Terza Parte
Jonghyun & Kibum
Era
successo tutto
velocemente, in modo totalmente irrazionale. Kibum aveva aperto la
porta della stanza e lo aveva visto: il ragazzo più bello su
cui i
suoi occhi si fossero mai posati fino ad allora. La pelle leggermente
bronzea, le braccia muscolose e sul volto un'espressione divertita e
sprezzante. Non si era fermato ad immaginare nemmeno per un momento a
come sarebbe potuta apparire la persona a cui aveva preso il
giubbotto, ma ora che lo aveva davanti agli occhi si rendeva conto
che nessuna fantasia avrebbe mai retto il confronto con la
realtà.
«Ciao» disse con la voce di due tonalità
più alta di
quanto non fosse di solito. Non riusciva a capire perché si
stesse
agitando tanto, dopotutto non aveva motivo per cui preoccuparsi. Era
sicuro che tutte quelle emozioni che stava provando fossero collegate
all'aspetto fisico del ragazzo. Nonostante quello che si diceva su di
lui (che fosse frigido, asessuale, completamente disinteressato a
chiunque), era un ragazzo di diciannove anni con gli ormoni in
subbuglio, e quel ragazzo i suoi ormoni li stava accendendo tutti.
«Buona sera. Penso di avere qualcosa di tuo» il
ragazzo con i
capelli mori gli sorrise, porgendogli poi il suo cappotto di Gucci.
Kibum aveva dovuto lavorare extra come barista per un sacco di sere,
prima di poterselo permettere. Si sentiva sollevato nell'averlo di
nuovo, gli sarebbe dispiaciuto se tutto i suoi duri sforzi fossero
stati persi per sempre. Tuttavia, il suo conforto sparì
quasi
subito. Nel momento in cui le loro dita si toccarono, Kibum senti
come una scossa elettrica percorrergli il corpo, facendogli venire la
pelle d'oca. Ma cosa gli stava succedendo? Per un
attimo
sospettò che qualcuno potesse avergli messo qualche strano
afrodisiaco nel drink, in discoteca, ma non poteva essere possibile
che questo stesse reagendo così tanto tempo dopo. No, se il
suo
corpo era così “reattivo” era senza
dubbio per colpa di quella
persona. Deglutì a vuoto, sentendo la gola improvvisamente
secca, e
poi tirò le labbra in un sorriso impacciato.
«G-Grazie.»
Appoggiò il proprio indumento contro il bordo del letto, non
riuscendo a dire nemmeno mezza parola. Era grato di non poter leggere
nella mente delle persone, perché era sicuro che l'altro
stesse
sicuramente pensando a lui come un perfetto idiota, incapace di
iniziare una conversazione e rompere il ghiaccio. Il moro aveva
manifestato, al telefono, l'interesse di rimanere anche lui in quella
stanza di hotel per quella notte, quindi si presumeva che dovessero
parlare, prima o poi. Sarebbe stato tremendamente
imbarazzante
il contrario.
Kibum si schiarì la gola, cercando dentro di sé
un
po' di calma e ripetendosi che quell'atteggiamento non lo avrebbe
condotto da nessuna parte.
«Quando
mi sono
accorto dello scambio mi sono davvero preoccupato. Non potevo tornare
indietro, ma non avevo nemmeno le chiavi di casa per tornare a casa.
Avevo davvero paura di aver perso tutto!» Si
umettò le labbra. «Mi
dispiace di averti causato tanto problemi.»
«Ehi, di che ti
preoccupi? Non è stata colpa tua, no?» il ragazzo
alzò le spalle.
«Comunque il mio nome è Kim Jonghyun. Tu hai detto
di chiamarti
Kibum, prima, non è così?»
Non riusciva a capire come l'altro
potesse essere tanto rilassato e tranquillo, mentre lui si sentiva
teso quanto una corda di violino. Kim Jonghyun, lo
conosceva
da cinque minuti e aveva già reso poltiglia il cervello di
cui Kibum
era sempre andato molto fiero. Si domandò se fosse questo
quello che
la gente chiamava il famoso “colpo di fulmine”, ma
era sicuro di
averci preso. Quel ragazzo lo attraeva terribilmente.
