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Autore: luna_09    26/07/2012    0 recensioni
Che dire... mi è venuta in mente mentre ascoltavo Moster dei BigBang, e l'ho subito scritta... poi l'ho riscritta qualche cinque volte, questa è l'ultima... spero vi piaccia...
Bacy
Luna_09
Ps: one-Shot
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I’m not a Moster!!!

 

Aprì gli occhi, e lentamente mise a fuoco. Si tovava in una stretta stradina, buia e isolata, lo riconobbe all’istante, era quel piccolo vicolo in cui aveva passato la maggior parte della vita a nascondersi dalla luce del sole. Si alzò in piedi, e si mise a camminare. Il cielo era scuro, nonostante le poche nuvole. All’improvviso, una voce perforò il silenzio della strada, costringendola a girarsi con un piccolo scatto.
 
La voce  era lontana, ma ben chiara all’udito della ragazza.
 
-Prendetela, a costo della vostra stessa vita!!! La voglio morta!! –urlò il generale ai suoi militari, che a quelle parole presero a correre in cerca di lei.
 
Gli venne in mente quello che era appena accaduto, e prendendo un grosso respiro, iniziò a correre. Si era messo a piovere, però la ragazza, non smise di correre anzi affrettò ancora di più il passo. Ogni tanto si girava a guardare se qualcuna la inseguiva, scostando davanti gli occhi le ciocche dei lunghi capelli neri mossi, ormai fradici di pioggia e sudore.
 
Si fermò un attimo per prendere fiato, e tese l’orecchio al rumore: sentì degli spari, e poi silenzio... e infine il suono di uno stivale maschile, sbattere contro il cemento bagnato, poi rialzarsi e ricadere.
 
Sentì uno sparo, urla di persone sicuramente innocenti, e poi il silenzio...
 
Riprese a correre, più velocemente che poteva, dopo un pò, pensò di averli seminati, l’unico rumore che riusciva a sentire era lo strofinare dei jeans nella disperata corsa, e il cadere delle numerose gocce sul cemento ormai colmo.
 
Un altro urlo in una lingua sconosciuta, e il suono soffocato del suo respiro stanco e affaticato, un altro urlo, però questa volta la sorprese, lo sentì vicino, come se fosse dietro di se.
 
Si girò a guardare, un uomo alto, muscoloso, capelli rosso fuoco, e occhi blu come il mare in tempesta, con la tuta verde militare, e sul petto, a sinistra, un numeretto che indicava il numero di matricola del militare. La inseguiva.
 
Girò in un vicolo, cogliendolo alla sprovvista, e seminandolo. Continuò a camminare, e si fermò solo quando vide che un vicolo ceco si presentava davanti a se, e proprio lì una piccola porta per metà rovinata.
 
Entrò, e chiuse la porta cercando di non fare rumore, strofinò la schiena, fino a ritrovarsi a terra, con le gambe al petto, e la testa delicatamente trattenuta dalla porta.
 
Tirò un sospiro di sollievo, e prese una candela che si trovava lì a terra. Frugò nelle tasche del jeans e trovando un piccolo pacco di mammiferi, ne prese uno dallo scatolo, che poi buttò a terra, e lo accese in un batter d’occhio, lo avvicinò alla candela, che si accese illuminando la stanza.
 
La prima cosa che notò di quella piccola stanza fù una grande scritta sul muro, che dal colore che assumeva doveva proprio essere sangue.
 
“Non essere ciò che gli altri vogliono che tu sia, ma quello che tu veramente sei...” diceva la scritta e “Ti voglio bene nonostante quello che tu sei, La tua Mamma...”. Rimase spiazzata da quelle parole. “Come faceva a sapere?” si chiese istintivamente. Una calda lacrima le rigò il viso.
 
-Bene!!!- esclamò poi – se è questo il capo linea, lo farò, ma come la natura mi ha generato realmente... –disse facendo cadere la candela a terra che si spense in un colpo.
 
Ora l’unica cosa che illuminava la stanza erano i suoi occhi azzuri fosforescenti.
 
La sensazione di caldo improvviso le attrversò il corpo, e in poco tempo si trasformò in bruciore, così forte da costringerla a buttarsi in ginocchio per terra. Sentiva i denti allungarsi e diventare sempre più appuntiti. I vestiti si stappavano, e cadeano sul pavimento come stracci, le unghia allungavano, e si contorcevano, il petto si allargava, diventando come quello di un enorme orso, i viso s’ingrandiva, sempre di più,  e il pelo lungo nero, cresceva ovunque sul suo corpo.
 
Era accaduto di nuovo ma per l’ultima volta. I suoi stupendi occhi azzurri contastavano il colore del pelo nero come la notte vedeva la poca luce che entava dagli spiragli della porta.
 
Quest’ultima  si spalancò sbattendo contro il muro, e illuminando la stanza con la poca luce che fuori c’era.  L’uomo che poco prima la inseguiva, entrò tranquillamente, ed estraendo il fucile dalla  custodia appesa alla cintura nera, disse:
-Come può una creatura così meravigliosa, trasformarsi in un essere così mostruoso?
Le puntò il fucile, dritto verso il cuore, ma prima che lui potesse sparare, lei urlò con la grossa voce della bestia che era in lei:
-I’m not a moster...
Dopo di che abbassò la testa e aspetto la fine. “mi dispiace” mormorò il militare premendo il grilletto...
Poi, nulla, il silenzio, il buio e la notte erano scesi sopra una creatura che l’umanità non avrebbe mai voluto conoscere.

   
 
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