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Autore: Jules_Black    25/07/2012    13 recensioni
Gennaio 2018.
Harry e Albus passeggiano tra lapidi immacolate, calpestando la neve invernale.
"- Papà, e questa ragazza chi è?
Harry si volta e vede Albus indicare una Lavanda Brown che, con il suo enorme sorriso, lo saluta.
- Lavanda- risponde semplicemente, e ricorda tutte le volte che lei l’aveva fermato per il corridoio in cerca di Ron-Ron. Hermione voleva salvarla -voleva davvero- ma è morta, spezzata, insanguinata, sul pavimento della Sala Grande. Harry sospira."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Gennaio 2018 – venti anni dalla fine della Seconda Guerra Magica

 

 

Harry cammina lungo il sentiero innevato – un passo dopo l’altro – mentre Albus, al suo fianco, ancora non capisce perché il padre abbia misteriosamente deciso di riportarlo ad Hogwarts di persona, approfittando per una volta della sua influenza e dell’amicizia con il preside Paciock. E Albus non capisce nemmeno perché si stiano dirigendo proprio lì, nei prati più lontani dal portone d’ingresso, dove, da vent’anni, lapidi bianche come gigli luccicano, immemori del tempo che sta passando e che passerà. Albus non ci è mai stato, sebbene ci sia zio Fred sepolto da qualche parte, lì.
– Papà, credo di non capire – mormora Albus, mentre suo padre cammina spedito, come se la sua destinazione fossero proprio le tombe marmoree.
– Capirai presto, Albus – gli risponde criptico Harry, sorridendogli enigmatico.
– Mi sembri zio Ron quando ha combinato un guaio e non vuole dirlo a zia Hermione – risponde il ragazzino, alludendo a chissà quale disastro.
– Se ti riferisci alla storia delle vacanze di Natale in Bulgaria di Rose, Ron non aveva proprio tutti i torti – ammette Harry, scuotendo la testa.
– Rose voleva solo… – protesta Albus, cercando di difendere la cugina preferita, ma qualcosa nell’espressione severa del padre lo costringe a non proseguire la frase.
– Siamo quasi arrivati – risponde invece Harry, affrettando il passo verso le tombe, più di cinquanta.
– Perché siamo venuti proprio qui? – chiede ancora Albus, trovando il comportamento del padre alquanto strano.
– Perché sono passati venti anni, Albus, e devo presentarti delle persone – risponde evasivo Harry, addentrandosi tra le pietre tombali e cercando tra i nomi qualche persona in particolare.
– Persone? Qui, nel cimitero di Hogwarts? – domanda, incredulo, il bambino; aspetta di trovarsi davanti qualche persona in carne ossa da un momento all’altro. Harry gli fa cenno di seguirlo, ma non risponde. Si ferma davanti a una lapide con fiori freschi; fiori blu.
– Albus, ti presento Remus Lupin, il padre di Teddy! – esclama sicuro Harry, tendendo una mano verso la tomba immacolata di Lunastorta.
– E sua moglie, Ninfadora. Ops, Tonks – si corregge velocemente Harry. Albus lo guarda come se fosse impazzito.
– Io li conosco già! Voglio dire… So chi sono!
– E sai anche che Remus è stata la persona potenzialmente più pericolosa, a parte Riddle, che io abbia mai conosciuto? E che tuttavia è stato lui a salvarmi da tante paure, tante ridicole paure? – lo anticipa Harry, con un grande sorriso. Albus inizia a capire.
– E sai anche che Tonks mi ha fatto capire la differenza tra l’amore, l’amore giusto, l’amore facile, e l’amore vero? Ho quasi Maledetto zia Hermione per raggiungere Ginny dopo una furiosa litigata che rischiava di mandare a monte tutto – spiega Harry, sorridendo al ricordo della scena idilliaca in cui lui, inseguito da una inferocita Hermione, cercava disperatamente Ginny sotto la pioggia fitta di Londra; perché Ginny era sempre stato l’amore vero, e lei lo aveva amato nonostante tutto, nonostante la sofferenza. Albus alza gli occhi al cielo.
– Papà, queste romanticherie! – lo prende in giro il bambino, ma riesce a vedere quegli occhi verdi – i suoi occhi verdi – che brillano. Harry fa qualche passo in avanti.
– Ed ecco zio Fred – dice soltanto, sfiorando con l’indice la data di nascita e la data di morte; date troppo ravvicinate.
– Cosa ti ha insegnato lui?
– Fred? A ridere; ridere come se la vita fosse davvero appesa a un filo traballante che, zac!, può spezzarsi all’improvviso – risponde Harry, ricordando le infinite volte in cui Fred e George avevano portato un po’ di calore, un po’ di divertimento, nella Torre circolare di Grifondoro.
– Com’è successo con lui? – chiede serio e triste Albus. Harry gli scompiglia i capelli.
– Come non succederà più – promette, solenne, perché lui ha sconfitto il male in persona e ce l’ha fatta.
– Quante altre persone sono… Zac! Voglio dire… – continua incerto Albus, guardandosi intorno.