«Hai
già ordinato lo
Champagne, vero?» Jonghyun si mise comodo, sedendosi sul
bordo del
letto e reclinando la testa indietro. Il suo volto era ancora
più
bello ora che poteva guardarlo bene. Era davvero perfetto. I suoi
occhi erano grandi e rassicuranti, la linea del suo naso dritta, le
sue labbra carnose. Era il suo tipo. Non riusciva
a smettere
di domandarsi a cosa si provasse a sentirsi quella bocca addosso, ad
essere guardato da quegli occhi profondi, ed essere stretto da quelle
braccia muscolose. Respirò piano, sentendosi più
caldo. Doveva
smettere di pensare a certe cose e rimanere con i piedi ben piantati
a terra. «Sì, prima. Il servizio in camera
è stato davvero veloce,
dovresti lasciargli una mancia.»
«Dato che pago io, potresti
anche lasciargliela tu!» il ghigno che si era formato sul
volto di
Jonghyun era puramente provocatorio, e Kibum non sapeva se prendere
le sue parole sul serio o per scherzo. Decidette di non sbilanciarsi
troppo e di ricambiare il ghigno.
«Oh, sì, potrei. Dopo tutto il
cameriere era davvero carino. Non mi dispiacerebbe se mi
notasse~»
Era un atteggiamento civettuolo, ma doveva assolutamente capire se
Kim Jonghyun era interessato ai ragazzi. Nel caso,
avrebbe
significato possedere una mezza possibilità, e lui quella
fantomatica “mezza possibilità” voleva
sfruttarla al meglio.
«Ma
davvero?» Jonghyun ridacchiò, passandosi una mano
trai capelli.
«Quindi sei già interessato a qualcun altro?
Peccato.» gli fece un
occhiolino e Kibum, per la seconda volta nella serata, si
sentì come
se avesse ricevuto una forte scossa. Stava scherzando o era
serio?
«Beh, non avevo ancora visto il mio
“compagno di
stanza”» Kibum prese la bottiglia di vetro e la
estrasse con
delicatezza dal secchiello pieno di ghiaccio, prima di aiutarsi a
reggerla con l'asciugamano che il cameriere aveva portato.
«Chi si
aspettava che avrei incontrato una specie di super modello?»
ridacchiò, ma aveva paura di essersi spinto troppo
oltre. Se
Jonghyun avesse protestato, Kibum avrebbe detto che stava scherzando
e sarebbe finita lì. Ma se non lo avesse fatto? Forse stava
giocando
con il fuoco. Era inesperto in fatto di uomini (non che con le donne
se la cavasse meglio, in ogni caso) e non era mai stato a letto con
nessuno. Se superava il limite, allora tornare indietro sarebbe stato
impossibile e forse sarebbe finito col pentirsene. Ma se perdeva
l'occasione? Era meglio pentirsi o avere rimpianti? Kibum non
riusciva a rispondersi, in quel momento.
«E ora che l'hai visto?
Il tuo compagno di stanza è meglio del cameriere, oppure
continua a
battermi?»
Stappò lo Champagne lo versò in due calici,
stando
attendo a dosare al meglio il contenuto.
«Decisamente meglio.»
Passarono
tutta la
serata a chiacchierare e a punzecchiarsi a vicenda. I loro caratteri
erano compatibili, e parlare assieme si era rivelato per Kibum molto
più facile di quanto non si fosse aspettato inizialmente.
Kim
Jonghyun era un ragazzo simpatico, con la testa piena di sogni e
dalla vita che sembrava perfetta. Aveva una buona famiglia, un sacco
di amici e frequentava un conservatorio. Sognava di sfondare nel
mondo della musica, di diventare un grande cantante e di essere amato
dalle ragazzine di tutta la Corea del Sud. Mentre Kibum lo ascoltava,
pensava che ci sarebbe riuscito sicuramente: era così bello
che era
impossibile non innamorarsi di lui al primo sguardo.
Mentre
Jonghyun aveva dispensato storie sulla sua vita a non finire (era un
gran chiacchierone, ma mai noioso o stancante), Kibum cercava di
sbottonarsi il meno possibile. Non gli andava di raccontare la sua
situazione, perché non era affatto rosea come quella del
moro. Era
scappato di casa a diciassette anni e aveva lavorato come cubista per
diversi mesi, prima di trovare un lavoro più dignitoso nel
bar. Era
perseguitato dal suo ex datore di lavoro che lo voleva di nuovo a
ballare per il suo locale, e che da qualche tempo insisteva sul aver
indietro i soldi di tutti gli stipendi che gli aveva pagato,
perché
per colpa sua e del suo abbandono i clienti erano rimasti
insoddisfatti. Così scappava da una parte della
città all'altra, e
dopo aver lavorato se ne tornava nel suo piccolo appartamenti che
condivideva con il suo migliore amico, o meglio, l'unico amico
sincero che in quella città era riuscito a farsi. A volte la
sera
usciva, e allora si creava il suo personaggio libidinoso su cui tutti
potevano avere fantasie, fantasie in cui lui era una specie di
principe irraggiungibile, acqua nel deserto. Una illusione che
superava di gran lunga la realtà.
