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Autore: furetchen90    27/07/2012    0 recensioni
Leggetela e godete.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il santuario di Sant’Angelo Muxaro

I

Il paese tutto stava già operandosi e il sole barbagliava, screziando gli ambienti con l’aurora.
Costruito presso Agrigento, in Sicilia – una plaga battezzata dal mare ad ogni antipode, percorsa dai cristalli ranci tutelati dalla paesaneria e scimmiottata dal clima abracadabracante -, sembrava ch’el paese avesse gli aggiramenti gaietti per via dell’albicare trapuntato e che i rampichini pompieri, addestati dalle altrici, corvettessero sopra il bambagioso manto di una braida.
Già volettavano frotte di
Actitis hypoleucos e Anas platyrhynchos pertinte all’odeporico durabile, agenzando il paesaggio antropogeno.
L’Oscuro scionnò, nella sua casipola, smosso dal chicchiriare del gallo e circonfuso dalla caumestesia della diana iperonia, contro la quale parve inutile prevenire, accogliendo le tendine della finestra.
Il flaillo scorso dagli occhi ancora socchiusi dell’Oscuro fu naturale e testeggiante, non orrisono e inincarcerabile come il lustro orbante della zambracca eburnea, inchiavata ed incube dei suoi ricorrentissimi cauchemar. E il rezzo, non era come il distretto rantolo spifferato dalle scissure degli appicci di quella stanza onirica, ma imbatto armonico e edenico.
Inquarterava colla coppola, tutti i giorni, di poter finalmente spiccare il volo anche lui.
“Stranio
Pandion haliaetus umbratile ed anatreptico, non ritornerai in quel terreno pescoso ma oliato, improvincialito ma beniamito da molti, rimarrai a Sant’Angelo Muxaro, in una requie che alla peggio risulterà adiafora”
Brigante emendamento, il nostro votì di angelicarsi, vivendo il crepuscolarismo agreste nel pieve di quella poscondola, nella quale era inquilino ricettato con vero altruismo. Nonostante cespitasse l’italiano e parlasse fluentemente solo l’ inglese, linguaggio interiorizzato solo da Padre Macario, il suo anfitrione, il quale modulava una voce fortemente accentuale in ogni frase, l’Oscuro ponzava ogni giorno per abbronzarsi di più alla lingua e alla cultura di quegli isolani burlevoli.
Alzatosi dal letto, l’Oscuro addivenì laddove la tinozza dacquata fu da lui posta, si perfuse il volto spicciatamente, s’abbigliò d’un paio di guanti gazzerini mordorè, una cannottiera cannella, pantaloni neri e stivali zaccherati di verde. Uscito fuori inspira l’aria fresca del mattino, riempendosi i polmoni ed energizzandosi, quindi mira al giardino di cui tanto si cura, svolgendo le solite faccente: pulizia, nutrimento per i verri nella recinzione, rimozione della composta e capare i frutti maturi dagli alberi.
Il tempo fluitava. Aderse la collottola e, avendo ammettato e appresellato il terriccio nel giardino sin dalla diana, avvertì cascaggine. Scoccarono le 11:30. Tempo di orazioni e logomachie con Padre Macario.
La costante oppressione per i suoi peccati ancora lo costernava, si rendeva conto della sua ipocrisia, di quei patetici tentativi di redimersi donando il denaro illecito, guadagnato dopo ogni “contratto”, alla chiesa.
Dopo la notte fatale nella Piccola Svizzera, decise di sfuggire al suo passato, cercò di raggiungere la Grecia, dove aveva appoggi migliori per poter cambiare la sua identità, ma fu tutto inutile: nonostante la prima parte della fuga fosse riuscita, mentre stava sulla nave lì diretta, partita dal porto di Barcellona, alcuni agenti nemici, dopo una lunga ricerca del clandestino, riuscirono ad individuarlo e gli spararono contro, colpendolo al petto e allo stomaco, per poi gettarlo in mare ancora vivo, credendolo spacciato.
Fu un vero miracolo, l’essersi salvato dopo una lunga notte agonizzante in acqua e, dopo il salvataggio dovuto ad un accorto pescatore, sulla terra.
Condotto all’ospedale locale, gestito da suore, fu ricoverato dal miglior chirurgo nel raggio di centinaia di chilometri e, ulteriore fortuna, Padre Macario, l’uomo a cui egli dovrà poi molto, accompagnava una scolaresca a cui stava mostrando le opere di bontà delle suore, e fu solo per pura fortuna se potette farsi capire, mugolando in inglese, dal frate anglofono.