– Guarda, guarda qui – mormora Harry, indicandogli la tomba di Colin Canon. Una fotografia magica, ironia della sorte, lo ritrae sorridente. Albus si avvicina e si accosta a quel viso magro, un viso magro felice.
– Lui… Cosa ti ha insegnato?
– Che per i propri ideali si può morire e che non serve avere diciasette anni per combattere e prendere in pieno una Maledizione – spiega Harry, sorridendo suo malgrado. Colin sembra così allegro, così in pace. E Harry spera che sia davvero così, che in un altrove senza spazio e senza tempo, lui sia felice.
– Papà, e questa ragazza chi è?     
Harry si volta e vede Albus indicare una Lavanda Brown che, con il suo enorme sorriso, lo saluta.
– Lavanda – risponde semplicemente, e ricorda tutte le volte che lei l’aveva fermato per il corridoio in cerca di Ron–Ron. Hermione voleva salvarla – voleva davvero – ma è morta, spezzata, insanguinata, sul pavimento della Sala Grande. Harry sospira.
– Papà, tutto b–bene?
Albus si avvicina, ma Harry lo prende per mano e lo trascina verso una fila di tombe distante dalle altre. La grande tomba di Silente lo sta aspettando.
– Ed ecco qui la persona che mi ha guidato per tutto questo tempo… – sussurra Harry al figlio emozionato, che posa la mano sul marmo bianco, seguendo le linee del tempo e l’incrinatura della pietra. Harry sfiora la propria cicatrice.
– E’ stata una brava guida? – chiede innocentemente Albus. Harry ripensa ai ricordi di Piton visti vent’anni prima, alla carne da macello che lui stesso era, l’Horcrux ultimo che doveva distruggere. E ripensa alle parole del vecchio Preside a King’s Cross, la stazione della sua ultima fermata, la stazione da cui è ripartito per sconfiggere il male.
– La migliore del mondo – dichiara Harry sicuro; si sposta appena di qualche passo per incontrare gli occhi neri di Severus Piton incastonati in un’altra fotografia magica.
– Lui è… Lui è la persona più coraggiosa che tu abbia mai conosciuto? – mormora Albus, ipnotizzato dall’uomo ritratto, con i capelli neri e unti e una faccia seria, troppo seria.
– Non sembra molto simpatico – dichiara Albus, osservandolo con attenzione.
– Eppure mi ha insegnato che esiste qualcosa di più grande dell’immortalità, della gloria, del potere… Mi ha insegnato che si può amare una persona anche quando questa non c’è più e combattere per lei.
– Un po’ come hai fatto tu per nonna Lily e nonno James, no?
Harry rimane colpito dalle parole del figlio.
– Esatto, Albus. E come ho fatto per Sirius, per tutti loro.
– Perché Sirius non c’è? Doveva essere un tipo simpatico… – chiede Albus, temendo la risposta, o la reazione, del padre.
– Perché Sirius… Beh, perché Sirius era speciale, ed è morto in un modo speciale– risponde, con un sorriso. Albus non capisce quella risposta, ma sa che nel sorriso del padre c’è tutta la risposta.
– Papà, qui c’è anche… Riddle? – domanda, effettivamente curioso.
– Tom Orsovolon Riddle è sepolto laggiù, lontano da tutti – risponde laconico Harry, indicandogli una tomba nera lontana.
– Non vai a trovarlo?
– Perché dovrei?
– Non si sentirà tutto solo, lì, senza nessuno che va a trovarlo? Senza un fiore?
Harry si emoziona davanti alla bontà del figlio e si abbassa, lo bacia sulla fronte.
– Non ha mai voluto nessuno con sé, Albus. E’ la sua punizione. Non è mai stato in grado di amare.
Harry si alza e prende per mano il figlio, risalendo verso il castello attraverso il dedalo di lapidi, fermandosi ogni tanto per ricordare questa o quella persona, questo o quell’amico. I loro volti sono sorridenti e giovani e belli, nonostante i vent’anni trascorsi, nonostante la neve, la pioggia, nonostante le lacrime cadute ad una ad una sulla pietra. Ed Harry è felice di trovarsi lì, di aver combattuto per loro, di aver lottato, anche per le persone i cui nomi non sono incisi tra quelle pietre. Per Cedric, per sua madre e suo padre, per Moody, per quel milione di persone che lo hanno sostenuto. Per quelle che hanno creduto in lui, andando a Godric’s Hallow, lasciando il segno del loro passaggio su un vecchio cartello di legno. Per tutti.
Raggiungono l’ingresso e Albus si volta, stringendosi un po’ di più nella sciarpa verde–argento.
– Papà, perché mi hai portato qui oggi? – chiede all’improvviso, rosso per l’emozione.
– Perché io e te siamo molto simili Albus, e meritavi di conoscere chi ha combattuto per me, per questa scuola, anche per te. E perché sono sicuro che tu avresti capito quanto loro, tutti loro… – dice, sicuro, voltandosi verso le lapidi che gettano tetre ombre contro la neve – … meritano un enorme, sincero, intenso, “grazie”.

   
 
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