Una menzogna che gli andava bene, perché lo dipingeva come una persona più dignitosa di quella che in realtà non fosse.
Quando nella bottiglia di Champagne non era rimasto che un sorso, Kibum se la portò alle labbra e ne bevve il contenuto direttamente a canna. Vide il pomo d'Adamo di Jonghyun abbassarsi e rialzarsi, e sentì il suo sguardo scottare sulla sua pelle. Quel poco alcol che aveva bevuto lo aveva reso più brillo e disinibito, e Kibum sentiva crescere in sé una eccitazione tutta nuova. Aveva voglia di sperimentare, e Jonghyun in quel momento gli sembrava perfetto per togliersi tutti gli sfizi che desiderava.
«Tu
pensi che io sia
bello?» sussurrò piano, allungando la mano verso
la coscia del moro
e toccandolo leggermente, con la punta delle dita. Jonghyun sorrise
divertito, prima di toccargli i capelli con gentilezza. «Sei
ubriaco, o solo brillo?» Chiese poi.
«Non lo sai che non si
risponde a una domanda con un'altra domanda?» Kibum gli si
avvicinò
di più. «Allora? Pensi che sia bello?»
«Penso che tu ti stia
mettendo nei guai. Davvero.» Jonghyun respirò
profondamente. Doveva
essere sincero: quando era andato in hotel lo aveva fatto con tutte
le intenzioni di portarsi a letto Kim Kibum, divertirsi per una notte
e poi finirla lì. Ma ora che lo aveva conosciuto meglio, ora
che
aveva capito quanto fantastico fosse dentro, oltre che fuori, era
determinato a portare la loro “storia” fuori da
quella stanza.
Scoparselo senza riguardo era una cosa che non se la
sentiva
più di fare. «Tu sei davvero bellissimo, Kibum.
Dico sul serio. Ma
non voglio che tu faccia qualcosa di cui domani mattina potresti
pentirti.»
«Ah!» Kibum scosse la testa, ridendo, e poi
poggiò
le labbra contro il mento di Jonghyun. «Fai tanto il
controllato, il
principino, eppure-» allungò una mano verso il
cavallo dei
pantaloni del moro, tastandolo. «Sei già in questo
stato.»
Mi
sto comportando come una sgualdrina! Pensò Kibum,
ma non
riusciva a darsi un freno. Voleva davvero Jonghyun, così
come non
aveva mai voluto nient'altro nella vita. «Io voglio
esattamente
quello che vuoi anche tu, Jonghyun.»
«No, Bumie» quel
soprannome improvvisato lasciò perplesso Kibum, e allo
stesso tempo
stupì Jonghyun stesso. «Penso che tu mi piaccia, e
mi piacerebbe
vederti ancora. Tu cosa vuoi? Fare sesso e sparire? È questo
quello
che desideri e pensi che voglia anche io?»
«Sparire, non
sparire, non fa differenza.» Kibum sbatté piano
gli occhi, prima di
ridacchiare di nuovo. «So che da quando sei entrato in questa
stanza
mi sento come se dovessi esplodere da un momento all'altro. E...
Jonghyun ah~» soffiò nel suo orecchio.
«Io non appartengo a
nessuno, ma forse... Mi piaci così tanto che non la trovo
più una
cosa tanto terribile, legarmi a qualcuno.»
Jonghyun non aveva mai
avuto un grande autocontrollo. Aveva provato a mettere Kibum in
guardi, ci aveva provato davvero, ma Kibum sembrava deciso in quello
che voleva e determinato a ottenerlo. E chi era lui per mandargli a
monte i piani? Gli posò una mano sulla guancia, prima di
avvicinarsi
e assaggiare quella bocca che per notti e notti, guardandolo sotto le
luci psichedeliche del locale, aveva sognato di assaporare.
Sentire
la lingua di Jonghyun muoversi contro la sua fu devastante. Kibum non
pensava minimamente che ci si potesse sentire così coinvolti
da un
bacio, non sospettava che potesse essere tanto bello e travolgente.