II



Dopo aver provveduto a curare le piantine di pomodori, si occupò della spazzatura. Terminati i suoi doveri, percorse il calle verso l’umile baracca ad est della chiesa, in cui rimuginare.
Entrò lì dentro, sistemo i suoi strumenti sporchi e si sedette a terra, fissando il vuoto, pensando al suo futuro. Non durò a lungo: qualcuno bussò alla porta. Aprì la porta e vide la siluetta oscura di Padre Macario, illuminato da dietro dai raggi del sole.
Padre Macario, oltre la sessantina, magro, glabro, capelli grigi sempre ben pettinati, naso un poco camuto e mascella debole, si occupava di lui da cinque anni ed ormai era un amico fidato e, per ringraziarlo dei suoi contributi alla chiesa e per il giardinaggio, gli offrì una sistemazione. La sua figura era prominente e rassicurante.
Vestito di una casacca nera con collare bianco e accessoriato con una croce in princisbecco portata al collo, il prete salutò in italiano il suo ospite.
"
Buongiorno, figlio mio. Come stai?"
"Padre," rispose l’ospite in inglese "mi sento bene, grazie, ma debbo parlare assolutamente con lei. "
Il crocifisso intorno il collo del prete era solo un sollecito dell’inevitabile declino dell’uomo costretto alle fratture oscure dell’inferno. Dio non avrebbe mai accettatolo nel suo regno aureo, perché strumento di distruzione, testamento contro Lui e i Suoi precetti. Entrambi iniziarono a passeggiare per il giardino.
"Stai tranquillo, figlio mio" – espresse il prete appena accedettero al giardino – se vuoi aprire il cuore, il posto migliore è il confessionale della chiesa, dove di aspetterò a mezzogiorno.”
Padre Macario annuì con la propria testa a favore della propria proposta e, lentamente, si avviò verso le scalinate che conducevano all’androne principale della chiesa, mentre l’Oscuro rimase ad osservare l’ambiente, a lui ormai familiare: le rovine di un piccolo altare greco laggiù, il portone principale in legno pregiato proprio un poco più lì, il retro privo di porta. Effettivamente, all’Oscuro la chiesa sembrava parzialemente incompiuta, ma, da quando era al servizio di Padre Macario, non era mai stata completata, se la si doveva effettivamente completare. A volte, quando voleva soltanto liberare la mente dai propri pensieri e tralasciare le rimuginazioni, all’Oscuro bastava sedersi al di sopra di una delle colonne dell’antico altare, osservando l’orizzonte oltre i muri intorno la chiesa, erta al centro.
La sua era l’architettura ibrida, consimile a quella Bizantina e a quella Siciliana: le mura erano nere e i tetti bassi erano rivestiti da tegole rosse. C’erano tre alte finestre per ogni muro ed ogni finestra era decorata dal ritratto di un angelo, differente per ogni finestra, rivestito di una tunica bianca e sotto un sole raggiante, soprano all’angelo e alle genti prostrate innanzi i piedi di lui.
All’estremo est della chiesa, il campanile. L’Oscuro osservò l’antica struttura per alcuni attimi, poi girandosi per studiare i fili d’erba del terreno attentamente curato per tutto questo tempo.
A sud-est uno spaventapasseri vestito di stracci violacei ed un cappello. I corvi erano soliti evitare lo spauracchio, preferendo l’area intorno il pozzo arcuato, costruito tra le scale e il secondo capannone, quest’ultimo collocato tra il letto di fiori e la scuderia. Una gru antica ed arruginita, avvitata al soffitto, pendeva sopra il pozzo, ed una croce ferrea era incastonata inchiodata al soffitto ricurvo. Guardò il cielo aperto e vide muoversi le nuvole cotonate, chi diretta a nord, chi a sud. Chiuse gli occhi e si lasciò coccolare dalla brezza, mentre ascoltava il fruscio delle foglie, gli animali nella scuderia e il suono delle ali degli uccelli.
Non riusciva a ricordarselo un momento tanto quieto, in tutta la sua vita. Ecco, d’improvviso, i ricordi dal passato, sanguinolenti, riaffiorare dinnanzi a lui: spari, urla di terrore, sussurri di preghiere, ossa frantumate, coltelli perforanti carni e trancianti gole, quindi il padre, a terra, sul pavimento bianco, avvolto dal suo stesso sangue.
Il padre se lo ricorda così: in camice bianco, camicia verde, pantaloni ecrù, scarpe nocette. Zampillava il sangue dalla bocca e dalla ferita al petto, il volto distorto per il dolore mostrava una smorfia sanguinaria. Una mano posta sopra la ferita e l’altra tesa verso l’Oscuro, visore di quel patetico essere. Con tutte le ultime forze rimastegli, il padre dell’Oscuro disse al figlio di essere deluso dalle sue azioni, per poi accasciarsi al suolo definitivamente.
La mano sinistra dell’Oscuro, in segno di reverenziale rispetto, posta sotto la testa del morto, le permette di poggiarsi al suolo con morbidezza. Quand’ecco la luce accecante, quindi il santuario di Sant’Angelo Muxaro. Era ancora sul pavimento piastrellato, l’Oscuro. Sudava di terrore. Nonostante la requie, era stato, in qualche modo, ricondotto dal suo subconscio a rivivere gli eventi passati.
Le orecchie gli fischiavano. Le immagini ed i suoni della mente gli erano parsi tangibili e vividi. Sbattè le palpebre celermente per debellare quei ricordi orrendi. Si girò lentamente, entrò nella scuderia, terminò tutte le altre faccende, dette delle briciole di pane agli uccelli e, quando rintoccò la campana del campanile, capì ch’era mezzogiorno. Si diresse verso il retro, giusto dietro la sua masseria. Aperta la porta, percorse l’andito, da cui fu condotto all’interno della chiesa.
La camminata era illuminata da alcune candele profumate collocate su candelieri inchiodati ai muri. Alla fine dell’andito, due porte: una opposta alle scale conducenti alla chiesa e l’altra alla sua sinistra. Salì le scale ed entrò in chiesa. Il rintocco della campana era più rumoroso dentro. L’interno della chiesa era decorata bellamente, con le finestre sulla parte superiore dei muri, i panneli di vetro colorato con alcuni ritratti degli stessi patroni che vide fuori.
Un vecchio candeliere in ghisa pendeva dal pallido tetto concavo, posto tra una delle tre paia di piloni ottagonali arrangiati in due dirette file. A terra, due file di panchine parallele alle colonne. I raggi del sole erano filtrati dalle vetrate e si dividevano in una miriade di colori, illuminando la chiesa in un fascio lucente e caloroso.
La nicchia dietro l’Oscuro conteva una larga croce al di sopra di un tavolo ricoperto da una tovaglia immacolata. Dietro il tavolo, un catino di terracotta colmo d’acqua santa. La parte superiore delle mura ricurve attorno la nicchia erano fregiate con un murale di Gesù crocifisso circondato dai suoi apostoli patenti, mentre la parte centrale era abbellta dalla Vergine con in mano Cristo, circondata da un alone attorno la testa e riverita da vescovi e preti anziani, celebranti la nascita di Cristo. Il confessionale era opposto alla nicchia, attraverso la fila di panchine. I passi reboavano e la eco si diffondeva tra le mura. Erano sei mesi che si trovava lì, e da allora, non aveva mai posto piede nella chiesa. Vergogna e tormento lo destavano da lì. Ognì giorno il tormento aumentava e molte domande turbavano la sua mentè già oppressa. Leggermente spinse la porta del confessionale, vi entrò e si inginocchiò in preghiera.
Non c’era religione da dove veniva. Studiò anatomia, combattimento corpo a corpo, tattiche militari, cecchinaggio, scherma, fu addestrato a eliminare il proprio obiettivo il più efficientemente possibile.
Ma si era mai approcciato alla religione, in vita sua. Il destino lo volle, sei mesi or sono, Cristiano. Sarebbe riuscito a trovare le sue risposte? Mentre si angustiava, il rintocco della campana sfuggiva sempre più. Alcuni minuti dopo, una porta si aprì e Padre Macario occupò la cabina adiacente al confessionale.
Aprì il boccaporto tra la partizione delle due cabine e rimase in ascolto.
Padre... ho peccato.”
"
Avanti, Figlio Mio, ascolto"
"Ho ucciso.Tanti uomini. Per soldi. Senza... odio. Senza... stupidezza. Senza... cattività"
Ci fu un silenzio momentaneo nell’altra cabina, un eternità per Padre Macario. Con tono quieto, l’Oscuro ebbe una risposta.”
"
Figlio Mio, ti conosco. Sei buono. Hai svolto sempre i tuoi doveri, hai donato molto alla nostra piccola comunità, senza remore. Riuscirai a redimerti, fidati. Dio da a tutti una seconda possibilità"
"
Ma Padre, io sono un mostro, ho commesso atrocità in tutto il mondo. Dio non avrà pietà per me.”
"
Tranquillo, figlio” – la voce di Padre Macario più compassionata – “Quando verrà l’ora, avrà posto anche per te. Fin’allora, reggi le virtù del Signore.”

