominció a guardarsi nervosamente in giro. Intanto il musicista aveva preso il menù: -Dunque, dato che il mio amico qui presente è così gentile da offrirmi qualcosa, penso che prenderó un panino molto unto e costoso, accompagnato da triple patatine fritte, una coca, un caffè...- Jeordie era tutto assorto nello sfogliare pagine. -E, dal momento che insisti anche delle uova strapazzate./ -Jeordie, piantala -, disse Brian, intravedendo della stoffa azzurra da dietro il bancone, seminascosto da una pianta. -D'accordo, allora vorrà dire che prenderò anche le salse...-, disse, e gli strizzò l'occhio. -Era quello il segnale?- bisbigliò Brian. -Sì, idiota!- sussurrò di riamando l'amico. 3...2...1. Si raddrizzò alla svelta sistemandosi i capelli e dandosi un'aria normale. E poi la vide. Osservò ogni dettaglio della divisa azzurra che scopriva i polpacci perfetti, il grembiulino bianco, le scarpe di tela dello stesso colore, e la sua espressione che si raffreddava non appena lo identificò. Ciò lo fece soffrire come un cane, ma inghiottì il dolore. -Ragazzi! Ma che sorpresa! Prego, ditemi pure.   Aveva parlato al plurale ma continuando a fissare Jeordie. Brian aveva la lingua incollata al palato. All'improvviso, quella che gli era parsa una buona idea, diventò un emerita cavolata. Il bassista sorrise un po' imbarazzato, e si lanciò in una lunga e dettagliata ordinazione, indicando il cibo sul menù plastificato. Carol lo seguiva con eccessiva attenzione, scribacchiando sul suo taccuino. Stava facendo di tutto per ignorarlo,e la cosa lo fece sentire peggio. Pensò terrorizzato al momento in cui anche lui avrebbe dovuto inventarsi qualcosa, e tutto il cibo che Jeordie stava ordinando era solo un modo per fargli prendere tempo. La sua espressione diceva "ora o mai più". Fece una piccola pausa,per dargli il tempo di intervenire. Il cervello di Brian si frisse come tutte le cose elencate dall'amico. La prese per il polso (quant'è sottile!) e disse: -Ti devo parlare.  Carol si voltò lentamente verso di lui. -Non credo proprio-, ribadì con fermezza. -Sto lavorando, nel caso non te ne fossi accorto./-Lo so, ma io devo farlo lo stesso.  Possibile che quando parlava con lei, tutte le cose intelligenti da dire sparivano? Vide l'indecisione attraversare quel viso così bello, facendo breccia nella freddezza. Con la voce che si ritrovava, ogni cosa detta sembrava un ordine. E ciò, in quel momento, giocò a suo favore. Vide le labbra rosse e carnose serrarsi e schiudersi, poi sentì il polso che fuggiva dalla sua delicata stretta. -Jeordie, puoi scusarci un momento?-, chiese con un filo di voce. Il musicista sorrise quasi fino ad aprirsi da solo la faccia. -Ma certo, ovvio, sicuro!-, disse, così in fretta da mangiarsi le parole. Stavolta fu Carol a prendergli il polso con le sue ditine sottili, a guidarlo verso il retro del locale. Brian si sentiva leggero, come se gli avessero tolto un'incudine dallo stomaco. Vide Carol appoggiare distrattamente l'ordinazione sul bancone, facendo un cenno all'altra cameriera, un po' attempata. Aprì la porta sul retro, rivelando una piazzola con dei cassonetti e qualche cartaccia per terra. Non era decisamente un posto romantico, ma a lui andava bene lo stesso. La ragazza si strinse le braccia sul petto. La divisa non aveva le maniche. Lui subito si sfilò la giacca e gliela porse. Vide una certa esitazione, ma poi la prese e la indossó. Sembrava ci fosse caduta dentro. -Allora?-. Si finse impaziente, ma si vedeva che era stanca. E triste. Si sentì male, per averla fatta rattristare. -Sai, qualche giorno fa, fuori da scuola...- non aveva parlato con troppa convinzione. Carol lo interruppe: -Se é per la storia di Amy, o come si chiama, non devi darmi nessuna spiegazione. Vi ho visti per sbaglio, non volevo spiarvi, ma me ne sono andata subito - stava guardando altrove.-non erano affari miei, e so di aver sbagliato. Mi dispiace. Ho ritenuto opportuno non infastidirti con 'sta storia dell'accompagnarmi perchè, sai, se sei già impegnato con Amy... -si interruppe per cercare il termine giusto. -Non dovrei tenere il piede in due scarpe?