Quando le dita di Jonghyun gli accarezzarono i fianchi, alzandogli la
maglietta, Kibum si sentì pronto ad ogni cosa: se era quello
che
provava per via di un bacio e un tocco, allora fare di più
cosa gli
avrebbe causato? Moriva dalla voglia di sapere quanto il suo corpo
potesse sopportare, quanto piacere potesse provare prima di
impazzire. E Jonghyun, che ad ogni fremito del biondo sentiva la sua
erezione diventare sempre più insostenibile, non vedeva
l'ora di far
provare a Kibum ogni cosa. Se era curioso e voleva fare quelle cose
con lui, allora voleva che se le ricordasse per tutta la vita.
Sperò
che quella fosse solo la prima di una lunga serie
di volte in
cui Jonghyun avrebbe potuto sentire i sospiri di Kibum e i suoi
gemiti.
Si spogliarono, si mangiarono, si toccarono come se non
avessero mai visto un corpo prima di allora. Il calore della loro
pelle era tale da farli boccheggiare, la loro voglia di mordersi, di
scoprirsi era incontenibile.
Kibum voleva Jonghyun e Jonghyun voleva Kibum.
Tutto il resto, quella notte, non aveva senso.
~
«Bumie~
Buon giorno!» Jonghyun
si sporse un po', depositando un bacio sulla guancia del suo
fidanzato, che al
momento era impegnato ad allacciarsi la cintura di sicurezza.
«Oh,
Jjong, non ce la faccio più! Il mio coinquilino è
terribile, ha
allagato il bagno e svuotato il frigorifero. Gli voglio bene, ma non
so se riuscirò a sopportarlo ancora a lungo» disse
scocciato, prima
di concentrarsi finalmente su Jonghyun e baciarlo a stampo.
«E tu?
Come stai? Quelli dello show ti hanno risposto?»
«Non ancora, ma
sono sicuro che chiameranno. Sono o non sono il bassista, cantante e
aitante ragazzo più figo al mondo?»
ghignò e Kibum non riuscì a
contenere una risata di puro scherno. «Sì,
sì, come no. Continua a
sognare, car maniac~»
«Come
scusa?» domandò Jonghyun, non sicuro di aver
capito bene. Dopo
tutto il suo inglese era pessimo, non sarebbe stato tanto strano.
«Dico solo se, quando abbiamo cominciato ad uscire, non avrei
mai immaginato tu fossi un tale fanatico della tua auto!»
Jonghyun
lo guardò perplesso – decisamente non lo stava
capendo. Era sicuro
di essersi perso qualcosa, per cui la sua auto la trattava abbastanza
da schifo. Dove vedeva Kibum tutto quel “fanatismo”?
«Bumie,
tesoro, di che stai
parlando?» Jonghyun mise in moto; quel pomeriggio avevano
deciso di
andare assieme nel multisala del centro commerciale per vedere un
film comico che era appena uscito. Quella gli sembrava davvero
l'occasione perfetta per passare del tempo assieme senza dover
necessariamente fare del sesso (cosa che, per sua grandissima gioia,
capitava davvero spessissimo nell'ultimo periodo).
«Non devi
offenderti, ma... Usciamo da tre settimane e la tua macchina
è
sempre più splendente. Ogni volta che entro è
perfettamente pulita,
spazzolata, rassettata e profumata!» Kibum sorrise, divertito
da
tutta la vicenda «Quanto spendi per mantenerla
così pulita? Sei una
di quelle persone che teme che qualcuno possa scrivergli “ti
prego,
lavami” sul vetro posteriore, non è
così?» ridacchiò, e
Jonghyun sentendo tutta quella bizzarra teoria del biondo non
poté
fare a meno di seguirlo a ruota.
«Sì, proprio così. Un
fanatico! No, la verità è che ho vinto una
scommessa con un amico,
e così...» alzò le spalle e accese la
radio, sintonizzandola sulla
sua frequenza preferita e abbassando il volume al minimo, in modo che
la musica fosse solo un piacevole sottofondo.
«Che genere di
scommessa?» chiese Kibum incuriosito, e Jonghyun
arrossì
leggermente.
«Emh... Facciamo che questa storia te la racconto
un'altra volta, va bene?»
Conosceva
abbastanza bene il suo ragazzo da sapere che, se Bumie avesse
scoperto come era iniziata la loro storia, sarebbe andato su tutte le
furie.
E volete sapere la verità? Kim
Jonghyun era tremendamente spaventato dalla rabbia di Kim Kibum!
Note: Fine! Spero davvero vi sia piaciuta, io mi sono proprio divertita a scriverla! Non so proprio come ringraziare tutti i lettori e tutte le persone che hanno commentato, siete stati davvero gentilissimi e carinissimi, vi amo.