Prologo
“Ombra
nella notte”
"Chissà, forse un giorno avrà
tutto fine.
Ma fino ad allora, la storia
seguirà il suo indelebile corso nelle chiare pagine della
vita.
Così fragile e immutevole,
così unica e semplice.
Si attende. Si spera. E così
si dà inizio a ciò che, ormai, è già segnato nel
tempo"
Una figura indistinta si
muoveva sicura tra le ripide e ciottolose vie di un piccolo villaggio, le cui
strade orlavano porte e case, diverse abbandonate da tempo.
Non una luce
illuminava il suo cammino. Solo quella ambrata della Luna, dall’alto, colorava
fatua il nero prominente.
I suoi occhi sconfiggevano l’oscurità facilmente,
penetrando l’inconsistenza cromatica, con un solo batter di ciglia.
Sicura
seguiva il suo istinto, indomita la sua valenza.
Mancava poco ormai. Nulla
sarebbe andato storto. Lo sapeva.
Doveva andare bene.
Scacciò dalla sua
mente quell’assurdo pensiero. Lei vinceva sempre. Sempre.
Il suo passo deciso
rallentò lateralmente, sulla facciata frontale di una casa, consumata dal tempo
maligno. Il tetto, sgretolato dalla forza della pioggia e del vento, cedeva
all’incombete età avanzata.
Le fondamenta sembravano essere state sradicate
con forza, quasi la terra si ribellasse alla sua occupazione indesiderata.
Il
monotono suono audace dei suoi stivali sul terreno venne interrotto dal
fogliame, accumulatosi sulla soglia della pesante porta massiccia d’ebano, in
gran parte occupata da legno marcio e tarlato, chiusa da un catenaccio.
Fece
una smorfia di disgusto. Scostò la porta con un calcio fermo. Questa si aprì
cigolando sommessamente, spezzando di netto ciò che la chiudeva. Ma la caduta di
molti pezzi e schegge dalla porta, che si staccarono, provocarono un fracasso
rovinoso.
Lei lanciò un’imprecazione a denti stretti. Si guardò intorno con
circospezione.
Niente.
Sulle sue labbra si disegnò un sorriso
compiaciuto. Le strade erano vuote, occupate dalle inconsistenti persone, che
ora dormivano nelle loro accoglienti case, ignare.
Entrò nell’abitazione e
richiuse piano ciò che ne restava dell’ entrata, che protestò con uno stridente
“crick”.
Lasciò stare la porta e perlustrò l’interno con famelica velocità.
Il suo dono le dava una chiara visuale di ciò che aveva davanti: sedie
rovesciate, alcuni vasi, una branda di paglia deteriorata e alcuni bauli.
Si
lanciò su quest’ultimi, ignorando il resto. Tutti e tre, addossati uno accanto
all’altro, erano di vimini, intrecciati abilmente da mani esperte. All’apparenza
tutti e tre comuni bauli. Ma lei sapeva che non era così.
I primi due erano
semplici casse, piuttosto degradate. L’ultima, invece, era integra, come se
fosse stata lavorata il giorno stesso. Chiaro segno del fatto che non era solo un semplice baule. Una runa,
poi, tracciata rozzamente, era stata nascosta abilmente dai bianchi e sottili
giunchi. Pochi sapevano riconoscere quella scrittura, ormai abbandonata da
tempo, il che era una fortuna. Doveva stare attenta, ma sapeva come procedere in
questi casi.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Ora la sua mente spaziava i
confini della magia illimitata. Saggiò la potenza di quest’ultima e l’impose
sulle sue mani. Sui suoi palmi apparvero piccole fiamme grigie ed argentee.
Improvvisamente spalancò gli occhi, densi di potere. Bastò dire una parola e
queste schizzarono via dalle sue mani, dirette verso il baule. In pochi istanti,
lo avvolsero di una debole luce plumbea. La cassa tremò, prima lentamente poi
sempre più forte. Infine, ci fu una vigorosa vibrazione e il fenomeno cessò.
L’aura intorno ad esso svanì, risucchiata dal nulla. Lei rivolse uno sguardo
soddisfatto al baule.
Stava per afferrare la cassa, quando da essa ne uscì un
denso fumo verde brillante che l’investi appieno, avviluppandola. Le accecò la
vista, rendendola miope. Lei cercò di liberarsene, ma invano. Si sentiva come
soffocata dall’opprimente forza di quella nebbia, intrisa di potere. Pochi
secondi dopo, questa svanì, velocemente quanto era comparsa. In poco tempo le
ritornò la vista e tutto tornò come prima: lei con la cassa
davanti.
“Dannazione”, disse ancora scossa. Era stata troppo avventata. Sperò
che quell’imprudenza non le sarebbe costata cara. Poi si riavvicinò al baule e
lo aprì con facilità.
Scrutò dentro e venne colta da una zaffata di odore
pungente, ma non ci fece caso. Vide poi qualcosa che luccicava sul fondo. Cercò
di afferrarla, ma un bruciore le colpì, come una morsa, la mano. La ritrasse
subito, confusa. Nuovamente, osservò l’interno del baule e notò che il bagliore
le era piuttosto familiare. “Argento”, pensò stizzita. La magia, impressa dentro
al materiale, aveva fatto da isolante e inizialmente non aveva percepito né
l’odore né la forza distruttiva del metallo.
Imprecando, posò il baule.
Aveva l’impulso di andarsene ed abbandonare il compito assegnatale. Sapeva,
però, che, se l’avesse fatto, ci sarebbero state delle conseguenze. Rovistò
tutta la stanza in cerca di qualcosa che le permettesse di afferrare l’oggetto
da recuperare.
Dentro un vaso trovò un panno di lino bianco, un po’ sporco
di terra. Non era un granché, ma sarebbe bastato ad attutire la fredda potenza
dell’argento. Riprese in mano la cassa e, con il pezzo di stoffa, afferrò
l’oggetto al suo interno.
Quando lo tirò fuori, lo scrutò attentamente da una
certa distanza. Una piccola sfera bianca, circondata da un ghirigoro d’argento,
sfumava in mille riflessi arcobaleno sotto la luce della luna, che trapelava
dagli anfratti delle assi sconnesse. Una catenella, anch’essa d’argento,
lavorata finemente, era fissata al piccolo ciondolo, tramite la saldatura del
metallo.
Bello, ma letale per lei. Sentiva il potere che emanava, come una
luce abbagliante. Se lo mise nella tasca della pesante giacca, con noncuranza ed
uscì rapidamente dall’abitazione.
La sua missione era conclusa.
E in un
attimo, svanì, divenendo un'ombra tra le tante.
Note
dell’autrice:
Questo è il prologo della mia
storia. Spero vi piaccia. ^^