Il prete, in Latino, recitò un Memorare, un ulteriore augurio alla salvezza del suo ospite. Lentamente, lasciò l’Oscuro intento nella sua preghiera, dirigendosi verso la biblioteca della chiesa, in cui poter cercare qualche Directorium per le messe successive.
Prega l’Oscuro:




* "MEMORARE, O piissima Virgo Maria,
non esse auditum a saeculo, quemquam ad tua currentem praesidia,
tua implorantem auxilia, tua petentem suffragia,
esse derelictum.
Ego tali animatus confidentia,
ad te, Virgo Virginum, Mater, curro,
ad te venio, coram te gemens peccator assisto.
Noli, Mater Verbi,
verba mea despicere;
sed audi propitia et exaudi.
Amen.”




* Ricordati, o piissima Vergine Maria,
che non si è mai udito al mondo
che alcuno sia ricorso alla tua protezione,
abbia implorato il tuo aiuto,
abbia chiesto il tuo soccorso,
e sia stato abbandonato.
Animato da tale fiducia,
a te ricorro, o Madre, Vergine delle vergini;
a te vengo, dinnanzi a te mi prostro, peccatore pentito.
Non volere, o Madre del verbo,
disprezzare le mie preghiere,
ma ascoltami benevola ed esaudiscimi.
Amen.”

  
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