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Autore: Mao_chan91    10/02/2007    1 recensioni
Vite si sfiorano, scontrano, intrecciano.
L'egoismo diventa chiave della sincerità; il passato qualcosa da allontanare.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Riza Hawkeye
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Rewrite

Rewrite

Capitolo terzo

Questa fan-fiction è un’AU, dunque ambientata in un universo alternativo, in questo caso semplicemente il mondo moderno. Niente alchimia od altro, dunque, ma determinate situazioni interpersonali sono le stesse,o almeno inizialmente.

Disclaimer: I personaggi qui presenti non appartengono a me, ma alla somma Hiromu Arakawa, autrice di FMA. Mi appartiene solo questa fan-fiction ed ogni singola frase, idea o concetto.

La notte li ha tormentati entrambi, rendendoli simili, stringendoli in sé stessi all’unisono, facendoli respirare piano, rendendo le loro schiene possenti corazze, i morbidi giacigli ferro chiodato.

Il crepuscolo ha aggrovigliato i loro pensieri, fatto convergere le loro preghiere su uno svuotamento totale, ha fatto loro mandare al diavolo tutto e tutti, ribadire e ribadire di odiare ogni cosa, di non averne ragione, ma di farlo incessantemente.

Il mattino li ha sorpresi, tristo mietitore di risvegli inconsistenti e poi dolorosi, dolorosissimi.

Esso ha percosso le loro ossa rendendole gelide ed in frantumi, privandoli della facoltà di muoversi con piena cognizione di sé, rendendo piatto e vuoto l’avvenire.

Chinandosi in terra ella riempie una scodella profonda di croccantini per il cane, lo osserva mangiare di gusto, appunta su un biglietto che sarà di ritorno nel pomeriggio, di provvedere presto a ricomprare o fotocopiare i testi scolastici distrutti, e lo posa sul tavolino di vetro vicino a lui, schiacciato dalle chiavi ed una manciata di banconote perché provveda al suo nutrimento, ed eventualmente vestiario.

Lo guarda, di spalle, profondamente affondato nel divano, i pochi oggetti personali riversati scomposti in terra, e si chiede se non abbia freddo, senza un pigiama caldo, una confortevole certezza.

Incerta, gli accosta una coperta alla schiena, domandandosi premurosamente perché non gliel’abbia offerta la sera prima, ma è tardi, e deve andare.

Lui si scuote fiaccamente, volta gli occhi aperti da un pezzo ad osservare il profilo del volto ovale e tondeggiante, affusolato e contratto in un impeto d’impazienza, mentre gira la maniglia e la porta li separa, prima che ella si allontani a passo veloce.

Black Hayate uggiola piano, raschiando alla porta chiusa con la zampina bianca, per poi zampettare gioviale verso di Ed, accostandogli il musetto alla pancia e sventolando la coda con forza.

Si guardano per alcuni istanti, e lui si rialza, esalando una speranza, aprendo del tutto gli occhi senza una ragione, guardandosi i palmi delle mani mestamente.

Le mie non sono in grado di confortare.

Le mie non sono nemmeno in grado di toccare.

Voglio sentirmi vivo, ancora e ancora.

Voglio sentire qualcosa o non sentire niente, perché qualunque alternativa è troppo dolorosa per essere tollerabile.

Voglio stringere con queste mani quel che è importante prima di perderlo del tutto.

E non ha mai amato come ora suo fratello e la sua vita perché poteva perdere entrambi, ma la speranza è il nuovo fuoco e dunque luce che può seguire.

Riza nella sua mente appare incredibilmente bianca, rendendolo fiducioso ed ansante come un cucciolo goffo che necessita di qualcosa da seguire.

Winry è invece come sabbia setacciata tra le sue dita, consistente ed utopica, troppo utopica da afferrare se non nei ricordi, e troppo fastidiosa alla presenza reale.

Segue ciecamente Black Hayate nella cucina, ove una colazione calda lo attende, e si prepara ad incontrare l’aria che gli schiaffeggerà violenta il viso.

-

Ha piovuto, ed i suoi capelli biondi sono bagnati, il suo viso umido.

Ha disperatamente corso, insensatamente, ma correre gli fa percepire la terra sotto i piedi, vasi sanguigni, cuore pulsante, ogni cosa, accendendo ogni funzione vitale, tendendo nervosamente ogni suo muscolo.

L’antenna tra i capelli è china e mista agli altri, perfetto self-control in frantumi, ed Edward Elric è un uomo libero pronto ad incatenarsi ad un letto d’ospedale, a fissare a lungo un viso martoriato e perennemente dormiente.

"Ah, il fratello! Ci chiedevamo quando sarebbe venuto, ma avrà avuto i suoi problemi... "

Annuisce mollemente, lasciandosi condurre alla stanza del grande ospedale in cui riposa suo fratello.