- azzardò lui, per maledirsi subito dopo. -Esatto-, disse lei. Ora sembrava davvero triste, e anche disillusa. Come se si fosse ripetuta la stessa cosa per molto tempo, e ora aveva avuto l'amara conferma. Brian si stava mentalmente insultando. -Amy e io non stiamo insieme. -  La vide spalancare quegli occhioni che amava tanto, come se fosse davvero una sorpresa, per lei. Con un dolore sordo nel petto continuó, deciso a concludere il discorso. -Sai il ragazzo che è stato espulso? Quel secchione sfigato, quello.... - la ragazza annuì in fretta, per fermare il fiume di epiteti non molto gentili. -C'entra la Sullivan in questa storia. Era venuta da me per quelle foto: voleva che gliele pubblicassi io. Era..disgustosa - fece una smorfia, ricordando l'odore dolciastro del profumo della cheerleader. -Disgustosa? Amy Sullivan? - Carol rise senza divertimento. Sembrava più sollevata di prima. Aveva ripreso colore. Ma un dettaglio, che sperava non dipendesse da lui, gli risultava diverso. Ricordava bene il corpo della ragazza contro il proprio e, grazie all'uniforme relativamente stretta, poteva avere una prova visibile che confermasse i suoi sospetti: Carol era dimagrita. Un sacco, anche. Rimaneva bella ugualmente, tuttavia quella perdita di peso così significativa in poco tempo... -Volevo chiederti una cosa.  Non era riuscito a fermarsi. Averla così vicino, dopo tanto tempo, lo faceva sentire strano. E, come altre volte gli era capitato, le parole gli erano sfuggite dalle labbra, non poteva più rimangiarsele. -Che cosa?-, domandò lei, titubante. -Ecco, vedi, stavo pensando, sempre che tu non abbia nulla da fare, o che non ti dia fastidio, sai, non voglio spaventarti, io.... - Ma che idiota che sono, ma che idiota che sono, ma che idiota che sono. Era sicurissimo di essere arrossito, garantito al 100%. Inoltre, il suo discorso non andava da nessuna parte. Carol lo guardava divertita, forse prendendosi gioco di lui. -Brian.- La sua voce era molto autoritaria. -Vai dritto al punto./ -Io... Volevo invitarti al ballo.-. Ecco. L'aveva detto. Non era morto nessuno, ma aveva fatto una fatica bestiale. La ragazza lo fissò per un lungo istante. La fretta di prima era completamente svanita. Chissà cosa pensava di lui. Naturalmente avrebbe detto che era patetico, oppure che era stato gentile, ma ci andava già con altro. E in quel momento il "crack" del suo cuore spezzato sarebbe stato udito fino al Polo Nord. La risposta che ricevette, invece, andava contro ogni aspettativa. -Dici sul serio?-, aveva mormorato la sua Regina. Lui aveva annuito, in preda a forti emozioni. Sentiva il battito cardiaco rimbombare in tutto il corpo, come se fosse vuoto. Vide gli occhi di Carol, nerissimi, riempirsi di luce, anche se non credeva che potesse succedere. La ragazza, come in un sogno, annuì, lentamente, ma senza indecisioni. Prima di poter riflettere, tutta la tensione si manifestò in un sospiro, lungo e atteso, e vide le sue braccia come se appartenessero ad un altro stringere quel corpicino esile e magnifico. Sentì la rigidità iniziale di Carol dovuta alla sorpresa e poi, con suo stesso sconvolgimento, si ritrovò a baciarla. Dapprima piano, dolcemente, sentendola come paralizzata. Fu incitato a continuare quando sentì le labbra meravigliose della sua Regina schiudersi in un movimento bellissimo. Un misto di emozioni fortissime lo travolse. Il suo corpo era tempestato da sentimenti impazziti, ma nel punto di contatto, bollente, c'era una calma assoluta. Sentiva il corpo di lei tra le sue mani, ma non permise a se stesso di andare oltre, lasciando solo scorrere le dita colpevoli sulla schiena, a fermarsi sui fianchi dolci della giovane donna. Con l'ultimo brandello di autocontrollo che gli rimaneva, frenò la sua passione quel tanto che bastava a trattare quell'agognato corpo con tutto il rispetto che meritava. Sentì quasi di fondersi con lei, mentre reagiva come un assettato immerso in una fresca sorgente. Il freddo, il vicolo, i cassonetti, l'amico che si era goduto tutta la scena, scomparvero. Lei si staccò, e gli sussurró a fior di labbra: -Brian, scioglimi i capelli. Lui, ebbro di gioia e ormai completamente suo, cercò delicatamente l'elastico della coda di cavallo, rubando qualche carezza. La sua ragione era in completo blackout. Trovò il suo obbiettivo e lo sfilò delicatamente, senza trovare la resistenza di nessuna forcina. Sentì subito quel torrente ramato simile a una cascata riversarsi sulle spalle della giovane, a solleticargli le guance. Ora non erano più solo le ciocche del cantante a giocherellare sulle guance altrui. La sentì sospirare, il corpo in preda ad un fremito incontrollabile, mentre lui le accarezzava i capelli, ora sciolti e fluenti. -Cosa c'é?, sussurrò lui, temendo di aver fatto qualcosa di male. Lei lo guardò dritto negli occhi. Aveva una mano sul collo del giovane e l'altra intrecciata nella sua chioma nera e ribelle. -Hai appena liberato la mia anima-, disse. E lui seppe, guardandola, che non era mai stata così felice.
  
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