"Solo una ragazza bionda con i capelli lunghi ed un’anziana signora sono venute a trovarlo, fino ad ora...ha in mente chi siano?"

I capelli biondi mischiati ai suoi, il turbamento infantile, la stretta morbida della piccola mano.

"Non le conosco. Forse sono lontane parenti."

Parla.

Edward parla, spesso.

Non sente quello che sta dicendo, eppure parla.

Ed anche ora non sente altro che i propri passi rimbombare nel vuoto, nel vuoto.

Come sempre.

Alzati, alzati ancora. Voglio osservarti, voglio che ti allontani da me e non torni, perché io so solo danneggiare tutti. Ma non torni lo stesso. Non torni mai.

Il suo viso ed il suo corpo sono grandi campi devastati, ed Edward pensa agli occhi verdi di Alphonse celati dalle palpebre, il guizzo felice d’una lieta scoperta, gli abbracci teneramente manifestati.

Era diverso da lui in diversi particolari, che avrebbe potuto riassumere in un particolarmente accentuato, per quanto fosse portato a pensarla allo stesso modo- a seconda dello sbalzo d’umore, in verità- sul mondo intero, se rapportato a lui: ma Alphonse era buono; lui no.

Flebo, respiratori artificiali lo circondano opprimenti, e non è più suo fratello.

Non è più Al.

Al che mostrava i suoi sentimenti con la voce ed i gesti, Al che non lo odiava mai; Al che era innocente come un bambino e saggio come un anziano, Al che era sempre nel giusto.

Al che lo chiamava nii-san, e forse non potrà più farlo.

-

Facendo ritorno sosta ad acquistare jeans nuovi, felpe, biancheria, e pensa che Riza non se la passi malissimo in quanto a condizioni finanziare, ma Riza non sembra felice.

Nemmeno lui sembra felice, ha lo sguardo alto, ma è infelice; eppure lui ha qualcosa da nascondere.

Da lei non sa se aspettarselo o meno.

Ha parlato del trapianto di pelle che intende pagare con l’eredità di famiglia per Al con i medici, se si risveglierà.

Le guance di Al erano morbide e tenere.

Prega, visto che Al respira ancora, in qualche modo, di poter sentire quella consistenza di nuovo.

"Ciao." mansueto accoglie la salvatrice bianca, che lo guarda fiacca e senza speranze.

Depone la borsa su una sedia, appende il cappotto e si stringe timidamente tra le spalle.

Lui non pensava ne fosse capace, ma non parla, né lo fa lui.

Non parlano spesso, e sono simili, ma questo lo strazia, perché il proprio tragico palcoscenico è troppo luminoso e stretto perché lei voglia oscurarlo, e deve risolvere ogni cosa.

Oh, che cosa angosciosa. Che tragedia. Che tragedia.

Lui è superiore a tutto e tutti, ed il mondo ha un grosso debito da saldare con lui.

A seconda del momento, il colpevole è lui, il mondo, od entrambi.

E non è sicuro di preferire sinceramente la seconda scelta.

Con Riza però, per quanto poco la conosca, è diverso.

Sono simili.

Sono angosciosamente simili.

Non sa perché, ma si sente più disposto ad un senso di fraternizzazione, con lei: un reciproco, discreto leccarsi ferite da riaprire perché sanguinino sino a non avere più sangue da versare.

"E’ successo qualcosa? "

"Non sono gli eventi a determinare i pensieri, non sempre, sai? Molto più spesso è la testa che rielabora e ricorda in posti diversi, ed è propria colpa e proprio dolore. "

Ella sosta, affranta, accasciandosi inerme al divano, e lui siede, incerto ma coinvolto, all’estremità opposta di esso.

"Vuoi raccontarmi una storia? "

Lei si guarda attorno, un pochino sperduta, incontrandone la solidale determinazione.

"E’ presto. E’ molto presto. "

"Puoi procedere lentamente, con calma. Ti ascolterò. Non è corretto che tu sappia della mia vita ed io no, dopotutto."

E la ascolterà davvero.

-

Note: Ah, un accenno a Winry. Che comparirà presto, tra l’altro, e sono piuttosto soddisfatta del pezzo in cui appare. E accidenti, non credevo di esser suonata così vittimista, il tuo ragionamento fila benissimo, Setsuka, ma non ingigantire una mia piccola insoddisfazione personale, non mi hai certo offesa ^^;. Sono poi lieta che ti sia parsa più naturale la caratterizzazione dello scorso capitolo, e del fatto che continui a seguirmi.

Ultima nota, i capitoli sono nove in totale, escluso un epilogo che sto ancora valutando, a livello di idea, se scrivere o meno. A presto è_é.

  
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